Edito da Aracne nel 2021 • Pagine: 117 • Compra su Amazon
Anni Novanta. Dario Barresi è un commissario della Squadra Mobile di Torino. Molto bravo nel suo lavoro, stimato dai colleghi, affascinante. Mentre si sta recando in moto a una riunione in Questura, ha un incidente e rimane in coma tre settimane. Dal risveglio, la sua vita cambia. Dario durante il coma ha avuto delle visioni, ma ricorda solo un piccolo cimitero di provincia, dove tutte le lapidi sono dritte meno una che è messa storta. Comincia così la sua indagine personale, in un percorso incomprensibile che lo porta a Chiaromonte, paesino della Basilicata, dove mesi prima è morto un ragazzo. Dario si fa assumere come custode del cimitero, al posto del vecchio Cesare, ammazzato pochi giorni prima del suo arrivo. Là conosce padre Rinaldo, il prete barricadero, Silvia, la farmacista, Margherita, che come lui è stata protagonista di un’esperienza traumatica, e altri personaggi che formano il microcosmo di Chiaromonte e della vicina Matera. Impara i nomi scritti sulle tombe, comincia ad essere vittima di incubi, deliri, visioni notturne che lo sconvolgono e a tratti riportano in superficie un’esperienza traumatica fatta da bambino, che credeva di avere dimenticato. Presto Dario, con l’aiuto di padre Rinaldo, si rende conto di essere diventato uno strumento di giustizia nelle mani di chi giustizia non può più avere, perché non si trova il colpevole, insomma delle vittime di cold cases. Durante i suoi deliri, Dario vede e sente cose che poi non ricorda, ma che lo spingono in modo irresistibile a scrivere racconti immaginari in cui si celano tutti gli indizi che serviranno a risolvere il caso. È il battesimo del fuoco. L’inizio di tutto. Ora Dario deve scoprire perché è arrivato a Chiaromonte e cosa lo aspetta.
E non è che l’inizio, parola di padre Rinaldo.Il nuovo personaggio creato da Simonetta Ronco, docente universitaria, giornalista e scrittrice, ha già raccolto consensi, prima ancora di vedere la stampa. Il racconto pilota della serie “Dario Barresi - Il risveglio” è stato premiato al concorso letterario De Benedetto-Franzosa, indetto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Genova.
La Ronco, che dirige anche una collana editoriale dedicata a donne sconosciute, ha deciso di dar vita a un personaggio particolare, molto diverso dal suo raffinato e snob pianista investigatore, protagonista della serie di Audemars Février.
Dario Barresi è un commissario moderno, dinamico e seduttivo, che improvvisamente, a causa di un coma, si trova a confrontarsi con una realtà sconvolgente, la sua capacità di percepire messaggi dall’aldilà, messaggi che gli servono a risolvere dei cold cases. Da un iniziale drastico rifiuto di questa nuova dimensione, Dario riesce pian piano ad adattarvisi anche con l’aiuto di un prete, di una giornalista e di un neuropsichiatra veggente, e si dedica a cercare i colpevoli di delitti insoluti, oltre che a indagare sulla sua infanzia e sugli oscuri segreti che pesano sulla sua famiglia.
Dario però aveva un altro lavoro, anche se provvisorio, ed era un lavoro molto diverso da quello di scrittore. Faceva il custode di un cimitero, ed era finito lì per una serie di eventi talmente assurdi che pensandoci nemmeno lui ci credeva. Era un piccolo cimitero di provincia, affacciato sul mare, luminoso, fiorito, allegro tutto sommato. E questo grazie a lui che, quando non scriveva o non dormiva per recuperare le notti insonni, si occupava di tenere a posto il giardino dei morti. Ormai li conosceva tutti, per nome, e ne conosceva i volti, e qualche volta anche le storie, se un parente propenso alle confidenze gli raccontava della vita del defunto. L’ultimo arrivato era Cesare, il vecchio custode del cimitero, accoltellato a mezzanotte davanti al bar Scicli. Non si sapeva chi era stato, né perché il vecchio Cesare era stato ammazzato, la polizia indagava, ma il funerale lo avevano fatto. Non era andato nessuno all’inumazione, c’era solo Dario. Lui aveva chiesto a Silvia di andare anche lei, con due fiori, tanto così per fare un po’ di scena, ma lei gli aveva risposto che era una richiesta assurda, che lei quel tizio non lo conosceva e che aveva altro da fare.
Si alzò, spense la lampada che aveva sul tavolino, accanto alla macchina da scrivere, inforcò gli occhiali da miope e uscì al sole. Intorno non c’era anima viva, ma tante tombe. Decise di fare una passeggiata lì in mezzo. Sentiva solo lo scricchiolio della ghiaia sotto i suoi piedi. Si fermò a togliere qualche fiore marcito dal vaso di Paolo Sturli, un ragazzo morto da mesi. Dario era lì per lui, in realtà, per capire cosa gli fosse successo e anche cosa stesse succedendo a lui.
Si sedette sulla pietra della tomba e guardò verso il mare. Era arrivato in quel paese due mesi prima, in ottobre, reduce dall’incidente di moto che lo aveva fatto piombare in coma e ce lo aveva tenuto per tre settimane. Ricordava vagamente quello che era successo prima. Lo avevano chiamato dalla Questura alle sette di sera, dicendo che era stata convocata una riunione di coordinamento e che lui doveva assolutamente esserci. Così aveva raccolto gli appunti che gli servivano in uno zainetto ed era partito. Non era un tragitto lungo, ma lui era fuori servizio e si era già fatto mezza bottiglia del Primitivo di Manduria che gli mandava suo padre dalla tenuta di Militello, aveva fumato il solito sigaro e si era abbioccato davanti al televisore, per cui era rincretinito. Avrebbe potuto prendere l’auto, ma la sua Harley Davidson era un’altra cosa, e faceva un altro effetto, soprattutto sulle colleghe più giovani.
Dopo cinque minuti, a una curva, un improvvido scarto, poi il buio. Buio totale per tre settimane. Ma nel buio Dario aveva visto e sentito cose che non avrebbe mai saputo raccontare. Nessun dolore, nessuna sensazione fisica, solo immagini sfocate, luci, ombre, tutto mischiato. L’unico ricordo che aveva al risveglio era quello di un cimitero, in una piccola vallata, con due pareti a picco ai lati e davanti il mare. In quel cimitero tutte le pietre tombali erano dritte salvo una, che era messa storta. Non riusciva a vedere cosa c’era scritto su quella tomba, ma vedeva chiaramente il viso ritratto nella foto, quello di un ragazzo molto giovane, pallido, bruno, con due splendidi occhi chiari. Aveva provato un desiderio fortissimo di andare là ma non sapeva dove stava quel piccolo cimitero.
Quando era stato dimesso dall’ospedale aveva deciso di passare il tempo di convalescenza che ancora gli restava prima di rientrare in servizio a Militello, dai suoi, e si era messo in viaggio. In una stazioncina di cambio, però, era successa una cosa strana. Mentre beveva il caffè al bar, aveva notato un quotidiano abbandonato su un tavolino e si era avvicinato per dare un’occhiata. Subito la sua attenzione era stata attirata da un articolo che parlava di un torneo di calcetto under 21 che sarebbe stato organizzato nel paese di Chiaromonte in memoria di P.S., giovane promessa del calcio locale, morto in un incidente di moto. E la cosa incredibile era che aveva riconosciuto in P.S. il ragazzo ritratto nella foto sulla tomba che aveva visto durante il coma. Se Dario non fosse stato l’uomo che era, avrebbe pensato di essere pazzo. Non aveva mai conosciuto in vita sua P.S., ne era certo, né era mai stato nel paese di Chiaromonte. Ma quel fatto doveva voler dire qualcosa. Arrivato a destinazione aveva telefonato a un’amica di vecchia data, Mara Giorgi, di professione neurologa, e le aveva domandato, senza tanti giri di parole, se il coma poteva averlo fatto ammattire.
– No, – aveva risposto Mara. – Ma potresti aver visto delle cose che non ti appartengono, potresti aver avuto delle premonizioni.
– Ma va! Guarda non sono proprio il tipo…
– E chi lo sa. Il coma è uno stato di premorte e le reazioni neurologiche che possono esserci in quella condizione fanno parte di un settore quasi sconosciuto. Se tu fossi, mettiamo, un soggetto particolarmente sensibile alle percezioni extrasensoriali senza saperlo, potresti aver avuto qualche visione premonitoria. Del resto non ci sarebbe nulla di strano…è scienza anche questa. Hai mai sentito parlare di ESP?
– Di che?
– ESP. Extra Sensorial Perceptions. Un distinto signore, Gerard Croiset, è diventato famoso per le sue facoltà di percezione extrasensoriale, il cui acronimo inglese è appunto ESP. La sua infanzia era stata caratterizzata da un forte senso di abbandono da parte dei genitori che erano attori girovaghi, ed era stato vittima sin da allora di visioni e allucinazioni. Poi si è affidato a uno studioso di parapsicologia, il professor Tenhaeff, sottoponendosi a numerosi esperimenti presso l’Università di Utrecht, grazie ai quali si è potuto verificare che aveva un’effettiva capacità percettiva. Così ha iniziato a cooperare con le forze dell’ordine, per la soluzione di casi difficili.
Dopo quella conversazione Dario aveva passato giorni a riflettere. Non riusciva a ricordare altra immagine che quella tomba e la visione si ripeteva anche di notte, mentre dormiva. Ormai era diventata un’ossessione. Alla fine aveva deciso di fare quello che ormai da giorni era diventato per lui l’unico obiettivo, partire per Chiaromonte.
Pensava di fermarsi pochi giorni, giusto il tempo di capirci qualcosa, ma i pochi giorni erano diventati due settimane e, proprio mentre cominciava a preoccuparsi di cosa avrebbe potuto fare in quel paese senza destare sospetti, era accaduto un altro fatto. Il custode del cimitero era stato ammazzato davanti a un bar, con alcune coltellate all’addome e al petto, da due uomini a viso coperto. Una cosa inaudita per un paese come Chiaromonte, dove non si sentiva parlare di omicidi da almeno dieci anni.
Avevano mandato un ispettore da Matera, e Dario l’aveva incontrato nel solito bar. Già si conoscevano, avevano frequentato un corso di aggiornamento insieme, e il collega, Andrea Lanza, si ricordava molto bene di Dario, più anziano di lui e molto esperto.
C’era una sola pensione a Chiaromonte e vi avevano preso alloggio entrambi, così avevano passato qualche serata insieme a chiacchierare. Andrea non poteva parlare delle indagini ma gli aveva fatto capire che nessuno aveva visto niente e che sarebbe stato molto difficile individuare i responsabili, probabilmente balordi venuti da fuori.
– Ma perché dei balordi dovrebbero ammazzare un povero vecchio che fa il custode di un cimitero? – Aveva osservato Dario.
– Magari ha fatto uno sgarbo a qualcuno, che ne sappiamo… stiamo facendo qualche indagine su eventuali precedenti della vittima, vedremo. Tu piuttosto, che diavolo ci fai in questo posto?
– È una storia lunga. Diciamo che sono qui in convalescenza. – Gli aveva raccontato del coma, ma senza scendere in particolari. Poi gli aveva domandato se sapeva qualcosa di un incidente avvenuto mesi prima a un ragazzo del posto.
– Mi pare… Non ricordo, però, come si chiamava…
– Paolo Sturli.
– Bè questo ragazzo stava andando in motorino sulla provinciale e fu travolto da una macchina. Morì sul colpo. Alcuni testimoni dissero di aver visto una macchina scura allontanarsi velocemente dal posto dove era stato trovato il corpo.
– Hanno identificato chi era alla guida?
– No, la strada era male illuminata e da queste parti dopo le nove di sera non gira anima viva. Comunque il ragazzo, per quanto posso ricordarmi non aveva nessuno, era orfano, viveva in una specie sottoscala.
Dario aveva sentito una contrazione involontaria della mano destra, a volte gli capitava da quando era uscito dal coma. Era la mano dove portava l’anello d’oro con lo stemma dei Barresi.
Come è nata l’idea di questo libro?
Oltre che appassionata di letteratura gialla mi interesso anche di parapsicologia e da parecchio tempo volevo scrivere qualcosa che mescolasse i due generi. Il resto è nato da una serie fortunata di circostanze che mi hanno ispirata.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
In genere scrivo molto velocemente, dopo una breve riflessione (due settimane al massimo) sulla struttura generale della narrazione. Poi mi lascio guidare dall’immaginazione e dall’istinto.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per lo studio dei personaggi e l’approfondimento psicologico mi piace rileggere Sartre e Carver, per quanto invece riguarda gli stili narrativi amo Hemingway, Conan Doyle, Hesse, Sciascia.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Genova è la città in cui sono nata, cresciuta e dove vivo tuttora: una città ricca di ispirazioni e piena di sorprese, di angoli segreti, di storie e di leggende, che permette di passare dal mare alla montagna in pochi minuti. Questa varietà di paesaggi, assieme all’amore per la storia, si riflette un po’ nei miei romanzi ad ambientazione storica e nei gialli nonché nelle biografie storiche, dedicate in particolare a figure femminili del passato spesso lasciate in ombra dalla storia europea e italiana.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho da poco iniziato a scrivere il quinto episodio della “saga” di Audemars Février, il pianista investigatore che vive e opera negli anni Venti.
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