
Edito da Bookabook nel 2021 • Pagine: 156 •
Si può vivere un’intera vita aspettando sempre lo stesso treno, alla stessa ora, per andare nello stesso posto? Si può dimenticare come guardare il mondo con gli occhi della fanciullezza perdendone la magia? Sì; accade a tutti. Ma bastano la sorpresa di una folata di vento, di un incontro inaspettato e un ombrello che fa da vela e tutti possiamo ritrovare lo stupore nelle piccole cose.
Un uomo ingrigito dalla conformità incontra una guida che lo strappa alle sue abitudini e lo accompagna in una ricerca fatta di suoni, sberleffi e filastrocche. Facendo vela a cavalcioni di una valigia, l’uomo e la sua guida incontreranno personaggi fantastici che gli faranno riscoprire come vedere il modo con l’occhio di un bambino.
Renè Magritte, Charles Dickens, i fratelli Grimm, Antoine de Saint-Exupéry, Erik Satie, Claude Debussy, Paolo Coelho, Samuel Beckett... Questi sono gli autori evocati dal pubblico dopo l’esordio teatrale nel 2018 e questo è l’humus di questo mondo immaginario.

Una manciata di foglie svolazzò nell’aria portata da una folata di vento. Erano le prime foglie autunnali dell’anno, almeno per l’uomo con la valigia.
“Satie, Gnossienne No.4.” L’uomo la sentiva risuonare nella sua testa.
“Le foglie volano, l’autunno è qui e il mio treno non si vede all’orizzonte. Farò tardi in ufficio. Lo sapevo che avrei fatto tardi in ufficio. Tanto più che quest’aria mi fa volare via il cappello e a me non piace perdere il cappello.”
L’uomo con la valigia era di mezz’età, abbastanza anonimo. Portava un vestito classico e fuori moda, comprato al mercatino dell’usato, ma in ottimo stato. Non aveva toppe o rattoppi. Ecco, forse era un abito un po’ pesante per la mezza stagione. Ma quando guadagni lo stipendio minimo per il tuo sostentamento, “senza toppe” è già un lusso. Sulla testa portava sempre un vecchio cappello Fedora color cammello dalla tesa stretta. Aveva solo quello; lo indossava sempre e lo toglieva di malavoglia persino al chiuso. Nelle tasche dei pantaloni poi teneva sempre almeno un paio di grandi fazzoletti a quadri: “è dell’uomo previdente non mancare mai di niente” diceva sempre suo nonno.
“La barba. Non mi sono pettinato la barba questa mattina.” Sì, perché la barba era l’unica cosa che il nostro uomo con la valigia poteva pettinare ormai. Era calvo, cosa abbastanza normale per la sua età, ma lui aveva perso i capelli ancora da adolescente e si rammaricava di non aver mai sentito le dita di una ragazza passare tra i ciuffi della sua chioma. Così, da anni ormai tutte le sue attenzioni erano passate alla sua folta barba e ai baffi, dei quali andava particolarmente fiero. “I baffi sono segno di mascolinità e di autorevolezza”, gli diceva suo nonno e lui fin da piccolo aveva atteso con fede la crescita dei primi peli sul suo labbro superiore. A volte aveva l’impressione che l’immagine di suo nonno gli ripetesse questa frase dalla fotografia color seppia che teneva sul mobile del corridoio. Che personaggio era stato suo nonno: aveva un aspetto austero e sapeva mettere soggezione, ma era un vero burlone e durante la sua infanzia era stato per lui un vero compagno di giochi. Aveva la passione per le piccole cose che ai più sembravano insignificanti e questo con la vecchiaia lo fece passare un po’ per matto. Con il passare degli anni il commesso viaggiatore si era un po’ distaccato dal nonno per paura del giudizio dei suoi colleghi e questo in verità, gli pesava ancora adesso che erano passato tanto tempo dalla sua morte.
“Il mio treno non passa. Non passa! Anzi; nessun treno passa.” Adesso che ci faceva caso pareva che la “sua stazione” fosse stata teletrasportata nel nulla. Eppure, il paesaggio era quello giusto. I palazzi oltre i binari di fronte a lui erano sempre gli stessi. Quello laggiù era il suo quartiere, nella sua città. Aveva traslocato vicino alla stazione proprio per non perdere il treno. Quel treno che oggi non si vedeva sbucare dalla foschia arancione dell’autunno.
All’improvviso i suoi pensieri agitati vennero interrotti da uno scalpitio di piedi che sentì arrivare alle sue spalle…

Come è nata l’idea di questo libro?
In origine ho scritto questa storia in forma di copione teatrale per potermi immergere come attore in un mondo altro. Ma dopo averlo portato in scena cosa ne sarebbe stato della poesia e della filosofia che i personaggi avevamo trasmesso sul palcoscenico? Ecco; non volevo che la magia che avevamo realizzato in teatro andasse perduta. Volevo raccontare i pensieri dell’uomo con la valigia, il suo mutamento interiore e le sue emozioni più profonde. Così mi sono seduto e ho colmato i silenzi.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato per nulla difficile, anzi mi sono divertito. È stata molto impegnativa la revisione, ma scrivere per me è una gioia.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Raymond Chandler e Italo Calvino.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo nella seconda cintura di Torino, città che adoro e fonte d’ispirazione. Le mie radici e parte del mio cuore risiedono a Venezia, città di origine della mia nonna materna e mio vero shangri-la. Vorrei passeggiare per il sestrier di Cannaregio in compagnia di Corto Maltese.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho già scritto tre spettacoli teatrali e ne ho in pista altri due, in contemporanea con un copione cinematografico. È molto probabile che come per questo primo libro, anche i nuovi copioni saranno i germogli dei nuovi romanzi.