
Edito da Edizioni del Loggione nel 2020 • Pagine: 127 • Compra su Amazon
Maracaibo. Scampato con il fratello Xavier allo sterminio della famiglia, il nobile Jean Lafitte ha giurato vendetta contro il mandante della strage, l’avido don Pedro de la Isla. Passati alcuni anni, diventato uno dei più crudeli e spietati pirati dei Caraibi, vuole ucciderne la figlia.
Isabella de la Isla, figlia di don Pedro, è stata rinchiusa fin dalla nascita nel convento di Puerto Limón, custode incolpevole di un prezioso segreto. Le sue uniche ragioni di vita? L’amore di un vecchio frate e il sogno di un nuovo inizio con Jean, il suo promesso sposo.
Un disastroso naufragio e la profezia di una vecchia curandera ostacolano i piani di morte del capitano Lafitte. L’unica soluzione per salvare Xavier e compiere la propria vendetta? Sposare Isabella con la complicità interessata di fratello Mansueto.
Tuttavia… l’attrazione che Jean e Isabella provano fin da ragazzini esplode di nuovo prepotente, scompaginando un’altra volta le loro esistenze così diverse e distanti. Lui, infatti, è un uomo spregiudicato, violento e passionale e lei una mezza suora fredda e distaccata, o… quella di entrambi è solo una maschera per nascondere i propri sentimenti? L’amore riuscirà a trionfare sulla vendetta e sui segreti di don Pedro?
Jean e Isabella, due cuori inariditi e senza speranza. Il primo consumato dall’odio e dalla sete di vendetta, il secondo dal rifiuto per la propria vita vuota e senza senso. A rompere gli schemi? L’amore.
I protagonisti lotteranno per conquistare la propria fetta di felicità, e ognuno lo farà a modo proprio. C'è chi userà le armi e chi l’intelligenza, chi dovrà rinunciare a qualcosa e chi dovrà accettare delle spiacevoli verità. C’è chi provocherà e stuzzicherà e chi se ne starà zitto, perché nel momento opportuno un silenzio è più efficace di mille parole.

Primo capitolo
Île de la Tortüe
L’alba, al contrario di ogni altra sua aspettativa, si stava incupendo a vista d’occhio. E la notte? Sembrava non volersene proprio andare, un’attesa densa come la melassa.
Cosa diavolo voleva fare l’uragano, giocare a scacchi con le loro piccole e inutili vite?
Xavier si bloccò nel mezzo del sentiero, turbato. «Solo loro…»
Solo le ombre dei Lafitte potevano aver pianificato quella specie d’agonia.
Il ragazzo scrutò la sottile linea dell’orizzonte dove una ragnatela di lampi iridescenti danzava crudele ma incostante.
I bagliori incerti gli ricordavano le luci dei pescatori che, cucciolo innocente, andava a rimirare con il padre sulla spiaggia perlacea di Maracaibo. Si trattava davvero di una bizzarra coincidenza?
Le saette, proprio come allora, sembravano fluttuare sul pelo dell’acqua con la stessa mestizia di una processione d’anime perdute. E, portato dal vento, ecco il rombo sassoso dei tuoni.
Il giovane Lafitte osservò le nubi furibonde, mancava davvero poco all’arrivo del feroce acquazzone che Aruba, il gigante caraibico, aveva definito un diluvio dalle proporzioni bibliche.
Se voleva chiarire ogni dubbio su quella notte maledetta, Xavier doveva correre al più presto dal fratello. Non c’era più tempo per inseguire quelle inutili fantasticherie.
Il ragazzo si arrampicò come un gatto lungo la scalinata contorta che portava alla casupola di Jean. Non si sarebbe di certo stupito se lungo la via avesse incontrato le ombre dei Lafitte, un mucchio di ossa sfatte avvolto nella loro pelle di gigli appassiti.
Superati con un balzo gli ultimi quattro gradini della scalinata, girò intorno all’eremo che il fratello si era costruito nel punto più isolato e impervio di tutta Tortuga.
All’interno della casupola baluginava la tenue fiamma di un lume, anche Jean non doveva aver chiuso occhio per tutta la notte.
Il ragazzo si affacciò alla porta, la prudenza astuta di una volpe.
Il fratello gli voltava le spalle, era a torso nudo, le gambe divaricate, i muscoli della schiena contratti in un unico groviglio di tensione.
Indossava un paio di pantaloni fissati alla vita da una vecchia cintura, una spessa striscia di cuoio che metteva in risalto il fisico atletico e abbronzato, la solidità del torace, la rassicurante ampiezza delle spalle.
Eh sì, saltava subito agli occhi, fin dalla prima occhiata. Jean Lafitte non era un pirata come tutti gli altri, o perlomeno non era come Leon, Pablo o Aruba.
E non era nemmeno paragonabile al più famoso cugino, nonostante ne condividesse il nome e le gesta.
Le cicatrici disseminate sul suo corpo? Non erano frutto d’incidenti o di violenti abbordaggi. Non portava monili preziosi o amuleti scaramantici come faceva il resto dell’equipaggio, ma in quanto a crudeltà il capitano Lafitte superava ogni tagliagole presente sull’isola.
E che dire della ciurma del Malasuerte? Nessun equipaggio di Tortuga le era solo simile, anzi, in giro si mormorava che fosse addirittura maledetta. Eppure, l’unica cosa che affascinava davvero Xavier era il suo nobile lignaggio.
Suo fratello, per esempio, era un conte, il quartiermastro un duca e il nostromo un marchese, tre uomini d’indubbia cultura. Eh sì, vista da quell’angolazione la visuale poteva ingannare ma… far parte della loro cerchia non significava appartenere a un circolo di gentiluomini.
In effetti il tiranno unico e assoluto di quella nobile famiglia era Jean. Tutti dovevano sottomettersi al suo volere, oltre naturalmente a rispettare l’intoccabile Codice della Fratellanza.
Tuttavia, nei dieci anni trascorsi in quella specie di covo malfamato, Xavier non ricordava un solo bucaniere che avesse osato ribellarsi. Tutti erano stregati dal carisma infernale del perverso capitan Lafitte.
Jean, percependo il respiro affannoso di qualcuno alle proprie spalle, si voltò di scatto con il coltello ben stretto nel pugno, pronto all’assalto.
«Belay» sibilò aggressivo.
«Jean, fratello. Sono io, Xavier…»
Il capitano si rabbonì all’istante, riponendo il coltello nella cintura. «Entra, non stare lì impalato.»
Il ragazzo rabbrividì sedendosi su uno sgabello nei pressi della porta, Jean l’avrebbe punito per la propria sfacciataggine?
«Li hai sentiti? Sono loro» mormorò invece il capitano, un sussurro che oscillava tra la commozione e lo smarrimento.
«È normale» pigolò sullo stesso tono Xavier. «Stanotte è l’anniversario della mattanza, implorano vendetta. Ma chi li ha risvegliati?»
«Lei.»
Jean si mosse di lato, torcendo il corpo flessuoso per permettere al ragazzo di mettere a fuoco il volto della fanciulla. Alla luce rossastra del lume, Xavier notò i rigagnoli di sangue rappreso che scolpivano i muscoli del fratello.
Agitandosi nervosamente sullo sgabello, il ragazzo spostò la propria attenzione sul quadro. Jean lo aveva fissato al muro con una corda, un’altra cosa precaria da aggiungere alla lista, proprio come la loro vita.
«Chi è, la giovane amante di don Pedro de la Isla?» chiese Xavier in un sussurro, intimidito dall’espressione indemoniata del fratello.
Da quando don Pedro lo aveva sfregiato, il volto di Jean era diventato agghiacciante. La rabbia di quelle ultime ore, però, era riuscita addirittura a inasprirlo, trasformandolo in una visione di odio e disprezzo.
A Xavier ricordava una maschera del teatro greco che aveva ammirato nei libri di Leon. Le stesse labbra stizzose tirate in un sorriso malefico.
«No, lei è…»
Il capitano accarezzò in una lenta agonia la piccola cicatrice che portava con fierezza a un soffio dal cuore, il ricordo più dolce che don Pedro gli aveva lasciato durante lo sterminio della loro famiglia.
«Lei è… Shiver me Timbers» bestemmiò furibondo di dolore, maledicendo la propria debolezza.
Anche se in quella notte si era salvato per un atroce arbitrio del fato, la lama del bastardo gli aveva strappato dal petto ogni sentimento. Anzi, glieli aveva strappati tutti tranne uno, la sua inesauribile sete di vendetta.
«È la piccola Isabella de la Isla.»
«Chi te l’ha detto? Ne sei proprio sicuro?» indagò Xavier abbassando gli occhi a terra, travolto dallo spasmo insopportabile dei ricordi. Tutto si stava ripetendo, proprio come allora.
«Su, dimmelo.»
Jean si passò un dito sull’addome, raschiando un grumo di sangue rappreso. «È stato quel farabutto catturato durante l’ultimo arrembaggio. Questo è il suo sangue, gliel’ho fatto sputare durante la confessione.»
Il ragazzo rabbrividì al solo pensiero delle torture che Jean, Pablo e Aruba avevano inflitto al malcapitato. Meglio cento volte essere passati a fil di spada.
«Isabella de la Isla, la tua promessa sposa. Non mi ricordavo fosse così bella.»
«Nemmeno io, però a quei tempi era ancora una bambina…»
Xavier sorrise e gli angoli della bocca si tesero in una linea sottile.
«È vero, e tu non ne volevi proprio sapere di lei. Mi ricordo che un giorno nostro padre, esasperato dalla tua cocciutaggine, minacciò addirittura di diseredarti se non gli avessi obbedito.»
Tornando a osservare la giovane ritratta nel quadro, Jean mugghiò tormentoso. Il fratello avrebbe rigirato ancora per molto il coltello nella piaga?
«La settimana seguente, però, ti trovai nel nostro rifugio segreto a sospirare di fronte al suo ritratto; te lo ricordi?» chiese Xavier con un guizzo malizioso. «Lo avevi appeso al muro con una corda, proprio come ora.»
«Sì, ma poi don Pedro decise per tutti noi.»
Il ragazzo strinse il gomito del fratello con delicatezza, cercando di farlo voltare verso di sé. «Jean, lo so che non dovrei chiedertelo, ma dove ci porterà questa follia?»
«Un giorno dovrai scegliere tra l’amore e la vendetta» ricordò svagato il capitano, ripetendo le parole inquietanti che la strega gli aveva rivolto dopo avergli salvato la pelle. «Se non perdonerai il sangue del tuo nemico, l’odio strapperà tuo fratello a questa vita.»
«Allora, Jean, dove ci porterà tutto questo odio?» tornò alla carica Xavier. «Cosa sceglierai tra amore e vendetta?»
Cupa ferocia, rivalsa e sangue innocente sparso sull’altare dell’ambizione… dove li avrebbe portati quell’eterna catena?
«Quella bambina mi ha sempre fatto impazzire, forse sono quegli occhi a farmi uscire di senno» esplose Jean con stizza, ignorando le parole del fratello.
Xavier osservò con più attenzione il volto triste della fanciulla e pensò a Jean. Era assurdo, ma lo sguardo dei due promessi sposi trasudava la stessa infelicità angosciosa, come se il fratello si stesse riflettendo in uno specchio stregato.
«Cosa vuoi farne di lei?»
Jean scosse il capo, impenetrabile. «Quel maledetto mi ha svelato il luogo dove don Pedro la tiene segregata».
«E sarebbe?»
«Nel convento di Santa Clara, a Puerto Limón.»
Xavier si morse un labbro, pensoso.
«Hai già un piano, la ucciderai?»
«Sì, ho un piano» gli rispose Jean con voce glaciale. «Agirò come ha fatto don Pedro con tutte le altre fanciulle.»
«Cosa…?» proruppe Xavier con foga. «No, no, forse ho capito male. Spiegati meglio.»
«Semplice… rapirò Isabella e poi chiederò un grosso riscatto al padre» ringhiò il capitano a denti stretti, accarezzandosi la cicatrice in una lenta agonia.
«E quindi? Intascato il denaro, la…»
«Sì, la ucciderò davanti agli occhi di quel lurido maiale.»
«E la profezia?»
«Non preoccuparti, ho pensato anche a quello. Prima che si realizzi, be’, mi toglierò la vita. Occhio per occhio, dente per dente. Come don Pedro ha sterminato la nostra famiglia e gettato nel dolore dei cuori innocenti, io gli strapperò dal petto la dolce Isabella.»
«Le viscere che cavi ai suoi uomini non ti bastano più, ora vuoi passare a quelli della sua famiglia, a quelli di una bambina indifesa?» si disperò il giovane Lafitte, stentando a riconoscere il fratello. Era forse impazzito a causa del caldo e della tempesta?
«Per favore, Xavier, non insistere. Anzi… vattene di qui prima che si scateni l’inferno, la battaglia finale ci attende e non deve trovarci impreparati.»
Il ragazzo scosse la testa contrariato, ma fece come gli aveva detto il fratello. Come sempre era inutile discutere con lui.
Jean sospirò dal profondo dell’anima e guardò la sagoma scura di Xavier che scompariva nella verzura. Poi, asciugandosi le mani sudate sui pantaloni, lanciò un’ultima occhiata al quadro, mormorando implacabile: «Tremate de la Isla, la mia vendetta farà finalmente il suo corso.»

Come è nata l’idea di questo libro?
Le storie di pirati mi hanno sempre affascinata, fin da piccola. Come mai? Semplice, sono storie che profumano d’avventura, di scoperta e trasmettono un senso profondo di libertà. I pirati sono uomini del passato, del presente e del futuro. Si va dal rapimento di un giovane Giulio Cesare nei pressi dell’isola di Rodi, ai più moderni attacchi dei “corsari” nell’immenso mare di Internet. Sono delle figure impavide, insofferenti alle costrizioni e la maggior parte delle volte, dal passato tormentato. Si muovono in un mondo dove la fantasia può spaziare con meno vincoli e per questo incappiamo in segreti da svelare, tesori da scoprire e, soprattutto, niente è come sembra. Un bel giorno, però, mi sono chiesta: E se l’amore rompesse gli schemi di questa apparente libertà, cosa succederebbe?
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non molto, perché scriverlo è stata la cosa più facile da fare. Per mia fortuna non ho mai avuto problemi di fantasia o di schematizzazione della trama. Anzi, posso dire che per me è la parte più divertente e creativa di tutto il processo. L’aspetto più difficile? La revisione del testo e in questo caso specifico, il dover stare entro un certo limite di battute. Devo ammetterlo, non sono mai soddisfatta al 100% del risultato finale, come credo la stragrande maggioranza degli scrittori. Se fosse per me, continuerei a cambiare certe parole o certe frasi all’infinito. O almeno finché smettano di “stonare” al mio orecchio.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Nel caso specifico mi sono ispirata alle ambientazioni di Salgari e Stevenson ma anche alle avventure della Primula Rossa della Baronessa Orczy. E per rendere il tutto più verosimile, ho cercato anche di usare un linguaggio consono. Per la storia d’amore, invece, mi sono ispirata allo stile delle famose collane rosa che tanto vanno di moda. I miei autori preferiti, però, sono altri.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Non credo che la cosa abbia molta importanza, anche se naturalmente ha influenzato la persona che sono diventata oggi. Le origini della mia fantasia e della mia voglia di conoscere sono in fin dei conti due: la famiglia e i viaggi. Nella mia biografia, infatti, ho voluto scrivere questo: “Lea Da Ponte. Ha ereditato dai genitori l’amore per l’arte, la bellezza e l’avventura. L’amore ai tempi del colera ha fatto il resto, accendendo in lei la passione per la lettura e la scrittura. Quando può riempie lo zaino e parte alla scoperta dell’Italia intera. Inseparabili compagne di viaggio carta e penna perché – scrivere o leggere – è ogni volta una nuova avventura, ammirando un paesaggio mozzafiato o fissando lo schermo di un computer. Il suo motto preferito? Anche nelle situazioni più nere, può esserci un lieto fine”.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per il futuro sto pensando a un altro ebook “Rosa”, questa volta ambientato nel presente e in luogo che amo molto, la Val d’Orcia. Nel frattempo, però, per allenarmi a rispettare un certo numero di battute, sotto lo pseudonimo di “Isabella” scrivo racconti a bivi sulla piattaforma “The Incipit”. Nel caso specifico sto scrivendo una storia d’avventura con i personaggi del mio ebook, una sorta di prequel dal titolo “LA MAPPA DEL SUO DESTINO”. Con ogni probabilità quando l’articolo verrà pubblicato avrò già terminato il racconto, ma si potrà sempre leggere nella sezione delle storie già terminate.
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