
Edito da Salvatore Liggeri nel 2020 • Pagine: 217 • Compra su Amazon
Un cammino e un incrocio di destini, attraverso sette regioni d'Italia, percorrendo una straordinaria avventura sulla via Francigena.
Questo il cammino raccontato da Salvatore Liggeri, che licenziatosi dal suo posto di lavoro, sceglie di vivere un'esperienza selvaggia senza tempi né restrizioni, senza regole né rimpianti.
A passi piccoli, ma belli e forti imparerà a svuotare quello zaino pesante e pieno di memorie.
Il Cammino per Roma: La Via Francigena.
Il tuo cammino ha inizio.

maggio 2008
“Prima di poggiare un piede, assicurati di non scivolare. Guarda come metto i piedi ben saldi io e seguimi, testa di pallone che non sei altro!”.
Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che subito inciampai, ma fortunatamente riuscii a fermare la caduta poggiando la mano su uno scoglio alto, evitando l’impatto alle ginocchia.
Mi guardò con un mezzo sorriso, come a farsi beffe della mia goffaggine.
Arrivammo alla punta della scogliera a passi piccoli e prudenti, e nonostante la buona mezz’ora di camminata che ci allontanava dalla spiaggia, mio papà sembrava in gran forma, anche se lamentò qualche lieve giramento di testa con la quale oramai, a causa della malattia, aveva imparato a convivere.
Poggiò il borsone a terra e iniziò a tirar fuori l’attrezzatura da pesca.
Non ho mai imparato a fare una montatura per pesca da fondo; ho osservato più volte come faceva, e qualche volta trascorrevamo ore ed ore a parlare di mare e di pescatori, ma ho sempre dato per scontato che tanto papà quelle cose le sapeva fare bene, e che non avrei comunque mai avuto bisogno né di imparare a camminare bene sugli scogli, né tantomeno di fare una montatura del genere.
Il sole che ci aveva accompagnato caldo e forte, stava iniziando a calare lentamente in quel tardo pomeriggio di primavera, e tinse il cielo di arancione, e l’atmosfera era accompagnata dall’odore delle alghe, che parevano accozzarsi alle narici nel mentre stavo fermo e silente ad osservare il mare.
Papà mi passò poco dopo la mia canna da pesca, e lanciammo insieme l’esca verso l’orizzonte.
Ci sedemmo e attendemmo, fissando con pazienza le onde e la canna.
La pesca mi ha insegnato molto; s’impara a saper attendere, ad osservare, e soprattutto a percepire.
Ogni attimo può diventare quello giusto, un po’ come nella vita.
Le possibilità che accada qualcosa sono infinite e senza modo alcuno di poterle prevedere.
Ho capito con il tempo ciò che legava mio padre alla pesca; ha trascorso un’infanzia difficile, priva di attese e priva di pace, ma soltanto di avvenimenti che hanno continuato a stravolgergli nel bene o nel male la sua vita.
Adesso si trovava lì con me, suo figlio, ad attendere che qualche pesce abboccasse all’amo, e a condividere il silenzio di quel momento.
Percepii già allora la sua stanchezza; papà aveva voglia di armonia e di cambiamento, ma anche di condivisone con me.
Al tempo avrebbe compiuto 41 anni nel mese di luglio; pensandoci oggi, era appena un ragazzo diventato uomo da poco tempo.
Una vita devota al costante sacrificio per il lavoro.
Il lavoro, nell’immaginario collettivo, è sempre frutto di sacrifici dolenti e faticosi, e bisogna soffrire e guadagnarsi duramente il pane da portare a casa.
Ho visto nei suoi occhi la sofferenza delle sue scelte.
Mio papà non solo si ammazzava di lavoro, ma lui era devoto al lavoro stesso, perché sapeva che gli avrebbe portato il denaro ed i mezzi necessari per rendere felici me, mia mamma e mia sorella.
Non ho mai osato criticarlo, in quanto ho sempre osservato con profonda stima e ammirazione la sua scelta, seppur consapevole del dolore e dei rimpianti che potesse provocargli.
Il mondo dopotutto è in mano ai devoti, ai combattenti, e alle persone che sono disposte a fare delle proprie scelte un ideale e scopo di vita.
Trascorremmo un paio d’ore in quel luogo, prima di incamminarci lentamente verso la spiaggia per prendere la macchina e tornare a casa, un attimo prima che il sole tramontasse.
Avevamo pescato qualche piccolo pesciolino, il giusto per una buona zuppa da preparare per cena.
Aiutai papà a mettere il borsone nel bagagliaio, entrammo in macchina senza proferire parola, prese le chiavi e poi esitò inspirando profondamente: cambiò improvvisamente espressione, e i suoi grandi occhi scuri iniziarono a parlare prima ancora che lo facesse la sua bocca.
Tutto sembrò cambiar colore intorno a noi; mi concentrai sul suo volto e su quello sguardo che mai, in quei primi 15 anni della mia vita, ero riuscito a tirar fuori dalla sua anima.
Fissò l’orizzonte e poi abbassò il capo voltandosi verso di me: “Salvo, mi devi promettere una cosa; tu sarai presto il guardiano della nostra casa, ed il protettore della nostra famiglia.
Guardami negli occhi, e promettimi che proteggerai sempre tua sorella Melissa e tua mamma.
Io non sto molto bene, e sicuramente a breve starò molto tempo fuori casa per potermi curare, ma tu non dimenticarti mai della tua famiglia.
Amali come hai sempre fatto, e proteggili come se tu fossi me.
Io sono con te e ci sarò sempre: anche se non te lo dico spesso, ho una grande ammirazione per te e per l’uomo che stai diventando”.
Abbassai lo sguardo.
Mi sono sentito un debole per tutta la mia infanzia; ricordo che a scuola mi prendevano in giro perché da bambino ero sovrappeso.
Un costante insicuro, che non riusciva a parlare con il prossimo e neanche a difendersi.
Sono stato un bambino pieno di allegria, ma impaurito della cattiveria altrui, che ho sempre cercato di evitare.
Ad ogni campanello di allarme, ad ogni minaccia, ad ogni cattiveria, io sono sempre stato consapevole di poter usufruire della forza e della tenacia di mio papà, che ci ha sempre fatto sentire protetti, e ha sempre combattuto per noi, ma stavolta sarebbe stato differente.
Per la prima volta in vita sua, fu lui a chiedere aiuto a me.
Non capii in quel momento cosa mi volesse riferire esattamente; un omone tanto grosso e forte, ai miei occhi immortale.
La sua malattia al tempo, mi sembrava soltanto una delle tante sfide che poteva facilmente superare.
Nonostante il suo sguardo non lasciasse intendere altro, se non una reale richiesta d’aiuto, io quasi m’arrabbiai rispondendogli: “Papà, io non ho la forza per fare ciò che fai tu.
Noi abbiamo ancora bisogno di te, e io e Melissa siamo piccoli per poterci occupare delle cose importanti! Non saprei neanche dove andare a pagare le bollette, sono troppo piccolo anche per cercarmi un lavoro, e soprattutto non ho il coraggio per combattere come fai tu”.
Papà mi prese la mano sinistra; la sua mano destra grande e calda già rassicurò le mie paure in quel momento, quasi ad eliminare i timori che iniziarono a infilarsi nei miei pensieri come macchine sfreccianti in autostrada.
Sorrise, e il suo sguardo diventò tenero e compassionevole: “Salvo, tu hai una forza che io ho sempre invidiato.
Dico sempre che conoscendo il soggetto, conosco la fine del film.
Tu sei già un grande uomo, e ti renderai conto con il tempo di quanto forte sei.
Impara a riconoscere il tuo cammino, e ricorda ancora: prima di fare un passo, sii sicuro di poggiare bene i piedi per terra.
La vita è principalmente composta da due colori: il bianco e il nero.
Impara ad accettare entrambi, rimboccati le maniche e non spegnere mai la fiamma che hai nel cuore”.
Quella fu l’ultima volta che io e mio padre andammo a pesca; morì una notte di settembre quello stesso anno in un letto d’ospedale, con il sorriso stampato in viso.
Se lo avessi saputo, lo avrei stretto forte quel giorno, con tutta la forza che ho riscoperto di avere nel lungo cammino verso Roma.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata dalla volontà di voler condividere un’esperienza intensa con il prossimo. La scrittura dopotutto, è un modo per portarci lontano, o riportarci sulla terraferma. Io sulla Francigena, ho camminato lontano, rimanendo al contempo sulla terraferma. Ho trovato quell’equilibrio di cui molta gente sta andando alla ricerca.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portare a termine questo lavoro non è stato semplice, anche se nella sfortuna (riferendomi al periodo del lockdown 2020), ho avuto la fortuna di potermi concentrare unicamente sull’opera.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ne ho uno in particolare, diciamo che cerco di trarre sicuramente ispirazione da Terzani, Paulo Coelho, e Henry David Thoreau.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Oggi vivo nella bellissima San Miniato, in Toscana, di cui ho avuto l’onore ed il piacere di accennare nel mio romanzo, anche perchè la Via Francigena passa proprio di qua. Il mio passato è stato abbastanza turbolento da questo punto di vista, sono sempre stato un ragazzo dalle saldi radici, ma con le foglie al vento. Molto legato alla mia famiglia, ma ho trascorso quasi dieci anni viaggiando e lavorando per tutta Europa e ho deciso infine di ritornare ad avere una vita “sedentaria” proprio dopo aver percorso la Francigena. Quindi per il momento credo di aver trovato quella che comunemente chiamiamo “casa”.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Progetti per il futuro? Non lo so, mi reputo più un idealista, che uno scrittore. Comunque continuo a “viaggiare” con la penna e attualmente sto lavorando ad un nuovo romanzo, ma di un genere differente. Nell’autunno del 2019 sono stato in Irlanda e ho avuto il piacere di poterla visitare in lungo e in largo, realizzando il sogno che avevo sin da bambino. Sto lavorando su un romanzo ambientato proprio lì, sull’isola smeraldo.
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