
Edito da Ocho Tocho nel 2021 • Pagine: 433 • Compra su Amazon
Napoli 1648.
La rivolta di Masaniello è finita malissimo. Hanno vinto gli spagnoli come don Francisco da Costa, il tenebroso e spietato nobiluomo che sembra interessarsi pericolosamente alla bella Melita dagli occhi di ametista, costringendola a fuggire dalla sua Napoli e unirsi alla Compagnia degli Allegri, attori girovaghi. Ma chi è in realtà il misterioso e affascinante attor giovane che chiamano il Monferrino? Un poeta disincantato dai mille talenti, un uomo senza ideali, come sembra voler far credere? E il Camaleonte, il bandito senza volto che beffa gli spagnoli con il coraggio di un cavaliere antico e il disincanto di un modernissimo antieroe, un po’ Zorro e un po’ Primula Rossa, riuscirà a sfuggire alla caccia degli sgherri di Madrid?
Melita non può saperlo. Ma di una cosa è certa: del suo amore per un uomo meraviglioso del quale non conosce neppure il vero nome...
Avventure spettacolari, odi feroci e amori appassionati, gelosie, eroismi, tradimenti e colpi di scena all’epoca dei Tre Moschettieri e di Capitan Fracassa, un intreccio romanticissimo e struggente che prende il cuore, popolato da figure indimenticabili.
Un film di cappa e spada dove vince chi ama.

Da Il cavaliere del desiderio, parte seconda, cap. 5 estratto
Lo seguiva nel prato, nel buio, verso il bosco. E si rese conto all’improvviso che l’avrebbe seguito ovunque con la stessa naturalezza. Magari all’inferno.
Lui vedeva o intuiva le irregolarità del terreno, i cespugli, i sassi. Melita gli andava dietro in silenzio e la notte intorno era la stessa che velava nella sua mente il passato di Thierry. Lei non sapeva chi fosse lui veramente. Era come camminare nel buio con l’anima, oltre che col corpo. Ma non aveva paura.
“Non ti conosco,” mormorò all’improvviso. Erano al limitare del bosco.
Thierry si fermò. “Non mi conosci? Abbiamo recitato insieme sullo stesso palco per tante sere… io l’attor giovane e tu la bella…”
Melita sorrise. Conosceva le sue mani gentili. Le sue labbra. Il battito del suo cuore.
“Thierry…”
Lui la baciò piano, accarezzandole il viso. “Non chiedermi niente, Melita. Ti domando di aver fiducia. È molto, lo so. Ma fammi questo dono grandissimo.”
“Mi chiedi di accettare questa tenebra che ti sta intorno, questo vuoto dietro di te…”
“Sì.”
“Fino a quando?”
Lui guardava un punto remoto, invisibile. “Fino a quando quel bandito che chiamano il Camaleonte morirà.”
“Che cosa?”
La sentì trasalire. Le sue mani calde le strinsero la vita, rassicuranti.
“Fino a quando il Camaleonte morirà,” ripeté, “e anche il Monferrino morirà. E resterà soltanto Thierry…”
Dunque non si era ingannata. Thierry non era commediante di professione. Tutta una copertura.
“È il tuo vero nome, Thierry?”
“Che importanza ha un nome?”
“Se io… se tu…” Com’era difficile dirlo. Forse perché era insopportabile pensarlo. “Se venissimo divisi… l’ultima cosa che rimane, spesso…”
“No.” Lui le coprì la fronte con la destra come se volesse spazzare via ogni pensiero sinistro. “No.”
Non disse: “Non potrà accadere.” Perché sapevano entrambi perfettamente che sarebbe stato sciocco. Disse solo: “No.” Come se quella semplice negazione avesse un potere esorcizzante e misterioso.
Lei chiuse gli occhi. Forse avrebbe preferito parole più rassicuranti. Quelle ingenue, tenere bugie che sollecitano la parte più infantile e irrazionale di noi stessi e ci spingono ad andare avanti ancora un po’, a dispetto della realtà.
“Ma è possibile, Thierry. Don Francisco da Costa è potente. Siamo lontani dai confini del regno. Potrebbero catturarci non una, ma cento volte.”
Lui aggrottò le sopracciglia. “Molto logico. Ma io non ti sto chiedendo di essere logica e razionale e dimostrarti piena di buonsenso.”
“Come?”
“Di Nanni, il ribelle, non è un uomo di buonsenso. Resterà qua a combattere gli spagnoli finché avrà vita perché questa rivoluzione ha distrutto tutti quelli che amava. E perché crede che sia possibile cambiare qualche cosa. Tuo padre quando ha appoggiato la rivolta di Masaniello non era un uomo di buonsenso…”
Melita spalancò gli occhi. Suo padre…?
“La gente piena di buonsenso non rischia tutto per un’idea,” continuò lui, implacabile. “Io stesso non sono un uomo di buonsenso. Altrimenti non sarei qui a…” s’interruppe. “La logica! È forse logico che tu te ne sia andata da Napoli?”
“Ma non avevo alternativa!”
“Una, semplicissima. No, non offenderti. Qualunque ragazza di buonsenso nella tua condizione avrebbe trovato vantaggioso accettare la corte di da Costa. E invece te ne sei andata e sei finita con una compagnia di commedianti… è forse logico? Non ti chiedo di essere logica. Solo di aver fiducia in me.”
Lei fece udire una risata aspra. “La Melita d’un tempo non avrebbe saputo capire, Thierry.”
“E quella di oggi?”
Si stupì lei per prima delle parole che le salirono alle labbra. “Si accontenta di amarti…”
Scivolarono in ginocchio sull’erba. Lei si lasciò andare all’indietro sul tappeto verde tinto di nero dalla notte. Le cime degli alberi sopra di loro si muovevano appena nel vento. Guardare il cielo da quella posizione le provocò un lieve senso di vertigine. Non vedeva Thierry. Ma lo sentiva vicino. Sentiva le sue mani sul suo corpo plasmare con tenerezza ogni incavo, ogni curva, lievi sulla stoffa del vecchio vestito colore d’un firmamento senza stelle.
E chiuse gli occhi perché la notte dentro e fuori, nel suo intimo e attorno a lei, si confondessero in un solo infinito mare nero e fondo, caldo e accogliente, che attutisse le angosce, impedisse di pensare e di temere, di essere logici, ragionevoli e pieni di abominevole buonsenso.
Le immagini del passato vicino e lontano cominciarono ad aggredirla. Le prime erano forti, potenti, a colori accesi. C’era suo padre, l’avvocato, e poi il bambino investito dalla carrozza di don Francisco, e poi da Costa seduto alla sua scrivania e il suo blasone inquartato. C’era don Peppe Prudenza il notaio, tutto gentilezza e paterna comprensione, c’era Fabrizio con la pistola puntata contro di lei. E Regina la prima attrice dalla bellezza altera, e zio Giovanni distrutto dal dolore. E Thierry sul palco mascherato da signor di Scarpavecchia. E il buon cane Socrate morto, la stoffa viola sparsa tutt’attorno. E lo sguardo del mercante e il viso di Moranos…
Poi i colori cominciarono a sbiadire, i contorni a farsi meno netti. Nella galleria d’arte del ricordo indesiderato gli olii cupi sbiadivano. Quei quadri dipinti dalla memoria perdevano la fissità allucinata d’un incubo e si diluivano in acquerelli sempre più pallidi man mano che le carezze di Thierry, i baci di Thierry scioglievano il nodo convulso della realtà e versavano oblio sulle immagini impietose del passato.
Forse ora avrebbe potuto vedere anche lei nel buio? Aprì gli occhi. Il volto di Thierry era così vicino che poteva avvertire sulla pelle il lieve contatto della sua guancia già un po’ ruvida di barba.
“La notte ci appartiene…” le sussurrò.
“Bello.”
“Il verso d’un amico…”
“Un poeta.”
“Un uomo eccezionale. Eravamo molto legati.”
“E adesso?”
“Oh… la vita separa.” E tacque. Quel velo steso sul suo passato si dischiudeva appena e già il lembo di tessuto opaco ricadeva inesorabile.
La vita separa… Quelle parole parvero a Melita di cattivo auspicio.
“O avvicina…?” Gli cinse il collo con le braccia e se lo strinse contro. Non le aveva ancora detto: “Ti amo.” Ma era necessario?
Le labbra di Thierry indugiavano sulle sue. Melita si abbandonò a quel bacio lento, paziente, dolcissimo. Poi le mani di lui scivolarono carezzevoli sull’allacciatura del corpetto. L’aria fresca della notte le sfiorò la pelle e le dita di Thierry erano lievi quanto quella brezza di primavera. La stoffa scura si confondeva col prato nelle ombre fitte del bosco, man mano che Thierry la spogliava con la lentezza trepida di chi scarti un dono prezioso e da un lato sia ansioso di vedere il tesoro e dall’altro voglia prolungare il piacere dell’attesa.
“Melita…”
L’ultima barriera di fine batista era caduta. Sentì la mano di Thierry posarsi sul suo fianco snello e tremare. Lo guardò, sorpresa, cercando di scorgere i suoi lineamenti nel buio. La sua voce era un sussurro fondo.
“Thierry…?”
“Tu vuoi…?”
“Sì.”
“Anche se…?”
“Ti conosco, Thierry.” Anche lei parlava pianissimo, come se qualcuno lì vicino potesse udirli. “Da sempre…” La sua camicia bianca era ben visibile nella notte. Le dita di Melita si contrassero sulla tela fine della manica ampia, chiare quasi quanto la stoffa leggera. “Perché sei l’uomo che amo… ecco chi sei. L’uomo che io amo.”
Questo era più importante di tutto. Più d’un nome. D’un passato. “L’uomo che amo…” ripeté. O credette di ripetere. Perché ormai era entrata in una dimensione diversa nella quale la luce ha voce muta e i suoni sono soltanto esplosioni di colore. Non sentiva più la brezza della notte, ma la pelle calda di Thierry, il respiro di Thierry, odore di tabacco e d’ambra, e la sua bocca, i suoi capelli, quella sensazione nuova ed esclusiva che le cresceva dentro e non lasciava spazio a niente altro che alla consapevolezza dei loro corpi che si univano.

Come è nata l’idea di questo libro?
Dalla voglia di offrire alle lettrici un romance ambientato nella storia italiana che dimostrasse come le atmosfere nel nostro movimentato e variegato passato non abbiano niente da invidiare, quanto a potenziale avventuroso e sentimentale, ai migliori romance anglosassoni.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Una volta trovato il soggetto e la chiave di scrittura, i personaggi hanno preso vita da soli, favoriti da un contesto ricco di precedenti letterari.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tutte le regine del romance e tutti i francesi dell’Ottocento romantico.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
In Italia del nord, con puntate negli USA e in Francia per motivi di lavoro.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Proseguire a scrivere selezionando i migliori contesti storici e diversificando al massimo ambienti e personaggi per offrire letture sempre nuove e stimolanti.
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