
Edito da Elison Publishing nel 2021 • Pagine: 180 • Compra su Amazon
Mentre ispeziona la soffitta della casa della nonna deceduta a Striera, Gianluca apre un cassetto di una vecchia credenza e vi trova, sorprendentemente, un manoscritto dove vengono narrate le vicende di alcune streghe che hanno vissuto in quella piccola frazione di Albisola nel 1700. La Barrantana era fra le sorelle la più bella e la più intelligente, abile guaritrice mal sopportava di essere considerata una strega, buona per una sveltina o le volte che bisognava farsi curare i malanni del corpo o della mente quando erano insopportabili. Per questa ragione, ma non solo, l'odio l'ha trasformata in una vera strega, lamia maledetta e vendicativa dal cui empio ventre sono nati i temibili basilischi, progenie crudele e ambiziosa dal sangue velenoso. Questa storia si intreccia con gli avvenimenti che sono avvenuti in Liguria in quegli anni: l'invasione e la conquista di Genova da parte dell'esercito austro-piemontese, le battaglie nell'entroterra savonese durante la campagna Napoleonica e le scorribande dei pirati. Alla fine del libro la nonna di Gianluca confida al nipote un segreto. Una terribile confessione e nel contempo una dichiarazione d'amore.

Così, come suo solito, decide di voltarsi verso il crocifisso dando le spalle ai fedeli ormai rassegnati a questo strano e irriguardoso rituale. Il parroco allarga le braccia in segno di devozione verso l’immagine sacra e, senza ulteriori indugi, dà inizio alla funzione.
Fuori dalla chiesa Carla si sgomita per cercare di guadagnare qualche metro. Vuole vedere il prete, l’altare, ma soprattutto il grosso crocifisso di legno con gli intarsi placcati in oro. La funzione religiosa è l’unico vero conforto che ha dalla vita. Come lei, anche altre donne cercano di farsi largo. Molte di loro diventano parecchio violente. Scalciano, graffiano, si tirano i capelli mentre imprecano a voce alta, senza alcun ritegno, né rispetto verso il luogo sacro che oltraggiano ripetutamente. Si conoscono tutte quante molto bene. Tutte quelle povere donne provengono dallo stesso quartiere. Il quartiere dei ribelli: Pozzo Garitta.
Pozzo Garitta non è un vero e proprio quartiere, ma piuttosto una piccola piazzetta a ferro di cavallo circondata da modesti edifici al cui ingresso si può accedere solo per mezzo di ripide scalinate esterne. Questo piccolo slargo fra le case, possiede due accessi in modo che, quando le forze dell’ordine decidono di penetravi al fine di compiere una retata, i residenti possono facilmente eludere i controlli fuggendo dall’ingresso secondario. E qui, in questo luogo, vivono tutte quelle persone che non fanno parte della società civile. Vi risiedono gli storpi, le nane, i ladri, gli assassini, le chiromanti, le puttane, ma anche e soprattutto un nutrito gruppo di artisti che mentre dipingono, scrivono, cantano o modellano e cuociono le ceramiche, sognano di cambiare il mondo. Sono dei visionari, vittime delle loro stesse utopie, ma il fermento culturale che c’è in quello scorcio di paese è straordinario proprio grazie all’attività senza regole di questi artisti meravigliosi. Dagli angoli più bui della piazzetta, nascoste nell’ombra, vecchie questuanti allungano le loro scheletriche mani verso gli occasionali viandanti i quali, spesso infastiditi, le prendono a calci peggio che se fossero degli animali rognosi. Alla sera si canta e si balla fino ad ora tarda, il vino scorre a fiumi, mentre dalle scalinate le prostitute recitano poesie prima di accogliere i loro clienti nelle stanze. È un posto bizzarro dove arte e delinquenza si mischiano, spesso indistinguibili convivono nella stessa persona. Non è un quartiere che si possa spiegare bene con le parole, bisognerebbe viverlo per comprenderlo a fondo. I cittadini che vi si recano alla sera cercano un riparo dalle ferree regole quotidiane che li consegnano al tedio. A Pozzo Garitta non ci si annoia mai, fra spettacoli improvvisati, cantastorie, pittori, ceramisti, ubriachi, cartomanti e vecchie pazze deliranti, il bizzarro e l’insolito fanno sempre capolino. Qualcuno, furtivo come un gatto, entra nei postriboli in cerca di quel piacere che non riesce più ad ottenere da mogli ormai da tempo infrigidite. I corpi quando l’amore finisce, non hanno più nulla da dare. Cercare il piacere allora è come scuotere salvadanai vuoti.
La figlia di Carla, Elisa, non partecipa alla funzione religiosa. Se ne rimane in disparte limitandosi a controllare che la madre, mentre si dimena per avvicinarsi alla chiesa, non si ferisca seriamente. Elisa, pur essendo credente, evita come la peste quella specie di violenta rissa pubblica fra vicine di casa. Prova solo una profonda compassione per quelle donne. A impietosirla è soprattutto la madre, perché si sente ancora responsabile per lo stato di indigenza in cui riversano.
Il padre di Elisa, Gianni, era morto quando lei era ancora una bambina, ma non era stato quel tragico evento a ridurle alla rovina. Certo, la vita dopo quella tragedia per le due donne si era complicata e non poco, però Carla era una donna intraprendente e ben voluta dalla gente del paese, così come lo era stato il marito, Gianni il fabbro di Albisola. Anche per questa ragione le due donne erano state aiutate dal vicinato che si era dimostrato fin da subito molto solidale con loro. La madre veniva spesso contattata per sbrigare piccole faccende domestiche, oppure per accudire ai bambini come bambinaia. Insomma, con quei lavori Carla riusciva a ottenere proventi sufficienti per pagare le gravose imposte sulla casa in cui abitavano. Ovviamente, a causa della sventura, erano state costrette a condurre uno stile di vita molto parco. Si dovevano accontentare di quello che potevano, rallegrandosi di potersi ancora permettere di abitare nella loro piccola, ma graziosa e soleggiata casa ubicata fronte mare, costruita per loro, qualche anno prima, dalla povera buonanima del Gianni.
Era stato un altro increscioso evento a ridurle alla fame, ed era avvenuto qualche anno dopo la morte del padre. Purtroppo Elisa, ne era stata la principale artefice.
Qualche anno prima, quando era ancora una ragazzina, le piaceva molto un giovine suo coetaneo di nome Sandro, era un tipo molto magro, alto, di carnagione chiara con due occhi verdi vispi, molto vivaci. Una sera, mentre stavano passeggiando per le vie del centro storico lui all’improvviso le mostrò, dopo averla estratta da una tasca, una mela luccicante dalla forma perfetta.
– Elisa, vedi quanto è bella questa mela? Stamattina l’ho rubata dal banchetto di Veronica, la fruttivendola. Sono le mele riservate ai ricchi del paese, quelle con la buccia lucida senza difetti. Queste a noi non le vende nemmeno se le diamo più soldi di quelli che servono per pagarle. Così, ho pensato bene di prendermela senza darle il dovuto.
– Sandro sei pazzo. Se ti scoprono a rubare finisci nei guai. Non si ruba, ma soprattutto non si rubano i beni che sono riservati alla nobiltà. È troppo pericoloso, se ti avessero scoperto avresti passato dei guai molto seri.
– Elisa, io non ho paura. Non ho paura di nulla. Non saranno le loro minacce a fermarmi. Il fatto che io sia il figlio di un contadino non deve precludermi il diritto di potermi comprare le cose belle, se me le sono meritate con un lavoro onesto. Se credono di potermi domare con le loro leggi costruite ad arte per difendere i diritti dei potenti si sbagliano di grosso.

Come è nata l’idea di questo libro?
La Barrantana ha avuto una gestazione piuttosto lunga. All’incirca dodici anni fa, mentre stavo girando a caso su internet per vincere il tedio, mi sono imbattuto in un sito che parlava delle leggende delle streghe di Albisola. Ho quindi scritto tre racconti sulle maliarde che ho inserito come capitoli finali del mio libro di poesie “Impronte di pesce”. Anni dopo, sempre per caso, sono venuto a sapere che la “UniAlbisola” aveva inserito nella sua scaletta un corso che aveva come argomento proprio le streghe di Albisola. Visto che io mi sono innamorato a prima vista delle leggende che le riguardano, non ho potuto fare a meno di iscrivermi. In questo modo sono venuto a conoscenza di molte altre storie, che all’epoca non conoscevo ancora, sul loro conto. Inoltre, ho scoperto che i luoghi dove queste storie si sono svolte mi erano ben noti, dato che erano i percorsi che facevo (e faccio) abitualmente in mountaibike, così mi è nata l’idea di collegare tutte queste leggende in un racconto organico, insieme ad altre storie che mi sono inventato al fine di rendere l’opera omogenea. Diciamo che la Barrantana, alla fin, fine, è stato un lungo parto casuale.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Se ti rispondessi che è stato semplice mentirei, perché oltre all’intrinseca difficoltà di rendere una storia congruente e godibile nel mio caso, dato che sono uno scrittore dilettante che scrive solo per passione, ho dovuto affrontare l’ostacolo aggiuntivo di riuscire a rendere il racconto armonico e continuo nonostante che il tempo che posso dedicare alla scrittura sia spesso sporadico e discontinuo, la qual cosa non è proprio l’ ideale per svolgere un’attività intellettuale.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Da ragazzo ero un grande lettore di libri gotici, gli autori che prediligevo erano Edgar Allan Poe e Lovecraft. Mi sono accorto che, soprattutto le letture di Poe, sorprendentemente, mi hanno lasciato qualcosa in eredità nella scrittura nonostante siano passati molti anni da quei tempi. Oggi sono un poco più disorganizzato nelle letture e leggo un po’ di tutto. Se devo farti dei nomi ti direi la Oates, Saramago, Sepulveda anche se recentemente ho molto apprezzato il romanzo Fiore di roccia della Tuti.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo ad Albisola. Il paese e il suo entroterra sono l’ambientazione del mio romanzo, questo ti fa capire che ho un legame molto forte con il paese in cui vivo. Sono nato a Genova e lì ho vissuto i primi anni della mia vita. Genova è una città stupenda, peccato che la sua bellezza vada cercata perchè purtroppo non viene valorizzata come meriterebbe. Ho anche vissuto per un breve periodo a Cavi di Lavagna nella riviera di levante.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Dopo la Barrantana, progetto nel quale sono ancora coinvolto, ho un libro di racconti un po’ particolare che devo rivedere e armonizzare. Non è una cosa semplice come potrebbe di primo acchito sembrare, proprio per la natura un poco particolare e complessa del libro. Dovrei inoltre completare un libro di poesie che dovrebbe essere il compendio del mio pensiero di adulto. Insomma, dovrebbe essere il seguito di impronte di pesce che ha sintetizzato le emozioni che ho provato da giovane. Se la vita me lo consentirà scriverò tre libri di poesie che nelle mie intenzioni descriveranno le tre fasi della mia vita. Però tutti questi progetti, come mi ha insegnato la Barrantana, possono essere scombinati dal caso. Basta che una bella storia irrompa nella mia vita e mollo tutto per creare qualcosa che non avevo progettato.
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