
Edito da H.E. Herald Editore nel 15 Marzo 2019 • Pagine: 217 • Compra su Amazon
Andavano al liceo con lo stesso treno, conoscenti ma non amiche. Ormai attempate, tre donne si ritrovano nei luoghi in cui hanno trascorso l'infanzia e l'adolescenza.
Sandra, ex insegnante, da Fondi non si è mai allontanata; Berta vive a Ferrara con figlia e nipoti; l'ancora bellissima Gabriella è moglie di un ricco imprenditore romano.
Tutte reggono il peso di un segreto più o meno importante, con il quale faticano a confrontarsi.
Anche in forza dell'atmosfera peculiare del paese, che coltiva con sollecitudine la propria memoria antica e recente, finiranno per confidarsi gli aspetti celati delle loro storie.
L'inaspettata “sorellanza” consentirà alle donne di superare, ognuna a suo modo, gli ostacoli interiori. E le loro esistenze ne usciranno cambiate.

«Nonna, chi era il praetor peregrinus?»
«Il magistrato che si occupava delle controversie giuridiche tra romani e stranieri.»
«E che sono le controversie giuridiche?»
«Questioni di legge. Cause e processi. Avvenivano litigi e discussioni specie per motivi commerciali: prezzi delle merci, contratti di vendita. Ma non stavi studiando Cesare?»
«L’ho trovato qui.»
Sua nipote ha davanti il libro di storia, ma preferisce lo smartphone.
Ha cercato “vita di Cesare” e saltella da un sito all’altro.
«Ah, ‘sti nativi digitali…» borbotta Sandra, cogliendo infine il collegamento. «Cassio era praetor peregrinus e Bruto praetor urbanus. Parla dei congiurati.»
«Giusto, nonna, eccoli, avevo saltato l’inizio. Sai sempre tutto!» Giulia, prima media, la considera un’enciclopedia ambulante.
«Figurati! Ma perché non segui il libro? Dai, spegni quel telefono e leggi ad alta voce.»
Riprende a stirare. Riserva quell’attività, che l’annoia, ai pomeriggi in cui assiste i nipoti. Oppure ricama. Cerca di seguire la lettura, ma spesso si distrae.
L’incontro con Berta le ha riportato alla memoria episodi dell’adolescenza. L’inizio della sua storia d’amore, in primo luogo.
Di Filippo si erano infatuate un po’ tutte le studentesse del corso. Il professore (allora lo si denominava per intero!) di latino e greco era un attraente giovanotto bruno poco oltre i trenta. Lui non dava segno di accorgersene: chiamava gli allievi per cognome e faceva di tutto – il Sessantotto era appena alle spalle – per mostrarsi autorevole e distaccato.
Al secondo anno, quando Berta era già a Roma per frequentare l’Isef, Sandrocchia aveva deciso la conquista di Filippo. Era graziosa e in effetti somigliava un po’ alla Mondaini per via degli occhioni azzurri.
Fino ad allora aveva baciato due ragazzi; il secondo si era spinto a toccarle una delle floride tette, ma lei aveva subito scansato la mano.
Cominciò nel più banale dei modi, dedicandosi con zelo alle sue materie, nelle quali riusciva comunque bene, e moltiplicava i pretesti per rimanere a Formia dopo le lezioni. Entrò come aspirante nella squadra di pallavolo che si allenava due volte a settimana, alle tre del pomeriggio. Aveva scoperto che il professore abitava da solo in un piccolo appartamento e dopo pranzo era solito passeggiare un po’, in centro o verso il porto.
Si fece trovare nella villa comunale in compagnia di un panino al di un panino al prosciutto, oppure sulle panchine prospicienti il molo, limitandosi a salutarlo con deferenza. Filippo rispondeva con un cenno, né – pur sapendola pendolare – chiese mai perché fosse lì. Dopo un paio di mesi Sandra rinunciò. L’unico risultato positivo era stato la perdita, grazie al movimento e alla dieta spartana, di tre o quattro chili.
«Allora ti ripeto, nonna, o mi fai delle domande?»
«Ripeti e poi ti faccio anche le domande.»
«Uffa» brontola Giulia.
Più tardi passa Teresa a riprendere la figlia. Lavora in banca ed esce alle cinque, se tutto va bene. Sua nuora è simpatica, con lei ha un buon rapporto. Fatica a capire l’ostilità di altre suocere che conosce, meno fortunate. Loro due, pensa, sono entrambe donne di buon senso. E sanno di aver bisogno l’una dell’altra.
Teresa racconta di un cliente dall’aspetto equivoco che l’aveva messa in sospetto – hanno già subito due rapine – e si è rivelato uno psichiatra che lavora da poco all’ospedale. Sandra parla dell’incontro con Berta, che ha intenzione di invitare a cena. Magari un sabato, quando ci sono anche loro. La nuora annuisce, la conosceranno volentieri. Dopo, propone Sandra, se vi sta bene i ragazzi rimangono a dormire, così tu e Michele potete andare al cinema, o dove volete.
Rimasta sola, ripone i panni stirati, poi passa nello studio e accende il computer. Continua a usare il tavolino accanto alla finestra. La grande scrivania di Filippo, un tempo sovraccarica di libri e carte, è ora del tutto sgombra, ma lei vi si siede di rado, giusto quando deve consultare più vocabolari, curandosi di riordinarla subito. E i ragazzi che vengono a lezione li riceve nel tinello.
Guarda le e-mail, entra in un forum di lettori cui è iscritta e scorre i nuovi interventi. L’occhio le va allo scaffale su cui sono disposte parecchie cornici d’argento. Tra le fotografie ce n’è una del matrimonio, in cui lei e Filippo hanno davvero un aspetto da altri tempi. Si alza e la osserva come cercando nuovi significati nella propria faccia ridente e in quella più seria del marito. Lo fa ogni tanto, da quando lui è morto, un’abitudine sciocca. Nulla lascia prevedere con quale atteggiamento affronteranno gli eventi futuri.

Come è nata l’idea di questo libro?
Il romanzo è dedicato Alle molte donne sole che conosco. Ne sono divenuta consapevole quasi all’improvviso, partecipando a un gruppo di lettura: vedove, separate o divorziate ne costituivano la maggioranza. Ho provato a immaginare se e come potevano confrontarsi e magari modificare le loro solitudini.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Esordiente attempata, avevo già scritto due romanzi e diversi racconti. Ho superato abbastanza in fretta la difficoltà di “saltare” da una protagonista all’altra (le tre donne sono molto diverse), ma ho faticato davvero con il personaggio più problematico, uno dei figli di Sandra. Ho svolto ricerche accurate e mi è stata di aiuto un’amica psicologa.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Leggo in continuazione e ho molti autori di riferimento, ma credo di dovere qualcosa anche ai non prediletti. I più amati (ed empirei, manco a dirlo) sono senz’altro Calvino e Saramago. Tuttavia scrivo soprattutto gialli; mi affretto a rendere doveroso omaggio ai grandi classici del genere. Le mie storie sono parecchio “contaminate” da filosofia, sociopolitica e vela, l’hobby di una vita. Nell’ordine ho dunque un ovvio debito in primis con Umberto Eco (si parva licet…), poi gli scandinavi e Carofiglio, infine i tanti narratori di storie marinaresche.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo nel Lazio, dove ho insegnato, in campagna ma non lontano dal mare. Trascorro lieti periodi in Trentino e, avendo figlie e nipoti in altre regioni, mi sposto spesso lungo la penisola.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Preparo da tempo un sorta di Manuale per noi nonne, utilizzando i materiali del mio blog (https://virginialess.wordpress.com/) e ho in mente un metaromanzo, un genere finora non sperimentato. Giallo, salvo ripensamenti.
Un libro che mi riprometto di leggere appena possibile e penso mi riguardi un po’.