
Edito da Alessandro Proietti nel 2018 • Pagine: 300 • Compra su Amazon
Conquistare la frontiera americana non è stato semplice per i coloni che tentarono l’avventura, ormai tanti anni fa. Quando, senza apparente spiegazione, creature di ogni tipo invasero quelle terre l’impresa divenne ancora più ardua e pericolosa. Alcuni pistoleri decisero di fondare un’organizzazione, denominata poi dalla gente “Gli Avvoltoi”, per occuparsi della sicurezza delle frontiere americane; in poco tempo i loro servigi furono richiesti ovunque seppur molti non erano favorevoli all’utilizzo di figure del genere. Durante la normale risoluzione di un contratto, John Clifton, scopre di poter porre fine all’invasione e così si imbarca insieme ai suoi colleghi verso le Montagne Rocciose, rifugio di pericolosi sciamani indiani, per risolvere la cosa una volta per tutte.

Il saloon era gremito di avventori, il pianista suonava allegramente mentre fumava un sigaro fatto con le sue mani e sorrideva alle signore che lo guardavano rapite. Quella sera, venerdì, Wolfang, il proprietario, era talmente pieno da non poter far più entrare nessuno. Non era mai accaduto in cinque anni di onorata attività e persino suo fratello aveva deciso di aiutarlo a servire ai tavoli insieme a due cameriere. Alla fine della serata avrebbe avuto in cassa una bella fortuna, ne era sicuro. Aveva contato almeno quaranta persone in due ore e la folla non era intenzionata a diminuire.
“Heinrich, questi sono per quei tre” disse mentre metteva su un vassoio tre bicchieri di whisky.
“Quali?”
“Quelli accanto alla porta” disse l’uomo indicando tre ragazzi. Il più vecchio aveva i capelli lunghi fino alle
spalle e la prima barba di chi è ancora troppo giovane per averne una folta ma troppo voglioso di sfoggiarla.
“Hanno già pagato?”
“Sì, molto bene. Hanno lasciato una lauta mancia” rispose Wolfang mostrando il denaro.
“E dove diavolo li hanno presi tutti quei soldi tre sbarbatelli del genere?”
“Non fare domande inutili e portagli quello per cui hanno pagato!” chiuse la questione mentre tornava alle bottiglie.
Heinrich non se lo fece ripetere due volte e si diresse vicino all’ingresso. Quando arrivò fu squadrato dai tre che sorrisero nello stesso istante.
“Grazie” rispose quello con i capelli lunghi mentre prendeva un bicchiere.
“Come ti chiami, ragazzo?”
“John” rispose mantenendo quell’espressione quasi di sfida.
Heinrich sperava in una risposta più accurata, decise di lasciarla in sospeso quando suo fratello lo chiamò a gran voce.
“Heinrich muoviti. Non abbiamo tutta la serata!”
Il servizio proseguì senza intoppi fino alla fine. Quando ormai erano rimasti pochi avventori nel saloon e stavano per chiudere, Heinrich si accorse che i giovani erano ancora lì allo stesso posto.
“Wolfang, sono rimasti per tutto il tempo lì?”
“Sì, hanno ordinato altre tre volte.”
“Molto strano” rispose aggrottando la fronte.
“Piantala con queste congiure!”
Proprio mentre finiva la frase si udì uno sparo nella sala. Quando il proprietario alzò lo sguardo vide i tre ragazzi disposti agli angoli della stanza.
“Per i pochi che se lo stanno ancora domandando. Questa è una rapina” disse John che si era coperto il volto con un fazzoletto.
“Te l’avevo detto che non me la raccontavano giusta quei tre” disse Heinrich mentre alzava le mani.
“Se nessuno di voi vorrà fare l’eroe andrà tutto bene” disse mentre guardava sprezzante ognuno di quelli seduti in sala.
“Tu” disse guardando Wolfang “apri la cassa e prendi tutti i soldi. Poi togliti il grembiule, con molta calma, e avvolgi il denaro.”
“Non così in fretta, ragazzo” disse un avventore solitario. Aveva un lungo spolverino nero, cappello e guanti dello stesso colore. Una camicia bianca con gilet scuro completava l’abbigliamento. Il volto era coperto dal cappello. Non aveva ancora alzato lo sguardo.
“Vuoi fare l’eroe?” domandò il rapinatore in tono di sfida.
“No. Forse tu non hai capito in che razza di guaio ti stai cacciando.”
“Siamo tre contro uno, vecchio.”
“Non è importante il numero” disse l’uomo rimanendo immobile.
“E cosa è importante quando ti puntiamo una pistola da tre lati diversi.”
“Conosci il poker?”
“Cosa c’entra?” disse il ragazzo che cominciava a perdere la pazienza. Gli occhi correvano per la stanza alla ricerca di qualche mano in movimento. Il sudore colava dalla fronte.
“Bisogna essere rapidi di mente e” ad interromperlo furono tre spari in rapida successione. Caddero a terra i due compagni del ragazzo dai capelli lunghi. Colpiti in mezzo agli occhi. John si toccava la mano destra sanguinante senza urlare.
“E di mano” disse l’uomo mentre si alzava dalla sedia.
“Come diavolo ha fatto?” domandò stupito Wolfang mentre guardava il ragazzo a terra sanguinante.
“Anni di addestramento.”
“Lei è…” disse come una sentenza il proprietario del saloon. Non poteva essere altrimenti, il completo nero non ingannava, doveva esserlo.
“Un Avvoltoio.”
“Si porti via questo ragazzino dal mio locale e se ne vada. Assassino di ragazzi” disse scatarrando per terra.
“Chi sputa sulle buone azioni altrui deve essere pronto alle conseguenze. Se vuoi segnalarmi allo sceriffo io sono Bill Lancaster” disse l’uomo mentre trascinava fuori dalla porta, di peso, il ragazzo dolorante.
Il caldo torrido rendeva l’aria quasi irrespirabile. Il fumo nero che sprigionava la carrozza in fiamme rendeva la situazione ancora peggiore. Albert aveva avvolto un panno intorno al collo e lo aveva tirato su fino al naso per evitare di soffocare. Si trovava seduto dietro ad un altro mezzo ribaltato mentre freneticamente ricaricava il fucile. Il cuore batteva all’impazzata. Le mani tremavano e rendevano l’operazione tremendamente più difficile del solito. Era rimasto solo contro cinque indiani. Lo stesso numero erano le pallottole rimaste dopo il lungo scontro a fuoco. I civili nella carrozza accanto erano sdraiati a terra e urlavano, i cavalli fuggiti chissà dove.
“Albert, è come quando ti allenavi nell’esercito” continuava a ripetersi a bassa voce per calmarsi.
Mentre si guardava intorno alla ricerca di nemici si soffermò sul cadavere di Jefford: un buco in fronte dal quale colavano sangue e frammenti di cervello. Il sudore freddo scendeva velocemente dalla fronte e aveva già inzuppato il colletto della camicia.
“Uno, due, tre” disse mentre si alzava.
Sulla sinistra, dietro una roccia, c’era un indiano pronto a far fuoco. Lui fu più rapido. Un boato, un tonfo sordo, un corpo a terra. Poco più a destra vide strisciare qualcuno. non si era nemmeno accorto di essere stato individuato. Un boato, cranio in mille pezzi. Fu in quel momento che qualcosa accadde, arrivarono da tre direzioni diverse, Albert dovette scegliere rapidamente. Prima di riuscire a premere il grilletto un rumore netto tagliò l’aria: qualcuno aveva sparato prima. Un dolore lancinante allo stomaco lo investì in tutta la sua potenza, cadde a terra lasciando la presa sul fucile. La vista si offuscò. Pensò che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto: il cielo. Così azzurro e bello da togliere il fiato. Qualche istante dopo una figura nera comparve davanti ai suoi occhi.
“Hai fatto un ottimo lavoro, ragazzo” disse con voce rassicurante.
“Chi sei?” domandò con un filo di voce.
“Bill Lancaster. Voglio farti una proposta.”

Come è nata l’idea di questo libro?
Più che difficile lo definirei un lavoro lungo e di precisione, per quel che mi riguarda la costanza non è un problema, almeno nella scrittura. Il vero problema riguarda l’essere in grado di trovare il più piccolo errore, la dissonanza che può rovinare la lettura e, a questo scopo, c’è bisogno di una mano.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Il lavoro di selezione dei racconti non è stato facile. Mi sarebbe piaciuto includerne molti altri, però ormai mi ero prefissato un obiettivo, e quindi dovevo essere rigido nelle scelte. Se la storia non era a tema, la scartavo senza rimorsi. Vorrà dire che verrà usata per una raccolta futura.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Gli autori che preferisco sono James Ellroy e George Martin, soprattutto a livello di stile li ritengo un esempio, seppur molto diversi tra di loro. Ellroy è in grado con una frase di dieci parole di lasciare un segno indelebile nel lettore mentre Martin è stato capace di creare un mondo credibile e coerente, cosa non facile, soprattutto parlando di fantasy.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho sempre vissuto a Roma ma il mio progetto di vita dovrebbe portarmi lontano entro breve, ho bisogno di viaggiare e scoprire luoghi nuovi, culture diverse.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per ora sto scrivendo il mio nuovo romanzo e qualche racconto sparso che forse raccoglierò in un’antologia. Forse cercherò un editore per il prossimo manoscritto perché credo sia necessario avere esperienza in entrambi i campi della pubblicazione, ora che ho scoperto il self-publishing voglio capire quale sia la vera differenza con avere un editore al proprio fianco che possa aiutarti. Oggi in Italia ci sono molti disonesti che si approfittano delle persone ma esistono, per fortuna, altrettante realtà virtuose che aiutano la diffusione di cultura nel Paese.
Lascia un commento