Edito da Edizioni Scudo nel 2020 • Pagine: 522 • Compra su Amazon
A Sant’Antioco, un tranquillo paesino nel sudovest sardo, un bambino si perde dentro una miniera. Pochi giorni dopo, diversi omicidi sconvolgeranno la pace in cui versa il centro abitato da decenni. Nel mentre un prete, una tossicodipendente e un poliziotto si troveranno ad affrontare una minaccia paranormale assetata di sangue. L’unico indizio? Le piante e la cenere. Un romanzo che vi lascerà con il fiato sospeso fino alla fine, per poi sconvolgere ogni vostra convinzione e catapultarvi in uno scenario da incubo. Tre individui così diversi tra loro, possono affrontare una piaga simile?
La ventina di ettari della cava di magnesio, di cui il Comune di Sant’Antioco era proprietario a tutti gli effetti, aveva preso ad assomigliare a una grande lampadina rossa accesa in mezzo all’isola. Tutte le piante, che prima andavano dall’infestante agrifoglio, fino ad arrivare alle Acantacee, alle piante grasse o al Celastro, ora erano rosse e dal colorito malevolo. Alcune erano diventate degli enormi cespugli dai colori simili a quelli del fuoco, altre avevano un aspetto simile a radici irte di aculei lunghi come dita. Gli alberelli nani, tipici della macchia mediterranea, avevano cessato di esistere nel momento in cui l’edera rossa di Melqart aveva preso pieno possesso del luogo.
Non c’era centimetro che non fosse stato invaso da qualche pianta scarlatta con il suo fortissimo odore di pollini e linfa velenosa. Il sentierino in terra battuta sembrava un’arteria piena di sangue vermiglio e grigiastro.
Il gruppo di persone prese a percorrere la strada che li avrebbe portati al sito del loro sacrificio, l’interno della cava. Arrivati a percorrerne circa la metà, scorsero quattro dei carabinieri al servizio di Melqart che vigili stavano a guardia dell’entrata. Non facevano parte del gruppo originale che era entrato al suo interno ma sembravano particolarmente in sintonia con il loro nuovo padrone. Coordinati come delle marionette, fecero un passo di lato per far affluire due rinati al suo interno.
Se qualcuno avesse guardato quella scena con occhio critico e non influenzato da Melqart, avrebbe visto ciò che si formava anche nella coda delle poste. Oppure in banca, dove tutti si apprestavano a versare o ritirare stipendi, risolvere fatture e mettere a tacere i creditori mutuali.
All’interno della cava, il fuoco viola prese a svegliarsi alimentato dall’energia che proveniva da dentro l’altare. Non emanava calore, anzi la temperatura lì vicino era molto più bassa di quella che si sarebbe potuta percepire vicino al mare d’inverno. Nonostante l’umido, qualunque essere a sangue caldo, si sarebbe trovato infinitamente meglio all’esterno della cava piuttosto che dentro.
Il fuoco viola sembrava reclamare ciò che gli apparteneva: del nuovo nutrimento.
I primi sei sacrifici arrivarono per mano dei rinati. Sei corpi degli accoliti di Melqart morti durante lo scontro con Daniela vennero gettati a terra di fronte all’altare. Le magliette, le camice, le canottiere, vennero strappate da mani artigliate di rosso e gocciolanti linfa verde. Quando le lunghe unghie affilate penetrarono la carne del petto, il sangue cominciò a bagnare copioso il pavimento di pietra ora illuminato di blu, ora di viola acceso.
Sei cuori vennero portati in alto, uno per ogni mano dei rinati presenti al sacrificio. Un rullo di tamburi si sparse per la stanza, Melqart guardava dall’alto del suo fioco viola con un sorriso che seppur immobile sembrava allargarsi per tutta la superfice del suo viso lupino.
“Nutritemi,” disse con quello che sembrava un misto tra un ruggito e una colata lavica colma di bava famelica. Chi avesse ascoltato quella voce sarebbe impazzito per il terrore in un solo istante.
Mentre il fuoco viola divorava le pareti esterne e infine l’interno del cuore, qualcosa all’interno dell’altare si mosse. Sembrava fosse stato uno schiocco, un incastro, un pezzo di ferro che si ricongiunge ad un magnete particolarmente forte.
“Nutritemi ancora,” disse Melqart e dalla sua voce si percepì una fame atavica che rombò per tutte le gallerie sparse all’interno della cava. Se la terra avesse potuto rabbrividire, l’avrebbe certamente fatto in quel momento.
Vennero portati all’interno della cava i primi cinque bambini. Tre erano svenuti mentre due piangevano a dirotto, trattenendo il fiato ogni tanto.
Il viso di Melqart non riuscì a trattenere una risata che fece spalancare gli occhioni del neonato più vicino, che scoppiò in un pianto disperato.
Straziante.
Spezza cuore, per chiunque possa avere un cuore all’interno del proprio corpo. Quindi nessuno in quella stanza illuminata di viola.
Immaginate una sinfonia, una sinfonia proveniente da un cubo di marmo pieno di ossa straordinariamente grandi. Come quelle di un dinosauro ma diverse, di un materiale che nessuno ha visto, erose dallo scorrere del tempo. Queste ossa, ad ogni fiammata viola del fuoco sopra di loro, sembrano proprio sapere come muoversi e suonando si ricompongono.
TIC-TAC-TICTIC-TAC-TICTICTICTIC-TACTACTACTAC, suonavano le ossa mentre le urla dei bambini sparivano nelle vampate. Sì, gli infanti, Melqart, se li divorava tutti interi nella loro preziosa, tenera, succulenta e genuina polpa.
Poi venne il momento dei ragazzini.
TIC-TAC-TICTIC-TAC-TICTICTICTIC-TACTACTACTAC, fecero ancora le ossa durante le enormi fiammate viola che per poco non divorarono anche uno dei rinati. Per quei pre-adolescenti, il trattamento del cuore asportato andava bene, nonostante per condire il tutto ci voleva anche qualcos’altro.
“STRAPPAGLI LA TESTA!” urlò Melqart trionfante di giubilo.
Uno dei rinati sradicò di netto il capo di quel ragazzino che non poteva avere più di dieci anni e lo gettò nelle fiamme.
TIC-TAC-TICTIC-TAC-TICTICTICTIC-TACTACTACTAC fecero ancora le ossa.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea per il Corruttore è nata dalla mitologia intrinseca a Sant’Antioco, che per anni ha avuto come fulcro “il sacrificio umano” a Moloch. Era un modo come un altro per giustificare la presenza di così tante urne cinerarie con resti di bambini, anche appena nati, allacciandosi ad alcuni passi della bibbia. Dopo che la tesi è stata ritrattata, mi sono detto: perché non sfruttarla usando anche un background lovecraftiano?
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Per niente, non è stato un processo travagliato ma anzi molto naturale. Avevo bene in mente ciò che volevo trasporre dalla mia mente alla carta, come renderlo il più macabro possibile e sopratutto i personaggi. Credo che la caratterizzazione sia quasi più importante della storia, tanto che ho speso una marea di tempo alla ricerca di un cattivo perfetto sia nella forma sia nelle azioni.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sicuramente Clive Barker, Matheson, Lovecraft, Stephen King dei tempi d’oro e Simmons. Però le mie influenze vengono anche dal mondo del fumetto indipendente e dalla fantascienza di cui Simmons fa parte a pieno titolo, dopo la sua carriera nell’horror.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Sant’Antioco ma ho girato parecchio per l’Italia, sopratutto quando suonavo in giro per i locali con la mia vecchia band.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vivere come romanziere, mandare avanti anche la mia carriera nel mondo delle inchieste giornalistiche e magari approcciarmi pure al mondo del cinema come sceneggiatore e regista.
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