
Edito da Claudio Apicella nel 2019 • Pagine: 200 • Compra su Amazon
Nove racconti diversi. Nove storie che trattano ed interpretano due tematiche importanti, non sempre nel modo più convenzionale in cui si è soliti intenderle, fino a giungere alla fusione di entrambi nella stessa vicenda come in “Invito a cena”.
L’amore, come ben sappiamo, può essere romantico e dettato dalle scelte del destino come in “Testa, Croce, o…”, condizionato da situazioni drammatiche come ne “Il richiamo della porta bianca”, rappresentato dalla voglia di continuare a vivere o anche nel giudizio divino.
L’occulto invece può toccare molteplici aspetti, dai più classici quali la morte e la resurrezione in “L’orologio”, alle profezie misteriose come in “E’ sempre una cosa seria”, ai poteri extrasensoriali di “Sogno o realtà” fino all’assurdo de “Il condizionatore”.
Una raccolta piacevole da leggere e che spera di coinvolgere il lettore in ogni racconto.

Estratto del racconto: TESTA, CROCE, O …
Hoboken, NY, 13 ottobre 2025
“Certe volte gli eventi più insignificanti possono cambiare la tua vita.”
Era più di un anno che non vedevo mio padre, e quel giorno, dopo averlo trovato rintanato nel suo locale preferito con una birra in mano, invece che discutere dei problemi che ci avevano allontanati o del motivo per cui eravamo stati costretti a rivederci, senza nemmeno salutarmi cominciò a rivolgersi a me in quel modo.
“La mia vita un giorno cambiò, e fu tutto a causa di una piccola moneta.”, continuò.
“Si, lo so, lo so…”, dissi con tono chiaramente infastidito, “Ho sentito queste parole uscire dalla tua bocca e da quella della mamma in parecchie occasioni. Però non credi che dovremmo…”
“Non dire altro! Oggi ti chiedo una cosa sola. Lasciami parlare e ascoltami.”
Decisi di lasciargli quella opportunità forse anche perché in fondo volevo finalmente conoscere il motivo di quella frase che costantemente avevo sempre sentito ripetermi in più di un’occasione. A quel punto presi una sedia e mi accomodai accanto a lui. Ottenuta la mia attenzione, prima di cominciare si concesse due abbondanti sorsi di birra. Subito dopo, mentre con le dita si puliva le labbra dalla schiuma, iniziò la sua storia.
“Il momento in cui la mia vita, e in particolar modo quella di tua madre, decise di cambiare la strada percorsa fino a quel momento avvenne durante un tiepido e piacevole giorno di settembre. Quella mattina dovevo presentarmi all’ennesimo colloquio di lavoro. In effetti non stavo vivendo un bel periodo. I soldi scarseggiavano, il lavoro pure e, se non avessi trovato una soluzione in tempi brevi, avrei dovuto abbandonare il buco in affitto che mi ero trovato tra il Bennet Park e il George Washington Bridge e tornare mestamente dai miei nel West Virginia a Charles Town; una soluzione che avrebbe posto una definitiva pietra sopra ai sogni e le speranze di emergere come cuoco di alto livello nella grande mela.”
Tentai di intromettermi ma la pausa fu breve. Lui ricominciò quasi all’istante.
“Se veramente il destino avesse voluto scegliere per me quella strada in questo momento mi troverei ancora a cucinare hamburger bruciacchiati e patatine fritte presso il Brown’s Happy Burger, il fast food di proprietà di Sam l’amico d’infanzia di mio padre, e quasi sicuramente tu non saresti mai nato.”
“Buono a sapersi.”, esclamai, ma lui sembrò non raccogliere la mia battuta sarcastica.
“Per l’occasione avevo deciso di vendere la mia migliore immagine. Mi svegliai quindi all’alba, mi feci la barba, una bella doccia, ed infine indossai l’unico vestito buono che ero riuscito a permettermi grazie ai soldi di una gratifica ottenuta col mio precedente lavoro. Poi, con la paura sfrenata che qualche catastrofico evento come uno sciopero improvviso dei mezzi di trasporto o il blocco del traffico a causa di incidenti mi impedisse di raggiungere il luogo dell’appuntamento, presi l’autobus prima che il sole cominciasse a spuntare dalla linea dell’orizzonte. In questo modo raggiunsi il luogo dell’appuntamento con un anticipo di quasi un’ora e mezza. Vesey Street era ancora silenziosa e il Blue Smoke, il locale dove avrei dovuto sostenere il colloquio, era ancora chiuso.
Dato che le acque dell’Hudson scorrevano a pochi minuti a piedi dal punto in cui mi trovavo decisi di fare una passeggiata e così, dopo circa duecento metri raggiunsi l’ingresso sud del Nelson Rockefeller Park. La prima cosa su cui cadde l’attenzione del mio sguardo fu una serie di giochi adibiti al divertimento dei bambini. Questi erano davanti a me, avvolti in uno strano silenzio spezzato ogni tanto dal cigolare delle catene delle altalene spinte dal vento.”
“Un po’ desolante come scenario.”, intervenni io.
“Desolante… forse sì, però riuscì a trasmettermi la tranquillità che mi sarebbe servita per affrontare in seguito il colloquio. Ad ogni modo non rimasi in quel punto a lungo. Poco dopo mi spostai e raggiunsi la riva dove contemplai il panorama di Jersey City fino a quando il volo di un gabbiano distolse il mio sguardo dirigendolo velocemente verso Liberty Island, proprio nel momento in cui alle spalle della Statua della Libertà aveva cominciato a sorgere un caldo sole di settembre.”
Tutti quei particolari stavano mettendo a dura prova la mia pazienza, però purtroppo lui era fatto così. Quando raccontava una storia, invece di andare dritto al cuore della stessa, doveva sempre arricchirla di dettagli spesso superflui.
“Non ricordo quanto tempo persi ad ammirare quello spettacolo, so solo che mentre lo facevo tutte le preoccupazioni e l’ansia che albergavano nel mio cuore decisero di scomparire. Tornai alla realtà solo quando il mio stomaco, ancora a digiuno dalla sera prima, cominciò a lamentarsi. A quel punto, guardandomi intorno alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, individuai al centro del parco un chiosco che aveva aperto da poco. In coda c’erano solo tre persone. Vista l’ora erano anche troppe forse, comunque sia mi aggregai allo sparuto gruppetto e con calma mi misi ad aspettare il mio turno. Mentre decidevo se prendere dei muffin caldi o delle ciambelle Dunkin’ Donuts ricoperte di tanta glassa zuccherata, alle mie spalle si aggiunse una ragazza avvolta in un tailleur blu scuro con in mano una cartella piena di documenti e un cellulare: era tua madre.”
“Quindi quello è stato il momento in cui vi siete visti per la prima volta?”
“Si, e ti posso assicurare che era bellissima.”, dopo quelle parole si perse nei ricordi del passato. Quando portò a termine quel viaggio nella sua mente, una volta tornato alla realtà, mi fissò e ricominciò a parlare.
“Con la scusa di guardarmi intorno mi voltai per osservarla meglio. Come ti ho già detto era molto bella. Un raggio di sole, un angelo che però lasciava trasparire chiari segnali di nervosismo. Di certo quel giorno l’aspettava una dura e difficile giornata di lavoro. Da quel punto di vista la invidiai perché anche a me sarebbe piaciuto provare le stesse sensazioni; avrebbe significato che almeno un lavoro ce l’avevo. Fu mentre pensavo a quello che il venditore del chiosco richiamò la mia attenzione. – Ragazzo! Vuoi continuare a guardare il panorama o hai intenzione di comprare qualcosa? –, mi disse. Dopo quelle parole con la coda dell’occhio notai che lei mi stava fissando con uno sguardo leggermente divertito. Imbarazzato distolsi lo sguardo e mi voltai a fissare la divisa azzurra e verde dell’uomo dall’altra parte del bancone. Senza riflettere ordinai un paio di Dunkin’ Donuts ed un cappuccino. Mentre venivo servito, mi voltai un attimo per cercare di dirle qualcosa, fare una battuta, ma subito notai che il suo interesse era focalizzato solo allo schermo illuminato del cellulare.”
Dopo quelle ultime parole riprese il boccale di birra e si concesse un altro paio di sorsi.
“Quando il venditore mi disse il prezzo della colazione mi venne quasi un colpo. Quattro dollari e settanta per due sole ciambelle ed un cappuccino. Un furto! Ad ogni modo non era quello il giorno ed il momento per lamentarsi. Presi il portafoglio e, tirato fuori un pezzo da cinque, lo misi a malincuore nel palmo della sua mano. Questi incassò la banconota e, dopo aver velocemente armeggiato con la cassa, mi consegnò la differenza. Fu quello il momento in cui il destino decise di intromettersi. Mentre riponevo il resto nel portafoglio una moneta da un quarto di dollaro mi sfuggì dalle dita e cadde. Quello che avvenne subito dopo mi colse talmente di sorpresa che rimasi immobile, senza parole, a fissare quel piccolo pezzo di metallo.
Il venditore, visto che la mia momentanea paralisi sembrava non trovare una pronta risoluzione, cercò di farmi tornare alla realtà con delle parole che non voglio raccontarti. Quello che invece devi sapere è che il suo tono di voce, oltre a destarmi dallo stato di estasi in cui ero caduto, riuscì anche a distogliere l’attenzione di tua madre dal cellulare che stringeva in mano. Lei alzò la testa, fissò prima l’uomo, poi me ed infine, spostandosi leggermente verso destra, rimase catturata dallo stesso stato di stupore in cui ero caduto pochi secondi prima.”
“Ma cosa era successo?”
“Aspetta. Ancora un po’ di pazienza”, disse lui, “Considerato che ormai eravamo in due a comportarci in quello strano modo anche il venditore decise di lasciarsi tentare dalla curiosità. Allungò quindi la testa oltre il bancone e diresse lo sguardo verso lo stesso punto oggetto della nostra attenzione.”
“E?”
“Anche lui ebbe la nostra stessa reazione: rimase senza parole.”, concluse con tono soddisfatto, poi finalmente decise di svelarmi il resto della storia.
“La moneta, ferma ed immobile, stava tranquilla nella posizione verticale in cui si era fermata quando era entrata in contatto con la piastrella di marmo del pavimento del parco. Non so se ti rendi conto dell’unicità dell’evento. Lo sai anche tu che di solito quando si lancia una moneta o esce una faccia o l’altra. La probabilità, come dicono gli statistici, è sempre pari al cinquanta per cento.”
“Si, però a condizione che non si verifichi mai il caso in cui questa rimanga in piedi.”, aggiunsi io ripescando quelle parole nei ricordi dei miei studi scolastici.
“Già. Ed è proprio questo quello che era successo. Ecco perché rimanemmo tutti imbambolati a fissare quel pezzo di metallo per quasi un paio di minuti. Alla fine fu sempre il venditore a farci tornare alla realtà. Mi ricordo bene le sue parole – Ragazzo, a meno che tu non sia un mago sono convinto che neanche se la lasciassi cadere altre 100.000 volte riuscirebbe a rimanere in quella posizione – disse, ed io concordai con lui. Subito dopo intervenne tua madre. Esclamò che il tutto era semplicemente pazzesco e poi cominciò a fotografare l’evento con il cellulare. Mi disse che voleva raccontare tutto sul suo sito web.”
“Fu quindi quello il momento in cui incominciaste a parlarvi?”, chiesi.
“No. Avvenne in seguito quando, dopo aver raccolto da terra la moneta e preso la mia colazione, andai a sedermi su una panchina lì vicino. Tua madre mi raggiunse con il cappuccino che si era ordinata e, senza alcun imbarazzo, mi chiese se poteva sedersi per consumare la sua colazione. Dopo un sorso iniziò a parlare ,– Lo sai che ancora continuo a pensarci? – disse.”
“Pensava a cosa?”
“Ma alla moneta! A cosa mai avrebbe dovuto pensare altrimenti. Stava ancora cercando di calcolare a quanto ammontava la probabilità che si verificasse quello a cui avevamo appena assistito, però più ci provava e più si rendeva conto che si trattava di un evento quasi unico. Solo alla fine, quando decise di arrendersi, si ricordò del fatto che ancora non si era presentata. Fu quello quindi il momento in cui venni a conoscere il suo nome, e lei il mio.
Rotto il ghiaccio, da quel punto in poi continuammo a parlare e consumare le nostre rispettive colazioni mentre il dialogo proseguiva sciolto e tranquillo come se fossimo stati amici di lunga data. Ogni tanto, mentre addentavo qualche boccone, mi accorgevo sempre più di particolari che prima non avevo notato. La voglia di vivere e l’entusiasmo che scaturiva dai suoi occhi dipinti da un tenue color marroncino tendente all’ambra. I riflessi del sole che colpivano i suoi capelli e le labbra. Insomma, a mano a mano che parlava avanzavo sempre più verso il ciglio della scogliera da dove in seguito mi sarei tuffato senza remore. Oggi posso confessarlo, quella mattina venni toccato dal classico colpo di fulmine e il luogo in cui caddi pochi giorni dopo non era altro che la grande culla dell’amore.”
“Fu la stessa cosa anche per lei?”, chiesi incuriosito.
“Non ne ho la certezza ma penso proprio di sì. Ad ogni modo non ricordo quanto rimanemmo su quella panchina, e non ricordo neanche quando ci alzammo e decidemmo di fare quattro passi mentre aspettavamo che si facesse l’ora per i nostri rispettivi impegni. Fatto sta che continuando a costeggiare l’Hudson lasciammo il parco e ci spostammo verso sud. Ci fermammo solo quando, dopo aver superato un porto che proteggeva alcune imbarcazioni private, raggiungemmo un altro piccolo parco, il Pumphouse Park. Fu in quel punto che ci ricordammo di guardare i nostri rispettivi orologi. Segnavano entrambi le otto e quarantacinque. Per me quell’ora non significava nulla dato che avevo ancora parecchio da aspettare prima del colloquio, ma per lei era diverso dato che avrebbe dovuto essere in ufficio per le otto e trenta. Quando si rese conto del ritardo che aveva accumulato, il nervosismo e la preoccupazione che cominciarono a crescerle dentro spensero la luce che le aveva illuminato il volto fino a poco tempo prima.”
“Quindi di conseguenza vi siete dovuti dividere?”, conclusi.
“No. Anzi, mi correggo, all’inizio stava per andarsene come dici tu. Scrisse il suo numero su un foglietto e, mentre me lo consegnava, mi disse che le sarebbe piaciuto continuare a parlare con me ma non in quel momento dato che doveva scappare. Subito dopo si voltò e cominciò a correre via. Fu a quel punto che istintivamente decisi di richiamarla. Quando si voltò le dissi che mi sarebbe piaciuto accompagnarla. A quel punto la raggiunsi e insieme cominciammo a correre lungo Liberty Street in direzione del suo luogo di lavoro.”
“E poi?”
“E poi il mondo decise di cambiare.”, dopo quelle parole rimasi in silenzio a fissarlo. La mia attenzione e l’interesse nella storia crebbero esponenzialmente. Lui attese qualche secondo e poi tornò ad aprire bocca.
“La prima cosa che sentimmo fu il rumore. Talmente forte ed assordante che ci fu impossibile trattenerci dal fermarsi per cercarne l’origine. Subito dopo le ombre ci strinsero in un oscuro abbraccio cancellando in un istante i raggi del sole. Alzammo la testa alla ricerca di una spiegazione ma non avemmo il tempo di trovarla dato che un boato terrificante devastò l’aria facendo tremare per alcuni attimi anche il terreno sopra i nostri piedi. Spinti da un istinto di sopravvivenza ci buttammo a terra chiudendo gli occhi e stringendoci la mano. Rimanemmo in ascolto dei rumori e delle grida che seguirono per parecchio tempo fino a quando non cominciammo a sentire nell’aria odore di polvere e di bruciato. A quel punto aprimmo gli occhi e ci guardammo intorno. Lo spettacolo che ci aspettava fu talmente orribile che ancora oggi quando vedo qualche foto o quando il pensiero torna ad evocare quelle scene lo reprimo subito. Se mai un giorno ti capitasse di vedere l’inferno pensi che in seguito avresti voglia di rivederlo?”
“Penso proprio di no.”, ammisi io.

Come è nata l’idea di questo libro?
Col passare degli anni il mio archivio di racconti più o meno brevi aumentava sempre più e quindi ho deciso che era venuto il momento di organizzarli. Dopo un breve lavoro di selezione, ho quindi messo in un unico raccoglitore tutte le storie che parlavano di due tematiche specifiche viste nel loro senso più ampio di interpretazione. Ed ecco qui che è nata questa raccolta.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Il lavoro di selezione dei racconti non è stato facile. Mi sarebbe piaciuto includerne molti altri, però ormai mi ero prefissato un obiettivo, e quindi dovevo essere rigido nelle scelte. Se la storia non era a tema, la scartavo senza rimorsi. Vorrà dire che verrà usata per una raccolta futura.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Leggo libri di diversi autori senza mai soffermarmi su uno specifico. Di solito l’elemento chiave che valuto prima di leggere un libro è la trama. Se mi attira proseguo altrimenti passo ad un altro testo.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Nella mia vita, per motivi familiari, ho girato l’Italia dal nord al sud per poi finire a vivere al centro. Dal 1999 sono residente a Roma e per il momento non ho in programma nuovi spostamenti.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a scrivere. Ho un sacco di idee e storie nuove da raccontare e non vedo l’ora che queste riescano finalmente a trasformarsi in parole.
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