Edito da Giuseppe Randone nel 2018 • Pagine: 327 • Compra su Amazon
C’è un’opinione molto diffusa secondo la quale la questione “ambientale” è un problema prettamente politico-educativo e tecnico-scientifico. Nel romanzo L’albero trascendentale questa convinzione viene ribaltata: la questione ambientale è un problema filosofico, forse il problema filosofico per eccellenza sulla “natura umana”. Tale prospettiva cambia in modo radicale lo status disciplinare dell’ecologia, che da semplice “scienza ambientale” diviene anche “filosofia ambientale” e cioè “ecosofia”.
Soltanto l’ecosofia può sciogliere alcuni nodi teoretici che hanno caratterizzato tutta la storia dell’umanità e soprattutto del pensiero occidentale. Il primo di questi nodi teoretici sottolinea con forza che tutto lo sviluppo storico dell’uomo sul pianeta è in fondo uno sviluppo “ego-logico”; mentre il secondo evidenzia la sistematizzazione filosofica di un simile sviluppo attraverso la filosofia trascendentale del grande pensatore tedesco I. Kant.
La filosofia di Kant è, per dirla in parole semplici ma non semplicistiche, ciò che ha scolpito in modo chiaro e netto la mentalità “ego-logica” della civiltà occidentale. La grandezza ineguagliabile della sua filosofia sta proprio nell’aver indicato con estrema precisione quanto segue: la natura attorno a noi non è altro che l’oggetto della “rappresentazione trascendentale” di un soggetto.
Ecco, se vogliamo ancora avere un futuro in questo mondo, se è ancora possibile trovare una soluzione alla scandalosa distruzione dell’ambiente, bisogna oggi abbandonare la mentalità “ego-logica” e instaurare una autentica mentalità “eco-logica”. Non più soggetti che si rappresentano e sfruttano una natura-oggetto attorno a loro, bensì esseri armonicamente viventi in mezzo a una sterminata varietà di cose altrettanto vive e dotate di anima.
Tempo fa, sapete, Bernardino si è messo a piangere pensando che un giorno non molto lontano sarei morto perché sono vecchio. Allora ho dovuto consolarlo.
– E che cosa gli ha detto? – chiesi io con curiosità.
– Gli ho fatto – rispose lui – un lungo discorso sulla morte apparente e quella vera. Sai Bernardino, gli ho detto, quando io morirò mi porteranno in una tomba buia, fredda, con una stupida fotografia sopra. Ma tu non dovrai cercarmi lì, perché non ci sarò. Lascia agli altri, quelli che credono alla morte come una definitiva scomparsa, di andare tra quelle lugubri pietre.
› Vieni invece a cercarmi tra i tuoi ricordi, nelle parole che ci siamo dette anche col silenzio, vieni a cercarmi tra gli alberi del bosco, tra le foglie che scintillano di verde nella luce primaverile o che svolazzano nel soffio dei venti autunnali. Se prenderai con te un bastone per le tue passeggiate tra i monti, anche in esso mi potrai sentire, anche in esso potrai cogliere quel piccolo battito che ha caratterizzato le mie abitudini in questo mondo.
Hagenfeldt era commosso e voleva quasi fermarsi, ma noi eravamo ansiosi di sentire il resto. Così lui continuò.
– Vieni a cercarmi – disse – tra le stelle del cielo che fronteggiano lo sconfinato buio della notte, nel canto degli uccelli alle prime luci dell’alba o nei rossi colori del crepuscolo. Vieni sulle prime nevi che vestono le spoglie cime delle alpi dopo il caldo estivo, lungo i fiumi, sugl’irti sentieri, lì mi troverai. Mi troverai nei cervi e nei camosci che si precipitano sicuri giù per le scarpate, nelle erbe e nei fiori dei prati.
› Nella natura che pulsa di movimento, di vita, ci sarò; perché se noi abbiamo un’anima, ciò significa che appunto siamo fatti di movimento, di energia. E quando vedrai una gemma sbocciare, allora salutami, schiacciami l’occhio così come hai fatto tante volte: io ti risponderò, silenziosamente ti risponderò. Ma tu sentirai il mio saluto, perché da me hai imparato a cogliere il suono nel silenzio, il non-sensibile nel sensibile l’eterno nell’effimero e la presenza nell’assenza.
› Qualunque sia la forma che prenderanno i resti di questo mio corpo, non darle alcuna importanza. Sia esso ridotto in cenere o chiuso in un feretro non curartene. Vieni invece là dove palpita la vita, con la sua luce e il suo mistero, sotto i raggi del sole o sotto la pallida luna, e lì mi troverai, lì ci sarò. Lì potrai cantarmi ancora altre storie e io le ascolterò, estasiato, provando quella straordinaria commozione che da sempre vivo di fronte alle tue magiche parole, ai tuoi magici versi.
– E lui come ha reagito a queste tue sublimi parole? – chiese Martina.
– Dapprima sembrava convinto, – rispose il vecchio – ma poi, decisamente triste, si è allontanato da me come non aveva mai fatto fino ad allora. E questo ha lasciato dentro pure a me una grande tristezza.
Io pensai in quell’attimo che le parole di Hagenfeldt avevano toccato il cuore a tutti noi, per non dire che le condividevo sino in fondo.
Se morire è uno sciogliersi di energia in altra energia, questo non ha niente a che vedere con un freddo sepolcro. La nostra morte è una specie di ritorno nel tutto originario. Essa rimanda all’origine più lontana, che è lì fuori, nel mondo, e solo in parte ci mette in relazione coi nostri antenati. A partire da essi infatti richiama quelli cosmici, invisibili all’occhio fisico ma visibili agli occhi dell’anima.
La nostra vera origine è in quell’eterna fucina di eventi che ci travolge continuamente all’essere. In quel vortice si nasce come individui e in esso bisogna ritornare per cancellare l’individualità. Questo è morire: scomparsa della vita individuale e ritorno a quella cosmica, il nostro vero sepolcro, non più sede e ricettacolo di morte ma seno della rinascita a nuova vita.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di questo libro è nata più di vent’anni fa, quando ho deciso di interessarmi per la prima volta alla scottante questione del “problema ambientale”. La gravità della devastazione ambientale è oggi sotto gli occhi di tutti, ma allora non era così evidente; e meno che mai lo era la radice più profonda da cui derivava il fenomeno. Così man mano che riflettevo sul problema, ha preso forma dentro di me l’esigenza di raccontare una storia che mostrasse in modo vivo e toccante i vari aspetti filosofici del problema. Sin da bambino ho provato sempre un grande amore per i paesaggi e mi sono commosso enormemente di fronte alla loro bellezza. Poi, crescendo, mi sono conto di non riuscire ad accettare che lo sfruttamento indiscriminato della natura sia indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo. Certo ci sarebbe da discutere sul significato della parola “indiscriminato”, ma al momento lasciamo stare: nel libro c’è tutto un capitolo dedicato a ciò. Comunque sia, tale sfruttamento ha creato nella mia vita un enorme disagio che non sono mai riuscito ad eliminare. Da questo amore e da questo disagio quindi, per dirla in breve, è scaturita la composizione del libro con la sua insita ricerca filosofica sulle cause più profonde che determinano l’attuale squilibrio ecologico.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Il processo di scrittura di un libro assomiglia tanto alla gravidanza di una donna che porta alla luce un bambino, ma è molto più complesso e lungo rispetto ad una semplice gravidanza. Qui avviene tutto semplicemente nell’arco di nove mesi, ma nella gestazione di un’opera letteraria, intervengono troppi fattori che sconvolgono la semplicità dello slancio creativo e allungano i tempi della composizione. Ci sono certamente tante eccezioni, ma in genere è così. O almeno così è stato per me. Il romanzo ha avuto una prima stesura nel 2000, ma poi ha subito continue rielaborazioni e revisioni per giungere allo stato definitivo attuale. Un travaglio di quasi vent’anni, se consideriamo che l’opera è apparsa nella sua stesura definitiva nel 2017/18.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Uno che scrive non è mai soltanto “uno che scrive”, egli è anche, e oserei dire soprattutto, “uno che riscrive”. Così come ogni pensare è sostanzialmente un “ripensare”, allo stesso modo ogni scrivere è un “riscrivere”. Gli autori letti e studiati nel corso della vita di uno scrittore sono il cibo che ha nutrito la sua anima, e che in ultima istanza ha fornito l’energia necessaria per approdare a nuovi orizzonti di vita e di pensiero. Fatta questa premessa, posso dire che sul versante della letteratura hanno giuocato un ruolo fondamentale autori come Leopardi, Verga, Tolstoj, Dostoevskij, Pirandello, Hesse, Mann, Kundera e Gaarder; mentre su quello della filosofia hanno avuto una importanza di rilievo pensatori come Platone, Kant, Hume, Schopenhauer, Husserl, Popper e Hillman. Potrei citare senz’altro anche altri autori, tuttavia quelli indicati bastano per farsi un’idea del mio retroterra culturale.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo in Piemonte; ma sono nato in Sicilia, dove, a parte le varie fughe “dal natio borgo selvaggio” di leopardiana memoria, ho trascorso per intero la mia gioventù. La mia vita in Sicilia è stata un momento cruciale della mia educazione e formazione culturale, nonché del mio percorso esistenziale.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il mio progetto per il futuro è quello di approfondire e portare a termine quello stile filosofico letterario che io chiamo “teopoietico”. Di questo si parla anche nel romanzo, ed esso plasma in un certo senso tutta la struttura dell’opera. A tal proposito vorrei invitare tutti i lettori a visitare Teopoiesis.blogspot.com, il mio sito sulla “teopoietica”, dove tra l’altro su L’albero trascendentale è possibile scaricare, sia in italiano che in tedesco, una ulteriore presentazione dell’opera.
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