
Edito da La Caravella Editrice nel 2019 • Pagine: 484 • Compra su Amazon
Luca è un ingegnere di 36 anni con un ottimo lavoro, una bellissima fidanzata, salute, amici, interessi.
La sua esistenza procede a gonfie vele, per questo nessuno riesce a spiegarsi cosa lo spinga a mettere tutto a repentaglio, a puntare tutta la sua vita al tavolo da gioco col proprio destino.
Luca vuole partire, non ripete altro da anni ormai, ma non per scappare da qualcosa.
Vuole partire perché si vive una volta sola, per non ritrovarsi vecchio e insoddisfatto, perché ha fame d’emozioni e sete d’avventura, perchè ha un sogno che non riesce ad abortire e una promessa che non può abiurare: girare tutto il mondo su una Vespa gialla del ‘76, partire da Genova e continuare a viaggiare ostinatamente verso levante fino a tornare al punto di partenza, provenendo però dalla direzione opposta e dopo avere toccato i cinque continenti.
Nell’ottobre 2015 finalmente parte, impiegando un anno intero a coprire un itinerario che lo porterà a toccare Istanbul, Dubai, Mumbai, New Delhi, Kathmandu, Vientiane, Bangkok, Singapore, Darwin, Adelaide, Sidney, Santiago del Cile, La Paz, Manaus, Fortaleza, Lisbona e Tanger.
Le ruote della sua Vespa rotolano un anno intero, per oltre 40000 Km e attraversando 28 Paesi, lungo un percorso in molti tratti obbligato che lo costringerà a passare per ambienti bellissimi ma spesso duri ed inospitali, come il deserto iraniano e quello di Atacama in Cile, le vette dell’Himalaya e quelle della Cordigliera delle Ande, l’outback australiano e la foresta amazzonica.
Nel libro, tratto dal suo diario di bordo e scritto al presente e in prima persona, Luca presenta una carrellata di personaggi attraverso le cui parole tratteggia i luoghi e le culture attraversate, racconta le emozioni e le tante peripezie incontrate e superate lungo il cammino, facendo letteralmente salire il lettore insieme a lui sul sellino della sua vecchia Vespa.
La suddivisione del testo in brani, preceduti da data e ora dell’annotazione originale, aiuta a visualizzare l’incedere del viaggio nel tempo e nello spazio, strutturando il libro come una sequenza di episodi.
Durante la narrazione Luca si mette a nudo, non lesina dettagli introspettivi ed esistenziali, sempre curioso, osservatore acuto del mondo che gli scorre accanto e di quello che gli cambia dentro, innamorato del viaggio, ironico ed autoironico, testardamente risoluto ad avanzare sempre e comunque, a non mollare di fronte a nessuna difficoltà, a non fallire.
La storia di una grande avventura, col mondo intero e ogni gente che vi abita a farne da cornice e una protagonista indiscussa: quella Vecchia vespa gialla carica di bagagli, che lascia innamorato e sognante ogni sguardo che vi si posa.

16\02\2015 Road to Jomson, Nepal
Scrivo da dentro a un quadro da Macchiaioli, avvolto da un profondo senso di sconfitta.
Non ce la faccio, non ce la posso fare. Domani riproverò ancora a salire qualche chilometro, ma so già che mi toccherà tornare indietro. Questa strada è davvero troppo per il TS.
Troppo estrema, troppo massacrante, troppo devastante per la sua meccanica.
Maledizione odio perdere, odio ancora di più dovermi arrendere. Se non dovessi attraversare altri 3 continenti con questa stessa Vespa giuro su Dio che in qualche modo ce l’avrei portata fino a Jomson. Le avrei fatto esplodere il cuore, piuttosto me la sarei caricata in spalle, ma Porco Giuda se ce la portavo! Ma devo preservarla, non posso permettermi di distruggerla.
Ho percorso circa 160 Km da Pokhara. I primi 100 Km su una strada non particolarmente affascinante, però asfaltata e ben percorribile. Gli ultimi sono stati invece massacranti per il povero TS. Giunti a Beni, in fondo alla piazza polverosa dove tutti i bus fanno capolinea, ho visto iniziare la strada che mi ha portato quassù, stretta e tremenda. Inizia come un semplice sterrato ma in breve diventa una terribile pietraia, ovvero una strada letteralmente scavata nella roccia del fianco delle montagne e che segue una vallata al cui fondo scorre un fiume. La valle è abbastanza ampia e la salita non molto ripida all’inizio, ma poi si stringe fino a diventare una gola strettissima in fondo alla quale fatica ad arrivare la luce del sole.
Il fiume diventa ruscello, l’aria frizzante e leggera, la salita sempre più ripida. Giunto alla sommità del passo la strada ha semplicemente cambiato valle, iniziando a seguire quella di un nuovo fiume. Prima di ridiscendere ho respirato a lungo tutto quanto vedevo attorno a me, a 3000 metri sopra al mondo ringhiante: i boschi che sputavano nebbia dai cupi burroni sotto di noi, un torrente formidabile precipitare a valle verso uno di essi, le nevi vergini stagliarsi all’orizzonte, la pazienza infinita di montagne prodigiosamente solenni, immobili da secoli a guardare tutti e a non fare nulla. L’impressione di avere sfondato lo schermo mi è passata sulla pelle come un brivido ghiacciato.
Scogli e guadi: li ho incontrati incessantemente oggi lungo questa strada.
Un guado in particolare mi ha preoccupato a lungo. Come sempre da fuori è impossibile sapere quanto possano essere profondi. Di solito aspetto il passaggio di qualche mezzo per valutarlo oppure, se come in questo caso la strada è deserta, butto un sasso al centro per stimarne la profondità dal rumore e dagli schizzi d’acqua.
Ma stavolta era strano. Ho lanciato vari sassi nell’acqua, ma ognuno suggeriva diverse profondità. Ho solo capito che là sotto il fondale era molto irregolare. Non avendo la minima intenzione né di tornare indietro né di aspettare ore al freddo il passaggio di qualcosa o qualcuno, ho infine scelto l’unica soluzione possibile: prima dentro, gas a martello e via a cannone dentro al guado.
Ho preso almeno un paio di grosse pietre sul fondo che hanno rischiato di farmi cadere, il che sarebbe stato un disastro. Mi sono tenuto in piedi con un paio di vigorose pedate, bagnandomi fino al ginocchio e, non so bene come, ne sono uscito. Mi sono sentito come un sorriso…
Ogni tanto la strada attraversa uno dei minuscoli paesini che sono nati ai suoi lati. Sono formati da una decina di case appena e la vita dei loro abitanti è regolata dal passaggio dell’unico minuscolo bus che ogni giorno parte da Beni in direzione Johnson. Passano la giornata sulla strada a badare agli animali e a intrecciare foglie di palma, per farne cesti e altri oggetti di uso comune per una vita rimasta assolutamente rurale. Ho trovato molti contadini di ritorno dai campi arrancare su per questa pietraia con quei cesti carichi di verdure in miracoloso equilibrio sulla testa. Ma quando si avvicina l’orario del bus salgono tutti sui tetti delle case ad ammirare lo spettacolo o, più probabilmente, per studiare le facce dei passeggeri e ricavarne motivo di qualche chiacchiera. Pare che sia il loro unico svago. Poi ha iniziato a piovere. Una pioggia fredda ma leggera, assolutamente insufficiente a fermarmi.
“E’ tutto qui quello che sai fare?!? Avanti su! Non fermerai MAI questa Vespa! Mi hai sentito? Ehy dico a te lassù!”
grido al cielo scimmiottando il tenente Dan di Forrest Gump, aggrappato senza gambe sull’albero del loro peschereccio in balia di una furibonda tempesta.
Evidentemente qualcuno lassù mi aveva sentito davvero. Poco dopo, mentre arrancavamo su per una ripidissima salita (tutta in prima marcia per oltre mezz’ora), si è bloccato il cambio del TS. In prima marcia, ovviamente. A motore acceso non era più possibile metterne altre, neppure la folle, pur tirando a fondo la leva della frizione. Occorreva fare spegnere il motore per riuscire a disinnestarla. Poi lo riaccendevo, ripartivo in prima e subito di nuovo si bloccava.
So bene cosa è successo: la frizione, la povera frizione torturata da questa devastante pietraia ad oltre 3000 metri di quota, si è scaldata e gonfiata tanto che anche tirando il cavo di comando non riusciva più a “liberarsi”, i dischi continuavano a sfregarsi lo stesso impedendo al cambio di fare il proprio mestiere. Ho sbagliato, maledizione, ho sbagliato un’altra volta. Avrei dovuto mettere i dischi nuovi giù a Katmandu, sostituire il pacco completo anziché pulirli soltanto e cambiare l’olio. Non ho portato i ricambi qui con me, ho dovuto alleggerire al massimo il TS per provare ad arrampicarmi qui in cima e domani posso solo provare ad aggiungere olio al cambio e sperare che basti. Ho solo l’olio per la miscela, ma non credo il TS farà lo schizzinoso. Sono certo che al mattino a freddo il cambio funzionerà di nuovo, ma sono altrettanto certo che si bloccherà ancora. La verità è che ho sbagliato, ho sbagliato di nuovo. E ormai so bene come, in un viaggio come il mio, gli errori si paghino tutti, subito e in prima persona.
Poi abbiamo trovato questa locanda lungo la strada. E’ stata una benedizione, eravamo in grande difficoltà e letteralmente esausti. Mi sono immediatamente fermato a chiedere una stanza e qualcosa da mangiare. E così ora sono dentro al quadro dei Macchiaioli, a scrivere della mia sconfitta.
E’ la sala da pranzo della locanda. M i trovo da qualche parte ai piedi dell’Himalaya.
Un paio di tavoli su un lato della stanza, una fila di panche dall’altro; azzurro fino a un metro e mezzo da terra e poi bianco fino al soffitto, pavimento di cotto rossiccio.
Tutto è straordinariamente umile ed essenziale, fioco ed ovattato, sbiadito e sfumato, lento e senza fretta. Il tempo qui sembra spalmato alle pareti.
Una donna siede col suo bambino su una delle panche. Si alza per accendere un lumino e lo porta silenziosa sopra al mio tavolo. Ha notato che sto scrivendo ed è una forma di cortesia estrema: quassù nulla si spreca se non strettamente necessario, neppure la fioca luce di questa candela.
Il bambino ha forse 2 anni, mi guarda tra lo spaventato e il curioso mentre il rumore di un fiume poderoso arriva da fondovalle. Mi piace questo rumore, sa di eterno. E’ acqua che sgorga direttamente dai monti più alti del mondo, li ho intravisti ancora un paio di volte oggi.
Sono magnifici, trasmettono potenza. Non serve essere predisposti per “sentirli”, le loro vibrazioni sono talmente poderose e penetranti che nessuno potrebbe mai rimanerne impassibile, in qualunque condizione di animo si trovasse. Li ho visti spuntare con le vette bianche di ghiaccio perenne da una nebbiolina azzurro scuro, quando ero ancora lontanissimo da loro eppure già apparivano maestosi. Poi mi sono apparsi a sorpresa dietro un tornante, immani nella loro gigantesca rocciosità. Uno spettacolo della Natura, uno spettacolo che toglie il fiato. Li ho potuti osservare per intero, dalla base fino alle vette: dalle zone più basse ricoperte di vegetazione verde salendo fino a dove gli alberi non crescono più e sono solo cespugli ed arbusti; e poi ancora su, dove è solo roccia viva e nuda, e infine oltre ancora, fino alle vette ricoperte di immani e perenni ghiacciai.

Come è nata l’idea di questo libro?
Estate del 2003, finiti gli esami dell’università, avevo deciso di trascorrere l’estate vagabondando in Spagna prima di tornare per discutere la tesi. Il piano era di andare a Barcellona con un traghetto che parte da Genova e semplicemente trovare un lavoretto lì attorno. Non volevo portarmi dietro la mia moto ma neppure essere a piedi. Così comperai la mia prima vespa, un piccolo Special 50 tutto scassato, per 250 euro. Lo verniciai di giallo, cambiai la candela e partii. Arrivato a Barcellona inizia a innamorarmi di questo mezzo che avevo sempre disprezzato. Io sono sempre stato un motociclista “smanettone”, la vespa era distante anni luce dalla mia idea di moto. Decisi di andare fino a Valencia, circa 500 km a sud, ma quel viaggio fu l’inizio di una storia d’amore che dura tutt’ora. La Vespa era magia, emozione, pur andando a 50 allora. Non potendo “guidare” come ero solito fare iniziai a guardarmi intorno, a sentirmi parte dell’ambiente che attraversavo, a scrutare l’orizzonte davanti a me anziché solo la curva successiva come avevo sempre fatto. Osservavo la gente, mi fermavo a parlare con loro, respiravo vita e libertà pieni polmoni. Non volli fermarmi a Valencia, proseguii verso sud fino a quando sulla spiaggia di Tarifa la strada semplicemente termino’. L’Atlantico immenso di fronte. Su quella splendida spiaggia promisi a me stesso che un giorno nulla mi avrebbe fermato, né gli oceani né le montagne: avrei girato tutto il mondo per tornare al punto di partenza ma dalla direzione opposta. E lo avrei fatto in Vespa. Quando il sogno è diventato realtà, non ho avuto dubbi che un giorno da quella avventura sarebbe nato un libro. Ci ho messo quasi 5 anni, ma ce l’ho fatta!
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
….è stato quasi più difficile del viaggio stesso! Non ne avevo mai scritto uno, non è stato facile per niente. Un libro è una cattedrale di parole, tutte sono legate tra loro dal sottile filo della trama, tenerle tutte insieme è una vera impresa.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono cresciuto con una santissima Trinità nel cuore dell’Intelletto: Henry Miller, Charles Bukowsky, John Fante. Di loro ho letto tutto, e avrei letto qualsiasi altra cosa avessero scritto. Li ho adorati, ciascuno a modo proprio. Ma adoro anche Umberto Eco e Marquez, non sopporto Calvino e Svevo mentre Pirandello è stato l’angelo che mi ha insegnato l’amore per la lettura. Avevo 12 anni quando mi capitò tra le mani una copia de “Il fu Mattia Pascal” e ricordo ancora la sorpresa che provavo mentre lo leggevo e non lo trovavo noioso, anzi…
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato e cresciuto a Genova, città dove risiedo attualmente. Ma in passato a causa del mio lavoro mi sono trovato spesso a vivere fuori dalla mia città, anche se sempre per brevi periodi: Varese, Bologna, Maranello. Ma non ho mai voluto davvero vivere in un altro posto in Italia che non fosse la mia Genova. Mi sento contaminato dalla mia città, pur spurio mi sento un genovese nello spirito. Lascerei la mia città solo per una calda isola tropicale!
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Scrivere la seconda parte de “Il giro del Mondo a 80 all’ora” ovviamente! Non so ancora quanto mi prenderà, ma ce la farò!
Comprerò il libro prima possibile, mi ricorda un po’ Giorgio Bettinelli in Vespa, ma dall’ anticipo penso sia più bello e avventuroso, Auguri di infinite pagine giovane scrittore.
Ho terminato di leggere il libro 2 giorni fa… Ed è bellissimo! Le ultime 50 pagine le leggevo pianissimo per paura che finisse… Ora aspetto on ansia il secondo… Bravo Luca… Sei un grande!!!
Ne ho letti diversi libri di viaggiatori in moto ma questo li supera tutti, complimenti sembra di essere in moto con te…aspetto la seconda parte