
Edito da EDIZIONI MONTAG nel 2020 • Pagine: 86 • Compra su Amazon
Questo libro nasce dalla necessità di sperimentare nuove forme, di cercare vie e sensi attraverso parole e immagini, di ordinare le emozioni per poterle comprendere.
I componimenti e gli scritti di Anche Apollo beve Mirto sono tappe di un percorso personale, fatto di debolezze e accettazione di sé.
Ciò che vuole comunicare questo piccolo lavoro non è però una storia personale per mera volontà di auto-compiacimento. Ogni storia è, in fondo, speciale a modo suo, e pubblicare un libro per parlare di sé poco gioverebbe a chiunque lo leggesse (ad eccezione della possibilità di immedesimarsi in esperienze altrui).In un mondo caotico, veloce, “di fretta”, la letteratura -e più nello specifico la poesia, con le sue forme più concentrate, difficili da districare- può essere uno strumento formidabile per abituarci alla lentezza, al faticoso esercizio della comprensione di noi e di ciò che ci circonda.
E' in questa direzione che punta il libro, col suo intento di frenare, rallentare il lettore, spingendolo a leggere ciò che si nasconde dietro alla forma della parola.
Prosa e poesia convivono in una cornice legata a forti tematiche sentimentali, ma non fatevi ingannare: la letteratura, in qualunque forma, parla parole più profonde di quelle impresse sulle pagine.

IL MANDORLO
(Quando ho bussato alla tua porta,
ero convinto di aver conosciuto Cristo in croce.
Eppure è bastata una lacrima,
in mare a scatenare la tempesta l’improvviso.
Credevo di essere un marinaio esperto,
eppure lo sventurato ti ha risposto.
Un cuore puro è facile preda delle promesse.)
E Fillide, mi chiedo, piangeva anche lei sulle coste?
Che mi prometti, straniera, che cosa?
Hai lacerato le nuvole giurando ritorno.
Ma sei su altre coste, convinta di amarti di più,
di quanto io potessi mai fare.
Illusa.
Io piango, e forse piangeva anche Fillide,
mi impicco e sono altro.
E gli dei un giorno, mortale,
ti porteranno davanti ai miei rami
con gli occhi gonfi di me.
Ma non saprai del cappio,
e non germoglieranno fiori dal pianto
perché questo mondo appartiene a chi innaffia,
e non agli eroi.
NICCIANO
(…)Ho continuato ad amare ogni foglia ed ogni fiammella di quelle pareti per poi vederle svanire in un incendio che le faceva cenere, la forma fisica e fredda di un ricordo bellissimo. Ero un dannato, nella sua corsa perenne e piena d’oblio, incapace di districarsi da questi meccanismi sadici e violenti, un amante paradossale del fuoco costretto a fuggirlo.
(…)Non esiste oblio dove esiste Apollo. Ma dove trovarlo? Esiste uno spazio per lui in un mondo dove ogni emozione diventa un despota violento, padrone assoluto di corpo e mente? Ogni sospiro, ogni lacrima, prima di svanire, ha colpito il mio cuore, fino a farlo battere, e l’aria densa, ha registrato le sue pulsazioni in un libro che tende all’infinito e scova nella ciclicità, attraverso sistemi totalmente a-razionali, le dure leggi di questo labirinto: versi autogenerati(…)
Un eterno ritorno che vive di Dioniso e si scopre in Apollo, ed in esso, una volta scoperto, mi sono sentito nuovamente dannato, nella mia inferiorità rispetto agli dei, nella mia incapacità di saper cogliere la giusta misura di bacche di mirto per creare il vino più buono. (…)
Forse non è importante il modo in cui germogliano gli alberi ad ogni stagione, ma quanto in fretta ardano in una foresta dalla quale non hanno gambe per scappare. E forse l’aria calda che sembra trasportarmi in un cielo intoccabile, è solo la prima ingannevole impressione di un incendio che in realtà brucia senza pietà, incessantemente, ogni cosa, divorando ogni verde speranza di un fiore vero e perenne. All’interno di un ciclo che si presenta eterno la prospettiva di non poter non amare si pone come una dannazione eterna e suicida, che viene messa a nudo dalla ragione, ma non può essere accettata da quest’ultima o tanto meno sconfitta. Esiste allora un Dioniso che possa vincere se stesso? Curare il male col male. Il paradossale con il paradossale. Ma di ogni dio noi dubitiamo, empi, finché questi non si fa carne.

Come è nata l’idea di questo libro?
Anche Apollo beve Mirto è un’opera nata inconsciamente: non è mai stato un progetto organico definito a tavolino, non è mai stata un’idea dai contorni ben definiti. Anche Apollo beve Mirto è un’opera autogeneratasi. I componimenti e i testi qui riportati sono il frutto di emozioni da cui è scaturita, senza alcuna sollecitazione, poesia. Ogni componimento è stato sensazione che ha deciso di farsi verbum tramite la mia mano, comunicandomi da sola le parole più giuste, quelle più vere, per descriverla.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Quest’opera si è data da sé una fine, e me lo ha comunicato nel momento in cui, riunendo i componimenti, mi sono accorto che questi disegnavano una storia più grande.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
I miei autori di riferimento sono certamente molti, e si nascondono tra le pieghe di queste pagine: da Dante a Petrarca, da Leopardi a Baudelaire, ma non solo.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo a Monza, ma ho trascorso 3 anni della mia vita Milano. Studio a Pavia e lì mi reco da pendolare quasi ogni giorno.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
La scrittura mi accompagna sempre nella mia vita, come uno scrigno privato però. È per me un grande esercizio di ordine mentale e mi offre l’occasione di liberare (in forme sicuramente extra-ordinarie) sensazioni, colori e immagini che invece, in altre modalità, non troverebbero la loro forma compiuta. Questa è stata la mia prima esperienza, ma non posso sapere se ce ne saranno ancora.
Intenso e toccante…una lettura non semplice, un libro che verrà apprezzato da chi gli si accostera’ con la curiosità di andare “oltre la parola”