
Edito da Arcana Edizioni nel 2021 • Pagine: 352 • Compra su Amazon
Il 1991 è un anno eccezionale per il rock. Come in presenza di una congiunzione astrale, molti artisti pubblicano album che sarebbero divenuti seminali mentre altri iniziano il loro percorso per porre le basi di quello che passerà alla storia come un intero decennio, gli anni Novanta, musicalmente guidato dalle chitarre elettriche e in generale da una spiccata sensibilità rock. Mentre il metal è al suo punto più alto di diffusione, la parola chiave diventa “contaminazione”: funky e house meticciano il rock sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, e nascono e si consolidano veri e propri movimenti che avrebbero lasciato il segno, tra cui il trip hop a Bristol e il grunge a Seattle, oltre a infiniti rivoli di altri generi in fieri. Soprattutto accade un fatto straordinario: anche a seguito della crisi economica delle etichette indipendenti, diverse band alternative firmano contratti con le major e, per questa via, il mercato discografico che conta diventa terra di conquista di musica “altra”. Nel momento in cui molti “vecchi” del rock esauriscono la loro ispirazione e spinta innovativa, si affaccia una nuova generazione sconvolta e cambiata dalla Guerra del Golfo e quindi obbligata, per la prima volta, a fare i conti con la propria perdita dell’innocenza in un mondo post-ideologico. Questo libro è la storia di quella rivoluzione in musica.

Cosa fareste se da adulto vi trovaste davanti al voi stessi diciassettenne? Di cosa discutereste? Cosa avreste in comune? Queste domande non paiano così peregrine, perché in età adulta si cambia talmente che forse si è quel diciassettenne solo in minima parte. Che ancora vive in noi, per carità, ma è sommerso da quintali di “esperienza” e cinismo. E pure da un punto di vista strettamente musicale, chi è un vero appassionato e quindi non ha mai smesso di ascoltare musica nuova, si troverebbe ad avere dei gusti piuttosto laterali rispetto a quel diciassettenne. Per cui un minimo comune denominatore sarebbero quelle sensazioni ed emozioni che avete provato insieme, lui e voi, al tempo. Voi le conoscete, eccome se le sapete, tutte, anche se fate (e facciamo) finta di no. Le lasciamo in disparte volentieri, per ragioni diverse. Un po’ di alcune ce ne vergogniamo, gli approcci di un diciassettenne possono essere maldestri, talvolta. Un po’ sono talmente belle che la nostalgia può fare male, alle volte. “Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria”, diceva Dante.
Questo incontro immaginario è evocato di sfuggita in Radiohead. This isn’t happening. La storia di Kid A di Steven Hyden, e mi ha colpito. Prima ho provato veramente a immaginarmi la scena, poi ho lasciato perdere. Ma, a poco a poco, come un tarlo, ha continuato a lavorarmi dentro. Perché se da tanti anni, nella cura di Kalporz, sono sempre stato attento alla contemporaneità e mi sono lasciato attrarre (poco) dalle sirene del passato, quell’espediente letterario utilizzato da Hyden ha iniziato un po’ a perseguitarmi. E ho iniziato a pensare che dovessi davvero fare i conti con il diciassettenne che era in me. In fondo nel mio primo libro (Piccola Guida agli Anni Dieci – 50 fatti, 50 album, 50 canzoni, edito da Arcana) avevo continuato a occuparmi di quello che ci circonda adesso, e forse era davvero arrivato il momento di confrontarmi con il passato.
Che poi, nel mio personalissimo caso, i miei diciassette anni coincidevano con quel 1991 in cui così tanto è musicalmente successo e così tanto è progredito, nel rock. Ovviamente noi al tempo mica ce ne accorgevamo consciamente, capivamo solo lo che esisteva musica fantastica e pensavamo che succedesse così per ogni generazione, che ce n’era prima e ce ne sarebbe stata dopo. Per certi versi è tutto vero, la musica bella si trova in ogni decennio e secolo. Però le cose erano un po’ più complicate di così. In quell’anno era realmente successo qualcosa, una svolta, si era accesa una lampadina, era ripartito un sentimento rockeggiante. Per una casualità chi era nato come me agli inizi degli anni Settanta aveva vissuto da ragazzino, nell’età in cui tutto è possibile e tutto è in divenire, un anno importante del rock, come il ’67 o il ’77, senza che lo sapesse…

Come è nata l’idea di questo libro?
La volontà era quella di confrontarsi con il passato, dopo essermi occupato tanto di “attualità musicale”. Come scrivo nell’introduzione, il 1991 – che è considerato unanimemente come uno degli ultimi anni d’oro del rock – coincideva con i miei 17 anni e l’idea era quella di parlare di quello che avevo affrontato allora sulla base della mia conoscenza odierna, attualizzando sensazioni del tempo e aggiungendo quanto oggi si può riprendere fuori di quell’anno, anche se non ascoltato al tempo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
C’è voluta molta più preparazione rispetto al mio precedente “Piccola Guida Agli Anni Dieci – 50 fatti, 50 album, 50 canzoni” (Arcana), dovuta al reperimento delle riviste di settore di quell’anno, ma poi sono andato spedito, anche per via del confinamento da pandemia.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Visto che il confronto con il “se stesso 17enne” è un’intuizione di Steven Hyden, direi lui.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato e vivo a Reggio Emilia.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vorrei confrontarmi con la letteratura per l’infanzia, ma non so se ne sarò in grado. Scrivere di musica è la mia passione, e credo che anche in futuro ricadrò in questo “errore”.