
Edito da Porto Seguro Editore nel 2020 • Pagine: 120 • Compra su Amazon
C’è una fame insaziabile di emozioni che mette in subbuglio lo stomaco, una spasmodica ricerca per una briciola di felicità che sembra esser destinata a rimanere inappagata. Sarà l’incontro della diciassettenne Sibilla, incorreggibile “ladra di emozioni”, e del senzatetto o meglio “senza destino” Diego, all’imbocco del tunnel metropolitano di Piazza di Spagna, a mutare il monotono corso degli eventi. A poco a poco, incontro dopo incontro, l’una illuminerà le zone d’ombra dell’altro: Sibilla confesserà la sua singolare mania di “prendere in prestito” emozioni, rubando libri e vinili, che poi restituisce con colorati post-it di scuse; Diego ricorderà il doloroso incidente che lo ha condotto a scegliere la strada, non avendo ormai nient’altro da perdere che sé stesso.
Con una prosa limpida e toccante, Veronica D’Appollonio mette allo scoperto le vulnerabilità e le cicatrici che tormentano l’essere umano.

CONFESSIONI DI SIBILLA
Nelle ore affollate del rientro, Roma si dimena furiosa tra le ombre, come una baccante invasata dallo spirito del dio, a passo cadenzato tra il rimbombo cupo di tamburi degli pneumatici, che graffiano l’asfalto, e lo strepito frenetico di timpani dei clacson, che scandiscono il ritmo dell’orgia metropolitana. E nella frenesia di questa danza alchemica del giorno che muore nella notte, della luce che si spegne nella tenebra fino alla prossima alba, continuo a cercare con ansia febbrile la soluzione a tutti gli enigmi, consumando in fretta ogni attimo, emozione dopo emozione, e a costruire impalcature di bugie sempre più fragili, che scricchiolano al primo cenno di verità. Chissà se esiste davvero una verità tra le pagine di quei libri che divoro con la stessa avidità, con cui riesco a sfilarli da uno scaffale, passando inosservata! E chissà se troverò mai, tra i suoni di un vecchio disco, quell’illuminazione improvvisa, capace di dissolvere tutta la nebbia dei miei pensieri confusi! Forse sono lontana dalla luce tanto quanto Diego, che ha scelto di sprofondare nel buio e che può rivendicare almeno il coraggio del suo salto nel vuoto, diversamente da me che, in barba a qualunque forma di libertà, vivo schiava delle mie piccole ossessioni. Eppure nient’altro ha il potere di regalarmi la sensazione di un respiro libero come correre a perdifiato lungo corso Vittorio Emanuele, in direzione di piazza Venezia per saltare sul primo autobus di passaggio, oppure infilare svelta il primo vicolo verso piazza Navona, mentre l’allarme continua a suonare stridulo in maniera compulsiva, disperdendosi nel frastuono della città. Colleziono libri e dischi per l’ebbrezza di una sola notte, come fossero trofei di un veterano senza nessun’altra gloria se non quella del saccheggio, nella speranza di rimediare qualche spicciolo di emozioni da restituire poco dopo l’alba.
Non cerco perdono né assoluzione a questa mia smania che divampa incontrollata come un fuoco, incendiando ogni mia volontà, e che si estingue in fretta sotto le ceneri di un desiderio ormai esaudito. E da chi mai potrei attendere comprensione, in ogni caso? Il tribunale di qualunque coscienza, persino la più assonnata, si mostra sempre pronto a emettere sentenze senza appello, quando pronuncia in maniera frettolosa il severo giudizio di condanna delle colpe altrui. La mia unica colpa è una curiosità volubile, che si annoia facilmente, e la mia condanna è questa fame bulimica di sensazioni sempre nuove, che nessuna emozione riesce a saziare.
Nessuno è davvero innocente, nemmeno gli integerrimi che si affrettano a mettere all’indice le debolezze scoperte di chi è stato già condannato, mentre contemplano compiaciuti la loro immagine riflessa nello specchio delle virtù, rischiando di annegare nella stessa fonte di Narciso. Chi può presumere di aver esplorato il territorio della giustizia tanto a lungo da definire con esattezza il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? Mi domando se, appena qualche giorno fa, Diego sia riuscito a leggere nel mio sguardo tutto lo sgomento della paura, mentre mi sforzavo di tenere ben salda sul volto la maschera sorridente da affabulatrice, trattenendo il respiro ad ogni singola battuta sul vinile di Diamond Dogs, scivolato in maniera distratta dal mio zaino, con la pericolosità imprevedibile di un ordigno inesploso. Del resto, tutti nascondono un segreto inconfessabile, che custodiscono sepolto sotto il fondo sabbioso della propria coscienza, e solo pochi fortunati non si lasciano inghiottire dalla voragine del senso di colpa scavata da una verità scomoda. Perché continuo a commettere lo stesso errore e con la stessa sfrontata imprudenza? Così come in quegli indimenticabili versi di Catullo, che si strugge combattuto all’ennesimo tradimento della sua Lesbia, “non lo so, ma sento che accade ed è il mio tormento”.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del mio secondo romanzo Emozioni in prestito, pubblicato da Porto Seguro Editore, è nata da un’ispirazione improvvisa, in maniera inaspettata nel corso di un’estate, circa un anno prima della stesura. È un romanzo che racconta la fame insaziabile di emozioni, la ricerca sempre inappagata di un brivido di felicità, le fragilità spesso dissimulate a costo di se stessi, il peso degli errori di un passato difficile da dimenticare attraverso l’incontro casuale della diciassettenne Sibilla, incorreggibile “ladra di emozioni” dalle lontane origini irlandesi, e del senzatetto o meglio “senza destino” Diego all’imbocco del tunnel metropolitano di Piazza di Spagna, in una burrascosa giornata di febbraio.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Diversamente dai lunghi e alterni tempi di stesura del mio primo romanzo L’estate di Sophie edito da Leucotea Edizioni, la scrittura di Emozioni in prestito si è rivelata più rapida, immediata, quasi istintiva, impegnando interamente lo spazio dei mesi estivi dello scorso anno, benché l’architettura narrativa della storia sia maturata in una fase precedente.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono una lettrice curiosa e instancabile, sostanzialmente onnivora, nonostante la mia spiccata predilezione per i generi giallo, storico e fantasy, nei quali non ho ancora osato cimentarmi pienamente. I miei riferimenti letterari, fonte inesauribile di ispirazione e modelli inimitabili, sono scrittori classici come Edgar Allan Poe, Oscar Wilde, J.R. Tolkien, Luigi Pirandello, Italo Calvino e autori contemporanei quali J.K. Rowling, Neil Gaiman, M.C. Beaton e Danila Comastri Montanari.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo ormai da alcuni anni a Roma, città d’adozione e luogo del cuore, dove lavoro come insegnante di Italiano, Latino e materie letterarie nei licei. In passato ho vissuto a Lenola, un piccolo incantevole borgo in provincia di Latina, nel quale sono cresciuta e dove torno a rifugiarmi non appena posso.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
In merito ai miei progetti futuri sul piano letterario, non intendo vincolarmi a un unico genere, ripromettendomi di sperimentare ancora e di affinare la mia versatilità in altri universi immaginari, con qualche incursione poetica come già nella mia silloge Libellule, edita da Genesis Publishing. Spero di continuare ancora ad avventurarmi nel mare delle parole con la stessa libertà creativa e lo stesso desiderio di esplorare nuovi orizzonti narrativi e diverse possibilità espressive.
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