
Edito da Montag nel 2022 • Pagine: 136 • Compra su Amazon
Michael Dover, trentenne stanco della vita monotona che conduce, il giorno del suo compleanno decide di andare in California alla ricerca del cambiamento di cui ha bisogno.
Cinquanta anni dopo, un uomo molto strano, che ha ottanta anni ma non li dimostra, vive la sua personale odissea urbana nella Los Angeles del futuro. Cosa collega le due storie? Cosa hanno in comune i due uomini costretti a vivere un'esistenza legata a un buio perenne?
Tra salti temporali, nuovi incontri e incredibili ritrovamenti, entrambi arriveranno a una quadratura del cerchio, compiendo un destino forse scritto e trovando quella giustizia inseguita da troppo tempo.

Il vecchio pick-up Ford F-250 “Highboy” rosso fuoco sferza l’asfalto a 110 km/h lasciando una piccola nuvola di fumo al suo passaggio. Il freddo della notte appena passata sta lentamente la- sciando il posto al tepore di una alba trionfante. Un fascio di luce del primo sole gli colpisce il collo, e Michael si sistema il maglio- ne di lana fatto a mano che inizia a tenergli troppo caldo. Guarda di fronte nell’abitacolo e controlla di nuovo l’ora sull’orologio appeso. È un vecchio Bulova A-11 militare, che era appartenuto prima a suo nonno e poi a suo padre. Michael lo tiene legato al cruscotto perché gli dà fastidio indossarlo al polso. Ma la sua pre- cisione resta comunque impeccabile. Sono da poco passate le 6 ed è ufficialmente il suo compleanno.
Solitamente a quest’ora Michael se ne sarebbe ancora stato nel suo caldo Letto a Vail, Colorado, e di lì a poche ore sua madre lo avrebbe svegliato rumorosamente cantandogli i suoi auguri. Sa- rebbe sceso dalla sua mansarda e come da tradizione avrebbe fat- to colazione con suo padre, per poi godersi la mattinata libera. Forse avrebbe un po’ suonato la batteria, come non faceva con continuità da un po’ di tempo oramai, prima di uscire e passare il pomeriggio con gli amici. Avrebbe bevuto qualche birra di troppo e inalato un po’ di erba scadente da qualche vaporizzatore. Poi sa- rebbe stato decisamente poco brillante alla cena a sorpresa che i
suoi genitori gli avrebbero organizzato per le 19 insieme a qual- che parente stretto, e sarebbe andato a dormire poco dopo, senza lavarsi i denti, con i vestiti ancora indosso, e con un gigantesco mal di testa. Il mattino seguente, all’ufficio postale dove lavora- va, qualche buon cittadino un po’ troppo zelante gli avrebbe spac- cato i timpani per la sua snervante lentezza, e il circo della con- suetudine sarebbe andato avanti imperterrito, in perfetto orario.
Ma Michael ora pensava a tutto questo con il sorriso sulle lab- bra, perché la notte precedente, senza dire niente a nessuno, era scappato di casa. Era da un po’ di tempo che meditava la fuga, ma solo ora, nel giorno del suo trentesimo compleanno si era deciso ad attuarla. Non aveva nessun motivo particolare, nessuna impel- lente necessita da sbrigare il prima possibile. Aveva un posto sta- bile trovatogli dalla madre diversi anni prima, e la vita in Colora- do passava semplice, fra incontri con gli amici, rapporti occasio- nali e giornate in famiglia. Nessuna impellenza esistenziale, né al- cuna impervia ribellione. In sostanza, si poteva dire, era bello che sistemato.
Ma lentamente, negli ultimi tempi, una strana voglia era rinata in lui. Una voglia di sperimentare, di uscire dalla monotonia della sua esistenza ripetitiva, una voglia di novità. Non avrebbe passato ancora un anno vedendo la stessa gente di sempre, negli stessi po- sti e con lo stesso freddo. Era venuto il tempo di cambiare, di agi- re e di non pensarci troppo su. Era venuto il tempo di andarsene in California.
La sera precedente, intorno alle 22, aveva finto un mal di testa, aveva dato la buonanotte ai suoi genitori, ed era salito nella sua stanza. Preparato lo stretto indispensabile in uno zaino, era sceso dalla finestra cercando di fare meno rumore possibile e aveva pre- so in prestito la macchina di suo padre per partire. La sua Chevro- let era del meccanico per un guasto alla testata, e non avrebbe po- tuto fare altrimenti. Suo padre teneva un sacco al vecchio pic- k-up, ma Michael pensava che se ne sarebbe fatto una ragione.
Voleva molto bene ai suoi genitori, e sapeva quanto erano stati pazienti con lui, ma non poteva continuare con la farsa. Era da un
po’ che si diceva di avere accettato il suo destino, che oramai quello era il suo posto, e che doveva sentirsi lieto e fortunato per tutto quello che era riuscito a costruirsi. Ma sapeva anche di men- tire a se stesso, e che una parte di sé stava esplodendo per una nuova occasione. I suoi genitori si sarebbero preoccupati, forse si sarebbero anche arrabbiati, ma alla fine avrebbero capito.
Sin da quando era bambino la California era al centro della sua attrattiva. La maggior parte della musica e dei film che ammirava provenivano da quella terra magica immersa nel sole, e in quasi trent’anni di vita non ci era mai stato. Il freddo degli inverni del Colorado, la loro vivida crudezza, li conosceva parecchio bene, e facevano parte del suo DNA. Ma sentiva che questa nuova terra, a cui aveva guardato da lontano per la maggior parte della sua vita, in qualche modo gli apparteneva. Che fosse per lui, in definitiva, fondamentale.
Non aveva certo molte doti speciali, Michael Dover, ma essere sulla strada, ora come ora, gli faceva ribollire la testa di idee e so- gni come non succedeva da molto tempo. Avrebbe dovuto trovar- si un nuovo lavoro e conoscere nuove persone con cui passare il tempo, ma si diceva che avrebbe lavorato sodo e ce l’avrebbe fat- ta. Sarebbe partito con il piede giusto e l’universo lo avrebbe ascoltato. Forse sarebbe stata tutta un’illusione, un fondamentale e tremendo errore di valutazione. Ma perché non provare? Aveva già speso troppo tempo a non agire.
Il cartello al lato destro della strada polverosa segna 90 km a Los Angeles, e il traffico della prima mattina inizia a farsi più in- tenso mentre il sole si fa sempre più grande e vivido, pronto a il- luminare la strada che scorre in avanti. Michael, con poca benzi- na, decide di fermarsi al distributore.
Fa il pieno e si concede un caffè lungo e nero. Ha guidato tutta la notte ed è parecchio stanco, ma sente una strana energia dentro di sé. Fa una lunga sorsata calda mentre contempla il deserto alle spalle della stazione. L’aria della mattina è esaltante, nonostante i fumi della benzina ed il caldo secco che si fa sentire sempre più. Si sfila il maglione di dosso e lo getta sul sedile posteriore dal fi-
nestrino. Allunga le braccia per stirarsi e poi butta giù l’ultimo sorso di caffè. Michael dà un ultimo sguardo verso est. Il Colora- do è oramai lontano.
Fa per rimontare in macchina, quando nota il proprietario della stazione seduto in un angolo all’ombra vicino la porta del bagno. Indossa una logora camicia a scacchi e un cappello da cowboy in- clinato di lato. Gli sorride e fa cenno di avvicinarsi.
“Hai per caso una sigaretta in più?” “Sì, ecco.”
“Bella mattinata. Farà un sacco caldo oggi.” “Lo spero.”
“In viaggio di piacere?” “No, sto tornando a casa.”

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro è nata intorno al 2016, quando ho compiuto 30 anni. Un anno di grossi cambiamenti. Ho vissuto in parte a Los Angeles, e un mucchio di idee sono partite da lì.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Ho iniziato a scriverlo nel 2016, non avendo ancora tutta la trama ben delineata, ma con un’idea generale molto forte, una macrostruttura e un finale. Per un po’ di anni ho lasciato perdere il progetto, poi nel 2020, più o meno in concomitanza con la pandemia, mi sono deciso a terminarlo. Ho delineato meglio la trama e pianificato le scene nel dettaglio e alla fine, nel giro di qualche mese, l’ho terminato. Una volta che hai le idee chiare sul percorso, la strada è in discesa.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono un lettore onnivoro, con una predilezione per certa letteratura di genere, soprattuto legata al fantastico. Facendo qualche nome, adoro leggere Lee Child, Martin, Chrichton, Conan Doyle, Tolkien e più di tutti Stephen King. Non disdegno scrittori e generi più realistici (adoro Hemingway e Salinger) ma la bilancia pende dalla parte del fantastico. Sono anche un lettore di fumetti e un grande fan di Harry Potter e J.K. Rowling.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato a San Severino, ho studiato a Bologna e New York. Adesso vivo a Macerata.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto lavorando a un nuovo romanzo e sono più o meno a 1/3 della prima stesura. È una storia ambientata nella mia città, Macerata. C’è qualcosa di autobiografico, mascherato ovviamente, ma anche in questo libro c’è una componente fantastica. Sono molto fiducioso, per ora mi sta piacendo parecchio.