Le Fronde del Salice
Edito da Genesis Publishing nel 2016 • Pagine: 480 •
“Un romanzo di formazione e di avventura. Le fronde del Salice narra di un gruppetto di ragazzini strampalati che s'immergono in un'emozionante caccia al tesoro, e la seconda Guerra Mondiale rivive dalle pagine di un antico manoscritto. Narrazione pura ed esaltante fatta di enigmi e rompicapi che daranno filo da torcere alla nostra protagonista Stella Maris e ai suoi amici sconclusionati ma fedeli alla "causa". Dedicato agli appassionati di storie per ragazzi, ma con temi forti e profondi. Una ragazzetta senza peli sulla lingua vi trascinerà direttamente nel passato, senza farvi perdere il contatto con il presente.”
[L'Editore]
Quando il quindicenne scavezzacollo Christian si trasferisce con la madre nel vecchio Condominio del Salice Argentato, non sa ancora cosa lo attende. Un gatto misterioso, un vecchio nottambulo, rumori dietro le pareti... Quale grottesco segreto nascondono quelle mura? Ma soprattutto chi è Stella Maris, la vicina eccentrica, iperattiva e arrogante? Insieme agli amici, i due si troveranno presto a fare i conti con una vera e propria caccia al tesoro, che sconvolgerà per sempre la loro scanzonata adolescenza. Saranno costretti a dover lottare contro ostacoli più grandi di loro, a difendersi da nemici spietati, ad affrontare il buio di antri pieni di insidie. La ricerca li condurrà negli abissi della loro mente e della storia umana. Il loro coraggio sarà messo alla prova, e anche la fiducia in chi avrebbe dovuto proteggerli. Ma forse la soluzione non è così difficile, e si nasconde in una poesia...
Le lancette luminose della sveglia segnavano le due e dieci minuti. Ormai si poteva dire completamente sveglio. Ma dov’era? Il buio si tagliava con il coltello, ma immaginò di essere nella camera dei suoi genitori, che dormivano poco più in là. Nell’oscurità si udiva soltanto il ticchettio dell’orologio e uno strano lamento, da neonato, proveniente da qualche parte all’esterno della casa. Pensò che qualcuno avesse dimenticato quel bambino fuori dalla porta: piangendo tutta la notte aveva esaurito le lacrime, e ora riusciva solo a emettere strani gemiti. Christian si rigirò nel suo giaciglio, in cerca di pace, e in quel momento capì che si trovava su un divano. Dormiva in salotto, il suo letto non era ancora pronto. Aveva deciso lui così, non sapeva nemmeno perché. “Tu dormi nel letto, io sul divano!” Ed era stata l’unica cosa che lui e sua madre si erano detti in tutta la serata, a parte l’augurio di buona notte da parte della madre, rimasto senza replica. Quando era rientrato l’aveva trovata immersa nella lettura di un libro che doveva essere parecchio interessante, in mezzo a una nube di fumo azzurrino. Ma Christian odiava i libri. L’unico che aveva letto fino alla fine era sul sesso, e pieno di immagini. E comunque preferiva di gran lunga le foto prese dal web. Quei flashback però apparivano strani e irreali alle due di notte, facevano parte di un’altra dimensione, forse era meglio lasciarsi andare a pensieri più rilassanti… Ma ecco di nuovo quel lamento, e finalmente Christian capì: non era un bambino.
Era un gatto.
Cosa aveva da miagolare a quell’ora? Christian si turò le orecchie con le lenzuola, sospirando; per fortuna quel rompiscatole sembrava avere l’intenzione di andarsene fuori dalle palle!
A un certo punto sentì un rumore. Veniva da dietro una parete, in un tratto che non era in comune con nessun’altra stanza della casa. Era un suono leggerissimo, quasi un fruscio, come se qualcosa sbattesse contro il muro in vari punti. In un primo momento lo ignorò. Doveva averlo già sentito prima, forse nel dormiveglia. Poteva essere semplicemente una falena rimasta bloccata in casa. Ma poi si rese conto della continuità, della stranezza di quel fruscio che si ripresentava ora lontano, ora vicino, ora a destra, ora a sinistra. Mezz’ora dopo si aggiunsero altri strani rumori alla base del muro, come se qualcosa si stesse sbriciolando…
“Che palle, non si può mai stare in pace!”
Accese l’abat-jour sistemata sul tavolino e la luce lo accecò. A occhi semichiusi si avvicinò al muro, ma rimase esterrefatto. Non c’era assolutamente nulla. Eppure i rumori continuavano.
Si lasciò cadere sul divano, molleggiando. Il suo sguardo cadde su un luccichio proveniente da uno scaffale davanti a lui: la torcia elettrica. La prese e, in punta di piedi, si diresse verso il balcone. Aprì la portafinestra, ma la maniglia di ferro cigolò e la porta produsse un rumore infernale. Rimase ritto sulla soglia, in ascolto: dalla camera di sua madre non venne alcun suono. Allora uscì, immergendosi nella notte di fine estate.
Il cielo era violaceo, si udiva solo qualche auto e ululato in lontananza, ma in quella zona tutto era freddo e silenzioso. Raggiunse l’estremità del balcone a passi felpati e ispezionò il muro con il fascio di luce della torcia. C’era una rientranza subito dopo il suo balcone; nessun locale in cui qualche vicino si fosse deciso, alle due di notte, di scrostare l’intonaco. Non capiva se stesse sognando o meno, nella sua testa ronzavano rumori e turbinavano immagini indistinguibili… A un certo punto si vide nel buio, a ispezionare con una torcia un dannato muro, e si sentì un idiota. Tornò indietro, ma compiuti tre passi si arrestò di nuovo.
Nel parcheggio davanti al palazzo, sotto la luce dei lampioni, qualcosa si muoveva. Non era certo un tizio intenzionato a recuperare la propria macchina. Stava lì nello stesso punto e gesticolava in modo strano, con in mano un misterioso oggetto che pareva il manico di un ombrello, e che ogni tanto levava al cielo. Sembrava stesse discutendo animatamente con qualcuno… ma non c’era alcun interlocutore! Christian rientrò di fretta in salotto e si infilò tra le lenzuola. I rumori iniziarono a scemare e un vortice di pensieri confusi lo avvolse, sprofondandolo in un sonno senza sogni.
Non fece in tempo ad aprire il garage che si udirono passi nel cortile. Riconobbe la voce. «Oh, buonasera!» Christian gettò istintivamente uno sguardo all’orologio: erano le dieci del mattino. Nel cortile illuminato comparve l’alta sagoma di una ragazza, i capelli raccolti in due codini lunghissimi che brillavano di riflessi ramati alla luce mattutina. Portava una lunga maglia verde fatta a mano e aveva un bambino di circa due anni in braccio, che fissava Christian intontito.
«Jessica, ti presento Christian! Christian, ti presento Jessica, figlia di mia zia “scappo-di-casa-col-primo-coglione-e-ritorno-con-la-coda-fra-lezampe-e-un-figlio.” Che naturalmente ha appioppato a noi.»
Christian afferrò il casco, ma questo gli sfuggì dalle mani, rotolando rovinosamente a terra. La bambina scoppiò a ridere.
«Hai visto? La fai ridere! In pochi ci riescono.»
“Oh, Cristo santo. Non stamattina, stronza di una matta!”
«Dormito bene, stanotte?» chiese Stella Maris, cambiando tono.
«No.»
«Sentito qualche rumore strano?»
Christian si mise sull’attenti. «Sì… beh… che cos’era?»
«Mah… non saprei…» rispose l’altra, con fare misterioso. E tacque. Christian decise di non indagare oltre e spinse lo scooter sgangherato fuori dalla rimessa. Sua madre era già partita, l’avrebbe raggiunta in un secondo. Prima di accendere il motore fece in tempo a udire Stella Maris che litigava con la bambina. «No, non sono code di cavallo. Piantala. Piantala, ho detto e… Ahia, stupido barattolo, molla subito i capelli! Mollali! Molla subito…» Un rombo terrificante esplose nel cortile, sembrava un elicottero mezzo scassato in partenza. Il ragazzo montò in sella e saettò via, in preda all’ebbrezza della velocità. Mentre raggiungeva la strada, attraverso lo specchietto retrovisore intravide Stella Maris correre verso di lui: la vide fermarsi in mezzo al cortile e, con la bambina sempre in braccio, fissarlo finché non si fu allontanato. “Ecco, mi perseguita anche attraverso gli specchi.”

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di questo libro è nata dalla mia eterna passione per le avventure, le cacce al tesoro, i misteri e i passaggi segreti: un filone narrativo e cinematografico forse passato di moda, ma che non smette di affascinare le persone che, come me, sono cresciute a suon di Goonies, Indiana Jones e Tomb Raider. I protagonisti sono adolescenti perché la trama è nata in quella fase delle mia vita, in cui fantasticavo di messaggi in codice nello stabile in cui vivevo. Il personaggio principale è frutto del desiderio di creare una personalità particolare, fuori dagli schemi. Ho voluto comunque un testo leggibile anche da un pubblico adulto, infatti svariati temi si intrecciano con quello primario (le turbe caratteriali, la storia, la morte, la letteratura e la poesia).
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La stesura è stata abbastanza lunga e complessa: avendolo iniziato e abbandonato più volte, in tutto è durata quasi dieci anni. Ho dovuto documentarmi molto e incastrare minuziosamente numerosi spezzoni affinché l’intreccio risultasse un minimo credibile.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per quanto riguarda il genere, mi hanno ispirato un po’ tutti i libri d’avventura e di formazione per ragazzi, cito in particolare Il Giardino Segreto di Frances Burnett. Nella creazione del personaggio principale, invece, ho subito il fascino delle eroine femminili forti ed eccentriche, come Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho sempre vissuto e vivo attualmente nel nord Italia.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho scritto e ho in programma lo sviluppo di altre storie, di genere avventuroso e fantascientifico. Amo molto i romanzi d’evasione che però rechino con sé degli spunti di riflessione.