
Edito da GPM Edizioni nel 2020 • Pagine: 248 • Compra su Amazon
Foresta di Aokigahara, ai piedi del monte Fuji, Giappone. Una foresta incantata, quasi magica, visitata da milioni di turisti ogni anno, rigogliosa e fiera di avere le più belle grotte di ghiaccio del mondo, cela in realtà orribili segreti; segreti che nessuno mai avrebbe il coraggio e la fortuna di raccontare. Antiche leggende serpeggiano silenziose tra la fitta vegetazione di quel posto maledetto in attesa di ignari visitatori. Mitch e Selin, due cineoperatori americani, si avventurano in quei luoghi seguendo il fascino che quelle leggende continuano a muovere nei loro cuori impavidi. Presto scopriranno che quelle leggende sono tutt'altro che semplici racconti. Scopriranno che il terrore più antico e puro regna realmente incontrastato in quei luoghi. Al suo cospetto, diventeranno deboli ed inermi e quel terrore, scavando nel più profondo delle loro anime e dei loro incubi, avrà ciò che brama di più...
BIOGRAFIA : Giampiero Daniello nasce a Milano il 23 Aprile del 1975. Si trasferisce in una cittadina della Basilicata, in provincia di Potenza, Lavello dove vive fino al conseguimento della maturità classica presso il Liceo Statale dello stesso paese. Studia Giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma e torna a Lavello per lavorare come libero professionista nello Studio di famiglia come Consulente ed Amministratore Condominiale. La sua passione però è decisamente un'altra, sin da piccolo. Il genere Horror nei libri e nei film. Il suo secondo romanzo “ Il bosco dei suicidi “ è la conferma della sua innata passione per il genere Horror e per la scrittura. Ha già pubblicato “ Il morso della luna “, romanzo d'esordio sulla licantropia. Credere nei sogni ed inseguirli fino a raggiungerli per poter avere la libertà e la possibilità di poter fare nella vita ciò che si ama davvero, non ha prezzo...

Il freddo e gelido inverno sembrava non voler allentare la sua morsa sulla città. L’abbondante nevicata della notte precedente non aveva lasciato scampo alle case e agli abitanti di Townbridge. Le temperature rigidamente sotto zero avevano imprigionato i cittadini nelle loro abitazioni, rendendo loro la vita decisamente difficile. Mitch era in casa, davanti alla finestra del suo soggiorno, ad ammirare il meraviglioso scenario innevato, che come un lenzuolo immacolato si apriva sul suo giardino e tutt’intorno. Le abitazioni del suo quartiere, graziose villette a schiera, si stringevano infreddolite tra loro, in attesa che l’inverno passasse, circondate da colorati e ben curati giardini d’estate, completamente congelati e stretti nella morsa del ghiaccio. Un quartiere residenziale e tranquillo, il suo, pieno di spazi verdi e alberi frondosi. In quei giorni, però, i viali dei giardini, come le auto e gli alberi, erano interamente coperti di neve e Mitch si godeva quello scenario quasi magico. A poca distanza dal caos della città e straordinariamente lontano dai rumori brulicanti della stessa. Il cielo, di un bianco sbiadito, non faceva trapelare alcunché. Il Sole, rintanato dietro le nuvole, rimaneva ben lontano dai tetti delle case, quasi volesse rimanere nascosto e rinunciare a illuminare quel cielo ombroso e carico ancora di neve. Dicembre era l’inizio del freddo davvero intenso a Townbridge e quell’anno sembrava essersi intensificato più del solito. I suoi occhi vagavano spensierati e assorti lungo la distesa di neve che copriva il vialetto di casa, in quelle che sarebbero state le ultime due settimane di riposo prima di ricominciare a lavorare. Nella sua mente, ancora vivi e nitidi come mai, i ricordi della Germania, una terra incantata dove la foresta lussureggiante e selvaggia dominava incontrastata le vallate. Con la compagna Selin erano stati nella foresta nera per il loro ultimo lavoro e nel mentre si erano fermati ad ammirare la maestosità di quella foresta, le cime dei monti specchiarsi nei grandi laghi sotto un cielo limpido e ancora senza nuvole. Nei pochi momenti liberi, nelle loro passeggiate, avevano percorso tragitti, spesso inesplorati, lungo sentieri scoscesi. L’aria densa e pulita della foresta sembrava sprigionare in loro euforica energia in quelle mattine soleggiate. Erano entusiasti di quel viaggio, innamorati del loro lavoro, si erano sentiti rapiti completamente da essa, una volta lì. Il loro lavoro gli permetteva di conoscere luoghi inesplorati e selvaggi, pronti a esplodere nei loro occhi in mille sfumature di colori ed a rimanere impressi nelle loro videocamere. Non erano mai stati in Germania e nella foresta nera, benché tutt’altro che sconosciuta, aveva da sempre attirato il loro interesse. In ottobre erano riusciti a partire per due mesi alla scoperta di quelle terre selvagge. Il loro progetto era stato finalmente approvato ed autorizzato dalla società per cui lavoravano, quindi dopo estenuanti preparativi, erano volati in Europa alla scoperta di quelle terre. Ci erano voluti mesi prima che i vertici della società e l’emittente televisiva per cui producevano documentari avevano trovato un punto d’incontro e li avevano lasciati partire. Entrambi videoperatori di quella società, giravano documentari in tutto il mondo per un’emittente televisiva nazionale. Sicuramente un gran bel lavoro. Mitch e Selin si erano conosciuti quando erano diventati colleghi a tempo indeterminato, dopo uno stage durato dodici mesi. A distanza di un anno, era scoppiata la scintilla che li aveva fatti innamorare. Da li a pochi mesi, avevano deciso, folgorati da quella fiamma sempre viva nei loro cuori, di andare a vivere assieme. Il matrimonio però poteva aspettare. Erano ancora abbastanza giovani ed era tempo di godersi la vita. Ventinove anni lui, ventisette lei, avevano davanti una vita per mettere su famiglia. Almeno questo era quello che diceva sempre Mitch. Selin, se pur non totalmente d’accordo con lui, per il momento lo assecondava, sicura che prima o poi il grande giorno sarebbe arrivato anche per loro. Entrambi erano legati dalla forte passione per il loro lavoro e, se pure nel loro sangue scorreva vibrante come indistruttibili corde d’acciaio il gusto dell’avventura, avrebbero presto cercato un’ancor maggiore serenità e stabilità. Di ciò Selin ne era convinta. Anche Mitch non rifiutava l’idea, ma il suo orologio biologico non aveva ancora deciso quando sarebbe successo. Intento a osservare il magico paesaggio che si estendeva davanti casa, Mitch rimuginava sui ricordi e sulle immagini di quei posti stupendi appena lasciati, facendosi cullare dai colori morbidi e vellutati del tramonto di quella giornata di metà dicembre. Gli era rimasta particolarmente impressa nella mente la foresta nera. Completamente affascinato e rapito da quei luoghi, se ne era innamorato. Il tepore di casa, però, faceva sempre il suo effetto. La luce morbida e rassicurante della piantana che aveva di fianco, all’angolo del muro tra la finestra su cui era comodamente seduto e il muro dove era stato sistemato il divano, gli dava un senso di tranquillità e benessere. Fuori, i colori del tramonto sbiadivano lentamente, lasciando alla sera la possibilità di avvolgere gelida le case e i tetti della città. Lunghe striature arancioni si stendevano in cielo, come fili colorati sempre più sfilacciati, mentre il buio prepotente irrompeva quasi minaccioso sui giardini e sulle strade. Selin lo chiamò dallo studio, dove era intenta con gli occhi fissi sul monitor del computer a scovare possibili altre mete ancora inesplorate o sconosciute. Il profumo del pollo arrosto nel forno si faceva sempre più intenso in casa e mentre attendeva che si cuocesse a puntino per la cena, spulciava su internet alla ricerca di nuovi ed entusiasmanti orizzonti. Sullo schermo luminoso, l’elenco di Google mostrava a caratteri di un blu fluorescente la parola Giappone. Digitando sulla tastiera la parola foreste, si era imbattuta in un territorio assai strano e misterioso nella terra d’oriente. Le immagini che le erano balzate agli occhi come spruzzi di colore su di una tela immacolata avevano da subito catturato la sua attenzione. Non erano mai stati in oriente e l’idea stuzzicò Selin, facendole brillare gli occhi come una bambina a cui hanno appena fatto uno splendido regalo ancora da scartare.
“Mitch…” chiamò ancora lei, alzando il tono della voce. “…vieni a vedere, forse ho trovato qualcosa di interessante.”
Avvolta nella sua vestaglia da notte, i suoi lunghi capelli biondi ondeggiarono leggeri quando si girò sulla piccola sedia girevole per urlare ancora il nome del suo compagno, che sembrava non ascoltarla, intento com’era a ripercorrere con gli occhi della mente i luoghi del viaggio appena concluso in un dolce e malinconico ricordo. L’aria nella stanza era calda e confortevole e la debole e soffusa luce della lampada sulla scrivania nello studio, lasciava in ombra il suo volto mentre si girava ancora per chiamare Mitch. Decise indispettita di alzarsi dalla sua comoda e rilassante posizione per raggiungerlo in soggiorno, sicura che non lo avesse sentito.
“Mitch… ci sei?” domandò con voce morbida. Lo raggiunse e solo allora lui si accorse di lei. Mitch si girò sorpreso, come se cadesse dalle nuvole.
“Eh… sì amore, dimmi… scusami ero ancora assorto nei ricordi della Germania…”
“Vieni a vedere cosa ho trovato…” incalzò Selin “Sono sicura che ciò che ho appena letto stuzzicherà anche il tuo interesse e forse ti farà dimenticare la Germania.”
Sorrise appena, mostrando i suoi denti bianchissimi. Si passò una mano tra i capelli, scostandoli dalla fronte. Era davvero bella Selin e Mitch la guardò con ammirazione, pensando a quanto fosse stato fortunato ad incontrarla. Anche lui non era male, un bel giovanotto aitante e atletico, dai lineamenti decisi e dal fisico scolpito, ma aveva sempre pensato alla sua compagna come un colpo di fortuna vista la sua affascinante bellezza. Non che non si ritenesse all’altezza, ma la bellezza di Selin superava di gran lunga la media nazionale, di questo ne era convinto. Dai lineamenti estremamente delicati, il suo naso perfetto e simmetrico, si posava delicatamente sulla bocca morbida. Era perfetta, pensò Mitch, mentre continuava a guardarla, come se la vedesse per la prima volta.
“Vieni…” fece Selin, allungando una mano verso di lui, ancora seduto sul davanzale della finestra. “Vieni a vedere, forse c’è qualcosa di interessante per noi.”
Mitch riluttante fece una smorfia increspando la bocca, come se non volesse alzarsi dal suo comodo giaciglio.
“Spero sia davvero interessante…” esordì minacciandola scherzosamente. “Altrimenti subirai la mia ira…”
Alzò la voce per farsi sentire meglio e così facendo, mentre lei già si allontanava da lui verso lo studio, imitando una corsa spaventata, lui la raggiunse e la cinse da dietro abbracciandola e stringendola a sé. Lei ricambiò quel gesto affettuoso accarezzandogli il viso con una mano mentre gli era davanti. Lui continuò a stringerla e la baciò delicatamente sulla nuca. Selin ricambiò il bacio voltandosi e appoggiando la sua bocca su quella di Mitch, mentre lo stringeva sui fianchi. La sua bocca era calda come sempre, morbida e rassicurante, lo faceva sentire bene, gli dava serenità sentirla vicina.
“Non te ne pentirai…” sussurrò. “Ora però seguimi, o la nostra direzione potrebbe cambiare drasticamente e dimenticherei ciò per cui ti ho disturbato…” sentenziò Selin, allontanandosi delicatamente da lui, ma tenendogli la mano, come per tirarlo. Si avvicinarono uno affianco all’altra alla scrivania, dove il computer brillava ancora della sua luminosità. Il profumo di Selin era delicato sulla sua pelle, come lo erano le sue movenze, delicate e sexy. Mitch amava il suo odore anche senza profumo, ma quella particolare fragranza fruttata stuzzicava in maniera particolare i suoi sensi. Decise però di non indispettirla, vedendola particolarmente attratta dal computer e da ciò che avrebbe voluto mostrargli. Dopo cena, forse, anzi sicuramente, si sarebbero concessi un momento di coccole infuocate. Nonostante i caldi e spessi indumenti, Mitch, in quell’abbraccio, aveva potuto sentire le curve provocanti di lei attraverso i tessuti, rimanendone attratto. I suoi pensieri per un attimo lasciarono il mondo reale per sconfinare nei dolci e caldi ricordi della notte appena trascorsa tra le lenzuola. Il ricordo del suo corpo snello e agile sul suo bacino, muoversi a un ritmo frenetico e crescente. Le sue mani calde solleticargli il petto mentre lui, desideroso, accarezzava i suoi glutei, accompagnandoli in quella sensualissima danza. Il suo fisico asciutto inneggiava alla perfezione di una modella, anche se tutte le forme erano al posto giusto ed ogni volta era un piacere ammirarla nuda, in tutta la sua provocante femminilità. Tutto ciò deviò per un attimo la sua concentrazione. Gli tornò nuovamente una voglia pazzesca di fare l’amore con lei, sentendosi solleticare il basso ventre, ma si calmò, ricordando a sé stesso che avrebbero avuto tempo e modo. Ora doveva e voleva ascoltarla, visibilmente eccitata da quella nuova scoperta. Selin si accomodò velocemente sulla sedia e mosse il mouse per far tornare le immagini che in quel mentre si erano oscurate. La luce blu delle lettere sul monitor riapparve come magicamente, inondando di nuova luminosità i loro volti. La scritta Giappone incuriosì effettivamente Mitch. Cliccandoci sopra, si aprirono alcune pagine dove si poteva leggere di una foresta: la foresta di Aokigahara. Uno strano e inquietante posto, almeno questa fu la prima sensazione che ebbe Mitch quando visionò quelle prime immagini. Gli occhi di Selin brillavano di un vivace ed eccitato interesse.
“Guarda…” disse Selin con un tono di voce che non nascondeva interesse. “…guarda che posto meraviglioso.”
“A me non sembra tanto meraviglioso” rispose lui, continuando a tenere gli occhi sulle immagini di quella foresta. Sicuramente interessante, pensò tra sé e sé, ma non così meraviglioso.
“Aspetta a giudicare…” fece lei. “Leggi cosa succede in questa foresta.”
Prese fiato, come se dovesse affrontare un lungo discorso, mentre scostava dietro le orecchie una ciocca di capelli cadutagli sul viso.
“Pare…” riprese “…che questo posto sia davvero strano. Non so se dire magico o terrificante, ma la gente si perde in questa foresta per togliersi la vita, Mitch… ti rendi conto?”
I suoi occhi brillavano illuminati dalla luce del monitor.
“È certo ben strano…” interruppe Mitch con un filo d’ansia nella voce. “…come può essere?”
“Aspetta, ascolta.” rispose lei, che iniziò a leggere le didascalie che comparivano sotto le immagini di quella foresta, di gran lunga molto più fitta e rigogliosa della foresta nera, cercando di estrapolare i punti salienti. Forse però cambiava solamente il tipo di vegetazione, ma quella di quel posto, sembrava davvero sinistra.
“Sembrerebbe che ogni anno, vengano ritrovati centinaia di corpi dalla polizia e pare che la maggior parte si rechi in quei luoghi per togliersi la vita impiccandosi .”
Mitch rimase senza parole. Sospirò incerto, mentre scorrevano le immagini di una vegetazione effettivamente inquietante, un intrigo di radici e felci. Conifere e cipressi riempivano lo schermo con il loro verde lussureggiante, ma c’era qualcosa di strano in quelle immagini, sembravano davvero avvolte da un velo di grigia solitudine e mistero.
Maestose querce giapponesi si ergevano tra gli arbusti. Era così fitta da non far trapelare quasi per nulla la luce del Sole. Neanche il vento riusciva a bucare quel muro di foglie e rami. Il tasso di umidità raggiungeva percentuali altissime, si leggeva, visto che i raggi del Sole non riuscivano ad asciugare il terreno.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata navigando su internet, mi sono imbattuto in alcune immagini della foresta di Aokigahara in Giappone, ai piedi del monte Fuji ed ho iniziato a leggere alcune notizie in merito. Purtroppo la foresta è conosciuta in tutto il mondo non solo per le sue bellezze naturali ma anche per inquietanti episodi che ormai sempre più numerosi da anni si perpetuano al suo interno. In pratica la gente va li per ammazzarsi. E ci sono stati centinaia di casi negli ultimi anni tanto da spingere il governo ad istituire ronde di guardia e cartelli in cui viene chiesto di desistere da tali desideri di morte. La cosa più affascinante però è quella legata ad alcune leggende sulla foresta. Una in particolare sostiene che sin dai secoli passati i familiari malati o anziani venivano accompagnati nella foresta e lasciati li a morire di stenti. Gli spiriti di queste persone morte sembra che attirino oggi la gente e la invitino ad uccidersi per vendicarsi del male subito. Questo aspetto mi ha incuriosito molto e da qui ho deciso di trarne una storia, ovviamente mettendoci del mio. La cosa simpatica è che mentre scrivevo il libro, ed io non ne sapevo nulla ovviamente, hanno girato un film sull’argomento. In realtà ne erano stati girati altri due o tre credo, comunque, questo è. Mi sono ispirato a queste leggende per dare spazio alla fantasia e scrivere una storia che fosse tutta mia.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
A dirla tutta non ho trovato grandi difficoltà, anzi…è stato piuttosto semplice perché avevo appena finito di scrivere il mio primo romanzo sulla licantropia, argomento a me particolarmente caro, dal titolo ” Il morso della luna “, e quando ho messo la parola fine a questo, non ancora sazio anzi pieno di entusiasmo ed euforico per aver finito il libro, ho immediatamente iniziato a scrivere questo. Avevo la necessità di continuare a scrivere, ne sentivo il bisogno e questo mi ha spinto a tuffarmi in questa seconda avventura. Ci ho messo molto meno rispetto al primo. Si tenga presente che il primo romanzo ha quasi seicento pagine, questo ne avrà circa la metà.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Pur avendo sempre letto molto perché appassionato del genere horror, ed a parte il grande King, l’autore che mi è davvero rimasto dentro e mi ha ispirato per come riusciva a descrivere le sue storie è stato Richard Laymon, un scrittore americano purtroppo morto un po’ di anni fa. I suoi libri sono a mio modesto parere, fantastici. Sono riuscito a leggerli quasi tutti e dico quasi perché alcuni sono ormai introvabili, almeno in Italia e questo mi dispiace molto.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Lavello in provincia di Potenza. Una cittadina della Basilicata di circa tredicimila anime, ma non sono nato qui. Sono nato a Milano ma per una serie di vicissitudini mi sono trasferito in Basilicata. Sono stato li fino al conseguimento della maturità classica per poi andare a vivere a Roma per sette anni, il tempo dell’università. Alla fine, per sperare di poter crescere dei figli in un luogo meno pericoloso di una grande città, sono tornato a Lavello dove vivo tutt’ora con la mia famiglia. Ho la fortuna di avere una bellissima moglie ed una bellissima figlia di sei anni.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non so cosa mi riserverà il futuro, spero sicuramente di far diventare questa mia passione per la scrittura un lavoro vero e proprio. Ho iniziato intanto a scrivere il mio terzo romanzo e, visto che del primo romanzo, ” Il morso della luna ” un regista internazionale, Carlo Fusco, ha deciso di farne un film le cui riprese inizieranno nel Febbraio del 2022 negli Stati Uniti, resto ad aspettare il successo del film… Forse potrei iniziare a scrivere sceneggiature, chissà…..Ma la mia vera passione sono i libri restano i libri, e spero di poterne continuare a scrivere ancora molti. Sono solo all’inizio.
Lascia un commento