Edito da Michele Lezzi nel 2020 • Pagine: 282 • Compra su Amazon
Clare ha solo tredici anni e la sua vita è quasi ferma, schiacciata da problemi troppo grandi per una ragazzina, ma una notte, in modo inaspettato, scoprirà l'esistenza di un mondo parallelo che la porterà ad affrontare le sue paure.
1.Un giorno ordinario
Si svegliò sudata e col respiro pesante come se avesse corso, tastando con la mano il petto come per verificare che fosse davvero lì nel suo letto e che fosse reale.
«Clare! Tutto bene?»
Sua madre la chiamava dalla rampa di scale, doveva aver urlato nel sonno.
«Sì! Tutto bene, era solo… un sogno»
Non si meravigliò della mancata risposta della mamma, i suoi incubi erano frequenti e soprattutto immotivati.
Si mise a sedere sul letto posando solo le punte dei piedi sul pavimento, si chiese se anche l’anno scorso riuscisse a toccare terra dal lettone rialzato, sua madre le ripeteva che era cresciuta tantissimo nell’ultimo anno, forse è normale crescere tanto a dodici anni pensò.
La sua stanza era allestita sul soppalco di casa, lei lo chiamava il balcone interno perché si affacciava sul soggiorno. Era stato possibile costruirlo grazie all’ampio soffitto triangolare leggermente bombato della casa che culminava in un rosone, proprio lì Clare aveva insistito per posizionare il suo letto. Il soppalco occupava solo metà della lunghezza disponibile quindi era stata costruita una ringhiera da balcone sul limitare alla cui sinistra vi era la scala a chiocciola per scendere.
In sogno aveva sentito una voce, non era la prima volta ma solo ultimamente aveva compreso le sillabe pronunciate chiaramente.
“Gaspell”.
Non aveva idea del significato e solo di una cosa era certa: era ora di andare a scuola.
Per l’ultimo giorno prima delle vacanze invernali avrebbero fatto festa in classe e la cosa la metteva a disagio. I cambiamenti non erano il suo forte e forse ancora meno il rapporto con i suoi coetanei eppure, aveva un debole per l’avventura e pensava che un giorno sarebbe partita per un viaggio in solitaria alla scoperta di un’antica rovina o di un austero mausoleo.
Si pettinò allo specchio i capelli castani finché non li vide lisci, prese i jeans con perline sui risvolti e mise gli scarponcini beige, infilò infine la maglietta nei pantaloni e portò giù con sé un cappottino con cappuccio e pellicciotto di un verde spento come l’autunno.
Scese svogliatamente le scale dirigendosi verso la colazione fumante a tavola. La mamma la conosceva bene, le lasciava il suo spazio la mattina e aspettava che fosse lei a sedersi per prima per poi apparire dalla cucina a colazione iniziata sedendosi a sua volta di fronte alla figlia.
«Mamma… non è così importante oggi…»
«…non perderei una lezione in fondo…»
«…i dolci neanche mi piacciono…»
Katherine ascoltava in silenzio continuando a mangiare, le aveva spiegato mille volte che avere amici era importante ma Clare adorava solo appartarsi e leggere romanzi di avventura per poi appuntare sul suo diario la sua giornata e alcune fantasticherie su una sua avventura personale. –chi poteva saperlo– pensò.
«Mi dispiace Clare ma i compagni sono importanti e dovrai porgere i tuoi saluti al maestro»
«I miei compagni sono stupidi!» sentenziò.
«Fanno tutti le stesse cose, si vestono tutti allo stesso modo e…»
«E prendono tutti il pulmino della scuola Clare che passa fra poco»
In effetti era tardi, infilò il cappottino e si diresse verso la porta. La giornata era luminosa e per un attimo rimase sull’uscio a rimirare il viale alberato. Camminando sul marciapiede scandiva il tempo sfiorando con le dita un tronco d’albero dopo l’altro. Era una ragazza sensibile, il suo maestro d’arte disse che era una bambina che sentiva non solo con le orecchie ma con tutti i sensi.
Ogni cosa la colpiva facilmente e poteva rimanere per interminabili minuti a fissare una goccia d’acqua su di un filo d’erba o una formica intenta a trasportare un minuscolo sassolino, anche per questo gli amici di scuola la prendevano spesso in giro, la chiamavano matta o straniera per via di un cavillo burocratico che la vedeva iscritta a scuola con l’indirizzo della sua prima casa e i più cattivi infierivano per la mancanza del padre.
Ebbero da dirne sicuramente di tutti i colori nel pulmino, quando la videro correre in lontananza chiedendo a gran voce di fermarsi, nessuno avvisò l’autista. Eppure aveva pregato tanto, in occasione del Natale aveva affidato a Dio le sue speranze per un cambiamento.
***
L’arrivo a scuola avvenne nell’indifferenza di tutti, fu quasi un sollievo per lei che preferiva evitare il contatto con gli altri e nascondersi. I ragazzi erano tutti nel cortile ammassati contro le porte di ingresso. Pensò che somigliassero a un gregge di pecore in attesa di rientrare nell’ovile. Si tenne alla larga fino al suono della campanella e lasciò che la massa di bambini entrasse spintonando e urlando come se fosse stata indetta una gara, poi entrò percorrendo un lungo corridoio che svoltava forzatamente a sinistra.
La sua classe era l’ultima in fondo, prima dell’aula professori sulla destra e dei distributori di dolci vicino la porta di emergenza. Era seduta all’ultima fila di banchi, non le piaceva l’idea che qualcuno alle spalle potesse farle degli scherzi.
I suoi compagni erano tutti già seduti e il maestro stava sistemando il registro sulla scrivania. Con la testa bassa andò verso il suo posto sentendo qualche compagno bisbigliare qualcosa di incomprensibile se non per la parola ‘matta’ seguita da una risatina generale.
Tra loro Hans Strudbert era il peggiore, un bulletto pieno di lentiggini e in sovrappeso che sfogava la sua frustrazione su di lei per essere un botolo con la testa piena di lardo, almeno era questa la spiegazione che si era data. A volte pensava che avrebbe voluto essere come lui, essere forte e prendersela con chi le dava fastidio picchiando duro con calci e pugni ma poi si sentiva in colpa per questi pensieri e quando puntualmente un compagno le tirava di nascosto un calcio alla sedia o uno schiaffo dietro la testa lei subiva pensando di non essere migliore di loro.
Il maestro era arrivato al suo nome all’appello.
«Clare McCarty!»
«Presente»
Non rispose abbastanza forte da non sentire le pernacchie. Anche il maestro era un idiota pensò, dovrebbe espellerli tutti e invece si limitava a fare il suo lavoro probabilmente felice che fosse il venti dicembre e quindi ultimo giorno prima delle vacanze.
Alla fine dell’appello il maestro Matlass, un uomo sulla quarantina dedito allo studio e all’insegnamento, recitò la preghiera che solitamente precedeva la pausa pranzo.
«Padre nostro, grazie per i doni che stiamo per ricevere, siamo consapevoli che ci guardi sempre e ci proteggi da lassù, vivremo nella tua grazia mentre vegli su di noi, amen»
Amen, ripeterono in coro i bambini e finita la celebrazione furono tutti felici nel sapere che il maestro aveva bisogno di alcuni minuti per sbrigare una faccenda e che i ragazzi potevano iniziare con i festeggiamenti di fine anno, persino la correzione dell’ultimo compito in classe fu rimandata a gennaio, Matlass fece un sorriso come per dire alla classe che lo aveva fatto a posta per lasciarli divertire, per Clare era come se le avesse fatto un dispetto.
Tutti i compagni si alzarono correndo verso un banco aggiuntivo sotto la finestra dove aspettavano incartate tre teglie di focacce e paste fritte, tutti tranne Clare e questo bastò affinché Hans la prendesse di mira. Col suo fare ciondolante si avvicinò al banco in fondo all’aula.
«Allora matta, non mangi nulla?»
Parlò ad alta voce affinché gli altri si voltassero, non ne valeva la pena se non poteva pavoneggiarsi con tutti.
Prese una focaccina col pomodoro dal suo piatto, la sollevò sopra la testa di Clare e la lasciò cadere.
«Ehi afferrala matta, perché non l’hai presa io te la stavo passando»
La focaccina le cadde sui capelli e poi davanti la faccia, Clare mosse le mani confusamente nel tentativo di afferrarla ma non ci riuscì facendo cadere il pezzo sul tavolo dal lato del condimento fomentando le risate dei ragazzi intorno che iniziavano a formare un cerchio.
«Oh mi dispiace forse vuoi da bere?»
Posò un bicchiere di succo d’arancia sul banco invitandola a prenderlo.
«No… grazie…»
«Ti sei dimenticata come si beve? Avanti prendilo»
Era consapevole che fosse uno scherzo, come poteva non esserlo? Ma forse se lo avesse accontentato sarebbe finito tutto prima. Allungò la mano verso il bicchiere ma prima di poterlo prendere Hans gli diede un colpetto e il succo si rovesciò sul tavolo e poi sui suoi pantaloni.
Come è nata l’idea di questo libro?
Il libro nasce dall’esigenza di dare continuità ad una serie di sogni e pensieri avvenuti in un periodo di cambiamenti lungo un anno. Questi cambiamenti riguardano la sfera emotiva e caratteriale di una precisa tipologia di persone, il cui tratto predominante è la paura e la reazione automatica ad essa è l’isolamento. Clare, la protagonista da cui il romanzo prende il nome e viceversa, presenta questo tratto caratteriale in una forma aggravata dalle continue pressioni e problematiche che subisce ogni giorno. L’isolamento la porta alla formazione di un forte mondo interiore e a diventare un’osservatrice esterna di quello esteriore. Così come da descrizione: Clare ha solo tredici anni e la sua vita è quasi ferma, schiacciata da problemi troppo grandi per una ragazzina, ma una notte, in modo inaspettato, scoprirà l’esistenza di un mondo parallelo che la porterà ad affrontare le sue paure. Il mondo magico è assimilabile a quello interiore, un mondo dove Clare si sente più libera di muoversi ma che al contempo è stato generato dalla paura. Nel corso del libro noteremo come la ragazza scinda il mondo in due categorie vedendo la quasi totalità delle persone come una massa di pecore stupide e senza controllo capaci solo di danni immotivati e trovando invece in poche persone delle figure ideali irraggiungibili, alimentando in questo modo il suo senso di isolamento, dovuto al fatto di non avere abbastanza stima di se da appartenere ai migliori e sentendosi al contempo più intelligente della massa ,tanto da non darle nessuna possibilità di farsi degli amici. Questi tratti caratteriali spingono le persone che ne sono affette a una forte efficienza, limitano tutto ciò che non è necessario, compreso il rumore, come se questo possa portarli a limitare le possibilità di interazione con le persone. Spesso trovano un rifugio che tendono a vedere come una tana, ad esempio una stanza isolata della casa. Il senso di vuoto però è molto forte, così come le fobie e le paure che si rafforzano nell’isolamento, in effetti Clare vuole disperatamente degli amici ma colpevolizza il mondo che ha intorno e Dio per il fatto di non averli e non il suo atteggiamento. Questo porta chi ha questi tratti caratteriali a cercare altrove un modo per riempire il vuoto e solitamente non è un modo salutare dal punto di vista fisico o psicologico. Nel libro faranno la loro comparsa vari personaggi che potremmo definire come le visioni distorte che la protagonista ha di un padre o come le parti “malate” che la compongono, mi riferisco alla sua parte bambina e al suo super-io fortemente sviluppato. Detto questo, non bisogna demonizzare questo carattere comune a molte persone, infatti il mondo interiore può essere una grande risorsa se si prende coscienza di sé e dei propri meccanismi. Fino ad ora ho descritto delle problematiche che possono dare questi atteggiamenti nel momento in cui ne si è schiavi e si coltivano inconsapevolmente i lati negativi, ma riuscendo a padroneggiare quelli positivi si può diventare degli ottimi analisti, informatici, mediatori, scrittori e si è capaci di essere d’aiuto agli amici nella risoluzione di problemi, tutto sta in come si evolve la situazione futura ed è quello che vedremo seguendo l’avventura di Clare.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È il mio primo libro quindi ho avuto molte difficoltà, dall’impaginazione, alla scrittura, fino alla paura di pubblicarlo. Ho impiegato un anno a scriverlo, spesso chiedendomi se nonostante alcune scene troppo “forti” avrei avuto il coraggio di farlo leggere a qualcun altro.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ho autori di riferimento, forse solo libri che mi piacciono più di altri, come la trilogia dell’atlante di John Stephens.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo e ho sempre vissuto a Leporano marina, un comune in provincia di Taranto, in Puglia. Isolato l’invero e circondato di turisti in estate.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Scrivere ancora naturalmente. Ho in mente un’altra storia e sto raccogliendo le idee.
Bravo Michele. Un ottimo inizio. Libro consigliatissimo.
Complimenti Michele, continua così!
Il libro l’ho già letto e mi è piaciuto molto….
Bell’estratto e grazie per la spiegazione del racconto, Trovo molto interessante l’approccio ad una tematica cosí sensibile e cosí reale per molte persone. Adesso aspetto con impazienza l’arrivo del libro per poter continuare questa piacevole lettura.