Edito da Carlo Nobili nel 2020 • Pagine: 236 • Compra su Amazon
Quanti modi ci sono nel romanesco per dire di aver preso una solenne sbornia? Il libro ci offre l’occasione di seguire, dal Trecento fino ai nostri giorni, il lungo cammino di trasformazione, dinamico e vitale, intrapreso dal dialetto della Città Eterna, grazie ad interferenze, rideterminazioni semantiche, deformazioni, mescolanze dialettali, adozioni, scambi e prestiti linguistici, avvenuti a seguito di eventi epocali, quali il Sacco di Roma, il processo di toscanesizzazione, l’annessione unitaria e la conseguente nomina di Roma a Capitale del Regno d’Italia.
Come è nata l’idea di questo libro?
Dal mio interesse, da antropologo, nei confronti della dialettologia (in special modo del cosiddettto “romanesco”), della filologia e della storia.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Lo studio di qualsiasi argomento se è sollecitato dalla passione e da sana curiosità intellettuale raramente risulta difficile; può essere complesso e richiedere approfondimenti bibliografici di difficile reperimento ma sono proprio queste “difficoltà” a rendere affascinante l’indagine storica.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Roma ed ho sempre vissuto qui.
Dal punto di vista letterario, quali sono i vostri progetti per il futuro?
Sto attualmente scrivendo una novella in “romanesco” in cui, attraverso vari personaggi, si cerca di descrivere la vita di una qualunque piazzetta di Roma degli anni Sessanta (“non cià ‘n ‘mportanza quale che sia, si sta ar centro o ‘n periferia”, è ‘na piazzetta de Roma, ‘ndo puro chi nun è romano se sente parte de ‘sta città ruffiana, , santa e ‘n po’ puttana ma mai matrigna).
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