
Edito da Rogiosi Editore nel 2020 • Pagine: 95 • Compra su Amazon
E se la resistenza di un individuo all'esperienza del mondo fosse ancora la voce poetica? Ventisette componimenti segnano l'inizio e la fine di un tempo di ricerca, una disordinata ricerca nella viva esistenza (dell’autrice, degli scrittori a lei cari) e nella solitudine della Parola. Afonia diurna – Esercizi letterari è il punto di congiunzione - o di dissidenza – tra quelle esistenze tanto diverse e quel sentire umano universale che trova la sua forma naturale nei simboli della poesia.

LUCANIA
Venite ancora a cantare l’alba
di queste cime disonorate.
Venite, con le mani incerte
di muschio e rosari ramati
a cantare lo spirito panevo
ove del pianto della bocca s’è fatto rito
che conserva sotto chiave
l’umana lucida isteria.
Tornate alle case ad assaporare il silenzio
odoroso di fuligginose pignate,
non è solo lirica il pane palpitante.
Tornate alle lente vie frantumate,
braccia raggrinzite dai civili lastricati,
noi non sappiamo più osservare il buio.
Tornate a desiderare la pena
– la speranza –
di un uomo che fiorisce.
PARTENZA
Mi passeggia accanto l’aria stinta di una stagione
che va congedandosi sulle tue chiome.
Eppure, ancora, il corpo non s’appaga:
freme la giovane carne, s’affanna.
M’abita il petto uno spirito irrequieto
mai sazio di memorie native né di parole
ignare del tuo amore
che disonorevolmente rifuggo
come chi deserta i fratelli di battaglia
per l’orrida verità.
Altri lidi, altri venti, un distinto vagare tra i volti;
continuerà la tua vita,
pur dolente nell’abbandono,
continuerà.
O Notte d’ottobre sospendi il tuo incedere!
Lascia ancora che novembre riposi sulle alte rocce
all’ombra dell’ultimo solletico estivo,
o che dorma sugli irti ricordi.
Bendatemi gli occhi!
Per non guardare gli spasmi degli affetti
né lasciare che parli lo spettro
ancora
di come sia inesperto il desiderio,
divelta la radice.
Altri lidi, altri venti,
un distinto vagare tra i volti;
continuerà la tua vita,
pur dolente nell’abbandono,
continuerà.
Ma questi sono gli anni, ma questa è la vita:
un rapido gioco d’infanzia e poi
la corsa violenta sui nostri corpi.
QUASIMODO
E come potevamo noi amarci
con il gelo nel cuore
e le membra tremanti
sconvolte dal passato.
E come potevamo noi cercarci
con generosità e pudore
quando siamo gettati in un’arena
con corpi vellutati, puliti, perfetti.
Mi strazio l’anima
mi strappo gli occhi
urlo l’indifferenza che bevo
dalle parole;
e come potevamo noi dimenticarci
di essere noi
noi, che viviamo adesso
e non ci interessa null’altro
che la frenesia di un vivere pubblicitario.
Addio, sparisco qui,
mi scopro ancora viva
ma
innamorata dell’indifferenza del secolo del simbolico.

Come è nata l’idea di questo libro?
Diciamo che il libro è nato da sé man mano che diversi tipi di realtà venivano esperite, assorbite e poi rielaborate in quella che si definisce una “lingua poetica”. Ho iniziato a raccogliere su un quaderno i miei versi nel 2015 e un punto di svolta nella mia vita, nel 2018, ne ha decretato naturalmente la chiusura con la poesia a cui, forse, sono più legata, Ultima Napoli d’autunno. Ho iniziato allora a vederci una forma – una poetica – e dopo averle limate un po’, ho deciso di gettarle in pasto ai lettori.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portarlo a termine non è stato affatto difficile; ciò che è stato difficile è stato capire che ciò che vivevo e sentivo non era reale solo in me ma nella storia dell’essere-umani. Cerco di non modellare il componimento fermandomi alla mia esperienza personale, per me quella – l’ispirazione, l’intuizione – non è che il punto di partenza su cui innestare una realtà alternativa possibile grazie agli impulsi della lingua. Direi, invece, che è stato divertente portarlo a termine e adagiare un non-esistente sull’esistente.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Da studiosa di letteratura da lungo tempo (attualmente svolgo un dottorato di ricerca in letteratura spagnola) direi che è impossibile stilare lucidamente una lista di autori punti di riferimento. Moltissimi sono presenti nei miei scritti senza che me ne accorga nemmeno, e questo è naturale. Non a caso, infatti, il sottotitolo della mia silloge è esercizi letterari: con ciò vuole inserirsi in un discorso che inizia quando il primo uomo decide di mettersi a narrare; sono esercizi, nel senso etimologico della parola, che portano fuori dal loro contesto una frase, una parola o anche un concetto per ricollocarlo in un mio discorso. L’ispirazione, per me, diventa luogo di esperimento. Molti autori per me importanti sono citati esplicitamente ma tanti altri sono intercalati implicitamente nella poesia.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo tra Bracciano e Napoli ma in passato ho sempre vissuto a Napoli, una città-madre a cui devo tanto in termini di formazione e di “educazione sentimentale”. Le devo anche la malinconia e la delusione dell’essere andata altrove.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non ho progettato niente, a dire il vero, ma continuo a scrivere in maniera caotica e a giocare con la lingua. L’unico progetto attinente è quello di terminare il dottorato di ricerca in letteratura e cercare delle forme meno “imbrigliate” per continuare a studiare.
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