Edito da La Lepre Edizioni nel 2019 • Pagine: 133 • Compra su Amazon
Per la seconda volta in tre anni il Premio Zingarelli per la narrativa edita viene assegnato a un romanzo pubblicato dalla Lepre edizioni!
Per la XII Edizione del prestigioso Premio Letterario Nazionale “Nicola Zingarelli” la giuria assegna il primo premio – nella sezione narrativa edita – a Vittorio de Martino con il romanzo storico \"Calma e quieta è la notte\" [La Lepre Edizioni | Collana Visioni 2019 | www.lalepreedizioni.com]. Come si legge nella motivazione: \"Romanzo storico ambientato nel 1566, colpisce per la complessità della trama, che porta il lettore a muoversi nello spazio e nel tempo assieme ai protagonisti. Lettura assai piacevole.\"Vittorio de Martino, romano classe 1959, studia pianoforte e danza classica. Entra alla Scala, poi si dedica al teatro, diventando assistente alla regia con Eduardo De Filippo e Giancarlo Menotti. Si trasferisce a Parigi, dove si laurea in Storia dell’Arte e lavora come insegnante e guida turistica.
Molto particolare è la nascita di questo primo romanzo come ama spesso raccontare il suo autore: “Ho scritto questo libro venti anni fa e me lo sono dimenticato. Venti anni dopo, il crollo di una libreria me l’ha fatto ritrovare, mi è sembrato buono e La Lepre lo ha pubblicato. Oggi non lo scriverei più. Lo aveva scritto un uomo che, al termine della giovinezza, si era accorto che la sua vita era destinata un giorno a finire. Sono storico dell’arte, ho bisogno del cannocchiale del passato per vedere più nettamente”.
Può una fiaba condurci alla realtà? Questa la domanda della Lepre che ci introduce alla vicenda ambientata in una piccola cittadina ungherese: Szgetvàr. Siamo nel 1566 e una mattina la cittadina si risveglia sotto l’assedio dello sterminato esercito di Solimano il Magnifico. È destino che tutti debbano morire. Un vecchio si ritira nei bagni turchi deserti e, in quel silenzio irreale, aspetta la fine. Lì, apparentemente per caso, incontra un ragazzo che, nell’attesa, gli racconta una storia.
Si dipanano così due trame parallele, fuori l’assedio, con l’orrore della morte che incombe, dentro invece il tempo sembra fermarsi durante il racconto: una storia d’amore tra due ragazzi che conoscono solo il presente. Lei scompare, lui la insegue. Prima a Venezia, poi su un’isola abitata da monaci banditi, dove un misterioso prigioniero prepara una nuova carta del mondo, poi a Istanbul. Lei è rinchiusa proprio nel palazzo di Solimano. Alla fine le due storie, l’assedio e il racconto d’amore, convergono, e il vecchio capisce che non può trattarsi di un caso. L’epilogo, a sorpresa, getta nuova luce sull’intera vicenda. L’inizio e la fine di questa storia sono eventi storici, il resto appartiene al regno del possibile...
Isaac ripensava al senso di pace provato il primo giorno alle terme, mentre, il 5 agosto 1566, probabile ultimo giorno della sua vita, percorreva la strada e veniva travolto da una marea tumultuante. Gli abitanti di Szigetvár, preda infine dell’isterismo, gli strappavano i ciottoli da sotto i piedi per farne rinforzi alle mura. Lo sgomento attonito e muto davanti alla morte aveva lasciato il posto a una reazione opposta, e altrettanto vana, per salvarsi la vita. Quando infine arrivò ai bagni, tutto fu di nuovo immobile e calmo. Naturalmente nessun altro pensava alle terme e l’edificio era deserto, abbandonato anche dal personale. Isaac si dimenticò per un attimo dei turchi e della morte imminente; stordito da quella pace vaga e irreale, si spogliò, poggiò gli occhiali sul bordo e s’immerse nella grande vasca. Lo sciabordio dell’acqua si calmò poco dopo e non rimase intorno che un’ assoluta quiete, intatta dai rumori del mondo. A poco a poco il calore gli entrò nel corpo e Isaac si abbandonò, prossimo quasi al dormire.Forse era rimasto così per pochi minuti, forse a lungo, quando un’onda lo svegliò. L’acqua si stava muovendo, qualcuno era entrato nella vasca. Aprì gli occhi e intravide una sagoma. Doveva essere un uomo ma Isaac era troppo vecchio per vedere senza gli occhiali e a quella distanza non poteva distinguerlo. Gli tornò in mente l’assedio e pensò che i turchi erano già entrati in città, avevano sterminato gli abitanti e adesso invadevano anche le terme per ucciderlo. Voleva uscire, per evitare che il suo sangue inquinasse la vasca, ma era nudo e gli sembrava un modo ridicolo di morire. Così rimase lì, attaccato al bordo, in attesa di sentire l’affrettarsi dei passi e l’urto delle scimitarre sulla sua testa. Ma non sentì niente. Nessun altro era entrato nelle terme e la figura indistinta non si era più mossa. L’acqua era tornata immobile. No, quello non doveva essere un turco, però era ben strano che un cittadino di Szigetvár sentisse il bisogno di fare il bagno in quel momento.
“Chi è là ?”, gridò, ma la voce risuonò sotto la volta e si perse, senza ottenere risposta. Forse non capiva l’ungherese, poteva essere uno dei cavalieri stranieri arrivati il giorno prima.
“Chi è là, amico o nemico ?”, ripeté, stavolta in tedesco.
“Amico”, rispose timidamente, in italiano, una voce sottile. Isaac continuava a non poterlo distinguere ma ora sapeva che non era ungherese e nemmeno era un uomo, era un ragazzo.
“Che fai qui?”
“…il bagno, no?”, rispose l’altro, stupito.
Isaac rimase zitto un istante per la vergogna di aver fatto una domanda così stupida. L’acqua si mosse ancora, la figura si avvicinava.
“Buongiorno – disse il giovane quando fu a pochi passi – io mi chiamo Ordelaffo”
“Buongiorno – rispose il vecchio – mi chiamo Isaac. Di dove sei ?”
“Di Pavia, arrivato qui ieri con mio padre”
“Ah, sei italiano e tuo padre è uno dei cavalieri, dunque. Quanti anni hai?”
“Sedici, signore”
“Sei molto giovane per fare il soldato”, osservò Isaac, pensando invece che era molto giovane per morire.
“Oh no, signore, non sono soldato. Sono poeta”
“Poeta? Ma….cosa ci fai qui, allora? Questo non è posto per poeti, oggi”
“Gliel’ho detto, signore, ho seguito mio padre, lo faccio da quando avevo dodici anni e mia madre ci ha lasciati. E’ per questo che so di non essere un soldato. A me piace inventare storie e da grande sarò poeta”
Isaac tacque e strinse gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco il viso del giovane. La figura, tra i vapori, restava indistinta ma si vedeva che era esile e non aveva la struttura robusta di un cavaliere. Tra di loro c’era mezzo metro d’acqua attraverso il quale Isaac sentiva che il ragazzo gli sorrideva.
“Cosa ci fai qui nei bagni ? Tutti sono sugli spalti o ad armarsi”, chiese.
“Bè, gliel’ho detto, io non combatto e mi avevano parlato dei Kiraly Furdo, volevo vederli. Pensavo non ci sarebbe stato nessuno e invece ho trovato lei. Bene, sono contento, così potremo parlare un po\’, se vuole, altrimenti starò zitto e non le darò fastidio”
Isaac Zevi rimase in silenzio. Da tempo si era disfatto di qualunque dio, fosse quello dei suoi padri o dei cristiani. Si era invece convinto che c’é una volontà benigna a guidarci, sebbene segua sentieri nascosti. Se aveva portato lì, solo per lui, l’innocenza di un giovane, proprio mentre arrivava la morte, doveva avere il suo scopo. Bastava aspettare e lo avrebbe scoperto. Quella, sapeva ciò che faceva.
Ordelaffo sputava l’acqua che gli era entrata dal naso.
“Lei parla molto bene l’italiano, signore”
“Ho vissuto a lungo in Italia. A Roma, e a Venezia”
“Spero di non averla svegliata,”, disse mentre giocava a tuffare le braccia producendo zampilli.
“Svegliato ? No, non ti preoccupare. Ma… tuo padre non ha avuto paura a portarti qui ?”
“Perché, signore?”
Isaac sbottò: “Come perché ? Ma insomma, sei scemo, ragazzo ? Perché qui siamo tremila e fuori ci sono centoottantamila giannizzeri pronti a squartarci. Dovresti capirlo anche tu, mi pare”
Il ragazzo non rispose. Issac si pentì di essere stato inutilmente crudele e cercò di rimediare.
“Scusa…non volevo spaventarti. Se tuo padre è soldato, sa quello che fa. Forse io esagero, non c’è davvero pericolo”
“Oh, no, io credo che ce ne sia molto, invece. Vuole che le racconti una storia ?”
“Cosa ? Come, una storia ?”
“Bè, si, per distrarla. Tanto lei e io non possiamo farci niente. Se vuole, le racconto una storia”
Ecco, appunto, pensò Isaac, era qui che dovevamo arrivare.
A lui disse solo: “Si, Ordelaffo, grazie. Iniziamo”
“C’era una volta un mercante di stoffe. Questo mercante aveva un figlio che, nelle intenzioni del padre, avrebbe dovuto un giorno condurre il negozio e veniva istruito nella difficile arte di riconoscere i tessuti e venderli a un prezzo maggiore del giusto. Il ragazzo era molto intelligente e imparava in fretta ma delle stoffe a lui non importava niente. A lui interessavano solo le ragazze”
Ordelaffo si fermò un istante per studiare la reazione del vecchio.
“Bè – disse quello – perché non prosegui ? Sino a qui la tua storia non è nuova per niente”
“Bene – continuò Ordelaffo tutto contento – il ragazzo si chiamava Ruggero e s’ interessava alle ragazze che però s’ interessavano poco a lui, perché purtroppo Ruggero era brutto. Lei crede che si debba essere belli per piacere alle donne, signore ?”
Ecco, pensò Isaac, non distinguo il suo viso ma ora so che é brutto.
“No, penso di no. Il desiderio delle donne passa per strade diverse da quelle degli uomini”
“ Ruggero non lo sapeva e pensava che nessuna ragazza lo guardasse perché era magro come un chiodo e aveva un naso a becco d’uccello. A lui, invece, le donne piacevano tutte, anche le brutte, e in quel piacere c’era, inconsapevole, una spinta dei sensi naturale alla sua età, ma anche la percezione, altrettanto inconsapevole, di una natura magica delle femmine, vale a dire misteriosa per i maschi e che le rende sovrane di riti e presagi e pensieri impenetrabili a noi. In realtà, però, di femmine non ne conosceva. In casa sua non ce n’erano , a parte la madre e la sorella, e quest’ultima non viveva in casa. Per il resto il padre teneva solo servi maschi, perché il figlio non cadesse in tentazione. Allora, appena poteva, Ruggero usciva per andare a guardare le ragazze per strada. Poiché i sensi scelgono strade tutte loro e specifiche, a lui più che il seno o le forme intuite sotto gli abiti, piacevano le voci. Niente lo eccitava come le voci d’argento delle ragazze e c’era per questo un luogo che valeva il giardino dell’Eden : il giardino delle monache. Queste monache vivevano in un convento dotato di una strana fama, o per meglio dire, era assai strana la fama della sua superiora.
La potevano incontrare solo le madri delle ragazze, e anche quelle raramente. Per il resto non usciva mai. Apparteneva a una delle più grandi famiglie della città e da giovane, sembra, era stata di una bellezza prodigiosa. Forse per questo su di lei era nata una leggenda, ma di quelle che la gente inventa tanto per dire, perché prove nessuno ne aveva mai avute: da ragazza, durante un viaggio in nave, era stata rapita dai turchi. Sapete, quelle storie di bianche fatte schiave e portate nell’harem di qualche pascià. Comunque ormai da vent’anni era la superiora di un convento dove educavano le giovinette di buona famiglia.
Nella bella stagione – fu nella bella stagione che Ruggero divenne ragazzo – le educande si riunivano nel cortile per ricamare. Ruggero di nascosto si appoggiava al muro di cinta e restava in ascolto. Durante il ricamo era proibito parlare ma giunta la ricreazione le fanciulle lanciavano certi suoni squillanti che a Ruggero entravano nel sangue e lo rimestavano. Con l’andare del tempo aveva imparato a distinguere le voci e attraverso di esse fantasticava il volto e il carattere delle ragazze. Ce n’era una che parlava sempre sottovoce e Ruggero la immaginava bianca come la neve e minuta, con due seni appena sbocciati. Un’altra aveva il tono della comandante, veniva molto rispettata e probabilmente era ricca e importante. Questa, per via della voce piena, la immaginava con un seno pesante e sodo, che affondava nell’abito. A volte riusciva a carpire dei nomi e sapeva che c’erano una Claudia e un’ Eleonora. Ma tra tutte, aveva la sua preferita. Questa ragazza non parlava mai.
“Che sciocchezza! – esclamò Isaac – allora come faceva a sapere che c’era?”
“Lo immaginava. Tutte quelle voci rivelavano presenze, ciascuna portatrice di una qualche delizia per quell’adolescente eccitato, ma egli sapeva che al di là del muro ce ne doveva essere una che restava ignorata, silenziosa, serbata solo per lui. Quella decise che sarebbe stata la sua. Lei penserà che Ruggero fosse pazzo e forse lo era un po’, come chi é in preda ai sensi, ma pure questa follia conduce a volte a un’audacia del pensiero che si rivela profetica. Se tutte giocavano e nel farlo gridavano, perché lei non parlava Restava in disparte, perché erano i pensieri i suoi svaghi. Ruggero in quel tempo si affacciava all’amore e cercava in una compagna la stessa materia di cui lui era fatto. Come lui pensava incessantemente alle donne, senza parlarne mai, così le educande che parlavano di ragazzi – quando le monache si allontanavano non facevano altro – si distinguevano dalla sua amata silenziosa che accennava appena un sorriso, non perché meno turbata dai giovani, ma perché lo era più profondamente.
Del resto, per quelle ragazze si trattava solo di chiacchiere insussistenti. Ovviamente, di maschi, lì non se ne vedevano. Fantasticavano di giovani gagliardi, a loro invisibili, che passavano in strada, come se ogni carro fosse condotto da un garzone abbronzato e ogni cavallo montato da un cavaliere intrepido. Al di là del muro invece c’era solo un ragazzo magro con un grande naso. Ma lui, aveva una cosa che gli altri, più belli, non avevano : lui aveva la sua fantasia. Con quella si costruì l’idea di una ragazza ritrosa e nobile, modesta, leale, naturalmente bellissima. Ah, dimenticavo: se la figurava anche bionda. Sa, in Italia le bionde sono rare. Insomma, un giorno decise di incontrarla”
“Ma che sciocchezza, ti dico! Se non esisteva nemmeno !” proruppe Isaac, che cominciava a trovare il ragazzo davvero troppo bizzarro.
“Vede, signore, che ci fosse o meno non era importante. Ci sono già molte cose nella realtà e quelle non ci soddisfano ; così ce ne prepariamo delle altre con la fantasia e lì risiede un sollievo che ci aiuta a vivere. Forse che lei e io non stiamo qui a parlare di favole mentre i turchi hanno cominciato l’assedio ?”
Le terme non erano più silenziose. Ora vi giungeva distinto il clamore di una battaglia. I turchi avevano cominciato a bombardare le mura e si potevano immaginare bastioni e uomini andare in pezzi. Isaac tese l’orecchio, pensò al ridicolo sorriso dominatore di Zriny, poi si afflosciò nell’acqua. Tutto quello non lo riguardava più.
“Ti prego, ragazzo, vai avanti con il racconto”
“Dunque Ruggero decise di vedere la sua bella”
“Ah, si, quella che non esisteva”
“Vede signore, sono stato un poco furfante, perché le ho taciuto un fatto importante. Le ho detto che Ruggero aveva una sorella che non viveva in casa. Infatti studiava nel collegio delle monache”
“Ah, brigante, ma così non vale. Allora ha chiesto alla sorella!”
“Infatti. Proprio in quei giorni la sorella tornava a casa per una visita. Andò a riverire il padre, si intrattenne con la madre e le mostrò un bel cuscino che aveva ricamato, poi finalmente incontrò Ruggero. Non lo vedeva da un anno e le sembrò sul momento che si fosse fatto ancora più brutto. Ma in fondo era sempre un uomo e lei era così priva e desiderosa di compagnia maschile che, per mancanza d’ altri, prese a civettare con lui. Ruggero la investì di domande. Com’era Eleonora con la voce sottile ? E quella che voleva sempre giocare alla palla, com’era ? La sorella sciorinava descrizioni, indugiando di proposito su quei dettagli che avrebbero eccitato maggiormente il fratello, fermandosi però sul più bello.
“Fratello mio – gli diceva – non avete timore di Dio che volete sapere queste cose ? Non sarò certo io a descrivervi le fattezze di fanciulle che vivono nella protezione del Signore. Vergognatevi, piuttosto, voi e i vostri amici”.
Non che la ragazza li conoscesse, questi amici, ma cercava di sondare il terreno per vedere se c’erano in giro altri maschi. In fondo, un fratello era un gran patrimonio per un’ educanda, rappresentando l’unica pista per entrare in contatto con altri uomini. Ruggero però aveva un suo scopo.
‘Dunque, sorella, volete ora parlami di quella fanciulla così silenziosa ?’
‘Quale fanciulla, Ruggero ?’
Al poveretto si gelò il sangue nelle vene. Forse non c’era, forse non c’era davvero, l’aveva inventata lui e il silenzio che immaginava era solo un vuoto, non c’era niente dietro il muro se non quelle che gridavano. Tentò ancora, mentendo.
‘Ma si, sorella, si sa in città che nel convento c’è una ragazza molto bella ma triste, che non parla né gioca con le compagne. Voi dovete sapere chi è’.
La sorella non rispose. O Dio, non esisteva.
Ginestra, questo era il nome della sorella, vide che Ruggero sbiancava, si appoggiò l’indice all’angolo della bocca e scoppiò a ridere.
“Ma voi uomini arrivate a scoprire proprio tutto! Vorrei sapere chi ve l’ha detto. Ebbene si, è vero, in collegio ho una compagna come voi dite, bella ma taciturna. Non arrogante, anzi, ma ama starsene sola a pensare chissà a cosa. Io credo abbia un innamorato”
Non avrebbe potuto dire di peggio. Ruggero, ora che aveva trovato la sua amata, stava già per perderla a causa di un innamorato. Costui era senz’altro uno alto e robusto, con il viso perfetto, per questo lei l’amava mentre lui era brutto e andava bene solo per origliare dietro i muri. Non poté trattenersi e gridò :
“E chi, chi è questa bestia d’innamorato ?”
La sorella rise anche più forte.
‘Ma non lo so, forse non c’è nemmeno, sono io che lo dico perché la vedo sempre così assorta. Ma dite, fratello, siete forse riuscito a vederla che ve ne siete innamorato ?’
Ora lasciava intendere che la ragazza era tanto bella da innamorarsene al solo vederla.
‘No – rispose Ruggero – cioè…si, un poco, ma ditemi : è bionda, nevvero ?’’
‘Si, a volte addirittura, da dietro, ci scambiano, perché è bionda come me. Bionda come l’oro’
Uno sbotto caldo gli avvampò nello stomaco. Il sesso si fece turgido.
‘E…dite, com’è, oltre che bionda ?’
‘ Gli occhi sono scuri, il viso è molto bello e dolce anche se conserva un’aria severa che mette in soggezione. La figura è sottile, ma…molto ben fatta. Io posso dirlo perché una volta abbiamo preso il bagno insieme’
Ruggero sino ad allora non aveva saputo cosa fosse desiderio. Anche adesso non capiva che il racconto gli accendeva non l’anima, ma i sensi. Voi che siete vecchio, lo sapete se esiste un punto, un luogo fisico del corpo dove il desiderio della carne si trasforma in illusione delle anime ? Perché allora quello sarebbe certo un punto da estirpare, recidere con un taglio netto per liberare gli uomini, e le donne, dall’illusione che la bellezza non sia solo bellezza ma promessa di felicità. Bisogna ben ammettere che il potere dei sensi sia immenso perché il profumo di un braccio, da solo, faccia credere, no, anzi, vedere, felicità e eternità . La bellezza è un’apparizione in sogno, che ci consegna un mondo meraviglioso, e se anche quel mondo è appena un’ombra, pure da qualche parte deve esistere il corpo che l’ha generata, e così procediamo, di sogno in sogno, di ombra in ombra, inseguendo il corpo che venga a salvarci, corpo di sogno appunto, ché possiede, lui, ciò che a noi mancherà per sempre.
“Bravo il poeta!”, gridó Isaac battendo le mani.
“Scusate, mi sono lasciato andare. Tanti vaneggiamenti fanno annoiare l’ascoltatore, lo so, così che si rivelò assai più saggio Ruggero il quale, non sapendo nulla di anima e di desiderio, si limitò a raggomitolarsi col corpo sulle ginocchia per non mostrare quanto era eccitato. Ora non pensava che a una cosa : vederla”.
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