
Edito da peter patti nel 2020 • Pagine: 248 • Compra su Amazon
“I Canachi” sono i poveri italiani e gli extracomunitari immigrati in Germania, tipi svagati, assurdi, improbabili; una sorta di “picari” del nostro tempo. "Fuga di cervelli"? Non si direbbe...
Il Muro di Berlino è appena caduto e Marco, che un giorno decise di "valicare le Alpi" soprattutto perché affascinato da Goethe, Schiller & Co., si ritrova a respirare aria di cambiamento in quella che, bene o male, è divenuta la sua seconda patria. Senonché, gli tocca prendere nota che, insieme al Muro, sono cadute tante illusioni, e che altre barriere si sono innalzate: "dentro le teste della gente".

Dopo aver conferito con Giovanni (che avrebbe voluto puntare su piatti “di battaglia“, più conosciuti e di meno difficile esecuzione), il nuovo cuoco del Capri diminuì la varietà della tradizionale pastasciutta per acclimatare il novum delle seguenti portate:
– cosciotti di lepre alla Borgognona con contorno di purè di castagne o (a scelta) di peperoncini ripieni piccanti;
– frittata con fegatini di pollo al madeira;
– filetto Michelangelo, farcito di funghi porcini o acciughe, e gratinato all’emmenthal.
Quali “interludi“, insalata di riso e formaggio azzurro. Il pesce fresco purtroppo non abbonda: consigliasi una minirazione di sogliole diliscate in veste rossa. Dessert: tortine di miglio con un pizzico di sale di mare e ‘pudding à la fuck you’ (budino alla boia d’un cane).
Ogni cosa è pronta. Si spalanchino le porte, ordunque!
Arrivarono dapprima isolati, a coppie, a gruppi di quattro o cinque. Poi a dozzine, infine a centinaia. Marco e Giovanni dovettero fare le capriole, avvicendandosi ai fornelli e al forno. Corsero e saltarono come atleti alle Olimpiadi. Intanto, alle loro orecchie provenivano le grida di Geppo, Babsy e Doris, disgraziato trio in una sala brulicante di bocche voraci. La battaglia durò fino mezzanotte, allorché i due soci, stremati quanto il resto della truppa, sedettero al tavolo del personale per conteggiare, ma per qualche ragione venivano distratti, si distraevano. Si ingarbugliavano con i numeri e tuttavia sogghignavano, visibilmente appagati. Geppo giocò con il pennino brandendolo all’incontrario e le sue guance furono presto solcate da linee che si intersecavano come in un cruciverba.
L’introito era stato di gran lunga superiore alle attese. I complimenti si erano sciupati e nemmeno le mance ai cuochi mancavano, sebbene Marco fosse avverso a tale forma di gratificazione.
«Un solo reclamo», informò Geppo.
Giovanni saltò su tutte le furie: «Come? Chi?».
«Una cosuccia. Un nonnulla. Scordiamocelo.»
«Eh no, caro. Ora devi dircelo.»
Geppo maltrattò, imbarazzato, il cravattone a farfalla che sventagliava in cima alla sua livrea da maggiordomo. «Il Dottor coso… Androlli… ha voluto degnarci della sua presenza. Quella zuppa di pesce che avete mandato fuori era per lui.»

Come è nata l’idea di questo libro?
Il libro nasce sulla base delle note, dei paragrafi, delle pagine scritte da me mentre andavo facendo l’esperienza di “studente-scrittore” itinerante (Londra; il sud della Francia; e poi la Germania).
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Ho sempre scritto, raccontando storie: fin dall’età di cinque anni (!). E ancora creo, usando anche diversi pseudonimi. Per ‘I Canachi’ non ci sono state difficoltà particolari, a parte il dover salvare il materiale cartaceo attraverso i miei vari spostamenti, spesso avventurosi. Grandi rivoltamenti storici accaddero mentre curavo la narrazione del romanzo. Uno su tutti: la Caduta del Muro di Berlino. Dopo la Riunificazione delle due Germanie, in effetti, la condizione degli emigrati cambiò profondamente, così come la stessa concezione di “lavoro”. Che prima aveva ancora un’ombra di dignità, ma, dopo l’esodo dall’Est di milioni di bocche affamate, divenne definitivamente una lotta tra poveri, una corsa affannata, insensata.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono un esperto di letteratura anglosassone (e me ne vanto). I miei “fari” sono sicuramente stati – e ancora rimangono – Henry Miller, Anthony Burgess, Tom Wolfe, William Boyd e Donald Westlake. Americani e inglesi, dunque.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo in Baviera ma sono cresciuto a Palermo. Per qualche tempo, da studente e anche da autodidatta, ho vissuto nei pressi di Londra e, prima ancora, non lontano da Marsiglia. Soprattutto per imparare l’inglese e il francese o per migliorare la mia conoscenza di tali idiomi. Oggi faccio la spola tra Baviera e Trentino, più per piacere però che per ragioni lavorative.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho dozzine di progetti in cantiere e alcuni li firmerò usando uno dei miei pseudonimi. Gli ultimi due anni sono stati un po’ aridi dal punto di vista della scrittura, causa numerosi impegni. Ma ora sto riprendendo a decollare e spero di poter terminare almeno qualcuno dei libri in essere. Momentaneamente sono impegnato a compilare una raccolta di racconti incentrati sulla figura di un “cyberdetective”.
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