Edito da Scatole Parlanti - Alter Ego Edizioni nel 2019 • Pagine: 117 •
Emanuele è cresciuto a Perugia, realtà provinciale in cui l’eco del Sessantotto è riuscito a varcare le mura cittadine. L’impeto dei nuovi ideali si confronta quotidianamente con uno scenario che, però, appare difficile da cambiare. Tuttavia la sua vita viene scossa da un episodio drammatico, che sconvolge quell’ordine famigliare da lui sempre sopportato con insofferenza.
Decide di lasciarsi tutto alle spalle e di darsi alcune regole per essere sicuro di poter chiudere col passato. Impara a conoscere il mare, a vivere cavalcando l’onda delle proprie sensazioni e di quelle degli altri, intraprendendo un lungo viaggio che ha come prima meta l’Inghilterra. L’incontro con persone fuori dal comune sarà l’unica bussola in un percorso che lo porta a crescere come uomo; la risposta ai suoi perché, in ogni tappa del suo cammino in giro per il mondo, si materializza in forme inattese e allo stesso tempo impossibili da ignorare
Il mio viaggio è iniziato dieci anni fa da una domanda caduta nel vuoto. Un silenzio avvinghiato a quella domanda è rotolato tra i viottoli scoscesi della mia città e li ha corrosi. Il senso di quel mondo racchiuso nella rocca della mia vita, monotona e regolare, è scomparso.
Non ero certo che della mia desolazione interiore. Ero spogliato di qualsiasi pulsione all’attaccamento alla mia terra.
Proprio in quella distesa arida dove un tempo sorgeva il colle con sopra la mia città e la mia normale quotidianità, ho dovuto piantare regole nuove, assurde, forse stupide:
Regola 1: non avrei mai più domandato nulla. Domandato per sentire una risposta. Mettere in piedi frasi il cui tono terminasse con la richiesta di alcunché. Le domande sono mani tese a cogliere, sono aspettative già pronte a ricevere il contraccolpo.
Regola 2: non sarei mai più tornato nello stesso posto dopo essere andato via. Tornare è decretare la vittoria della famiglia, è cercare una madre, è ripresentarsi al recinto del padre.
Regola 3: avrei abitato in luoghi non arroccati, vicino al mare o comunque a uno spazio immenso dentro il quale poter respirare la lontananza.
D’altronde Perugia era morta, corrosa dal silenzio rotolato sui suoi ciottoli.
Ho iniziato un viaggio con i vestiti piegati nella borsa e queste tre regole stupide nella mia mente. Rispettarle mi avrebbe consentito di non piegarmi sotto i colpi delle ossessioni che mi lasciavo alle spalle. Partivo come un cavaliere inesistente, con un’armatura di fortuna appiccicata addosso solo dalla mia volontà di equilibrio. Mi sentivo splendido dentro questo mio nuovo, e per me necessario, compito.
Non conoscevo nulla al di fuori della mia famiglia annientata, eppure, proprio per questo, già desideravo e assaporavo tutto il mondo che da lì in poi mi sarebbe venuto incontro.
Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro ha avuto più di otto anni di gestazione, ed è nato da un’urgenza di sciogliere degli interrogativi che mi portavo dentro è stato difficile e facile insieme.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non potevo finirlo un giorno prima né un giorno dopo. Le risposte sono arrivate da sole, e con esse la conclusione del libro.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Gli autori che amo sono molto differenti dal genere in cui si inserisce questo libro e molto diversi fra loro. Amo Calvino, il realismo magico, la Fallaci, Sergio Atzeni… ma questo è un romanzo di formazione, che non si può inquadrare in nessuno degli stili o dei generi degli autori che amo.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nata, vivo e lavoro a Cagliari.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Oltre a questo, che è il mio romanzo di esordio, ho altri due progetti narrativi in corso, e poi chissà.
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