Edito da Aletheia Editore • Pagine: 80 •
Il breve romanzo tratta di una problematica spesso dimenticata o addirittura non conosciuta, quella delle spose bambine. Una giovane donna viene costretta dal padre a sposare un uomo molto più grande di lei, ma la sua voglia di felicità, la sua voglia di sentirsi semplicemente una bambina esce fuori. Il desiderio di libertà.
È un romanzo che esce fuori dagli schemi perché non è solo un racconto, non è solo una breve storia, ma è una sensibilizzazione del lettore a tale problematica.
Correndo a più non posso e quasi senza fiato vide da lontano casa sua.
Eccola.
Entrò in silenzio, facendo meno rumore possibile.
Ma una voce da lontano disse: «Finalmente ti sei degnata di tornare a casa!»
Era il padre che seduto su una sedia, con accanto la madre, che questa volta non avrebbe potuto far nulla tranne che stare in silenzio, la stava aspettando. Molto lentamente la giovane si avvicinò, abbassando lo sguardo.
Camminava molto lentamente, con volto rassegnato, avvicinandosi sempre di più. Ancora Sabat le disse:
«Ti sei degnata di tornare a casa? Hai scelto di andare a vivere altrove? Bene, questo vorrà dire che farai la fine di tuo fratello. Rispondimi, ingrata!»
Makba, molto timidamente rispose:
«No, sono uscita e poi mi sono addormentata all’albero», gli rispose smozzicando le parole, con un timore ed una paura che oltre ad essere papabile nell’aria, risiedeva nel cuore della ragazza. Era quell’uomo a metterle timore. Erano le sue parole. Erano i suoi modi di fare a terrorizzarla.
Sabat, come se nulla fosse, come se non stesse parlando nessuno, si avvicinò a lei e le diede un colpo sul viso. Il rumore. Il bruciore graffiante sulla sua guancia sinistra. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Pian piano ne erano stracolmi, fin quando iniziarono a scendere e scivolare giù sul suo viso. Sempre ad occhi bassi Makba scappò subito in camera, chiuse la porta dietro di lei e bloccandola con le spalle rimase lì, impietrita a piangere. Quelle lacrime sembravano fiumi in piena ed i sentimenti si sovrapponevano tra loro.
Ancora una volta e pur essendo ancora mattina, sperava che la giornata volgesse al termine nel più breve tempo possibile. Non avrebbe potuto resistere ancora un secondo. Si mise a letto, ma ad un certo punto sentì nuovamente parlare. Erano ancora una volta i suoi genitori, che discutevano. Non aveva coraggio di aprire la porta come la volta precedente ed ascoltare, aveva paura di ciò che avrebbe potuto sentire.
Ancora la guancia faceva male, erano ben visibili i segni del colpo dato dal padre ed il dolore era quasi pulsante. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
Nessuno rispose.
Fin quando sentì una voce nuova, che non aveva mai sentito prima. Saltò giù del letto e la madre era già dietro la sua porta. La strinse forte a sé e le disse: «Scusami figlia mia, non sono riuscita a difenderti. Non sono una buona mamma. Non ti ho mai difesa ed ho fatto in modo che quell’uomo si approfittasse di te. Perdonami!»
«Ma cosa dici mamma? Sei una mamma meravigliosa ed hai fatto tutto il possibile, anche se ho tante domande da farti, tanto domande su te e papà», replicò.
La madre sapeva già cosa la figlia gli avrebbe chiesto, ma questa volta non voleva tacere. Voleva proteggere la figlia. Voleva che sua figlia fosse alla pari con gli altri suoi coetanei.
«Chiedimi tutto ciò che vuoi, figlia mia, questa volta non taccerò».
Finalmente poteva sapere tutta la verità. Era pronta a fare la domanda quando ad un certo punto, Sabat, irruppe dentro la sua stanza e con estrema forza prese la giovane da un braccio dicendole:
«Vieni con me, devo presentarti una persona che ti vuole conoscere. È impaziente e spero che anche tu lo sia».
“Chi sarà mai questo sconosciuto”, si domandava Makba, mentre veniva letteralmente trascinata da un braccio verso la cucina. Era convinta fosse qualcosa inerente alla notte passata fuori casa, ma si sbagliava. Appena giunta in cucina, seduto al tavolo, c’era una persona, un uomo. Era girato di spalle ed era ricurvo su sé stesso, come se avesse la gobba, poi a un tratto si girò. Era un uomo molto grande, molto più grande di Makba, avrà avuto circa quarant’anni. Stava lì, seduto, con le gambe incrociate, fumando una sigaretta e la fissava. I suoi capelli brizzolati ed il suo nasone spiccavano, quasi terrorizzando la nostra giovane donna. Sabat, sedendosi a capotavola, disse:
«Figlia mia, ti presento Omar, un uomo benestante che vuole fare le tue conoscenze»
Lei, letteralmente terrorizzata, tentò un timidissimo saluto:
«S s s alve…».
Sabat ed Omar, accendendosi un’altra sigaretta ed aspirando profondamente, si fecero una risata che risuonò nel vuoto di quella casa. Ogni singola parte e molecola di quelle pareti avevano rimbombato quella risata.
Orrenda.
Terrificante.
Sabat, con i suoi modi di fare, per nulla gentili, cercò di tranquillizzarla:
«Omar è un mio amico, ricco e benestante ed ha fatto tutta questa strada solo per conoscere te. Dovresti sentirti onorata se un uomo della sua fama vuole fare la tua conoscenza. Come si potrebbe dire? Ha un certo interesse per te».
In effetti queste attenzioni da parte di una persona la lusingavano, mai nessuno le aveva fatto dei complimenti. Ma non riusciva a comprendere il motivo per il quale una persona grande potesse essere interessato ad una bambina come lei. Perché questo era, una bambina. Omar allora prese la parola dicendo:
«Tuo padre mi ha tanto parlato di te e devo dire che tutto quello che mi ha detto è la verità. Voglio darti tanto e spero che tu possa dare a me. Sei davvero bella, direi molto bella per me e scommetto che non ti possano piacere gli uomini vecchi come me, ma ti assicuro che con il tempo lo apprezzerai».
Mai sentite delle parole del genere. Ed il suo cuore iniziava a battere all’impazzata. Sei bellissima si sentì dire.
Quasi quasi si era anche dimenticata del significato.
Non riusciva a parlare e se ne stava lì, seduta al tavolo ad ascoltare a testa bassa. Ogni tanto alzava la testa e non poteva evitare di notare quel suo enorme naso ed il forte odore di tabacco che emanavano le sue parole. Ad un certo punto però Sabat prese la parola dicendo ad Omar:
«Domani vi incontrerete alle 17, qui. Portala in giro per la città e passate del tempo insieme. Il tempo farà apprezzare tutto».
Si scioccò. Impietrita dalla paura.
Sarebbe dovuta uscire con un completo sconosciuto il giorno dopo. Non l’aveva mai visto in vita sua e forse anche suo padre l’aveva appena conosciuto e gli affidava sua figlia: quale padre farebbe questo. Omar accettò l’offerta e concordato l’orario si alzò e senza neanche degnarla di un saluto, strinse la mano a Sabat e se ne andò via.
Si sentì un oggetto, prima nelle mani di nessuno e poi nelle mani di chiunque.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di questo libro è nata da una serie di inchieste svolte da diversi programmi televisivi. Più guardavo quelle scene raccapriccianti e più mi rendevo conto che forse ci sono problematiche molto più importanti di quelli che noi pensiamo siano i veri problemi oggigiorno.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Le difficoltà non si sono fatte sentire. Bisogna ammetterlo. Ma possono superarsi. L’informazione è tutto. Proprio questo, non a caso è l’intento di questo mio breve romanzo: cercare di rendere il più realisticamente possibile quanto accade a queste fanciulle. I termini da me utilizzati sono molto semplici per concentrare l’attenzione, non solo sullo stile, ma soprattutto sulla sensibilizzazione.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ho autori di riferimento. Devo essere sincero e sono sicuro che sarò criticato per questo. Ma non mi ispiro a nessun autore. Cerco di dare a ciò che scrivo la semplicità di quello che provo e quello che riesco ad immaginare.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Reggio Calabria. Una bella città che però meriterebbe una rivoluzione totale. Tante bellezze e tutte le ricchezze della nostra terra non vengono sfruttate in pieno. E di questo sono fortemente dispiaciuto.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Progetti per il futuro? Chissà…
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