
Edito da EDIZIONI MONTAG nel 2019 • Pagine: 101 • Compra su Amazon
“A testa alta fissò a lungo San Giacomo. Lo aveva incontrato in ogni chiesa lungo il cammino, con il bastone e il mantello o a cavallo che “matava” i Mori, e ogni volta gli era parso un miraggio lontano. In quell’istante lo guardava come chi ha compiuto il proprio voto. Passo dopo passo, in un gesto che aveva ripetuto circa un milione di volte. Uno scarpone ancorato al terreno e uno lanciato in avanti… Un piede saldo nel presente e uno proiettato nel futuro.”
Separato, senza figli, con un lavoro da impiegato pubblico, Teo si sente un uomo incompiuto. Nel tentativo di dare un senso alla propria vita, svincolandosi dalla monotonia della quotidianità, decide di percorrere a piedi il cammino per Santiago de Compostela. Un mese da trascorrere in solitudine, con il necessario per vivere racchiuso in uno zaino sulle spalle. Un mese per conoscersi meglio, rinnovarsi, sentirsi un uomo libero.
Il viaggio per Santiago assumerà ben presto i contorni di metafora della vita, dove l’entusiasmo dei primi giorni sui Pirenei sarà seguito dalla monotonia delle Meseta e dalla fatica nell’affrontare le montagne galiziane che lo separano dalla meta del suo Cammino. Gioventù, età adulta e maturità si succedono, e lungo le assolate strade sterrate il protagonista imparerà a liberare lo zaino e sé stesso dai pesi inutili, per avere il coraggio di cambiare la propria esistenza.

La mano si mosse in orizzontale per due volte, da sinistra a destra, e la penna stretta tra le dita tracciò due righe sulle parole “Cammino per Santiago”. Due tratti neri, e il primo dei punti elencati sotto la voce “FARE” veniva finalmente cancellato. Teo premette la biro contro il mento e alzò gli occhi verso la cattedrale che si ergeva davanti a lui. I raggi del sole autunnale si riflettevano sulle guglie ed illuminavano la statua di San Giacomo, mentre tutto attorno, il vociare degli altri pellegrini gli giungeva ovattato come un’eco. A testa alta fissò a lungo l’immagine dell’apostolo. Lo aveva incontrato in ogni chiesa lungo il cammino, col suo bastone e mantello o a cavallo, in procinto di matare i Mori, e ogni volta gli era parso un miraggio lontano. Ora invece lo poteva guardare con gli occhi di chi ha compiuto il proprio voto, passo dopo passo, un giorno dopo l’altro. Uno scarpone ancorato al terreno e uno lanciato in avanti, i bastoncini stretti in mano a scandire il ritmo: un gesto che aveva ripetuto un milione di volte, e che era diventato necessario come respirare. Una perfetta metafora della sua ricerca di radici e voglia di esplorare. Un piede saldo nel presente, l’altro proiettato verso il futuro.
Teo chiuse gli occhi, e visualizzò una carta geografica della Spagna: come in un vecchio documentario storico, si raffigurò come un puntino che si muoveva nella parte settentrionale della penisola, lasciando dietro di sé una traccia di frecce gialle, le stesse che avevano segnato la via. Un percorso da est a ovest costellato di fatica, incontri, storie e riflessioni.
Aprendo gli occhi fece un breve sorriso, e riguardò la scritta cancellata, che certificava il suo giungere alla meta. Ripiegò il foglio e lo infilò dentro il diario di viaggio, in una tasca dello zaino appoggiato al suo fianco. Gli occhi s’inumidirono, era il tempo di lasciarsi andare.
“Teo… hey Teo… You did it! L’hai fatto.”
Si voltò in direzione della voce. Un ragazzo tedesco, compagno di qualche ora di cammino, lo chiamava con affetto. Strofinò un braccio sul volto e il pianto di liberazione che aveva pregustato svanì nel luogo segreto in cui si era generato. Non provò vergogna a mostrarsi commosso. Si sorrisero e scambiarono un cinque e un abbraccio.
“Sì, sono arrivato.”
“L’altro giorno in discesa ti ho visto soffrire, pensavo ti dovessi fermare.”
“E’ andata bene, mi sono ripreso.”
Si avvicinarono altre persone incontrate negli ultimi giorni lungo la strada. Sembrava di essere all’arrivo di una maratona non competitiva. Uomini e donne con lo zaino sulle spalle o in bicicletta giungevano in continuazione in Piazza Obradoiro, in molti ripetevano quelle tre parole, I did it, ce l’ho fatta. Il tedesco tornò vicino e gli mostrò una foto che gli aveva scattato. Qualche istante più tardi l’immagine era anche sul telefono di Teo e lui la scrutò con attenzione. Lo ritraeva seduto con lo zaino al suo fianco e la cattedrale di Santiago alle spalle. Batté due volte l’indice sullo schermo e ingrandì la faccia. Il viso era bruciato dal sole. Si concentrò sui propri occhi, cosa esprimevano? Si passò la mano sulle guance e accarezzò i peli cresciuti incolti in un mese di viaggio. Lasciare la barba era stato il primo gesto di rottura rispetto alle abitudini quotidiane della vita in città. Il volto era dimagrito e con il mutare dei propri lineamenti, quasi vi fosse una connessione, anche i pensieri erano riusciti a spingersi fuori dagli schemi ordinari. Giorno dopo giorno avevano intrapreso strade nuove, inesplorate, libere da pregiudizi. Seppure non avesse percepito alcun cambiamento repentino, Teo sentiva di essere diverso dall’uomo partito ventisei giorni prima da un piccolo villaggio pirenaico. Ripensando a ciò che aveva sperimentato, si paragonò a un animale che lascia la cattività per essere reintrodotto nell’ambiente naturale. Il cammino gli aveva offerto la possibilità di interrompere la routine quotidiana. Abbandonare il cartellino da timbrare, le otto ore in ufficio seduto a una scrivania sotto una luce al neon, l’orologio, i telecomandi, le chiavi, i semafori, i centri commerciali, la tecnologia che lo inondava d’informazioni. Era evidente che la rinuncia riguardava il superfluo, tuttavia era servito un tempo di ambientamento per entrare nello spirito del pellegrino. Quattro giorni per non sentire i dolori alle gambe e alle spalle, che portavano il peso maggiore, e quasi gli stessi per smettere di approcciare gli altri con le maniere abituali, educate e diffidenti. Lungo il tragitto era accaduto ciò che aveva sperato, era stata un’esperienza totalizzante per corpo, mente e spirito. Un mese vissuto da uomo libero e non da uomo d’allevamento.

Come è nata l’idea di questo libro?
Dopo aver percorso a piedi la via francese per Santiago, ho deciso che il tanto vissuto non andava disperso. Sentivo l’urgenza di condividere ciò che mi era accaduto grazie agli incontri senza maschere, al tempo di raccoglimento, alla costante presenza della natura, alle poche distrazioni e all’autostima che cresceva ad ogni passo compiuto.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La stesura del romanzo è stata una splendida occasione per approfondire le esperienze capitate e un buono modo per rimanere con un piede lungo il Cammino.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Gli autori si sono alternati nel corso degli anni, oggi ricordo tra gli altri: Susanna Tamaro, Karl Owe Knausgard, P. Coheo, A. Jodorowsky, A. Baricco, D. Lapierre e il poeta Pierluigi Cappello.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato e cresciuto a Trieste e vivo da vent’anni a Udine, in una regione raccolta e di confine che consente con uno sguardo di accarezzare i monti e abbracciare il mare.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
In questi giorni abbiamo autopubblicato un romanzo a quattro mani che racconta, attraverso la voce di dodici volontari, una serata alla mensa dei poveri della nostra città. Come ha scritto un amico, un giro del giorno in ottanta mondi.
L’ho letto ormai da tempo, ma ne conservo un ricordo di semplicità e autenticità di sentimenti, a volte tanto immediati quanto profondi. La fatica e il sacrificio spontaneo evidentemente accomunano anche gli spiriti più inquieti. I pensieri introspettivi fanno da legame invisibile tra autore e fruitore. Leggendo questo libro è difficile non ritrovare una parte di sé nelle sensazioni di Teo…
Bravo!!!
Grazie per le parole, la gratificazione più grande in questa avventura da scrittore è il legame invisibile che il libro crea con i lettori. Gli attestati di stima mi incoraggiano a credere in ciò che ho scritto. Spero che anche il nuovo lavoro, la Corte dei Cappuccini, sappia toccare l’intimità di chi ci legge. Ciao.
D. T.