Edito da G. Giappichelli Editore nel 2019 • Pagine: 1696 • Compra su Amazon
"Commentario al codice dei contratti pubblici", a cura di Marcello Clarich, analizza la disciplina dei contratti pubblici che è stata oggetto negli ultimi anni di ripetuti interventi legislativi fino al recentissimo Decreto legge “Sblocca cantieri” (convertito nella legge 14 giugno 2019, n. 55) e che ha modificato numerose disposizioni del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
Stazioni appaltanti, imprese e professionisti troveranno nel Commentario al Codice un quadro completo e aggiornato della disciplina vigente con i principali orientamenti della giurisprudenza e dell’Autorità nazionale anticorruzione, nonché con riferimenti essenziali alla dottrina.
"Commentario al codice dei contratti pubblici" è suddiviso in capitoli dedicati al commento degli articoli relativi ai singoli istituti e alle fasi delle procedure di affidamento (bandi e avvisi di gara, prequalifica, selezione delle offerte, subappalto, ecc.).
In questo modo, il Commentario dà un ordine sistematico che consente ai lettori di orientarsi in una disciplina complessa e frammentaria. Il volume tratta anche i profili penali, tributari ed economici del public procurement la cui conoscenza è indispensabile per ben inquadrare e applicare il Codice. I lettori potranno seguire l’evoluzione della normativa tramite una newsletter periodica.
Il volume è aggiornato alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 26 settembre 2019 C-63/18 che ha dichiarato illegittimo il limite del 30% del subappalto.
INTRODUZIONE
Marcello Clarich
1. Il Codice dei contratti pubblici approvato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con le modifiche apportate dal decreto correttivo approvato d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, e da ultimo con il decreto legge «Sblocca cantieri» 18 aprile 2109, n. 32, convertito in legge 14 giugno 2019, n. 55, segna un nuovo capitolo nella storia ormai secolare della disciplina settoriale degli appalti pubblici. Esso anzitutto recepisce un nuovo pacchetto di direttive europee e precisamente le direttive 2014/24/UE (appalti), 2014/25/UE (settori speciali) e 2014/23/UE (che disciplina in modo organico i contratti di concessione di lavori e di servizi) confermando così l’impostazione unitaria della disciplina che già caratterizzava il precedente Codice approvato con d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e che viene integralmente sostituito. Inoltre, il nuovo Codice cerca di intervenire sulla struttura del mercato degli appalti, in particolare, rafforzando i poteri di vigilanza e di regolazione dell’Autorità nazionale anticorruzione; introducendo sia un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti volto a valutare la loro capacità tecnica ad avviare e gestire le procedure di gara, sia un sistema di rating di impresa basato su requisiti reputazionali e di capacità strutturale ai fini della qualificazione necessaria per la partecipazione alle procedure; istituendo un albo dei commissari per la valutazione delle offerte gestito dall’Autorità nazionale anticorruzione. Si tratta di norme di tipo organizzativo che non sono di diretta applicazione delle direttive europee (che disciplinano soprattutto le procedure) e che sono invece il frutto di una scelta consapevole del legislatore nazionale di voler tentare di porre rimedio alle carenze strutturale del mercato dei contratti pubblici sia sul versante della domanda, sia su quello dell’offerta. Il Codice rinvia a numerosi atti attuativi di competenza ministeriale e dell’Autorità nazionale anticorruzione alcuni dei quali devono essere ancora emanati.
2. In sede introduttiva, per cogliere con uno sguardo generale le caratteristiche del nuovo Codice, conviene ripercorrere sinteticamente nel contesto l’evoluzione normativa del settore. In origine e per lungo tempo, la disciplina dei contratti della pubblica amministrazione è stata contenuta nella normativa sulla contabilità dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e regolamento approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 824). Essa prevedeva procedure a evidenza pubblica (il pubblico incanto, nel linguaggio dell’epoca) sia per i contratti attivi dello Stato, dai quali cioè deriva un’entrata (per esempio la vendita 1 Sullo stato di attuazione del Codice cfr. la Relazione annuale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione presentata al Senato il 14 giugno 2018 pubblicata sul sito dell’Autorità. XXXIV Marcello Clarich di un immobile non più utilizzato per finalità pubbliche), sia per i contratti passivi, che comportano cioè un’uscita (per esempio l’acquisto di arredi). La collocazione della disciplina del procedimento a evidenza pubblica tra le norme sulla contabilità trovava spiegazione nel fatto che essa mirava a garantire una gestione corretta ed efficiente del danaro pubblico. Essa era diretta principalmente ad assicurare le condizioni economiche più favorevoli all’amministrazione mettendo in concorrenza le imprese e a proteggere l’amministrazione dal rischio di collusione tra queste ultime. Da qui anche l’inserimento nel codice penale di figure di reato come la turbativa d’asta e l’astensione dagli incanti (artt. 353 e 354 c.p.). Solo di riflesso le norme di contabilità garantivano la par condicio dei partecipanti ed era persino dubbio se esse avessero natura esterna e non meramente interna. Questi obiettivi venivano perseguiti per mezzo di una serie minuta di regole formali e procedurali relative alla gara pubblica (per esempio, la presentazione delle offerte in buste sigillate, la tempistica dell’asta, le modalità di apertura delle buste, ecc.) volte a escludere o limitare il più possibile la discrezionalità dell’amministrazione. Una discrezionalità eccessiva poteva aprire più facilmente la strada a fenomeni collusivi e corruttivi tra imprese e funzionari infedeli. Non a caso le due principali modalità di selezione del contraente erano l’asta pubblica aperta a tutti i potenziali offerenti, oppure la licitazione privata, con la partecipazione delle imprese invitate dalla stazione appaltante e la selezione dell’offerta migliore sulla base di un solo parametro vincolato e cioè il prezzo offerto. A partire dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, soprattutto in seguito al recepimento di una serie di direttive europee (da ultimo, come si è detto, con il Codice), muta radicalmente l’impostazione della disciplina. Essa pone infatti l’accento soprattutto sull’esigenza di aprire il mercato degli appalti pubblici alla concorrenza a livello europeo in attuazione del principio di libera circolazione intracomunitaria delle merci e dei servizi. Pertanto introduce regole volte a promuovere la pubblicità dei bandi di gara, la trasparenza della procedura e la par condicio. L’apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza è vista come funzionale anche alla crescita dimensionale delle imprese europee, così da renderle più competitive a livello globale. Inoltre, la normativa europea privilegia un approccio meno formalistico a favore di un modello più flessibile e più aperto a momenti di confronto tra l’amministrazione e le imprese (in particolare, come si vedrà, con il cosiddetto dialogo competitivo, il partenariato per l’innovazione e altre forme di partenariato pubblico-privato) e che attribuisce a quest’ultima maggiori spazi di discrezionalità. Il recepimento delle direttive europee nel nostro ordinamento si è scontrato fin dall’inizio con la difficoltà delle stazioni appaltanti (troppo numerose e poco attrezzate sul piano tecnico e giuridico) e delle imprese (spesso di piccole dimensioni) di gestire o prendere parte a procedure più flessibili, ma che richiedono comunque la capacità di garantire la par condicio e la trasparenza. Ciò spiega perché le procedure più innovative come il già richiamato dialogo competitivo e le altre forme di partenariato sono state utilizzate di rado. Inoltre, il settore degli appalti pubblici è particolarmente esposto a fenomeni corruttivi e, com’è noto, la corruzione trova spazio maggiore là dove le stazioni appaltanti e le commissioni di gara sono a chiamate a operare valutazioni discrezionali. Introduzione XXXV
3. Il nuovo Codice ha sostituito il precedente Codice approvato con d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che già aveva riordinato la materia unificando in un solo corpo normativo la disciplina delle forniture, dei servizi e dei lavori pubblici, recependo due direttive europee (2004/17/CE e 2004/18/CE). Al Codice si aggiungeva un ponderoso regolamento di esecuzione e attuazione, ora abrogato, che disciplinava soprattutto la progettazione, l’aggiudicazione e l’esecuzione dei lavori pubblici (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207). Nella versione originaria del Codice, il regolamento in questione era sostituito da una disciplina più flessibile sotto forma di Linee guida approvate dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). Si trattava di una delle novità più significative nell’approccio seguito dal Codice che aveva dato origine a un dibattito dottrinale e a orientamenti giurisprudenziali spesso oscillanti volti a chiarire la natura giuridica di questo strumento atipico di regolazione. Il decreto legge «Sblocca cantieri» già citato opera ora una correzione di rotta prevedendo nuovamente l’emanazione di un regolamento attuativo e ridimensionando nel contempo il potere dell’ANAC di emanare le Linee guida. Va ricordato inoltre che disciplina generale stabilita a livello statale è adottata nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, ordinamento civile, nonché nelle altre materie cui è riconducibile lo specifico contratto (art. 2, comma 1). Essa può essere integrata dalle leggi regionali che però, come ha chiarito la Corte Costituzionale (sentenza n. 401/2007), hanno spazi molto limitati di adattamento. Ciò allo scopo di evitare che il mercato dei contratti pubblici sia regolato da norme troppo differenziate a livello locale tali da distorcere la concorrenza.
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