
Edito da Maristella Bocciero nel 2020 • Pagine: 206 • Compra su Amazon
Le confidenze fatte ad un’amica, seppur immaginaria, sono una finestra aperta sul mondo di una famiglia normale nella sua specialità. Mamma Maris condivide pensieri sparsi, ricordi, emozioni. Non un manuale medico, ma un diario che racconta immagini, aneddoti di un percorso fatto insieme tra salite e discese, lacrime ma anche tanti sorrisi contagiosi, qualche inciampo, ma tanti piccoli-grandi traguardi intermedi. Puntando ad una meta che non è prefissata ma muta e si evolve cammin facendo. Perché non si finisce mai di capire, di imparare, di meravigliarsi con due Monelli così, che ti scompigliano la vita e te la riempiono di amore incondizionato, con la loro disarmante spontaneità.

2014
Il Monello, dopo i primi approcci della fine dell’anno precedente, entra nel vivo delle sue terapie. E’ chiaro che non sarà una passeggiata, perché dietro a quell’aria sbarazzina e sorridente c’è un bel blocco di marmo da scalpellare, per dirla con una metafora.
Lui è cocciutissimo, di comunicare non ha nessuna voglia, non vuole applicarsi, nulla lo attira. O meglio, lo attira moltissimo tutto ciò che è tecnologico. Come un po’ tutti i bambini della sua età è un nativo digitale: dagli un cellulare, mettilo davanti ad un computer, ad un tablet e lo fai felice. Anche troppo. Perché ne viene assorbito al pari di quando fa roteare gli oggetti e resta a fissarli.
Se però gli altri bambini, per quanto dipendenti da questi supporti tecnologici, poi parlano, fanno anche altri giochi e così via, lui non emette suono e non fa niente altro.
E non sa stare fermo neppure da seduto. Se si riesce chissà come a farlo sedere, infatti, poi lo si vede agitarsi, muovere ogni parte del corpo, dalla testa ai piedi. Senza sosta.
Ma è un tenerone e ha la capacità di far innamorare tutti. Letteralmente. E ha la fortuna, all’inizio del secondo anno della scuola dell’infanzia di fare un incontro davvero bello, con una giovanissima maestra di sostegno che contribuirà a fargli fare i primi timidi passi avanti.
E la Monella? Lei prosegue il suo cammino, porta a termine il primo anno della scuola primaria con un bagaglio di competenze niente affatto scontate: dal saper scrivere (pur se solo in stampatello) al saper leggere, passando per le basi della matematica perfettamente acquisite.
Ha una grande forza di volontà, sempre più evidente, che le fa da motore e che fa ben sperare per il futuro. Per quanto la sua soglia di tolleranza alle frustrazioni resti bassa, per quanto pianti e agitazione non manchino mai, si capisce che con lei si può osare, un po’ per volta.
E io, da mamma, cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma non sempre è facile. Perché i pensieri a volte si fanno pesanti e si aggrovigliano in testa. Ma è un attimo. Poi si volta pagina e si va.
Avanti, a tutta forza.
[…]Domenica 19 gennaio 2014
Il “più” dopo il “men”
Cara Lilli,
giovedì scorso è stata una giornata degna di nota. Bella? Brutta? Entrambe le cose. Anzi, nessuna delle due.
È stata una giornata notevole, dicevo. Intrisa di emozioni.
Tutto è cominciato al mattino, con il monello che ha fatto la sua ora di psicomotricità dalle 9 alle 10 con la nuova terapista (che è la stessa che tratta la monella da tre anni e mezzo con ottimi risultati).
La psicomotricista mi ha voluto fare un po’ il punto della situazione, dopo che lo ha osservato per alcune sedute. E non sono esattamente rose e fiori.
Lo sapevo, in realtà. Perché non sono così stupida o cieca da non vedere che il monello ha con il passare del tempo evidenziato sempre più alcuni sintomi di un disturbo dello spettro autistico. Modi di essere e di fare che in parte sono comuni a quelli della monella, mentre in parte ne differiscono. Perché, pur nell’ambito dello stesso tipo di disturbo, ci sono variabili che rendono unico ogni caso.
Il carattere, ad esempio: il monello è cocciuto, prepotente, non ascolta nulla e niente lo tocca; la monella è per sua natura docile, ubbidiente, si mortifica se la rimproveri, ha sempre avuto un gran senso della dignità.
E poi lui ha un livello di iperattività elevatissimo (peggiorato dall’estate scorsa) che lei non ha mai raggiunto.
Inutile stare qui a dilungarmi: sono simili, ma diversi tra loro.
Il pensiero di fare anche per lui tutto l’iter diagnostico più approfondito (al di là quindi della semplice visita neuropsichiatrica e del test somministrato dallo psicologo) fatto anni fa per la monella mi pesa e quindi giovedì mattina sono venuta via dal centro di riabilitazione con la mente invasa da pensieri negativi, da rimorsi di ogni genere che fanno sempre capolino non appena abbasso un attimo la guardia…
Con questo stesso umore tendente decisamente al nero fumo, sono tornata al centro alle 14 per la logopedia della monella (per la serie: non ci facciamo mancare nulla, anche andare al centro due volte a distanza di poche ore nello stesso giorno, due giorni a settimana).
Appena entrata nell’atrio vedo la logopedista che mi fa subito cenno di avvicinarmi. Normalmente non sta lì ad attendermi all’ingresso, quindi ho pensato: “Ecco, completiamo l’opera! Chissà che altra notizia negativa devo avere adesso…”
Invece… La terapista era insieme ad una signora con un bambino di quasi 4 anni che ha appena cominciato le terapie riabilitative per un sospetto di autismo e che deve fare il famoso iter diagnostico di cui sopra.
Mettendomi una mano sulla spalla mi ha presentato all’altra mamma dicendole: “Questa è la persona di cui ti ho parlato. È a lei che devi far riferimento se hai dubbi o timori perché lei ha fatto già molta esperienza con la sua prima bambina e ora sta proseguendo col secondo figlio. Ma soprattutto è umanamente, culturalmente e spiritualmente parlando la persona più adatta per aiutarti e sostenerti in questo percorso che devi affrontare col tuo bambino.”
Ti giuro: sono rimasta senza parole.
Mi sono venute le lacrime agli occhi.
Non è la prima attestazione di stima che questa terapista, che io stimo molto a mia volta, mi rivolge, ma stavolta ha avuto un significato diverso, un valore in più perché ha detto queste cose che pensa di me ad un’altra mamma che è preoccupata, intimorita da ciò che le si profila davanti.
E questo è stato davvero importante per me, Lilli. Non tanto per la gratificazione personale (che può anche starci, ovviamente) quanto perché significa che quello che ho vissuto fino ad oggi, le paure, le speranze, i pianti, le gioie, le sconfitte, i traguardi raggiunti, i sacrifici, TUTTO insomma, NON è andato perso.
Quello che ho vissuto fino ad oggi non è stato vano, è servito a me e potrà servire a chi come me deve fare i conti con un disturbo che compromette la serenità e lo sviluppo dei propri figli.
E questa, inoltre, è stata l’ennesima conferma di quanto sia vero che “Per ogni su c’è sempre un giù, per ogni men c’è sempre un più”, come cantava Mago Merlino ne La spada nella roccia, ricordi?
Le parole della logopedista giovedì pomeriggio sono state per me il “più” dopo il “men” della mattina.
Oramai questo ritornello è il mio mantra, c’è poco da fare.
[…]Martedì 25 febbraio 2014
La ballerina
Cara Lilli,
sono alcuni giorni che ogni tanto chiedo alla monella cosa vorrebbe fare da grande.
Domanda che viene fatta normalmente ai bambini, lo so. Ma io alla monella non l’avevo mai chiesto fino a pochi giorni fa, appunto.
La sua risposta è stata sempre la stessa: il silenzio. O al massimo la ripetizione meccanica della domanda.
Le ho spiegato meglio cosa intendevo, cioè che ogni bimbo cresce, diventa grande come mamma e papà e sceglie di fare qualcosa nella vita. Le ho portato degli esempi: la maestra, la cuoca, il medico. Ma niente.
Ci sono rimasta un po’ male, lo confesso. Scema che sono (me lo dico da sola).
Poco fa, comunque, ho provato di nuovo a chiederle: “Che cosa vorresti fare da grande?”
Risposta: “Voglio ballare!”
Emozione!
La mia monella, che fino a non molto tempo fa se le chiedevi di saltare a stento sollevava i talloni e poi li riabbassava, senza staccare neppure di un millimetro le punte dei piedi dal pavimento (e che pure adesso non è che sappia fare chissà quali salti).
Lei, che ad oggi se le dici di agitare il culetto è capace di muovere tutto (busto, braccia, gambe, piedi) fuorché il culetto.
Lei, che per l’età che ha ancora scarseggia nella fluidità dei movimenti.
Lei che ha davanti a sé ancora parecchi semestri di psicomotricità da fare.
Lei, proprio lei, vuole diventare una ballerina.
Ed io lo trovo meraviglioso.
E lo è ancora di più considerando che me lo ha detto agitando le braccine in modo adorabilmente scoordinato e con un sorriso tenerissimo stampato sul viso.
PS: naturalmente so bene che cambierà idea mille volte da qui ai prossimi anni, Lilli, ma oggi mi voglio godere questa piccola emozione inaspettata!

Come è nata l’idea di questo libro?
Ho un blog da anni, che è un diario online in cui annoto pensieri sparsi, ricordi, emozioni, in cui scrivo di libri, musica, ricette di cucina, amore… e figli. E proprio scrivendo del mio essere mamma di due monelli (come amo chiamarli) con un disturbo dello spettro autistico è maturata nel tempo l’idea di creare un diario a parte, raccogliendo i post più significativi, legandoli tra di loro con annotazioni che fanno da introduzione ai diversi anni man mano, per raccontare la nostra vita di famiglia normale nella sua specialità, per condividere il nostro percorso sia con chi si trova a vivere una situazione simile sia con chi vuol semplicemente saperne un po’ di più su questo universo dalle tante sfaccettature.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È stato più difficile decidermi a pubblicare questo libro-diario che non portare a termine il lavoro, visto che avevo già a disposizione molto materiale. Ho approfittato del maggiore tempo libero trascorso in casa a causa della quarantena per la pandemia da coronavirus e ho potuto contare sul supporto psicologico e sull’aiuto tecnico-pratico di mio marito.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono una lettrice accanita fin da ragazzina. Amo particolarmente il genere fantasy e i gialli, Michael Ende e Agatha Christie sono tra i miei autori-mito. Ma per la stesura del mio libro, che tratta un argomento così specifico, non mi sono ispirata a nessuno in particolare.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo in un piccolo paese della verde Irpinia con mio marito e i nostri monelli, fino a che non mi sono sposata ho vissuto nel capoluogo di provincia, Avellino.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mi piacerebbe, col passare del tempo, pubblicare un altro libro-diario che racconti di come è poi andato avanti il percorso dei miei monelli, partendo da dove si conclude questo qui, ossia dal 2020. Ma il sogno nel cassetto sarebbe di scrivere un giorno anche un romanzo vero e proprio, frutto della mia fantasia e non ispirato alla mia vita reale.
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