Edito da Tabula Fati nel 2018 • Pagine: 168 • Compra su Amazon
Parigi 1601. Il corpo senza vita dell’arcivescovo Marconi viene rinvenuto dal suo segretario con un giglio bianco fra le mani e la gola squarciata.
Fiamma e Giulio Ranieri, baroni italiani ed emissari della Santa Sede, giungono nella città allo scopo di investigare sull’efferato omicidio dell’alto prelato e testare la lealtà del re e della sua corte al papato romano.
Dagli sfarzi del Louvre di Enrico IV allo squallore dei vicoli più poveri di Parigi, la ricerca della verità li conduce indietro di trent’anni, a un periodo sanguinoso della Storia di Francia che ripercorreranno addentrandosi nel rigore dei monasteri e dei conventi benedettini, luoghi di assistenza e cura, ma anche di segreti e di lucida espiazione, contraltari dell’ambiente frivolo e lussurioso di una corte vendicativa.
Parigi.
Fratello Jacques bussò alla porta senza ottenere risposta.
Bussò ancora, di nuovo silenzio.
Provò allora a chiamare, invano. Sentì all’improvviso il sudore gelido attraversargli la fronte.
L’arcivescovo aveva preso l’abitudine di chiudersi a chiave di notte. Fratello Jacques gli aveva fatto notare mille volte che se avesse avuto un malore sarebbe stato difficile soccorrerlo, ma non c’era stato nulla da fare.
Il panico cominciò a impadronirsi di lui.
Gridò il nome di uno dei servitori e, quando questi si palesò, gli diede l’ordine di sfondare la porta. Quando fu aperta, il monaco fece pochi passi barcollanti e poi cad-de a terra in ginocchio, urlando come un animale ferito e richiudendo il viso fra le mani.
L’arcivescovo era steso sul letto, il suo corpo composto come in una bara. Il sangue della gola recisa aveva inzuppato le lenzuola, coprendone il candore di un cupo scar-latto. Tra le dita intrecciate sul petto c’era un giglio, i cui petali bianchi erano screziati di rosso.
Roma.
Mentre conduceva la sua compagna lontano dalla folla del ballo in maschera, Orazio non riusciva a credere alla fortuna che gli era capitata La donna gli aveva detto di chiamarsi Ecate, come la dea pagana della magia; un nome quanto mai azzeccato, vi-sto che in quelle feste c’era assai poco di cristiano. Nessuno rivelava la propria identi-tà e nessuno mostrava il proprio volto, erano le uniche due regole. Orazio ed Ecate si fermarono in un corridoio semibuio. Lui l’attirò a sé e tentò di baciarla, ma lei lo fer-mò mettendogli un dito sulle labbra.
Lo fece accostare alla parete e gli sussurrò nell’orecchio: «Chiudete gli occhi e lasciate fare a me.»
L’uomo rimase un attimo come incantato sulla bocca scarlatta della donna, pregustan-done il piacere, poi appoggiò la testa al muro e obbedì.
La mano che lei gli teneva sul viso scese lentamente sul suo petto, mentre l’altra, con un gesto fluido, scioglieva i capelli color dell’ebano.
Il movimento della donna fu così preciso e veloce che Orazio nemmeno si accorse dello stiletto che gli sprofondava nel collo. Per un istante il suo corpo rimase addossa-to al muro, poi cadde con un tonfo sordo.
Lei estrasse il pugnale e lo ripulì sulla veste dell’uomo. Era stato un colpo perfetto, c’era pochissimo sangue. Infilò la lama sotto il vestito e ritornò alla festa.
Non appena rimesso piede nel salone sfiorò il braccio dell’uomo che la stava aspet-tando, poi insieme si mischiarono alla folla e guadagnarono con calma l’uscita.
Si incamminarono senza fretta attraverso i vicoli e si diressero verso una carrozza. Una volta saliti, lui ordinò al cocchiere di partire, e solo quando i cavalli cominciaro-no a muoversi la donna si tolse la maschera e la parrucca.
Capitolo I
Roma.
Era da poco passata la mezzanotte quando una carrozza trainata da quattro cavalli neri si fermò accanto a un’imponente costruzione.
La figura velata che ne scese si avvicinò a un’angusta porticina seminascosta e bussò in un modo noto solo a lei.
Dall’interno una voce maschile bisbigliò: «In nomine Christi…»
«…vivendi sumus,» continuò lei meccanicamente.
La donna sentì il pesante chiavistello che veniva ritirato e vide la porta aprirsi.
Un giovane valletto, che Fiamma conosceva da lungo tempo, le disse con gentilezza:
«Buonasera, baronessa. Venite, siete attesa con impazienza.»
Lei rispose al saluto e lo seguì lungo un angusto corridoio fino ad arrivare a una pare-te coperta da un arazzo. Il valletto lo scostò, rivelando una porta che in quel modo re-stava celata a occhi indiscreti, e introdusse Fiamma in un salone luminoso e accoglien-te. Lì il paggio si congedò; Fiamma si avvicinò all’uomo che sedeva allo scrittoio di quercia e gli baciò l’anello.
«Benvenuta, Fiamma. Se siete qui, suppongo che il vostro compito sia andato a buon fine.»
Lei annuì.
«Orazio Malaspina è morto.»
«Ottimo. Come sempre, veloce ed efficiente.»
Fiamma ebbe l’impressione che il cardinale Scala respirasse a fatica e che ogni parola gli costasse uno sforzo. Doveva essere successo qualcosa di molto grave; Scala non era tipo da scomporsi, ma sembrava invecchiato di colpo.
«Se non foste venuta questa notte, vi avrei mandata a chiamare domani. Ho bisogno che facciate un’altra cosa per me.»
Il cardinale estrasse da un cassetto un foglio piegato e lo consegnò alla ragazza.
«Un messo ha cavalcato giorno e notte per recapitarlo. Leggete.»
Fiamma aprì il documento.
“Vostra Eminenza,
mi perdonerete se non seguo il protocollo, ma la natura della notizia che sto per darvi giustifica il mio sconvolgimento e la mia fretta. Tre notti fa l’arcivescovo Marconi, vostro amico di lunga data e uomo molto pio, è stato assassinato nella sua stanza da letto. Gli hanno tagliato la gola e, non so se per rispetto o per scherno, hanno lasciato un giglio bianco tra le sue mani giunte sul petto. Le autorità, nella persona del capita-no dei moschettieri Claude Saint Martin, ritengono che sia stato un ladro, ma l’ipotesi è evidentemente ridicola. Vi prego perciò di inviare qualcuno che possa risolvere que-sto mistero e punire i responsabili di un crimine tanto empio.
Il servo di vostra eminenza,
Fratello Jacques Morin”
La ragione del turbamento del cardinale Scala le fu improvvisamente chiara.
Non le ci volle molta fantasia per capire ciò che le sarebbe stato chiesto.
«Partirò domani all’alba.»
Il cardinale annuì e aggiunse: «Vi darò subito le istruzioni e i salvacondotti necessari per arrivare a Parigi con meno disagi possibili. Ovviamente, vi farete scortare da vo-stro fratello.»
Così dicendo, trasse da un cassetto un fascio di documenti e li consegnò a Fiamma.
«Qui c’è tutto quello che dovete sapere, per questo e per l’altro compito che devo as-segnarvi: voglio che andiate a corte.»
Se lo sarebbe dovuto aspettare: il cardinale era triste per la perdita dell’arcivescovo, ma ciò non bastava a fermare il politico senza scrupoli che era in lui.
«Dubitate forse della lealtà del re?»
«Re Enrico è fin troppo incline ai voltafaccia. La sua conversione al cattolicesimo ap-pare sincera, ma voglio che verifichiate la situazione con i vostri occhi. Se anche la Francia ci abbandonasse, come è già accaduto per l’Inghilterra e la Germania, ci ver-remmo a trovare in una situazione scomoda, estremamente scomoda. Per farvi intro-durre al Louvre ho inviato un messaggero al duca Armand de Clemency, un uomo di nota lealtà alla Chiesa di Roma e molto vicino alla casa reale, soprattutto dato l’interesse del re per sua sorella Amélie. Potete essere sincera con lui, vi sarà utile. È un uomo importante e scaltro.»
«Come desiderate, Eminenza. Devo chiedervi un’ultima cosa: quando avrò catturato l’assassino che cosa volete che ne faccia?»
Il cardinale rispose con tono freddo e tagliente.
«Uccidetelo.»
«Sarà fatto.»
La voce di lei era altrettanto decisa.
Come è nata l’idea di questo libro?
Ho sempre amato la storia e i romanzi e romanzi storici e quando ho scoperto i gialli di Ellis Peters, ambientanti nel medioevo, per me è stato amore a prima vista. Ho deciso anche io di cimentarmi in questo genere, ambientando il mio thriller in un periodo che mi ha sempre affascinato, quello a cavallo tra 1500 e 1600, e in una città che ho imparato ad ammirare sin da quando leggevo i romanzi di Dumas: Parigi.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portare a termine questo libro ha richiesto ricerca e documentazione, quindi è stato impegnativo, ma mai troppo gravoso. Un altro aspetto limitante è stato la mancanza di tempo, facendo un altro lavoro che mi impegna tutto il giorno ne potevo dedicare poco alla scrittura, ma col tempo sono riuscita a terminare il romanzo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
L’autrice che in questo momento mi attrae particolarmente è Elena Ferrante. In passato ho seguito attentamente Jorge Amado Tra gli autori storici, amo molto Verga e Quasimodo. L’autrice che ho letto per prima in assoluto, ai tempi della prima adolescenza, è Liala.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ora vivo in Abruzzo, in una cittadina sul mare che adoro, e non saprei più immaginare la mia vita altrove. Ho vissuto anche ad Ancona e Firenze e rimarranno entrambe nel mio cuore per sempre.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Attualmente sto contribuendo ad alcune antologie di racconti di autori vari, inoltre ho iniziato a scrivere il seguito de “Il giglio insanguinato”.
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