
Edito da Pubme nel 2021 • Pagine: 322 • Compra su Amazon
Ānanda è una raccolta di racconti, che narra le vite di alcune persone vissute nel periodo in cui avvennero tre catastrofi planetarie: una guerra, una pandemia e un grande diluvio.
Le loro storie si intersecano nei secoli (e nei millenni), in un continuo salto tra passato e presente, in cui il lettore – come un archeologo – è chiamato a ricostruire gli eventi e le genealogie familiari. I racconti sono autoconclusivi e autonomi l’uno dall’altro, ma al contempo si possono intrecciare tra loro per ottenere un’interpretazione più profonda. Alcuni di essi sono suddivisi in parti e ricercano l’attenzione del lettore, tra continui misteri e passaggi temporali.
In particolare, si raccontano le vite di tre donne: Judy, la figlia Vera e la nipote Rebecca. In parallelo, una figura misteriosa, chiamata il Discepolo, percorre i millenni alla ricerca di un significato alla vita. L’incontro con Rebecca segna il culmine del suo cammino e, in metafora, il ricongiungimento e la fusione tra il mascolino e il femminino, da loro rappresentati. Questo finale è ambientato alle Isole Faroe, che svolgono qui la funzione simbolica di ultima Thule.
Altri personaggi minori completano la raccolta: tra i più importanti, il signor Tedlock e Francis Elderman, i guardiani Lazzaro e Myriam, gli artisti Donnie Vaughn e Treyule.Il termine “Ānanda” è ripreso dalla tradizione indù ed è stato rielaborato da me. Esso indica il piacere assoluto, che non ha nulla da spartire con i piaceri materiali. In parte è piena felicità, in parte massima sapienza e, inoltre, è qualcosa che si realizza dimenticandosi di sé.
L’obiettivo principale di Ānanda è di porre l’attenzione sui meccanismi che sembrano spingere l’umanità all’autodistruzione. In forma fantastica o parodistica, emergono la malvagità, l’istinto di sopravvivenza e le crisi del pensiero contemporaneo, di fronte all’incapacità di interpretare una realtà sempre più poliedrica (p. es. in àmbito artistico, come nel racconto Il faro).
Infine, il ruolo della Natura è di grande importanza, all’interno di una nuova cosmogonia incentrata sulla luce, nella prospettiva di una civiltà consapevole dei propri errori e in intima armonia con ciò che la circonda.

Trascorsero gli anni, i sopravvissuti tentarono di ripristinare la civiltà, impiegando le tecniche e le tecnologie ancora disponibili, ma un batterio, nominato Anthrax, mise a dura prova quel tentativo. Non vi erano più strutture sanitarie abbastanza attrezzate e organizzate sui territori, per questa ragione si cercò di isolare i focolai e si sperò di essere immuni. In alcune aree del mondo nacquero nuove comunità, collegate tra loro da una rete di scambio commerciale e culturale. Così avvenne per esempio nelle Americhe e soprattutto in Britannia, un territorio che si estendeva dalla Groenlandia alla Norvegia, dove le comunità si sostenevano a vicenda, in forma paritaria, riprendendo il modello delle antiche poleis. Dell’Europa continentale si avevano informazioni frammentarie, mentre in Medio Oriente sopravviveva una società feudale divisa tra gli immuni e i contagiabili. L’Africa era tornata una terra ignota, isolata dal resto del mondo, ritrovando forse così la propria pace. Nemmeno da Oriente vi furono più notizie.
Un giorno, tuttavia, la grande pioggia cominciò a cadere e non smise per tredici mesi. Molte comunità, che erano state fondate sulle coste o nei pressi dei fiumi, finirono per essere travolte dalle acque. L’umanità fu ulteriormente decimata dalla Natura. Quando la pioggia cessò e le acque si ritirarono, i pochi sopravvissuti erano ormai esausti, privati di una guida umana o divina che potesse farli rialzare.
Fu allora che da Oriente giunse un popolo misterioso, di cui nessuno seppe mai l’origine, che colonizzò gran parte del pianeta. Esso portò nuova linfa al genere umano e stabilì una pace con la Natura. Rispettandola e rendendole onore, questa avrebbe permesso all’umanità di vivere un’età dell’oro e di poter aspirare alla liberazione dalla materia.
Guerre, una pandemia e la grande pioggia: questi i tre fenomeni che cambiarono il mondo. Prima della loro realizzazione, le due stirpi più nobili del creato, l’una di origine umana, l’altra luciferina, si incontrarono in diversi secoli, nell’attesa della fine dei tempi. Per millenni si scontrarono con il Nemico, intenzionato a fare in modo che in seguito all’apocalisse continuasse a regnare il caos.
Al tempo delle tre catastrofi, artisti, profeti e veggenti furono animati da incredibili ispirazioni, come nei tempi antichi, e con le loro abilità sigillarono l’ultima gloriosa opera di quella generazione di uomini.
Compiuta la fine, l’Essere venuto alla luce da quelle due stirpi cammina nel tempo e in ogni luogo che visita aspira ad estinguersi in Brahmâ.
Le vicende di ognuno di loro si intersecano nelle epoche e sembrano confondersi tra passato, presente e futuro.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata circa due anni fa, quando scrissi il romanzo ‘Nessuna pietà’: si trattava di un distopico che affrontava l’apocalisse, ma in termini tutti umani. Con ‘Ānanda’, invece, volevo riprendere lo stesso universo narrativo, per approfondire gli aspetti spirituali dietro all’autodistruzione.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
I primi racconti sono nati in modo spontaneo; più andavo avanti, però, più mi accorgevo che quelle storie raccontavano un’unica grande vicenda. Feci alcune letture, che mi permisero di inquadrare il discorso, poi, in pochi mesi, scrissi senza fine, portando a termine la raccolta.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Gli autori di riferimento sono molti. I più significativi sono Huxley, Orwell, Dick, Guénon e Jung. Non meno importante per quest’opera, la cinematografia di Christopher Nolan.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Pordenone, città nella quale sono nato. Per tanti anni ho vissuto a Cordenons, un paese lì vicino, ma influiscono molto anche le mie origini napoletane.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Nel futuro prossimo, intendo pubblicare un nuovo romanzo, da poco concluso, sul tema della bibliofilia e dello sfruttamento del lavoro giovanile. Nei prossimi anni, invece, vorrei portare a termine il discorso di ‘Nessuna pietà’ e di ‘Ānanda’ con una terza opera conclusiva. Ancora una volta, si tratterà di un libro indipendente dagli altri due, ma con interessanti legami interni.
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