Galdrastafir: presentazione e intervista a Daniele Beatrici e Ornella Mirabile

Il termine “galdrastafir”, al singolare “galdrastafur”, deriva dall’antico linguaggio norreno “galdra” in una sua diretta connessione con il concetto di “canto magico”, ad identificare incantesimi recitati, cantati o sussurrati, incisi originariamente su “stafir”, ovvero su “doghe”, “staffe” o “bastoni” di legno. Compaiono nei grimori islandesi già a partire dal XV secolo. Di natura eterogenea, presentano caratteristiche influenzate da realtà non native, quali l’alfabeto runico in molte delle sue varianti, a partire dal Futhark, riferimenti al culto ebraico, evidenti simbolismi cristiani, formule latine, senza escludere tracce riconducibili all’alfabeto Ogham, utilizzato per trascrivere antiche lingue celtiche di origine irlandese, tra il V ed il VI secolo d.C. Quest’opera di ricerca presenta oltre 250 galdrastafir curati in quattro differenti capitoli a tema divinazione, propiziatorio, protezione e maleficio, valorizzati dal testo originale e dalla relativa traduzione in lingua italiana, ove disponibile, seguiti da quanto inerente i simboli stessi. Le immagini contenute nel testo sono state tratte da una serie di manoscritti islandesi databili tra il XV ed il XX secolo. “Galdrastafir – Le magiche doghe islandesi nella tradizione popolare italiana” assume pertanto una rilevante importanza storiografica, in quanto fa il punto su un periodo che copre ben sei secoli di studi e di discussioni, mettendo in luce sì i contributi alla verità storica islandese, ma senza trascurare di scandagliare le corrispettive realtà locali italiane del tempo in ottica folcloristica, apparentemente così diverse, ma sotto molti aspetti così vicine a quelle di oggi. Lo studio di ciascun galdrastafur è stato sostenuto non solo dall’attenta analisi del contenuto dei manoscritti originali, ma anche da un’ampia e valida bibliografia, da documentazioni relative ad atti processuali, da veri e propri documenti storici classificati nella loro autenticità presso biblioteche e, non meno importanti, da testimonianze dirette a mezzo di intervista di alcuni dei protagonisti citati negli accadimenti, accompagnati dal supporto di tradizioni e detti popolari autoctoni, senza tralasciare la presenza di fiabe e favole, cammei d’autore attraverso le quali verità trovavano voce in un periodo in cui non a tutti era concessa una diversa consapevolezza. Sono inoltre numerosi i riferimenti all’identificazione di specifiche piante ed animali che da sempre hanno lasciato tracce significative lungo il corso della storia. A tal proposito si auspica che la lettura di queste pagine intrigate di conoscenza possa dare razionalmente al lettore la consapevolezza di ciò che è stato, al di là di ogni inopportuna e personale interpretazione di metodi, documenti, vicende e luoghi non relativi a fatti storici attestati.