Edito da Kevin Vescera nel 2021 • Pagine: 192 • Compra su Amazon
Milano, febbraio 2020. Il COVID-19 è già dichiarato epidemia e l’Italia è prossima al suo primo lockdown totale.
La quarantena porterà Lorenzo, un giovane cameriere, a conoscere la sua vicina di casa Lucia, studentessa di psicologia.
I
Lorenzo, parlando al telefono e visibilmente nervoso, entrò in casa sbattendo la porta dietro di lui. Mentre con la sua spalla sinistra manteneva il cellulare adagiato all’orecchio, con l’altra lasciò scivolare lo zaino per terra vicino il comodino posto di fianco al letto praticamente davanti all’ingresso. Ripreso il cellulare in mano, continuò la conversazione alzando la voce con un tono irritato.
«Cosa vuol dire, mi chiedi? Esattamente quello che ho detto, mamma!» disse Lorenzo togliendosi la giacca per poi dirigersi verso la cucina. «Tutti dicevano di non preoccuparsi di questo virus del cazzo e guarda un po’ chi ha perso il lavoro…»
«Tesoro ma, non ho capito, cosa è successo?» chiese la mamma con voce affranta.
«Praticamente…», riprese Lorenzo con voce più pacata, «Hanno detto che, appena sarà possibile, mi richiameranno subito per tornare a lavoro. Capirai… È come quando vai a fare un provino e il regista ti dice “grazie, le faremo sapere”.» terminò lui poggiandosi al mobiletto della cucina per poi concedersi un respiro profondo. «Va beh, parliamo d’altro che è meglio. Papà come sta?»
«Qui tutto bene, Lori. Papà è ancora a lavoro, la fabbrica non ha ancora annunciato nulla di particolare quindi, per il momento, siamo tranquilli.»
«Dagli un abbraccio da parte mia quando torna, ok?» disse lui accennando un sorriso.
«Certo, tesoro. Mi raccomando a te. Non ti abbattere, tutto si sistema.» continuò la mamma con tono premuroso. «Buon pranzo, Lori. Ti voglio bene.»
«Ti voglio bene anch’io, mamma. Ciao.» disse Lorenzo chiudendo la chiamata sbruffando mentre faceva scorrere nevroticamente la mano avanti e indietro tra guancia e bocca.
Notando, poi, l’orario dal suo orologio, si rimise dritto per dirigersi verso il frigorifero con aria sperduta, grattandosi la testa come farebbe chi si è perso intento a cercare la strada di casa. Aprendo il frigo – non molto pieno, aggiungerei – la sua scelta ricadde subito su un piatto di avanzi della sera prima. Inarcò le sopracciglia, con un’espressione scettica – forse pensando che non ci fosse molta scelta; allungò, quindi, il braccio e prese il piatto di avanzi poggiandolo sul mobiletto della cucina per poi chiudere il frigorifero. Da uno sportello in alto, aprendolo, prese una piccola pentola e la ripose sul fornello del vecchio piano cottura della cucina. Tolse la pellicola trasparente dal piatto e vuotò il contenuto all’interno della pentola per poi accendere, con non poca fatica, il gas del fornello usando il suo accendino. Lorenzo, in attesa, tornò poggiato al mobile della cucina. Il rumore del fuoco che riscaldava la pentola e il ticchettio costante dell’orologio negarono alla stanza il suo regolare silenzio pur lasciando spazio a Lorenzo per i propri pensieri. Era molto nervoso, non riusciva a stare fermo. Si toccava costantemente il collo scendendo con la mano poi verso il colletto della camicia, con la cravatta ancora annodata, che iniziava ad allargare in maniera nervosa producendo dei versi di sforzo. Il nervosismo aumentò quando, nell’intento di sbottonare il colletto con una sola mano, il bottone della camicia saltò finendo sul pavimento. Lorenzo balzò dal mobile della cucina per ritrovarsi al centro della stanza quasi sbattendo contro il tavolo. Iniziando a sbracciarsi, con entrambe le mani portate al collo, sembrò ingaggiare una battaglia con la propria cravatta nel tentativo di spodestarla. Ancora al centro della stanza, stringendo tra le mani la cravatta nera, si fiondò verso la finestra del balcone aprendola rumorosamente. Uscì fuori dal balcone e, in preda alla rabbia, lanciò energicamente la cravatta di sotto, sulla strada, gridando a gran voce e in modo liberatorio: “Vaffanculooo!”. Il suo urlo riecheggiò nel quartiere tra i rumori del traffico e le ormai sempre più frequenti sirene delle ambulanze di passaggio. Lorenzo, con aria sfinita e
insoddisfatta, si poggiò di peso al corrimano del balcone poggiando la fronte sulle mani. La mente di Lorenzo, come immagino, doveva essere colma di pensieri e preoccupazioni, così tanto da coprire i rumori della città. Fece qualche respiro profondo prima di rialzare il capo e rimettersi dritto guardando oltre il suo balcone. Calmatosi, prese dalla tasca posteriore del suo pantalone un pacchetto di sigarette leggermente malconcio da cui estrasse una sigaretta portandola, tremante, alla bocca. Accese la sigaretta ed inspirò chiudendo gli occhi per poi gettare fuori il fumo dalla bocca come se, oltre quel fumo, Lorenzo stesse cercando di gettar via anche i problemi e i pensieri che, in quel momento, gli affollavano la mente.
«Certo che deve essersi proprio comportata male quella cravatta.» esordì una voce femminile con tono sarcastico dal balcone di fianco.
II
Lorenzo riaprì gli occhi e si girò a guardare stranito verso la sua sinistra. Sull’altro balcone, seduta ad una sedia di plastica, Lorenzo notò una ragazza che, fino a quel momento, non aveva mai visto. Potrebbe sembrare assurdo ma proverò spiegare il perché di questa cosa. I balconi dei due ragazzi, anche se distanti tra loro solamente un paio di metri, corrispondono a due distinte palazzine che si sviluppano esattamente l’una di fianco all’altra. Esattamente per questo, e anche per i diversi orari o impegni dei due ragazzi, prima di quel momento, non si erano mai incontrati.
La ragazza in questione, Lucia – di cui parleremo meglio in seguito – con i suoi lunghi capelli lisci e scuri leggermente mossi dal vento e i suoi grandi occhiali da lettura, teneva tra le mani un libro di testo intenta a studiare.
«Cos’è, ha provato a strozzarti?» continuò sorridente la ragazza.
«Guarda che non è proprio giornata. E poi tu chi sei?» rispose prontamente Lorenzo in maniera un po’ acida.
«Era solo una battuta…» disse lei dispiaciuta.
«Mi ci manca solo una ragazzina “so tutto io” che non si fa gli affari suoi oggi.» riprese Lorenzo dando le spalle alla ragazza.
Subito dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio tra i due, Lucia, meravigliata dalla risposta, alzò le sopracciglia rimanendo ammutolita; mentre, Lorenzo, girandosi di nuovo verso la ragazza, sospirò ricominciando il discorso.
«Senti, scusami, ok? Ma oggi non è proprio giornata, quindi…»
«Beh…» iniziò lei «Da quello che ho visto deve essere accaduto proprio qualcosa di brutto. Non avevo mai visto nessuno lanciare una cravatta da un balcone.»
«Questo perché nessuno indossa più le cravatte o ti garantisco che vedresti molto più spesso scene come questa.» disse lui dando cenno di un sorriso.
Lucia lo guardò con interesse.
«Non saprei, ti va di parlarne?» disse subito lei.
«Cosa sei, una psicologa?» domandò lui ironicamente.
Lucia sorrise ed alzò il libro che aveva tra le mani mostrando la copertina. Era effettivamente un
libro di testo di psicologia.
«Non ancora, per tua fortuna.» rispose mentre aveva ancora il libro rivolto verso di lui. «Così non sarai neanche costretto a pagarmi.» terminò ridendo timidamente.
Lorenzo, appena visto il libro mentre stava facendo un tiro alla sigaretta, nell’impulso di ridere, si strozzò cominciando a tossire, per poi concedersi una innocente risata e distogliere lo sguardo dalla ragazza. Una volta calmatosi, tornando a rivolgere lo sguardo alla ragazza mentre ancora lo guardava con interesse e occhi gentili, decise di raccontarsi.
«Hai presente questa storia del virus?» esordì Lorenzo.
«Ovvio, si parla solo di quello ultimamente.» rispose lei.
«Ecco…» cominciò lui tornando a guardare verso la strada. «Io lavoro in un bar. O meglio,
lavoravo in un bar. Questa mattina sono stato licenziato perché la gente non va più nei bar o a mangiare fuori. In qualunque caso, alle 18:00 bisogna chiudere.» Tornò a guardare verso la ragazza. «Così, questa mattina, il mio titolare mi ha detto che doveva scegliere tra continuare a pagare me o
le bollette.» Lorenzo si interruppe per fare un tiro alla sigaretta e, soffiando fuori il fumo, riprese ironico «E indovina che cosa ha scelto.»
Lucia, rattristata dalle parole di Lorenzo, calò leggermente il capo distogliendo lo sguardo da lui.
«Mi dispiace. È un gran casino, una situazione così strana.» disse rialzando lo sguardo. «Sai, anche la mia facoltà ha chiuso. Certo i professori si stanno mobilitando con le lezioni online ma molti non riescono o sono in ritardo.»
«Beh, per te sarà una bella notizia.» disse Lorenzo alzando le spalle.
«Non se voglio laurearmi nei tempi giusti!» rispose Lucia prontamente. «Ed io devo laurearmi nei tempi giusti. I miei genitori fanno molti sacrifici per farmi studiare.»
Lorenzo la guardò come gratificato dalle sue parole. Quasi a pensare che, effettivamente, ragazzi capaci di fare un ragionamento come quello di Lucia, oggigiorno, ce ne siano davvero pochi. Alcuni secondi dopo questa sua ammirazione per la frase della ragazza, tornò con i gomiti sul corrimano del balcone guardando verso la strada per godersi l’ultimo tiro della sua sigaretta.
«Eh già, sacrifici…» riprese sottovoce, come a parlare con sé stesso, guardando il mozzicone tra le dita prima di gettarlo di sotto. Soffiato fuori il fumo e ritornando dritto, Lorenzo rivolse nuovamente lo sguardo verso la ragazza in maniera amichevole.
«Beh grazie per la seduta, dottoressa…?» chiese lui ponendosi in avanti con il busto e allungando la mano per indicarla cercando di sapere il nome della ragazza.
«Non chiamarmi così che porta male!» replicò lei velocemente mentre cercava timidamente di nascondere una piccola risata. «Mi chiamo Lucia.»
Lorenzo sorrise.
«Io sono Lorenzo. È stato un piacere, mi manda la fattura?» chiese lui divertito.
«Gliela farò mandare dalla mia assistente.» disse ridendo lei dandosi, scherzosamente, delle arie di superiorità che, conoscendo Lucia, non sarebbero assolutamente credibili.
I due risero spensierati.
«Allora ciao.» esordì lui staccandosi dal corrimano per poi dare un ultimo sguardo alla ragazza prima di entrare in casa.
«Ciao…» rispose lei timidamente riportando la sua attenzione alle pagine del libro mentre, con un leggero movimento delle dita, cominciò a pizzicarsi il labbro inferiore.
III
Lorenzo entrò in casa e chiuse la finestra. Lucia rimase nuovamente sola sul suo balcone, seduta alla sedia, intenta a studiare. Ecco, potrei approfittare di questo momento per parlarvi un po’ di lei così da conoscerla meglio.
Lucia è una ragazza estremamente semplice di 24 anni; bassina con capelli lunghi e castani, dei grandi occhiali da lettura che porta costantemente ed il suo modo di vestire non proprio al passo con la moda. È molto bella, sia chiaro, ma anche così innocente da non vantarsene e, anzi, intimidirsi al minimo accenno d’un complimento. Lucia, come avrete capito, studia psicologia e frequenta l’università. È un po’ l’orgoglio di casa. Fin dai tempi della scuola, i suoi genitori sono stati sempre fieri di lei e, così, con non pochi sacrifici, le hanno permesso di studiare a Milano nell’università a cui lei tanto ambiva. La sua famiglia vive al Sud, in Puglia. Il padre è un impiegato di un negozio di forniture e attrezzature per alberghi che, fortunatamente, riesce a lavorare tutto l’anno. La mamma, quando può, racimola qualcosa occupandosi di pulizie su chiamata per qualche casa durante i mesi invernali e per qualche albergo o campeggio durante la stagione estiva. La grande ammirazione e stima per le doti della propria figlia li convinsero – o meglio, invogliarono – a darle la possibilità di studiare. Possibilità che loro, purtroppo, non ebbero mai. Lucia, dovendo anche ringraziare, per così dire, il fatto di essere figlia unica, si è sempre mostrata molto riconoscente e rispettosa nei confronti della sua famiglia e di tutti i sacrifici che hanno fatto e che continuano a fare per lei. Proprio per questo, eccellendo nei suoi studi, cerca in tutti i modi di laurearsi nei tempi previsti. Una domanda plausibile adesso potrebbe essere: perché la scelta di studiare psicologia? Ecco diciamo che, fin da piccola, Lucia non è mai stata come le altre bambine e, successivamente, ragazze della sua età. Sempre molto timida e riservata, ha preferito passare la maggior parte del tempo da sola a studiare e, soprattutto, a leggere. Ancora oggi legge davvero tanto. La passione per la psicologia è nata proprio da qui. Per il suo dodicesimo compleanno, ricevette, da un suo zio – anch’egli appassionato di lettura – una copia del libro di Sigmund Freud L’interpretazione dei sogni1. Lucia ne rimase così folgorata che decise di approfondire le conoscenze su Freud – ad oggi uno dei suoi punti di riferimento tanto da averne anche un poster nella propria camera – ed accrescere questa sua, all’epoca, nascente passione per la psicologia. Con il passare degli anni, quella che iniziò come una semplice passione diventò una vocazione ed una vera e propria scelta per il suo futuro. Ad oggi, prossima a terminare gli studi, ha già cominciato la stesura della tesi di laurea.
Terminato il capitolo che stava leggendo, alzandosi dalla sedia, dando un ultimo sguardo confuso oltre il balcone come semplice distrazione momentanea, Lucia rientrò in camera chiudendo la finestra dietro di sé.
Al contrario di Lorenzo, il balcone di Lucia era collegato direttamente alla sua camera da letto. La camera era un po’ vecchia e male arredata. Le pareti erano di un color salmone sbiadito e i mobili, anche loro vecchi, non sembravano più riuscire mantenere il colore bianco originale. Da un po’ di giorni, Lucia era rimasta sola in casa; le sue due coinquiline, vedendo l’andamento del virus, si erano convinte a tornare a casa dai propri genitori aspettando che la situazione migliorasse. Lei, nonostante tutto, scelse di restare a Milano per non perdere nessuna lezione e – almeno per quel che penso io – anche per non sprecare inutilmente i soldi dell’affitto che i genitori avrebbero continuato a pagare in qualsiasi caso. In un lato della sua stanza, proprio di fronte al letto con il piumone viola, c’era una grande scrivania, un po’ disordinata, piena di libri, fogli sparsi e, nel centro, il suo computer portatile. Proprio al di sopra della scrivania, sul muro, si poteva vedere il poster di Freud di cui ho parlato pocanzi.
Lucia, rientrata quindi in camera e fatto un po’ di spazio sulla scrivania, lasciò il suo libro per poi dirigersi verso il bagno a rinfrescarsi un momento.
Fino alla sera, poco prima di cena, Lucia continuò ininterrottamente a studiare senza staccarsi dai libri. Quando studiava, non era solita concedersi troppe distrazioni; neanche per “fare un giro”, come si dice adesso, su qualche social network a cui, oltretutto, lei, non è iscritta; non utilizzava neppure il cellulare per un semplice scambio di messaggi con qualcuno togliendo addirittura la connessione ad internet così da non essere disturbata. Non chiedetemi il motivo – perché, oltretutto, non saprei rispondervi – ma sembrava non avere troppe amicizie.
Poco dopo aver cenato, si sistemò nel suo letto avvolta dal caldo piumone viola. Di fianco, sul comodino, la sera c’è sempre una piccola lampada con una calda luce gialla che le allevia la lettura di un buon libro fino all’arrivo veloce del sonno.
Per Lorenzo, che abbiamo un po’ perso di vista nel pomeriggio, invece, il proseguire della giornata fu ben diverso. Dopo aver salutato Lucia era rientrato in casa per mangiare. Una volta finito, preso da un momento di rimpianto, credo, scese in strada per raccogliere la ormai già sporca cravatta che lui stesso, poco prima, aveva lanciato giù dal balcone in preda alla collera. Nel trovarsi in strada, guardandosi intorno, Lorenzo notò ancora una volta quella strana situazione. Era pomeriggio e vedeva davanti a sé una Milano estremamente silenziosa. Macchine quasi non ce n’erano o, comunque, erano addirittura meno delle persone. Rientrato nel suo appartamento, decise di dare una sistemata raccogliendo un po’ di roba sparsa qua e là; si tolse anche la divisa di dosso e fece una lavatrice. Ora, io non penso di poter ben descrivere i sentimenti che Lorenzo provasse in quel momento; mi limiterò, quindi, a descrivervi la situazione. Una volta caricati i suoi indumenti all’interno della lavatrice ed averla avviata, Lorenzo rimase seduto davanti al piccolo oblò ad ammirare, incantato e con un viso malinconico, i vestiti nel moto circolare che si era creato all’interno del macchinario. Solo dopo forse cinque minuti nella stessa immobile posizione, Lorenzo si alzò per concedersi una calda e lunga doccia. Alla sera, mettendosi nel letto, decise di ordinare una pizza e concedersi, come è solito fare, un film al computer cercando di distrarsi e terminare il prima possibile quella difficile e lunga giornata senza sapere, purtroppo, che sarebbe stato solamente l’inizio.
Come è nata l’idea di questo libro?
Inizialmente, data la mia passione per il cinema, questa idea era nata come un cortometraggio. Si è successivamente evoluta quando, non avendo la possibilità di poter filmare questo progetto, ho provato a tramutarlo in un piccolo romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Dire che sia sta facile sarebbe una grossa bugia. Il periodo in cui ci troviamo adesso è indubbiamente molto stressante e credo che anche queso abbia influito molto sulla scrittura, spesso non riuscivo a mantenere costante. Avendo la fortuna di avere una sceneggiatura già pronta, però, mi sentivo più tranquillo nel conoscere già bene l’intera storia da scrivere.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
A dire il vero non sono mai stato troppo appassionato di libri e lettura. Penso sia stato proprio il lockdown ad avermi invogliato a cominciare a leggere. Ad esempio, nel 2020 ho letto circa 15 libri di cui la metà credo fossero di Fedor Dostoevskij che vorrei proclamare come mio autore preferito.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo da sempre in Puglia in un famoso paese turistico di nome Vieste.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Almeno per il momento, non ho progetti letterari per il futuro. Mi piacerebbe avere la possibilità, quando la situazione del virus si appianerà, di riportare questo mio piccolo libro all’idea iniziale di cortometraggio o, chissà, farlo evolvere in un film. Però per i libri chissà, sono sempre pieno di idee..
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