
Edito da Eclissi Editrice nel 2016 • Pagine: 210 • Compra su Amazon
Cacciare di casa degli anziani da uno stabile per abbatterlo e costruire al suo posto un centro commerciale dovrebbe essere un gioco da ragazzi per un impresario edile senza scrupoli. Ma Olga, un'arzilla ultrasettantenne con qualche acciacco ma non per questo meno combattiva, si ribella alle ingiustizie e alle angherie dei prepotenti e passa al contrattacco aiutata da una banda di strampalati coetanei. Fra partite a tombola, vecchi ubriaconi, gattare, campi di bocce e piccoli colpi di genio, Olga e i suoi amici si troveranno coinvolti in una storia che si farà presto molto pericolosa. Riuscirà questa sconclusionata banda di nonnetti a battere in astuzia l'avido speculatore?

L’ispettore Ciro Lorusso aveva la faccia tanto sgraziata da sembrare una caricatura. Il suo naso era sottile come una lama e l’occhio destro pareva litigare col sinistro.
Su una guancia era visibile una cicatrice lasciata da un proiettile che gli era rimbalzato sullo zigomo.
Lorusso aveva il volto giusto per svolgere incarichi sotto copertura. I suoi lineamenti lo aiutavano quanto le logore scarpe da ginnastica, i jeans strappati, il vistoso orecchino e il piercing al sopracciglio a infiltrarsi in ambienti malavitosi. Salutò Olga con un ampio sorriso che compensava la bruttezza del volto.
«Il commissario ha appena avuto uno scontro frontale con quelli dell’ufficio amministrativo. Non è il momento migliore per fargli visita, a meno che non si presenti con una donazione di un migliaio di euro.»
«Porca paletta!», sbuffò Olga. «Se vai in giro la sera non vedi un poliziotto neanche per sbaglio e adesso pretendete anche dei soldi. A che vi servono? Per le divise?»
Lorusso rise. «No, per la pattuglia. Il personale è stato ridotto a turni di tre uomini.»
«Andiamo bene, questo è un incoraggiamento a trasferirsi in un’altra città», ribatté Olga «È in ufficio?»
Lorusso annuì. «Vuole che l’annunci?»
«Non importa», rispose Olga. Andò dritta alla porta ed entrò nell’ufficio di Schiappacasse senza bussare.
Il commissario era chino su un registro nero e ne studiava le cifre incolonnate articolando ad alta voce una serie di improperi con tono da litania. Indossava una camicia a quadretti bianchi e blu. Una cravatta grigia, piena di macchie, era strizzata tra la pancia e la scrivania.
Senza alzare lo sguardo disse: «Sì, che c’è?»
«Ha finito di dire il rosario?», domandò Olga disinvolta, e si sedette sulla sua prediletta poltroncina in similpelle con un graffio su un bracciolo. La preferiva poiché era proprio davanti al pacchetto delle Marlboro, sempre presente sulla scrivania.
Schiappacasse la guardò con un’espressione di contenuta impazienza. Osservò la piccola crocchia di capelli grigi, il volto aperto, gli occhi vivaci, e borbottò: «Ma crede che questo sia un banco di frutta e verdura? Non vede che ho da fare?»
Si appoggiò allo schienale e la osservò, socchiudendo gli occhi.
Schiappacasse non portava bene i suoi cinquantacinque anni. Aveva quattro peli in testa, le profonde rughe sulla fronte non erano simmetriche quanto quelle ai lati della bocca. E aveva l’aria perennemente stanca. Se non fosse stato per gli occhi, sarebbe sembrato un integerrimo ragionier Fantozzi. Ma gli occhi, dietro le lenti sempre un po’ sporche, avvertivano di non scherzare.
Quelli che ne avevano interpretato male il messaggio, rimpiangevano la propria mancanza di spirito di osservazione. Olga lo aveva capito subito.
«Un banco di frutta e verdura? No, a meno che non abbia un chilo di mele da vendermi. Andiamo, non ha tutti i giorni l’occasione di incontrare la cittadina più anziana, più impegnata e più simpatica del quartiere.» Olga allungò la mano verso le sigarette.
«Già, e allora mi dica che cosa farò quando un altro cittadino anziano verrà derubato in una strada che una volta era controllata. Abbiamo appena perso una pattuglia perché il prefetto vuole far tornare i suoi maledetti conti.»
«Lorusso me l’ha detto.»
«E poi chi ha mai sentito parlare di un bilancio in attivo nel settore pubblico?» Schiappacasse lasciò cadere la matita, si tolse gli occhiali e li pulì con un fazzoletto sporco. Quando se li rimise, Olga notò che le macchie di prima erano diventate un bel velo omogeneo.
«E allora perché è qui? In questi ultimi tempi è venuta soltanto quando le frullava in testa qualche idea.»
«È vero.» Olga sospirò, accese la Marlboro appena trafugata e mandò una nuvola di fumo oltre l’orecchio sinistro di Schiappacasse. «Una mia amica ha bisogno di aiuto.»
«Che tipo di aiuto? La sua amica vuole lamentarsi dei prezzi del supermercato?»
«Mario, questo umorismo maligno e arrogante è uno dei suoi tratti meno gradevoli, non mi piace per nulla.» Lo guardò come un’insegnante bacchettona può guardare il suo peggiore allievo.
Schiappacasse si raddrizzò, borbottando una scusa.
«Vada avanti.»
«La mia amica è una donna di oltre settant’anni che è stata vessata per lasciare la sua casa. Il proprietario vuole demolire lo stabile per farci un centro commerciale.»
«Data l’età è probabilmente protetta.»
«Come? Contro i copriruota che le vengono lanciati addosso da una macchina in corsa?»
Schiappacasse sospirò. «Va bene, sarà meglio che le lasci raccontare tutta la storia. Chiunque altro sarebbe mandato dai miei subalterni ma lei ha una certa arte…»
«La mia amica si chiama Wanda Marcenaro», disse Olga, osservandolo mentre scriveva il nome. Poi riferì la conversazione avuta con Wanda, cercando di ricordare ogni particolare. Concluse con l’avventura in Piazza Fontane Marose, si appoggiò allo schienale e attese che Schiappacasse dicesse la sua.
Lui fissava la sua matita. Da buon genovese, il commissario aveva sempre da lagnarsi di qualcosa, un esperto dell’arte del mugugno, che a differenza del lamento non è sempre dipendente da un dato oggettivo.
Quando levò il suo mugugno, Olga rimase interdetta.
«Prima di dirle che io posso fare ben poco, voglio spiegarle che questo genere di angherie sono comuni quanto i furti sui mezzi pubblici.»
Siccome a un mugugno si risponde con un altro mugugno, Olga non si fece trovare impreparata. «Sì», disse, «ma anche le rapine sono comuni e la polizia non le ignora.»
«La rapina è un crimine. Mi dica lei su quale basi posso accusare la Ma.Ni.Cor.»
«Tentato omicidio.»
«E come? Perché uno degli inquilini è stato quasi colpito da un copriruota? Non ha idea di quanti copriruota si trovano ogni giorno sulle strade. Quale delitto è stato commesso?»
«Vuole dire che la polizia si occupa del problema soltanto quando uno viene gravemente ferito?», ribatté Olga irritata.
«No, anzi, credo che si potrebbero prendere delle misure preventive. Potremmo mettere una pattuglia davanti al portone giorno e notte.» Guardò le cifre del bilancio e sospirò. «Soltanto che ho appena perso tre uomini e quindi non posso mettere degli agenti a gironzolare attorno a uno stabile quasi vuoto.» Aspettò che le sue parole facessero effetto. «Quello che dovrebbe fare»,
continuò, «è mandare la sua amica all’Associazione Inquilini. Lei presenta la sua protesta e loro faranno indagini. È proprio di questo che si occupano.»
«L’ha già fatto e non è servito a niente.»
Schiappacasse la fissò. «Allora dica alla sua amica di andare da un giudice di pace che mandi una lettera alla Ma.Ni.Cor.. Forse hanno commesso qualche infrazione, ma non è la polizia che se ne deve occupare.»
Olga tacque a lungo, poi disse: «Allora, non ci vuole aiutare. È incredibile. Wanda è stata quasi assassinata».
Schiappacasse aveva l’aria afflitta.
«Senta, Olga, ho circa una mezza dozzina di furti e di rapine ogni notte, un centinaio di ladruncoli di cui devo occuparmi, e diversi omicidi l’anno, qualche incidente grave quasi ogni giorno, e lei vuole che faccia la balia a una vecchia signora che ha problemi di alloggio. Sarei felice di aiutarla, davvero, ma non ho personale sufficiente.»
Olga gli restituì lo sguardo con freddezza e poi si alzò.
«Dove va?» domandò Schiappacasse.
«A prendere un po’ d’aria fresca e a vedere come posso aiutare un’amica.»
Uscì dall’ufficio senza salutare. Schiappacasse non l’aveva mai vista così arrabbiata.

Come è nata l’idea di questo libro?
Da tempo avevo voglia di scrivere una storia gialla, che facesse però anche sorridere e riflettere, e così sono nati i protagonisti di questo romanzo: una banda di simpatici vecchietti un po’ matti ma dotati di coraggio e ingegno, che si ritrovano, loro malgrado, invischiati in una losca vicenda che li vedrà affrontare un faccendiere senza scrupoli. Tra avventure paradossali, partite a carte al circolo per anziani, e buffi inseguimenti, ci scapperà il morto ma nonostante ciò al lettore scapperà da ridere…
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Da quando questa storia ha iniziato a chiedermi di nascere a quando è andata in stampa sono passati quasi tre anni; in mezzo ci sono state la stesura e continue modifiche, questo la dice lunga sulle energie spese…
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ho autori di riferimento, almeno non consciamente, ma se vuoi sapere quali autori gialli amo leggere ti posso dire che in generale adoro tutto il giallo provinciale italiano, da Biondillo a Malvaldi, da Morchio a Centazzo dalla Corciolani alla Carnevali da Paglieri a Toscano da Camilleri alla Oggero e potrei continuare per un’oretta, avete tempo?
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono uno spirito nomade, non mi piace mettere radici, dovessi citare tutti i luoghi in cui ho vissuto per almeno un annetto, tra Italia e estero, faremmo notte, perciò mi limito a dire che sono nato e cresciuto a Genova e da diversi anni vivo nella campagna senese.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho appena firmato un nuovo contratto e nel 2019 uscirà un nuovo romanzo ma non posso ancora parlarne… Seguitemi!
Lascia un commento