
Edito da Erik Sancin nel 2018 • Pagine: 365 • Compra su Amazon
Sono passati quattromila anni dal Terzo cataclisma. Quattromila anni dalla distruzione del mondo, durante la quale la specie umana ha mancato di poco l’estinzione. Il pianeta è irriconoscibile: i mari sono scomparsi, gran parte della vegetazione è evaporata nel fuoco nucleare e la Luna non risplende più nel cielo notturno. Deserti di roccia, velenose lande sulfuree e catene montuose invalicabili dominano la superficie terrestre. I giacimenti minerari sono esauriti e le fonti acquifere scarseggiano. Ma la scintilla della vita non si è spenta. La pluri-millenaria battaglia per la sopravvivenza e la paura dell’ennesima autodistruzione hanno perfezionato il genoma umano e una nuova civiltà si è sviluppata nelle terre con sufficienti risorse idriche. I concetti di Stato e costrizione sono evaporati nel fuoco dell’apocalisse; la paura ha cancellato i modelli comportamentali distruttivi e l’evoluzione ha ristabilito l’ordine e provveduto al progresso…
… ma un nuovo nemico sta avanzando da occidente. Un nemico tecnologicamente avanzato e apparentemente invincibile. La specie umana, che da secoli vive in pace, si ritrova di nuovo sull’orlo dell’estinzione. Chi o cosa è il nemico? Non sembra interessato alle fonti d’acqua ma è attirato dai resti dell’antica civiltà e da freschi organi umani. Nei rapporti dei ricognitori viene menzionato un misterioso Ascensore, un terribile segreto custodito dal nemico. Gli uomini si vedono costretti a rimettere in gioco non solo la propria esistenza ma anche la propria evoluzione, e i sopravvissuti non possono che riprendere in mano le armi. Il ventiduenne Emper, un ragazzo dal carattere intraprendente, si ritrova per caso nella squadra che ha il compito di penetrare nel cuore del territorio nemico. La resa dei conti con l’inglorioso passato della razza umana è inevitabile…

Krywer socchiuse gli occhi e rizzò le orecchie. Poi fece un balzo e urlò così forte che per poco non caddi dalla roccia. «Stanno bombardando! Stanno bombardando!» Con un salto raggiunse la fessura che portava alla grotta. «Stanno bombardando! Si sentono le detonazioni!»
Jarshix, la guardia e il consigliere accorsero all’esterno.
«Hai ragione!» esclamò Jarshix dopo aver ascoltato per qualche istante. La sua voce non riusciva a nascondere l’agitazione. «Stanno attaccando! L’Ottavo insediamento è sotto attacco!»
Il consigliere fu il primo a riprendersi dalla sorpresa. «All’automobile, presto! No, Jarshix, tu no! E non fiatare!» Jarshix aveva già aperto la bocca per protestare, ma non lo fece. La guardia prese una manciata di bombe a mano e ce le passò. Nell’arco di trenta secondi eravamo già in viaggio. Krywer premeva follemente sul pedale del gas.
«Da morti non potremo contribuire un granché alla difesa dell’Ottavo insediamento!» urlò il consigliere all’orecchio di Krywer, ma ebbi la sensazione che quest’ultimo non lo stesse ascoltando. L’automobile sobbalzava sulle collinette di sabbia e, nello schivare le rocce, s’inclinava su due ruote. Il consigliere tremava dalla paura.
L’auto sbandò e per poco non si capovolse. «Se non ci ammazzano gli arancioni, lo farà questo psicopatico!» ansimò. L’Ottavo insediamento era a circa trenta chilometri di distanza. La polvere e la sabbia che stavano invadendo l’abitacolo mi provocarono un forte attacco di tosse.
L’automobile sobbalzò di nuovo per via di una piccola duna di pietrisco. Eravamo ancora in aria, quando notammo un carro armato nemico fermo alle pendici della successiva collinetta di ghiaia. Uno dei robot stava rovistando nel vano motore, l’altro stava salendo sulla duna sotto di noi. In quel momento non potemmo fare nulla, e lo stesso valeva per il nemico. Lo centrammo in pieno petto. Quello rovinò a terra, provocando un gran rumore. L’auto rimbalzò, colpì il secondo robot e rimbalzò ancora una volta. Mi proteggevo la testa con le mani, ma ricevetti un brutto colpo al gomito e urlai dal dolore. Anche il secondo robot era finito per terra, lasciando cadere le enormi pinze che stringeva tra le mani. L’automobile ruotò su se stessa come una trottola, e poi atterrò sul tetto. La guardia e il consigliere furono sbalzati dal veicolo, Krywer prese una forte botta al petto, io per fortuna riuscii ad assorbire il colpo, avendo le gambe appoggiate al cruscotto. Quando l’auto smise di girare su se stessa, caddi sul tetto, ma ignorai il dolore. Devo ammazzarli, era l’unica cosa a cui riuscivo a pensare. Rotolai via dall’auto semi-distrutta, presi il Kalashnikov e, tutto dolorante, attraversai il polverone che si era sollevato. Il robot che al momento dell’impatto stava riparando il motore si stava rialzando, puntando la sua grossa mitragliatrice contro di noi. Mi fermai di fronte a lui e gli sparai un raffica al collo. I proiettili lacerarono il tessuto arancione e il rivestimento di gomma. Udii una specie di rigurgito e il sangue schizzò sulla tuta, sul mio viso e sul pietrisco. Il macchinario barcollò, s’inchinò in avanti e le braccia rimasero immobili ai lati del tronco. Fui pervaso da un misto di gioia e sollievo. Era il primo nemico che ammazzavo. Questi stronzi non erano invulnerabili! Mi avvicinai al secondo robot. Era disteso a terra e non dava segni di vita. Un filo di sangue sgorgava da sotto la maschera di ossigeno, scendeva giù per il collo e gocciolava sulla sabbia. Dopo essermi assicurato che non rappresentasse più una minaccia, voltai lo sguardo verso i miei compagni.
La guardia e il consigliere si stavano lentamente rimettendo in piedi. Krywer, che a causa del dolore al petto aveva assunto una postura piuttosto bizzarra, urlava: «Vi abbiamo beccati, maledetti! Pensavate di essere tosti, eh? Chi è il più figo ora, eh?» Saltellava come un pazzo.
Solo allora mi resi conto che il cuore mi stava battendo a mille. Mi fermai e feci un paio di respiri profondi e, una volta che mi fui calmato, aiutai il consigliere e la guardia ad alzarsi. Il primo fece una smorfia di dolore.
«Credo di essermi fratturato il braccio,» mormorò a denti stretti. La guardia si liberò dalla polvere sui vestiti e, imbracciando la mitragliatrice, si avvicinò con estrema prudenza al robot che avevo steso.
«L’hai fatto fuori,» disse. Sul suo fianco destro intravidi una brutta ferita che stava sanguinando. «Non è niente,» rispose quando glielo feci notare. Ci avvicinammo al secondo robot. Quando fummo a circa due metri, il suo braccio sinistro si mosse.
«Attento!» esclamò il consigliere, balzando all’indietro. Col braccio sano estrasse la pistola dalla fondina.
Krywer scattò verso il robot, puntandogli il mitra alla testa. «Stai calmo, Krywer! È ferito, non può farci niente!» Ci radunammo attorno a quell’essere. La guardia smontò la possente mitragliatrice dal braccio meccanico e, con l’aiuto di Krywer, la allontanò di un paio di metri.
«Chi gli toglie la tuta?» chiese il consigliere.
«Lo faccio io,» decisi.
«Se prova solo a muoversi, gli buco questo collo di merda!» esclamò un nervosissimo Krywer, e gli puntò la mitragliatrice contro. Mi accovacciai e spostai il tessuto arancione, poi rimossi la gomma che avvolgeva il collo e, con la mano un po’ tremolante dall’agitazione, tolsi la maschera semi-trasparente. Dalle bocche del consigliere e della guardia si levarono grida di stupore.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea era in lavorazione da tempo. Tentativi di iniziare finiti male, blocchi, domande…. finché un giorno non mi sedetti al PC e scrissi i primi tre capitoli d’un fiato. Volevo creare un mondo realistico – non fantastico – in base alla piega che sta prendendo oggi la situazione nella nostra società e nel mondo. Basandomi su fattori contemporanei mi sono inventato un futuro strano, incerto, insolito … forse difficile da capire con i nostri schemi di pensiero ‘pre-confezionati’ dalla logica del profitto, consumismo e prevaricazione.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Francamente non è stato difficile, forse in un occasione, quando mi sono fermato a metà non sapendo se proseguire o no.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Leggo di tutto, dai classici ai contemporanei e a tutti i generi, ma prediligo l’avventura alla Henry Rider Haggard (Le miniere del re Salomone) e il post-apocalittico alla McCarthy e Mad Max. Per L’Ascensore mi sono ispirato anche ai film d’azione alla Schwarzenegger e Bruce Willis.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono cresciuto a Trieste, e ora da quindici anni vivo in Slovenia, a Isola d’Istria.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Tanti, tantissimi. Intanto la traduzione in inglese del romanzo in questione, L’Ascensore. Poi il proseguimento dello stesso che è già in corso. Poi ho altri due progetti semi-completati che aspettano il loro turno.