Edito da Il foglio letterario nel 2020 • Pagine: 156 • Compra su Amazon
Un mondo in rovina, decadente, la Terra, un pianeta cupo laddove si muove un'umanità malata, lacerata e afflitta dalle ingiustizie, dal male, dalla povertà; anziani infermi abbandonati al loro triste destino, bambini malnutriti, mendicanti, scrittori e artisti: gli emarginati, i più deboli, i più fragili moriranno tra le più atroci sofferenze in nome della supremazia della razza superiore. Orrendi massacri saranno perpetrati in nome di una falsa conoscenza; e lì tra nubi soffocanti e foschie, cattedrali infestate dai pipistrelli, cataste di luce in decomposizione, voraci grumi di vento, tra sabbia e cristalli si muoveranno i conquistatori, gl'ignobili adoratori di un Dio sconosciuto, Eddach, la grande divinità della pietra. E non basteranno le magnifiche Navi del Vento, la salvifica azione di una mutante, né il "girasole metallico dai petali rossi" a salvare la Terra. Nei repentini viaggi tra presente e futuro, tra la vita e la morte, tra sogni ed illusioni, l'io narrante sarà alla mercé di oscure forze aliene, creature capaci di manipolare la mente e in grado di commettere i più terrificanti massacri: è sarà una punizione che come sempre si abbatterà sui più deboli, i più fragili, quelli più esposti alla sofferenza. Sulla Terra nulla sarà mai più come prima; il pianeta è stato avvelenato, deturpato, non restano altro che macerie, fatiscenti necropoli, ospedali da campo, cadaveri, montagne di cadaveri ammucchiati sulla neve, lungo sentieri nebbiosi, tra le acque purpuree di un oceano sporco di sangue. Ma c'è ancora speranza, lì tra le alture, nella vecchia Abbazia dei Suoni Spenti, in uno degli ultimi monasteri cristiani, un monaco temerario di nome Juan e una bambina di nome Azukena, unendo le forze, riusciranno a mettere fine all'ultimo orrendo massacro e salvare un'umanità già provata dalle guerre e dalle ingiustizie, dalle falsità e dalla menzogna
“Questo lavoro continua a divertirmi, per troppo tempo ho ascoltato e giudicato conducendo al patibolo uomini innocenti ma non sono stanco, perché alla fine gente come voi non merita di vivere, solo noi, grazie a voi, potremo vivere in eterno”.
SABILLAR
Azukena
Svegliandomi, mi sembrò che la mia mente galleggiasse in uno spazio liquido, i miei occhi non riuscirono a mettere a fuoco gli oggetti, la stanza, le sedie, il tavolo; tutto sembrava evanescente, irreale e in quello spazio liquido non esisteva nulla di solido, a parte la finestra socchiusa e la brezza che agitava le lenzuola. In verità pensai che perfino il mio corpo fosse fatto di aria, un corpo freddo e inconsistente che vagava tra un luogo e l’altro, sospinto da strani venti. Avevo la testa vuota, nausea e dolori in tutte le parti del corpo, e la pelle mi bruciava come se fosse stata esposta ai raggi d’un sole assassino. Le uniche immagini che riuscii a fissare nella mente furono di alcuni bambini dalla pelle butterata che passeggiavano in riva al mare. Riprovai ad alzarmi dal letto, inutilmente. Affiorava e giaceva nella mia mente un’umanità ferita, anime erranti alla disperata ricerca della verità, uomini fatalmente contaminati dalla sofferenza e colpiti mortalmente, al cuore. Non sentivo più il respiro, era tutto viziato, oscuro e soffocante. Barcollante, riuscii a muovermi di qualche centimetro, mentre oltre la finestra, il ticchettio della pioggia echeggiava tra i sentieri delle montagne. Nessun suono conosciuto, a parte improvvisi tumulti, gente che fuggiva terrorizzata, grida e invocazioni d’aiuto. E la vocina deliziosa che saltellava sul letto, echeggiando tra le pareti verniciate di bianco. “Quando mi porterai a vedere il Lago dei Cigni Parlanti, papà?” Era tutto grigio, instabile, qua e là palpitavano fiamme e polvere si adagiava sui marciapiedi; e non c’era il sole a illuminare quei volti cadaverici ma solo nubi, nubi oscure e minacciose Gli occhi mi lacrimavano e la testa mi stava scoppiando, sentivo voci di bambini che chiamavano le madri, suoni malevoli e invocazioni d’aiuto attraversavano l’aria irrespirabile. Forse stavo sognando, dissi a me stesso, incapace di muovermi. Chiusi gli occhi, cercando conforto in quell’aria salubre che entrando dalla finestra riusciva a darmi sollievo. Dovevo evitare che il panico mi aggredisse. Mi muovevo in un mondo irreale, tra strade assolate, sentieri aggrediti dalla sterpaglia, ponti coperti dalle ragnatele, porte che si aprivano a nuovi universi, un mondo confuso e irriconoscibile; e quella voce deliziosa che continuava a martellarmi il cervello. “Ci sono tanti fiori incantati sui prati delle stelle, lassù oltre le grandi montagne: quando ci andremo, papà?” Erano solo incubi, mi chiedevo mentre disteso sul letto e con gli occhi fissi al soffitto sentivo quel maledetto ago penetrarmi nelle orecchie. Eppure, talvolta il mio corpo si animava, lievitava nella camera come le nuvole di primavera, altre volte si spostava, errante in città fatiscenti dove il vento gelido la faceva da padrone; una moltitudine di immagini si ammassavano nella testa, travolgendomi, soltanto quell’aria salubre che ogni tanto fluiva dalla finestra mi dava un po’ sollievo. Tentai di rialzarmi da letto, inutilmente. Sentivo strane voci echeggiare nella testa e folate di vento insalubre mi raschiavano la gola, soffocandomi. C’era un uomo in camice bianco che si aggirava furtivo attorno al letto, talvolta si avvicinava, parlottava con un giovane magro dal viso allungato, mi tastava il polso e poi usciva chiudendosi la porta dietro le spalle. E chi era l’individuo dal viso peloso che mi spiava, nascondendosi dietro la sedia? La testa mi stava scoppiando, avevo la gola in fiamme e le labbra bagnate di sangue. Riuscii a fatica a girarmi su un fianco, i miei occhi vagarono inquieti, le gambe, prima fluttuando poi si mossero verso le alture; avanzavo lungo un viottolo scosceso tra due ali di roccia purpurea, con mucchi di cadaveri riversi nel fango mentre un odore di morte impregnava la vegetazione, bagnando di lacrime il mio povero cuore.
Come è nata l’idea di questo libro?
Nessuna idea iniziale, il progetto è nato per caso; dopo aver pubblicato un libro per ragazzi dal titolo “Laura e il treno per Elintur”, adottato come testo di lettura in alcune classi di Scuola Media, sentivo la necessità di scrivere, dopo aver letto tanto, scrivere e liberarmi, sperando di sognare e far sognare.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Molto difficile; il testo è stato modificato parecchie volte, alcuni racconti sono stati eliminati, altri hanno visto la luce inaspettatamente, come per esempio, l’ultimo racconto della raccolta dedicato a mia madre.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Ray Bradbury, in particolare Cronache Marziane (capolavoro), Arthur C. Clarke, Ursula K. Le Guin, Clifford D. Simak, George Orwell, Stanisław Lem (Solaris), La nube purpurea – Matthew Phipps Shie (capolavoro) e molti altri, compreso il nostro Italo Calvino nella parte fantastica.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Padova ma sono nato a Partanna TP.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho pubblicato due libri di poesie con il Foglio Letterario, Dissolvenze e Mitologie Domestiche dell’Anima, e dunque desidero terminare la nuova raccolta poetica del titolo provvisorio Il pianto della nube.
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