
Edito da Gabriele Levantini nel 2018 • Pagine: 90 • Compra su Amazon
Il Giardino sulla Spiaggia è una raccolta di racconti brevi indipendenti tra loro ma uniti dal filo conduttore delle emozioni umane e della ricerca interiore.
Si tratta di vicende di fantasia, anche se talvolta narrate in prima persona ed apparentemente autobiografiche, ma che attingono da situazioni emotive che più o meno tutti hanno sperimentato nel corso della vita.
L’opera è intesa come un viaggio interiore attraverso stati di coscienza diversi, rappresentati dalle vicende narrate che, ne costituiscono iperboli. Prima di addentrarsi nel primo racconto, il lettore incontra una breve riflessione intitolata Il Porto delle Nebbie, che lo introduce nella cupa atmosfera onirica della prima parte del libro.
Piano piano, poi i racconti si fanno più luminosi e la nebbia si dissolve lasciando spazio a una lucidità di pensiero che cresce di pari passo alla conoscenza di sé. Gli ultimi brani sono più indirizzati alla ricerca filosofica del senso della vita piuttosto che all’indagine sulle proprie emozioni.
A questo punto, un’altra breve riflessione intitolata Nostalgia chiude questo viaggio immaginario. O meglio, la prima parte, dal momento che dopo aver tirato le somme con un testo intitolato Ode alle crisi, l’autore si presenta con tre brevi racconti realmente autobiografici. Come se avesse potuto conoscere sé stesso e dunque presentarsi agli altri solo dopo aver compiuto questo lontano viaggio interiore.

Immobile sulla banchina, corde marce, acqua nera. Davanti a me, l’imbarco. Che fare? Orizzonte nebbioso, volo di albatros. Tutt’intorno fantasmi. Il nero si riflette sul nero, il vuoto si perde nel vuoto. Non sento niente, non provo niente, anestetizzato come un drogato. Luna nascosta, notte priva di calore. La barca forse mi offrirà un riparo.
La voglia di viaggiare e la paura di annegare si affrontano come due ubriachi alla locanda. Sarebbe viaggiare o solo fuggire?
Paura di annegare? Forse sono già annegato, forse sono anch’io un fantasma e chi mi incontra vede solo il ricordo di ciò che era. Orribile come questi esseri indefiniti che mi inseguono. Frammenti. Solo frammenti. L’eco di voci che non esistono più.
Mi domando quando arriverà l’alba, mi domando se arriverà mai in quest’angolo dimenticato di mondo, o se invece debba salpare io per trovarla. Non la ricordo più l’alba, c’è solo notte.
Devo lasciare il Porto delle Nebbie. Devo? Forse sto sognando, forse sono i fantasmi che confondono la mia anima.
Forse. Tutto appare sfumato nella nebbia…
Buon viaggio…
VELENO
“Come to decide that the things that I tried… Were in my life just to get high on… When I sit alone… Come get a little known… But I need more than myself this time…”
Lo stereo suonava i Red Hot mentre la macchina proseguiva lenta nel traffico cittadino. La luce arancione del tardo pomeriggio colpiva come una lama i vetri dei palazzi e dei miei occhiali da sole.
Stasera le parlerò. Basta. È un veleno che mi sta uccidendo piano piano. Ormai ho deciso. Quanti vorrebbero essere al mio posto? Eppure non io, a me non basta. Stasera sarà l’ultima volta.
Le scale del palazzo erano infinite. Ero vestito troppo pesantemente per questo caldo fuori stagione. Ci mancava solo di sudare… Proprio ora, proprio stasera. La sera dell’ultima volta.
Aprì come sempre: sorridente, bellissima. Raccolsi tutto il coraggio che avevo. “Ciao. Ascolta, stasera vorrei prima parlarti”. Mi sorrise e poggiò il suo indice sul mio naso e la mia bocca. “Shhh! Entra”. Mi prese la mano e camminando sinuosa mi accompagnò fino in camera da letto. Si sedette e iniziò a sbottonarsi la camicetta, guardandomi fisso negli
occhi. Mi sembrò di morire. Ero un drogato a cui veniva offerta eroina. Mezz’ora di felicità che mi avrebbe ucciso dall’interno, mi avrebbe bruciato le vene. “Le parlerò dopo”.
Il sapore inebriante della sua pelle mi dava conferma che tutto ciò era reale. Esploravo quel corpo che ormai conoscevo bene. Amavo vedere le sue espressioni di piacere. Sentii il suo calore avvolgermi e poi espandersi come un’onda sul mio corpo, fino a farmi bruciare dietro il collo. La sensazione più bella del mondo. Ero io che comandavo, capitano di un vascello che navigava come io volevo. La tempesta aumentava, sentivo fatica e sudavo. Il mio corpo era attraversato da fulmini. La mia mente invece navigava in un mare del tutto diverso. Un mare scuro sopra il quale riecheggiava una voce, la mia voce. “Cosa stai facendo?”. Tutti i miei muscoli erano tesi. Ecco! Sentivo i suoi lamenti di piacere, gli stessi fulmini che mi attraversavano, facevano tremare anche il suo corpo. Avevo avuto la droga che cercavo, per stasera. Basta, finito.
Mi spostai. Niente affetto, niente abbracci. Neppure un bacio. Cercai le sigarette nella tasca dei miei pantaloni, ne accesi una. Una sensazione bella quasi quanto le precedenti. Il mio corpo era adesso completamente rilassato. Era semmai la mia mente che entrava nel pieno della tempesta. Una strana sensazione di ansia e disagio mi avvolse. Si alzò anche lei, visibilmente spossata. Pensai che era dolce e fragile. “Mi faccio un caffè. Tu lo vuoi?”, disse. “No, grazie. Se ne hai ancora, prendo una birra”.
Bevevo in silenzio, ancora nudo, in attesa di rivestirmi e andarmene. Non era quello che volevo. Volevo restare, parlare della mia giornata, discutere del giorno dopo. Non mi bastava più così. Non dico che non mi piacesse, però non mi bastava. Perché a lei sì? “Senti, domani potremmo mangiare insieme”… Mi guardò strano, come se di colpo avessi parlato in una lingua che non capiva. “No! Lo sai, ne abbiamo parlato… Non mi sento pronta per una relazione. Se sei libero possiamo scopare, ma poi basta. A me piace scopare con te. Perché vuoi rovinare tutto?”
Fissai per un istante il vuoto nei suoi grandi occhi spaventati, prima di andarmene, ancora una volta.
“I walk this empty street… On the boulevard of broken dreams…”
Lo stereo suonava i Green Day mentre la macchina proseguiva veloce nelle strade della città ormai vuota. La luce fioca della prima sera accarezzava i vetri dei palazzi.
Domani le parlerò. Basta. È un veleno che mi sta uccidendo piano piano. Ormai ho deciso. Quanti vorrebbero essere al mio posto? Eppure non io, a me non basta. Domani sarà l’ultima volta…

Come è nata l’idea di questo libro?
Nel 2017, sollecitato da alcuni amici, decisi quasi per gioco di aprire un blog sul quale mettere alcune delle cose che scrivevo. Non avrei mai creduto che questo “gioco” mi avrebbe preso così tanto, né che mi avrebbe dato tanta soddisfazione. Dopo un anno e mezzo di questa esperienza ho capito che avevo bisogno di organizzare le idee, dare una forma più definita a quel filo rosso che univa le storie che scrivevo, che non era altro che il percorso interiore che stavo facendo, e che continuo tuttora. Così ho deciso di raccogliere quel materiale e farne un libro, il mio primo libro.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Scrivere è stato facile, perché mi è bastato, in un certo senso, raccogliere le emozioni che avevo dentro. Pubblicare invece è stata un’operazione impegnativa per me. Infatti, anche se i servizi di self-pubishing hanno reso quest’operazione quasi immediata, cercare di fare un buon lavoro rimane un duro lavoro che spetta all’autore. Un conto è scrivere per sé stessi o per pochi amici, un altro realizzare un libro, che si vorrebbe quindi presentare al mondo, e che dovrebbe essere quindi impeccabile in ogni sua parte. Ci sono da fare molte operazioni meno artisticamente gratificanti, ma non meno utili della scrittura stessa, prima di tutto la minuzione correzione delle bozze.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sicuramente Kerouac, Coelho, Buzzati e Calvino, sia per i contenuti che per la forma asciutta e diretta.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Lucca, ma sono nato e cresciuto a Viareggio, città alla quale sono legatissimo e della quale sono innamorato. Ho studiato a Pisa e poi mi sono trasferito a Firenze. Da lì, dalla grande città, sono poi andato a Bagni di Lucca, un borgo montano sperduto sull’Appennino Toscano, e poi finalmente a Lucca, dove mi sento a casa.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto lavorando a un’altra raccolta di racconti brevi, ma molto diversa da questa. Più improntata sulla bellezza delle piccole cose e sulle emozioni della semplicità e della quotidianità, un po’ in stile Delerm, diciamo. Avevo iniziato anche un romanzo breve, ma purtroppo alcuni avvenimenti mi hanno persuaso della necessità ristrutturare totalmente il lavoro fin qui fatto, perciò ho deciso di lasciare quest’altro progetto in stand-by e riprenderlo magari in futuro. Sporadicamente collaboro con associazioni culturali locali e artisti locali. Infine, continuo a mettere racconti sul mio vecchio blog, che è ancora molto seguito nonostante non riesca più a dedicargli le energie che ci spendevo prima.
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