
Edito da Robin Edizioni nel 2019 • Pagine: 271 • Compra su Amazon
Quattro ragazzi neolaureati, prima di buttarsi a capofitto nel complicato mondo del lavoro, decidono di vivere un’avventura che li porterà lontano da casa per qualche tempo: un viaggio da Milano all’Estremo Oriente, che condurrà i giovani protagonisti a riscoprire se stessi e a mettere in discussione i loro rapporti e modelli di vita.
Lavinia e Alberto sono una giovane coppia. Lei, di padre italiano e madre bosniaca rifugiata in Italia, avverte la necessità di conoscere più da vicino quei luoghi balcanici dalla quale la madre, per proteggerla, l’ha sempre tenuta lontana. Lui, proveniente invece da un’operosa famiglia brianzola, è alla ricerca di una risposta sul suo futuro, sia per quanto riguarda la carriera lavorativa che il delicato rapporto con Lavinia.
Anche Alice e Massimo, i loro più cari amici, stanno insieme. Lei, molto estroversa e perennemente connessa sui social, è alla costante ricerca di quel calore familiare che i suoi genitori non hanno mai saputo darle. Lui, in apparenza tranquillo e succube della fidanzata, utilizza il viaggio non solo per arricchirsi culturalmente, ma anche per capire veramente se stesso.
Il viaggio si snoda fra Bosnia, Turchia, Penisola Arabica, India e Maldive, Thailandia e Cina fino al Giappone, meta, ma anche prova, finale. Strada facendo, i quattro, fuori dal loro ambiente, e a contatto con realtà diverse e persone in vario modo stimolanti, si trovano costretti ad affrontare difficoltà inaspettate e crisi, sia individuali che di coppia. Le loro complesse vicende alternano, in un susseguirsi di colpi di scena, momenti allegri, meravigliosi, tristi e sorprendenti fino a culminare, alla fine del viaggio, nel dramma e nella tragedia.

Il fuoristrada preso a noleggio a Dubai era grande e rassicurante. Ci stava di tutto: i quattro viaggiatori, i bagagli, l’acqua, la benzina e le provviste.
Al momento della partenza i ragazzi però erano tesi. C’era un che di epico in quel momento e tutti se ne rendevano conto. Quel mezzo sembrava un traghetto verso un’esperienza nuova e, forse, sconvolgente.
Stavano per lasciare un mondo a loro familiare per entrare nell’ignoto e lì il loro destino avrebbe potuto cambiare. Partirono in silenzio, rispettosi della solennità del momento, consci dell’importanza di quello che stavano per fare. Massimo era il più spavaldo, Alice la più incerta.
Il fuoristrada cominciò a viaggiare silenzioso e potente sulle larghe strade a più corsie della città e poi oltre, attraverso la periferia arsa dal sole e ancora più avanti, nella steppa che precede il deserto. Alberto guidava, Massimo faceva il navigatore, Lavinia guardava in giro curiosa e tutti e tre erano ormai a loro agio. Alice, invece, era ancora nervosa e controllava in continuazione il suo cellulare per vedere se c’era campo. Tutto quel caldo inarrestabile, quella terra arida punteggiata da pochi e sofferenti cespugli, anche la gente locale, quasi sempre di sesso maschile, e tante altre piccole cose non la rendevano tranquilla. Si era immaginata di andare in una Las Vegas araba, e in effetti fino ad allora l’aveva trovata, e, senza mai informarsi sui dettagli del viaggio, aveva prefigurato anche l’escursione nel deserto come qualcosa di artificiale, alla Disneyland, con delle piccole dune di sabbia su cui salire e un breve giro in cammello organizzato per la gioia dei turisti. Uno spettacolo divertente, insomma, innocuo e sicuro. Invece il deserto si avvicinava davvero, le case si diradavano, i beduini non erano addestrati al turismo e l’ignoto stava avanzando, affrontato solo da Alberto alla guida e da Massimo alla navigazione.
Tutto questo era per lei preoccupante e il Rub al Khali, il famigerato Grande Vuoto, il mare di sabbia, stava diventando una presenza sempre più vicina e inquietante.
Per il momento, però, non si capiva esattamente dove il vero, implacabile deserto cominciasse. La vegetazione andava infatti progressivamente diradandosi, ma non era del tutto sparita e Alice non sapeva per quanto ancora quel fragile segno di vita sarebbe durato. Intuiva già, invece, che il Grande Vuoto non sarebbe finito mai, sempre più estremo, duna dopo duna, oltre i confini politici e, probabilmente, oltre le capacità umane.
Massimo nel frattempo intratteneva Alberto e Lavinia spiegando le meraviglie di quell’inquietante deserto. Parlava di aree estremamente aride, di dune color cannella alte centinaia di metri e degli animali che incredibilmente riuscivano comunque a sopravviverci e insisteva anche sul fatto che il Grande Vuoto era fino a oggi in buona parte ancora inesplorato. Alice, invece, non riusciva a seguire e, man mano che si proseguiva verso il Grande Vuoto, soffriva sempre di più. Per lei il Rub al Khali stava diventando uno stato dell’anima – il senso dell’incertezza, dell’insicurezza e anche della solitudine –, qualcosa che in Via Moscova aveva provato nell’assenza dei genitori ma che aveva vinto riempiendosi di oggetti. Il vuoto del deserto era però la negazione di ogni oggetto e Alice era sempre più avvolta da una sensazione di paura.
Aveva partecipato al viaggio ed era venuta fin lì per divertirsi, non per soffrire. Questo concetto le era sempre stato molto chiaro, ma ora il sedile sembrava scottarle sempre di più sotto il sedere mentre il disagio cresceva in lei a ogni cespuglio in meno, di fronte alle case sempre più rade e ai cammelli sempre più solitari.

Come è nata l’idea di questo libro?
Volevo raccontare una storia che fosse di viaggio ma anche di formazione e che si potesse leggere su più livelli, ovvero come un’avventura piena di colpi di scena, ma anche come un’opportunità per porsi domande sul rapporto fra donne e uomini, sulle differenze culturali e religiose, sulla guerra. Per di più, era mia intenzione evitare il singolo protagonista, ma puntare invece sulle dinamiche che intercorrono fra quattro personaggi molto diversi fra loro che lasciano il loro ambiente e che si confrontano con altre realtà.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Avevo a lungo meditato su ciò che volevo dire, la trama mi era ben presente prima di cominciare e conoscevo bene i luoghi del romanzo. Ho potuto quindi scrivere la prima stesura in tempi brevi, ma ho poi aspettato un anno prima di pubblicarlo perché mi sono confrontato con un editor e con altri lettori di mia fiducia prima di arrivare alla versione finale.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non posso dire di avere un autore di riferimento al quale mi ispiro. Cerco semplicemente di essere me stesso. Amo però molta letteratura americana, da Fante e Hemingway, da Williams a Lansdale e la loro capacità di scrivere storie profonde di gente comune con un linguaggio essenziale e efficace.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Frascati, vicino a Roma, ma sono nato a Genova, cresciuto in Lombardia e ho vissuto all’estero per buona parte della mia vita. Ho avuto esperienze importanti in Olanda, Germania, Polonia, Turchia, Giappone, America e giungla sudamericana, ma non si contano i paesi che ho visitato.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Scrivere, scrivere e poi ancora scrivere. Non solo romanzi ma anche racconti. Ne ho appena pubblicato uno su un blog letterario e ho altri romanzi e racconti in cantiere. Nel frattempo, ho aperto un sito dove inserisco e continuerò a inserire quello che faccio. È Fulviodrigani.com. Vi invito a visitarlo.
Un gran bel libro, scritto da chi conosce davvero sia gli esseri umani che il mondo