
Edito da Alessia Borgia nel 2021 • Pagine: 130 • Compra su Amazon
Un segreto che si nasconde tra le spighe dorate di un campo di grano o negli occhi ambrati del musetto di un gatto. Un fiore miracoloso che potrebbe porre fine ad una carestia, un vicino inquietante e strani biglietti che provengono dall'oltretomba. Cinque racconti che vi trascineranno in un mondo oscuro.

La voce di Edward era incrinata, leggermente isterica, il suo sguardo iniettato di sangue, sembrava una bestia. Mosse diversi passi in direzione di Victor, la presa ben salda attorno al manico del coltello insanguinato che era appena stato utilizzato per infierire su un corpo sconosciuto riverso a terra.
« Mi dispiace dover arrivare a tanto, ma non ho scelta. Adesso tocca a te. »
La lama incominciò a tremare vistosamente, avanzando maggiormente, in direzione dell’altro che invece stava indietreggiando, fino a quando non perse totalmente l’equilibrio, cadendo all’indietro a causa dei suoi stessi passi.
Victor continuava a cadere, il cuore nel petto batteva agitato come un martello pneumatico, raggiunse la sua gola: questa era almeno la sensazione che percepì, prima di iniziare a fluttuare sospeso nel vuoto, rimanendo fisso nella medesima area spaziale, priva di gravità, finché improvvisamente le leggi della fisica non ripresero il loro normale funzionamento e tornò a precipitare nuovamente nel vuoto, schiantandosi inesorabilmente con un frastuono contro il fondo.
Victor annaspò tra le coperte, sollevandosi di scatto.
La fronte imperlata di sudore ed il respiro affannoso a causa dello stress psicologico provocato dall’incubo appena cessato.
Corrugò la fronte, massaggiandosi le tempie e fissando un punto impreciso del pavimento per una frazione di secondi interminabile, quanto bastasse perché nella sua memoria potessero susseguirsi le immagini di quel fardello.
Non comprendeva il significato di quel sogno ricorrente.
Nell’ultimo mese faceva capolino nella sua mente ogni notte, era un’ossessione di cui non riusciva più ad essere padrone: da incubo irreale e totalmente privo di logica era divenuto una vera e propria paranoia inspiegabile, che mai smetteva di asfissiarlo. Si trattava semplicemente di una questione di punti di vista.
Tutto quanto si riduce al modo in cui guardiamo e percepiamo le cose.
La mente umana è molto fantasiosa, a volte vengono toccate delle corde particolarmente sensibili, mossi dei sottili equilibri che fanno collassare il baricentro psichico.
Si pensi a Salvador Dalì che nella sua pittura aveva adottato un metodo denominato paranoico-critico, in grado di generare nell’artista le tipiche caratteristiche di un individuo paranoico, senza che la propria coscienza venisse meno; in questa maniera, la cartolina raffigurante una tribù indigena, inviatagli da Pablo Picasso, divenne una gigantesca maschera tribale.
Il flusso dei propri pensieri fu interrotto dall’ingresso in camera di Edward, il suo migliore amico, lo stesso ragazzo che nelle ultime settimane aveva sognato nei panni di un pazzo omicida, un’indole che sicuramente non gli apparteneva affatto.
« Scusami per il baccano. Doveva essere una festa più intima e tranquilla, ma la situazione ci è sfuggita un po’ di mano ed ora di sotto c’è un casino.
Non volevo svegliarti, specialmente perché so che ultimamente sori di insonnia.»
In effetti, Edward, oltre ad essere il suo migliore amico, era anche il suo coinquilino e quella sera era stata organizzata una festa piuttosto intima, alla quale Victor non aveva preso parte, poiché si sentiva poco in salute da differenti giorni.
« Hai fatto di nuovo quell’incubo di cui ti ostini a non volermi parlare? »
Lo scrutò con lo sguardo, per poi sospirare preoccupato, prendendo posto accanto all’amico. « Perché non vuoi raccontarmelo? Sai perfettamente che puoi darti di me. »
Quell’insolita insistenza metteva Victor visibilmente a disagio, soprattutto perché non se la sentiva di confessare all’altro le sembianze mostruose che indossava nei propri sogni, ed anche perché qualcosa di imperscrutabile dentro di sé gli suggeriva che fosse molto più saggio non farlo. Un frastuono proveniente dal piano inferiore catturò l’attenzione di Edward, il quale si congedò rapidamente per andare ad accertarsi, da buon padrone di casa, che tutto fosse in ordine e che non vi fossero danni irreparabili. Poco dopo, giunse all’orecchio di Victor un rumore simile a dei vetri rotti e non appena quella vibrazione andò a solleticare i suoi timpani, avvertì improvvisamente un dolore lancinante all’altezza della nuca.
Nella sua testa si affollavano centinaia di pensieri, scene surreali, mai vissute, eppure così chiare e limpide da sembrare del tutto reali, campeggiavano sulla sua pelle come scottature, abrasioni invisibili che, tuttavia, non avevano mai lasciato il suo corpo.
La sua vista era ovattata, annacquata, un flusso leggiadro attraversava le sue tempie, creando un collegamento impercettibile da un lato all’altro.
Una scossa nel suo cranio generò delle nuove connessioni mai scoperte prima.
L’immagine brutale di Edward occupava la sua intera visuale, eppure non era reale, o meglio, non lo era fisicamente, in quel preciso momento, ma era così verosimile, molto più che nei suoi incubi, molto più che nella quotidianità di tutti i giorni.
Non appena quel vortice nella sua testa cessò, saltò giù dal letto.
La pianta dei piedi aderì al pavimento gelido ed avanzò lentamente lungo il breve corridoio che conduceva dalla sua stanza al bagno.
Nonostante la brevità del condotto, la confusione ed il frastornamento dovuto da quel repentino mal di testa, rendevano quel percorso interminabile ai suoi occhi.
Poggiò la mano destra contro una delle pareti bianche che costeggiavano il pavimento.
Tutto attorno a sé girava vorticosamente, non percepiva più la realtà delle prospettive.
Il suo petto era infastidito da una sensazione nauseante di asfissiamento, quasi come se i muri bianchi e spogli potessero comprimerlo o travolgerlo da un momento all’altro.
Fece entrare più aria nei polmoni, tentando di riacquistare un po’ di calma e tranquillità, riuscendo finalmente a placare l’attacco di panico di cui era stato vittima ed a regolarizzare il respiro. Sollevò lo sguardo, posandolo sul quadro raffigurante “La persistenza della memoria”, un dipinto che lo affascinava particolarmente ed al quale era estremamente affezionato.
Le sue gambe erano molli quanto la consistenza deformata degli orologi.
Non sapeva neppure lui come fosse riuscito a trovare la forza per trascinarsi no al lavabo. Aprì il rubinetto e lasciò scorrere l’acqua fredda, indugiando diversi secondi, prima di usufruirne per sciacquarsi il viso.
Diverse gocce d’acqua gli imperlavano il volto.
La sua immagine riflessa nello specchio sembrava inquietante.
Lo sguardo era perso, vuoto, come stordito, attraversato da un’ombra scura, tetra, ambiguamente distorta e deviata, percezione ancora più accentuata dalla flebile luce soffusa di colore azzurro proveniente da una piccola lampadina che illuminava i suoi lineamenti.
La sua pelle era stranamente secca, non riusciva a comprenderne la ragione, poiché non passava una sola giornata senza che la idratasse, a volte anche in maniera eccessiva, tale era la sua premura di curarla.
Sullo specchio si scagliò improvvisamente una seconda immagine, alla visione della quale sussultò spaventato, per poi lasciarsi andare ad una risata cristallina e più serena.
« David, sei tu! Mi hai fatto prendere uno spavento!»
Il ragazzo dai capelli mori avanzò in silenzio, affiancandolo e sostando anche lui di fronte allo specchio.
« Non riesci di nuovo a dormire? Edward mi ha detto che sono giorni che fai un incubo ricorrente. »
Il tono della sua voce era sempre pigro, noncurante, mentre si dava una sistemata ai capelli. « Beh, sì… Non mi sento molto in forma ultimamente, ma sarà qualcosa di momentaneo e che passerà in fretta, per fortuna. »
« Lo hai ripetuto anche la scorsa settimana, ma sono mesi che non metti la testa fuori da quella stanza. »
A quelle parole, Victor si irrigidì ed il sangue gli si gelò nelle vene. Come era possibile? Ricordava perfettamente tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni ed anche dei mesi precedenti, quindi di che diamine stava parlando? Lo guardò con aria agitata ed interrogativa, in cerca di risposte.
« Non mi vorrai dire che non lo ricordi, di nuovo? Scommetto che non sai neppure come ti sei procurato quei segni. »
« Quali segni? »
« Perché non provi a sollevare la maglietta? »
Victor lo osservò confuso e dopo qualche attimo di esitazione, sollevò titubante la felpa che gli copriva l’addome. Sbarrò gli occhi scioccato alla vista di profonde cicatrici che gli solcavano la pelle, delle quali era totalmente all’oscuro. Cosa stava accadendo? Perché improvvisamente non riusciva a ricordare più nulla? Sullo specchio comparve riflessa una terza figura, quella di Edward.
Il suo sguardo sembrava così sinistro, tant’era che Victor si abbassò velocemente la maglia per ricoprirsi, poi risollevò lo sguardo e David era sparito.
« Victor, è meglio che non ti affatichi troppo. Torna a letto. »
Victor non osava pronunciare mezza parola.
Come poteva chiedere spiegazioni proprio al protagonista dei suoi incubi più terrificanti? La mano di Edward circondò il suo braccio e lo guidò con gentilezza no al suo letto.
Lo fece stendere, gli rimboccò le coperte e gli sistemò il cuscino, dopodiché gli passò qualche pasticca con un bicchiere d’acqua.
« Tieni, sono dei sonniferi. Non mi piace di solito ricorrere a questi metodi, ma sono troppi giorni che non dormi, hai bisogno di riposo.»
Victor afferrò il bicchiere e lo osservò con sospetto, ma poi gli venne quasi da sorridere, data l’assurdità dei suoi pensieri. Come poteva quel ragazzo così dolce e protettivo nei suoi confronti, essere lo stesso dei suoi incubi? Era assurdo anche solo pensarlo.
Portò i sonniferi alla bocca e li ingoiò con l’ausilio dell’acqua, poi si mise comodo sotto le lenzuola, fissando il soffitto in attesa che le braccia di Morfeo iniziassero ad avvolgerlo. Anche l’amico si sedette, intenzionato a vegliare su di lui finché non avrebbe ripreso sonno.
« Edward… Di cosa stava parlando David? Come mi sono fatto quei segni? »
Calò il silenzio. Edward lo scrutò con attenzione, per poi sorridergli in maniera rassicurante. « Si tratta di una lunga storia. Domani, quando sarai più riposato, te ne parlerò. Tu non preoccuparti, mh? Buonanotte, Victor. »

Come è nata l’idea di questo libro?
Mi è sempre piaciuto scrivere e durante un periodo in cui mi sono ritrovata poco impegnata, mi sono dedicata per diletto alla stesura di alcuni racconti e dopo averli riletti, è nata l’idea di raccoglierli in un piccolo volume.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La stesura ha richiesto ovviamente tempo ed impegno, ma devo ammettere che non appena ho avuto la giusta ispirazione, ho fissato le mie idee sulla carta in maniera quasi automatica ed istintiva.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tra gli autori contemporanei, sicuramente apprezzo molto Stephen King; inoltre, sono un’amante dei classici, mi affascinano molto le opere di Oscar Wilde, William Shakespeare e di Edgar Allan Poe ed il teatro inglese del ‘900, soprattutto quelle di Samuel Beckett, Harold Pinter e Tom Stoppard.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Finora ho sempre vissuto in Italia, in un piccolo paese in provincia di Frosinone, però mi piacerebbe molto tornare a viaggiare, non appena la situazione pandemica lo renderà possibile.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vorrei sicuramente continuare a scrivere. Ho già in mente qualche idea per la realizzazione di un prossimo libro. Spero di riuscire ad ultimarlo entro il prossimo anno.
Non vedo l’ora..marò