Edito da EUROPA EDIZIONI nel 2019 • Pagine: 598 • Compra su Amazon
Il cielo è limpido e luminoso, Raech ed Ashlee della specie dei cinerei, stanno volando sopra la foresta. L'improvvisa carenza di animali e la scoperta di un attacco degli umani a un loro villaggio, li mette in allarme. Forti e impavidi decideranno insieme ad altri cinque amici di specie diverse di scoprire cosa sta succedendo. Raech, Ashlee, Jessie, Elizabeth, Tommy, Max e Sarah scopriranno villaggi distrutti e nuovi robot creati dagli umani. Lotteranno contro belve feroci. L'autore ci trasporta in un mondo straziato a metà: da un lato la foresta verde e lussureggiante abitata dai cinerei, dagli erborei, dagli acquatici e dai nocturni e dall'altro la foresta di pietra e metallo degli umani. Un romanzo di genere, un viaggio alla scoperta di se stessi, oscuro e rivelatore. Un'opera visionaria in cui si affronta soprattutto un grande tema: la paura dell'altro, del diverso. "Si chiese come facessero gli umani a vivere isolandosi dal mondo in quel modo: allontanavano tutto e tutti con la violenza, per poi barricarsi dietro a quelle alte mura. L'unica cosa per cui c'era spazio erano essi stessi."
Presentazione dell'autore
Il mio romanzo, "Apocalisse, 2000 anni dopo", come da titolo ci porta molto avanti nel tempo dopo un terribile conflitto nucleare. Una piccola parte selezionata di popolazione umana si è salvata grazie a rifugi orbitali in attesa che il pianeta si rigenerasse, lasciando però a morire chiunque altro. Nel "Nuovo Mondo" la vita è rifiorita e ogni creatura sopravvissuta è cambiata drasticamente. Anche i discendenti di coloro abbandonati a se stessi sono mutati e suddivisi in quattro specie ben distinte e uniche. E sono proprio loro i protagonisti. La nostra storia inizia vent'anni dopo il ritorno degli umani sulla terra e vede il loro tentativo eliminare ad ogni costo le quattro specie, le quali non comprendono il motivo della loro ostilità e non hanno memoria del passato e di ciò che è stato. I protagonisti, faranno luce su questi misteri mentre cercano un modo di mettere fine alla sofferenza della loro gente prima che accada l'irreparabile.
Raech camminava guardando la via rocciosa davanti a sé. Ai lati, le pareti erano levigate per i primi metri, per poi tornare naturali più in alto e si innalzarsi di parecchio. Stavano camminando sul sentiero schiacciato fra le montagne da diverse ore.
Gettò un occhiata ad Ashlee. Camminava al suo fianco ed era affaticata anche se cercava di non darlo a vedere. Nemmeno gli altri stavano bene, a parte forse Tommy ed Elizabeth, ma lei stava peggio.
Dopo il combattimento con il geco spinato, avevano deciso di proseguire, fermandosi a riposare solo poche ore, così da allontanarsi dagli altri. Anche se ora avevano parecchia carne da litigarsi, la prudenza non era mai troppa.
Procedevano sul sentiero con solo l’eco dei propri passi a tenergli compagnia e qualche sasso che cadeva di tanto in tanto. Nonostante fosse quasi mezzogiorno, la via era abbastanza buia, con i raggi che cadevano perpendicolari sul lato sinistro del sentiero. Passata un’altra mezz’ora arrivarono alla fine della via, che si rivelò essere un vicolo cieco. Lì arrivava più luce, quindi i due fratelli furono costretti a farsi portare di nuovo.
Il termine della strada era circondato da pareti alte e incombenti, alte centinaia di metri, ma mentre quelle a nord e a est erano naturali, quella a ovest era perfettamente liscia e levigata, senza un appiglio. Scalarla era impossibile. «E adesso dovremmo andare dove?» Max si guardò intorno perplesso.
«Mi hai tolto le parole di bocca» disse Sarah.
«Non dobbiamo andare da nessuna parte» intervenne James «siamo arrivati».
«Eh?».
Raech guardò la parete levigata, alta qualche centinaio di metri, e ancora una volta vi riconobbe l’operato dei suoi simili. «Dobbiamo superare questa parete. È il confine del villaggio».
«Mai vista una parete così liscia» disse Jessie toccandola.
«Le facciamo così per i predatori, è quasi impossibile superarla» spiegò Ashlee «solo ogni tanto capita che qualcosa passi».
«E voi come fate a entrare?». Lo guardò e si limitò ad agitare le ali.
«Ah già. Domanda stupida».
«Moltissimo» aggiunse Jessie.
«Non puoi proprio farne a meno?».
«Non cominciate. Allora come entriamo?» chiese Sarah.
«Voi aspettate qui» disse Raech e lanciò un’occhiata preoccupata ad Ashlee «vieni con me o preferisci aspettare?».
Scrollò le ali orgogliosa: «non morirò per questo, tranquillo». Con i due fratelli sempre in spalla, presero il volo, elevandosi paralleli alla parete. Una volta superata, apparve una piccola valle, larga alcuni chilometri, incastonata fra tre montagne. Due erano di altezza simile, la terza più bassa. Loro si trovavano sospesi a metà strada tra due di esse.
Aveva già visto posti come quello, ma non ce n’erano due uguali, quindi ognuno aveva il suo fascino.
Dalle pendici delle montagne, gli alberi scendevano nella valle, dando vita a una foresta in miniatura.
Da un versante un fiumiciattolo scendeva rapido, tuffandosi in un laghetto a ovest degli alberi. Ma la cosa che dava più nell’occhio erano le facciate delle montagne e delle pareti rocciose. Nella roccia erano scolpite numerose costruzioni, di varie forme e dimensioni e alcune sporgevano più di altre. Sul fianco della montagna più a sud però, c’era qualcosa che Raech non aveva mai visto: una complesso fortificato, composto da diverse strutture e terrazze, collegate da scalinate e ponti. Rimirò lo scenario diverse volte, osservando anche i numerosi cinerei in volo sulla valle e oltre. Si sentiva rincuorato nel vedere quello scenario. In un certo, strano senso, si sentiva a casa.
«Ammireremo dopo Raech» disse Ashlee richiamandolo alla realtà.
«Ah. Sì, giusto».
Planarono vicino a una costruzione di roccia, che si ergeva sulla parete da cui erano appena saliti.
All’atterraggio, un gruppo di loro simili, gli venne incontro.
«Benvenuti. Avete bisogno d’aiuto?» chiese un uomo alla testa del gruppo.
«Noi e i nostri compagni abbiamo scortato gli anziani erborei. Stanno aspettando all’esterno» rispose.
Il tipo non si scompose, dal che capì che erano ovviamente abituati alle visite degli anziani. «Li facciamo salire subito» rispose l’uomo e insieme ad altri si avvicinò a un punto della parete dove c’erano degli ancoraggi, sempre ricavati dalla roccia, a cui erano legate delle funi, lunghe diversi metri intrecciate per formare una rete larga cinque metri.
Presero la rete e la gettarono oltre la parete.
«Una bella trovata per chi non ha le ali» commentò Tommy dalla sua spalla.
Diversi minuti dopo, i quattro anziani salirono insieme, seguiti dagli altri.
«Questa salita è una tortura per la mia schiena» disse Daniel sofferente.
«Spero che non ci sia altro da scalare, perché ne ho abbastanza» si lamentò Max.
«Vi servirebbe l’espediente dell’Albero-montagna» intervenne Sarah, poi ammirò il panorama. «Però, bel posticino».
«Anziani, benvenuti» disse il tipo che aveva parlato con lui ed Ashlee.
«Grazie. Sapete chi altri è arrivato?» chiese Margaret. «Gli acquatici sono giunti qualche giorno fa e i nocturni dovrebbero arrivare da un giorno all’altro».
Simon parve più allegro del solito.
«Bene, allora andiamo a incontrare gli altri intanto».
Il gruppo scese giù per una stretta via che portava ai margini del bosco. Da lì si diressero, guidati dagli anziani, verso la grande costruzione scolpita nella parete montuosa.
«Quindi voi vivete in questi posti? Create le vostre case nella roccia?» chiese Jessie.
«Sì» rispose Ashlee «scaviamo e spacchiamo la roccia, modellandola per ottenere delle costruzioni adatte a noi».
«Avete detto che i vostri villaggi sono pochi, perché non li create in ogni montagna?» domandò Sarah.
«Non è facile crearli» intervenne senza smettere di ammirare il luogo. «Inoltre deve essere un posto abbastanza difendibile, se non inespugnabile. Come questo. Ci sono creature terribili su queste montagne. Di alcune specie, un solo esemplare può rivendicare intere montagne come nido, e vi assicuro che non hanno nessuna difficoltà a far valere il loro diritto».
Mentre avanzavano verso l’imponente costruzione, Max chiese «Come li realizzate?».
Lui lasciò che fosse Ashlee a rispondere.
«Inizialmente ci affidiamo alla nostra forza: scaviamo e frantumiamo i primi strati per eliminare gli eccessi e fare un primo grossolano lavoro. Successivamente, con degli utensili, modelliamo tutto in modo preciso, un po’ come fate voi con il vetro, anche se la pietra è tutta un’altra cosa».
«La prima volta che venni in un posto come questo» disse Daniel «avevo appena qualche anno più di voi. Rimasi meravigliato dall’abilità dei cinerei nello scolpire la pietra. Un lavoro che richiede oltre alla forza bruta, delicatezza e precisione».
«Io mi ricordo dei villaggi costruiti sulle catene della costa occidentale» disse Margaret nostalgica. «Fatti per vedere l’oceano in lontananza. Uno spettacolo. Erano bellissimi». «Erano?» ripeté Tommy.
Il volto dell’anziana si fece triste. «Erano pochi e ben nascosti, ma comunque troppo vicini alle foreste di pietra e metallo degli umani. Quando essi giunsero a popolarle le loro misteriose città, furono i primi a venire distrutti».
«Ma per fortuna la maggior parte della gente che vi abitava si mise in salvo, andando a vivere sulle catene interne» intervenne Ashlee. «Il fratello di mia madre era uno di loro».
Dopo un po’, giunsero alla base delle imponenti costruzioni. Erano quasi tutte di forme squadrate e spigolose, ma se ne vedevano anche alcune a cupola. I ponti e le scalinate che connettevano le varie strutture, erano tutte rigorosamente in pietra e dotate di corrimano e parapetti, per evitare cadute a chi non possedeva le ali.
C’erano numerosi ingressi, a terra e in alto, tutti di forma arcuata, alti più di due metri e abbastanza larghi da far passare due persone insieme.
Gli anziani attraversarono uno degli ingressi, con il gruppo sempre al seguito. Stavano camminando all’interno di un tunnel dalle pareti lisce, illuminato da piantine luminescenti molto familiari, poste in vasi pieni di terriccio.
«Le avete anche qui?» chiese Sarah.
«Sì, perché ti stupisci?» le chiese Raech di rimando.
«Tu piuttosto, perché ti sei stupito quando le hai viste all’Albero-montagna?».
Sorrise divertito, ripensando a quel momento. «Perché non le avevo mai viste dentro un albero gigante».
«Oh» fece lei «ma le avete sempre usate?».
«Quando vivevamo solo noi in questi villaggi, usavamo le torce infuocate. Inutile dire che quando gli erborei cominciarono a venire a viverci, la cosa gli creò non pochi problemi, quindi ci fornirono un alternativa».
Dopo appena cinque minuti, giunsero a un atrio circolare, dal pavimento e le pareti sempre perfettamente levigati, la roccia era di un bel colore chiaro. Due scalinate, zigzagando contro le pareti, conducevano a diversi ingressi su più livelli.
Gli anziani presero la rampa alla loro destra e salirono di tre livelli, poi imboccarono un corridoio. Sembrava sapessero esattamente dove stavano andando.
Sulla loro strada continuavano a incontrare diverse persone, che salutavano sia gli anziani che loro, con grande rispetto.
Trascorsi altri cinque minuti buoni a muoversi per i corridoi, giunsero a una costruzione dal tetto a cupola, con un diametro superiore ai dieci metri, e numerose finestre arcuate da cui entravano fasci di luce che illuminavano la stanza in modo magnifico.
Era un’unica sala piena di tavoli e panche di pietra, posti in file ordinate, come se ne trovavano in altri villaggi.
Era vuota, con l’eccezione di un tavolo, a cui sedevano quattro cinerei e quattro acquatici, impegnati in una conversazione, tuttavia non appena entrarono, una figura dal volto noto si alzò: Alamur.
S’illuminò con un grande sorriso. «Guarda un po’ chi è arrivato!» esordì, al che gli altri anziani si voltarono. L’acquatico prese il suo bastone d’osso sbiancato e scavalcò la panca per raggiungerli.
«Vecchi amici miei!» disse mettendo una mano sulla spalla di Simon e guardandoli a turno, poi si fissò sul gruppo «e voi giovani coraggiosi cacciatori, ce l’avete fatta! Ne ero certo!». Raech si sentì in imbarazzo.
«È stato facile» disse Tommy con fare noncurante.
«Mio fratello» intervenne Elizabeth dalle spalle di Ashlee «voleva dire che è stato un piacere».
«Sì, ma per il ritorno trovate qualcun altro, va bene?» disse Max.
«Ma che vai dicendo!» dissero Sarah e Jessie agitandosi.
Tutti gli anziani, inclusi quelli al tavolo, risero.
«Sono proprio come li avete descritti» disse una donna cinerea dai capelli grigi.
Studiò il suo volto. Dato che le loro ferite si rimarginavano sempre, e raramente conservavano cicatrici, il volto era l’unica cosa da cui si potevano trarre delle conclusioni e guardandola capì dal suo sguardo battagliero che era reduce da molti scontri e tante avventure pericolose.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di questo libro è nata da un’amalgama di mie fantasie passate che ho raffinato e scremato per molto tempo. Continuavo a fantasticare sulla post-apocalisse (genere che mi ha sempre attratto in film, libri e giochi), però notavo come quasi nessuno, vi parlo di cinque o sei anni fa, osasse spingersi troppo lontano temporalmente (nella migliore delle ipotesi di secoli) e come spesso venissero create società che non erano altro se non rigurgiti del passato. Io mi sono chiesto: “ma se andassi più lontano degli altri?” e “se provassi a rifare il mondo da zero?” e ancora mi sono chiesto “se non narrassi della solita distopia, ma qualcosa di diverso?”. La risposta a queste mie domande è stata questo racconto.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portarlo a termine è stata un impresa. Ho dovuto correggere e ricorreggere infinite volte su tutti piani (trama, stile ecc.). I libri passati che ho letto sono stati i miei insegnanti e ho raffinato molto il mio modo di scrivere con questo e altri racconti che ho scritto in seguito.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
I miei autori di riferimento… non ne vanto molti, poiché in questi ultimi due anni non ho letto molto, ma di sicuro Paolini è il mio maestro, poiché la saga di Eragon è stata la prima che abbia mai letto. Mi ha appassionato al fantasy ed è stata la mia principale guida nell’iniziare a scrivere. Altri autori sempre del fantasy che apprezzo molto sono Rick Riordan, J.K. Rowling e Suzanne Collins.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho vissuto in molti luoghi. Per farla breve ho trascorso circa dieci anni in Abruzzo, in un paesino a cavallo tra le provincie di Chieti e Pescara. Da metà marzo 2018 vivo a Budapest in Ungheria, principalmente per lavoro, ma mi auguro di potermi ristabilire in Italia definitivamente e al più presto.
Dal punto di vista letterario quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho continuato e sto continuando a scrivere, anche se il lavoro mi rallenta in ciò. Desidero diventare uno scrittore affermato e continuare a dare vita a nuovi universi che costruisco ogni giorno e condividere con gli altri le incredibili avventure che vivo in essi. Spero con tutto il cuore di riuscirci.
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