
Edito da Booktribu nel 2021 • Pagine: 380 • Compra su Amazon
In un mondo ormai al collasso, un cyborg hackerato e costretto a sentire come un essere umano, Ati-Shiba, è suo malgrado custode del segreto del progetto Deus Genesis, dalle implicazioni apocalittiche. Nel futuro, dopo Catastrofi leggendarie di cui nessuno conosce le cause, un ricercatore in viaggio studio su Marte, Mihir, e una biologa della cyberfauna marina sulla Terra, Uma, seguiranno le voci nella loro testa fino alle inevitabili ripercussioni di un pericoloso gioco con lo spaziotempo.
Un romanzo corale, dove le molteplici voci rimbalzano come un’eco attraverso i secoli e dove l’ossessione umana per la creazione è portata alle estreme conseguenze per arrivare al misticismo tecnologico. Sullo sfondo, la distopia di un mondo rinato dalle proprie ceneri alle prese con la sua seconda possibilità.

«Tranquillo, non ho certo intenzione di buttarmi» dice tra sé e sé, con un misto di rassegnazione e rabbia. Stringe la mano attorno a ciò che rimane della vetrata, sporcandola ulteriormente di sangue, per ritrovare la calma. Di fronte a lui, nel buio, la città sembra uno specchio fatto di ultime possibilità. La città infinita, la chiamano. Estesa per centinaia di chilometri, distribuita ad anelli concentrici. Un cyborg come Ati-Shiba può guardare il panorama in due modi: con gli occhi fisici, in Time-Hu, lento come un essere umano, oppure consultando mappe, grafici, flussi di dati informatici sulla porzione di mondo interessata, in modalità Time-Cy.
Il proprio modo di rapportarsi al mondo è ciò che definisce l’identità, pensa Ati-Shiba.
A perdita d’occhio, il mondo a lui familiare sta facendo i conti con la dura realtà dei fatti. La guerra è arrivata negli anelli più interni. Colonne di fumo denso si alzano tra i palazzi e i grattacieli, il cielo è pieno di fischi e boati, bang sonici. A un centinaio di metri di distanza, sulla parete del palazzo di fronte al suo, un megaschermo va in tilt e gracchia una mezza parola all’infinito prima di sbloccarsi, ripiombando in una sorda routine pubblicitaria.
Ati-Shiba si volta verso l’interno, cercando di fare mente locale. Fatica a riconosce il proprio appartamento, una distesa di cianfrusaglie inutili quanto necessarie. La futilità gli è sempre piaciuta, lo fa sentire umano. Ricorda un lampo di luce accecante, i vetri antisfondamento che, ironicamente, si infrangono e l’onda d’urto che lo sbatte contro il muro. Ricorda di essere passato automaticamente in Time-Cy per avere i riflessi più pronti, ma deve aver sbattuto la testa prima di poter fare qualsiasi cosa. Quanto tempo è passato? si chiede.
«Il passato e il futuro sono come le onde nella risacca, stati esistenziali delle cose, ora più avanti, ora più indietro…»
Ati-Shiba sbarra gli occhi, un attimo di panico prima di ricordarsi di non essere solo in casa. C’è una cyborg da qualche parte sotto le macerie. Torna in sé di colpo, e inizia a cercarla tra i mobili sbalzati e distrutti dall’esplosione.
«…il presente è lo stato stabile in cui la coscienza degli esseri viventi si rende conto di se stessa, il ricordo è un fluire momentaneo della coscienza in uno stato passato, di cui afferra brandelli sparsi…»
La trova dietro i pezzi divelti del divano, stesa a terra, apparentemente inconsapevole di ciò che la circonda. La voce della cyborg è monocorde, le sue pupille si muovono velocemente come nella fase R.E.M. umana, che per i cyborg è sintomo di un intenso flusso di dati in Time-Cy. Ati-Shiba sa che sta solo ripetendo parole pronunciate da altri in passato, ma è un passo avanti.
«La premonizione, la predizione, il presentimento, la divinazione, la progettazione, l’invenzione, il sogno, la fantasia, invece, sono tutti balzi della coscienza nel futuro, possono afferrarne piccoli attimi o grandi sistemi, possibili o impossibili, salti nella miriade di futuri concepibili, anche se apparentemente assurdi… la coscienza e ogni singolo atomo che compone la materia è continuamente impegnato in un’oscillazione pendolare mai uguale a se stessa…»
Ati-Shiba ha già sentito questa teoria, ma riascoltarla è come rifare lo stesso sogno perturbante. Guarda la cyborg, le sfumature viola su bianco della sua pelle traslucida di copertura. Al di sotto, flussi organici si muovono impercettibilmente tra muscoli biologici e nervi sintetici, il suo Core. Lo sguardo fisso al pavimento. Brevissimi scatti del collo che diventano spasmi e quindi vere e proprie convulsioni. Ati-Shiba corre alla cassaforte, facendosi largo tra i resti materiali della sua vita passata, e le ordina di aprirsi. Ne tira fuori il kit di flaconi con il siero per la sua ospite. Prende l’apposita siringa, la riempie e torna dalla cyborg. La blocca con il peso del proprio corpo e le ficca l’ago nella giugulare traslucida, iniettandole il fluido nel sangue, in modo da trasmettere l’informazione al Core nel più breve tempo possibile.
«No…» dice senza forza la cyborg, calmandosi immediatamente.
«Che stupido!» si dice Ati-Shiba. Era così preso dai propri pensieri da essersi dimenticato che deve essere mantenuta in stato narcolettico, se comincia a parlare significa che il siero ha terminato i suoi effetti.
Fuori, in lontananza, navi da combattimento sfrecciano nel cielo, ma lui non ci fa caso. Guarda la cyborg e prova un brivido di terrore. Non vorrebbe mai trovarsi nella sua situazione.
«No…» ripete flebile la cyborg.
«Tranquilla, Kim, è tutto ok» risponde lui.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea nasce da una riflessione sulla natura umana, sulla costante ossessione per la creazione e la distruzione che abbiamo in quanto specie, e sulla nostra responsabilità in merito. Ci siamo evoluti in un mondo perfetto, ma lo abbiamo voluto cambiare a tutti i costi, finendo per plasmarlo a nostra immagine e somiglianza, non sempre con esiti idilliaci. L’idea per questo libro è nata dopo la pubblicazione del mio primo romanzo, Radio Heads, di cui Echo Heads ne è sia il prequel che il sequel. Tuttavia, i due romanzi possono essere letti indipendentemente e in ordine inverso.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Il romanzo ha una gestazione di qualche anno, ma è stato scritto in qualche mese. L’idea c’era, soprattutto per il finale (poi cambiato), ma ci è voluto un po’ per mettere a fuoco il percorso per raggiungere la meta. Non volevo il classico romanzo di fantascienza con protagonisti militarizzati in missione, al contrario, i miei personaggi dovevano essere il più lontano possibile da questo stereotipo e ritrovarsi coinvolti loro malgrado. In più, volevo dare voce a molte tematiche: l’ecologia, la religione, il razzismo e approfondire cosa significa essere umani. Una volta messi insieme i pezzi con coerenza, la stesura è stata veloce e divertente.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
I miei autori di riferimento provengono da generi diversi. Certamente per la fantascienza posso citare Philip Dick e Dan Simmons, ma amo anche Haruki Murakami e Umberto Eco. Mi lascio ispirare da tutto, dalla musica rock, dagli anime e manga giapponesi, dalle pubblicità… Credo nella contaminazione dei generi.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Bologna dove, dopo aver studiato, ho messo radici. Sono nato in provincia di Milano, per poi trasferirmi vicino a Rimini, e questo non mi ha fatto sviluppare l’attaccamento alla terra natale. Per ora ho messo radici a Bologna, poi chissà.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Al momento sto riflettendo su una trama non fantascientifica, la storia di ragazzo che vive una vita normalissima, ma allo stesso tempo vive di riflesso le avventure sconsiderate di una vecchia amica attraverso le sue email e i suoi post sui social media. Ammetto che ogni tanto mi ronza in testa anche l’idea per uno spin-off di Echo Heads.
Lascia un commento