
Edito da Gisella Padovani nel 2019 • Pagine: 387 • Compra su Amazon
Noi siamo come il grano saraceno che ondeggia ma, quando il vento è passato, si rialza dritto e forte quasi come prima…
Margaret Mitchell
Rossella O’Hara Butler è sola, infelice, tormentata dai rimorsi. Rhett l’ha abbandonata, ma lei non ha perso la speranza di riconquistarlo.Lei ha Tara. Da quella terra trarrà la forza per iniziare la sua nuova battaglia e tentare di riconquistare il suo uomo. Ma Rhett non la ama più, non la vuole e non la desidera. Non crede nel suo amore. Lotterà, fino a quando un fatto inatteso la costringerà a fuggire lontano dai suoi figli, dalla sua terra e a rinunciare alle sue speranze di riconciliazione.Tuttavia una scoperta incredibile…

ATLANTA 1873
Quella nebbiosa alba di novembre Rhett Butler lasciò la casa ai Cinque Punti.
Rossella sentì i suoi passi nel vestibolo, l’acciottolio della ghiaia sotto le ruote della carrozza, le voci di Porck, del cocchiere, del palafreniere.
Sentì il rumore degli zoccoli perdersi in lontananza.
Non pianse, rimase immobile, sprofondata nella poltrona del salotto, le braccia abbandonate sul grembo e le mani unite in una stretta spasmodica.
Rhett…Rhett…Rhett …
Con monotona cadenza il nome le martellava nel cervello, nel cuore, in ogni fibra del suo corpo. Avrebbe voluto lasciarsi sopraffare dall’ira ma non c’era rabbia nel suo animo, solo un dolore sordo e impotente, un’angoscia devastante che la sprofondava inesorabilmente in uno stato di torpore e desolazione.
Cercò con disperazione di riordinare i suoi pensieri.
Sapeva che c‘era qualcosa d’impellente di cui doveva occuparsi ma l’immagine di Rhett si sovrapponeva a ogni tentativo di raziocinio.
Rhett… egli non era più una realtà, non per lei, era andato via, faceva parte del suo passato.
Non poteva accettarlo.
Doveva fare qualcosa, doveva provare a riconquistarlo. Non avrebbe dovuto abbandonarla, non in quel momento, non ora che aveva tanto bisogno di sostegno, di aiuto, non nell’ora della morte di Melly.
Ecco cos’era, ecco qual era l’impellenza, Melly era morta e lei doveva occuparsi del funerale.
Aveva promesso, aveva detto che sarebbe tornata.
Si riscosse, si alzò, doveva andare, c’era tempo per soffrire, un’intera vita. Domani sarebbe tornata a Tara, il suo corpo e soprattutto la sua anima si sarebbero ritemprati.
Lì, avrebbe trovato quella pace e quella forza che le sarebbero state necessarie per riprendersi il suo uomo.
Come una sonnambula raggiunse l’ingresso, raccolse un mantello, lo indossò e uscì.
Non pioveva. L’alba, livida e incolore, stava lentamente diradando la nebbia. L’autunno inoltrato si avviava a morire lasciando il posto a un inverno che sembrava preannunciarsi d’inusitata rigidezza.
L’aria umida e pungente penetrò attraverso gli abiti.
Rabbrividì mentre, a passi lenti, si avviava lungo via Dell’Albero di Pesco.
Non si volse indietro, non voleva guardare la sua casa verso la quale, solo qualche ora prima, era corsa con l’animo colmo di speranza e con la certezza di raggiungere la felicità.
Attraversò la strada deserta, si guardò intorno.
Atlanta era ancora tutta un cantiere.
Col frenetico desiderio di dimenticare gli orrori patiti, chi non aveva potuto farlo, e adesso ne aveva la possibilità, cercava di eliminare i segni del disastro, di cancellare l’orrore dell’olocausto.
“Ricostruire,, pensò, e le sue labbra si stesero in un sorriso amaro.
Le sembrava di essere come Atlanta dopo la resa, un cumulo di macerie da ricostruire.
Una scintilla dell’antica baldanza si accese nel suo animo.
Drizzò le spalle e alzò il mento. Doveva farcela, sulle ceneri della sua esistenza avrebbe eretto una nuova vita, mattone su mattone. Avrebbe riconquistato la stima della sua gente , si sarebbe comportata da vera signora facendo onore al sangue dei Robilard che scorreva nelle sue vene e avrebbe riconquistato Rhett.
Ella era Rossella O’Hara, fiera, caparbia, volitiva.
Il sangue irlandese dei suoi antenati scorreva nelle sue vene mescolato a quello francese. Né la guerra, né la fame, né la morte, erano riuscite a distruggerla, non ci sarebbero riuscite adesso né la solitudine né l’indifferenza di Rhett.
Aveva due scopi, riconquistare il rispetto della sua gente e l’amore di suo marito, li avrebbe conseguiti entrambi, non si sarebbe arresa.
Ashley era adesso un’ombra sfocata, una copia quasi patetica dell’uomo che aveva creduto d’amare, dell’uomo che aveva cercato di carpire alla migliore delle donne, era un essere insignificante e privo di spina dorsale.
Non era come il suo Rhett, forte, sicuro di se, indomabile, dolce e perverso, gentiluomo e furfante.
Perché aveva capito solo adesso che le loro anime erano in sintonia? Che solo insieme potevano essere felici?
Avrebbe lottato, avrebbe riconquistato il suo amore e la sua stima, non si sarebbe arresa…mai!
Svoltò in via Dell’ Edera e tutta la sua baldanza scomparve.
Una piccola folla dolente era raccolta nel giardino dei Wilkes.
I vicini e gli amici avevano già saputo ed erano accorsi.
Tutti coloro che avevano amato e rispettato Melania erano lì per porgerle l’estremo saluto. Era però la stessa gente che non la amava e non la stimava, il popolo puritano al quale lei, in passato, aveva voltato le spalle. Sapeva che avrebbero mormorato per l’assenza di Rhett. Temette che le fosse chiesto il motivo della sua assenza e temette soprattutto di tradirsi, di non essere in grado di nascondere la dura realtà.

Come è nata l’idea di questo libro e quanto è stato difficile portarlo a termine?
Questo scritto nasce da una mia passione giovanile. Quando ero una ragazzina, vidi per la prima volta la versione cinematografica di “VIA COL VENTO„ un film che ho subito adorato e che mi è rimasto nel cuore per sempre. Da adulta ho letto numerose volte il romanzo di Margaret Mitchell e il mio amore per questa storia è aumentato a dismisura. Il mio solo cruccio era che lasciava il lettore in attesa di una conclusione che aimè, non fu mai scritta dall’autrice. Vi erano, alcune parti che pungevano la mia curiosità e che attendevano un chiarimento più approfondito dei fatti, ma che, nell’intero romanzo, non venivano spiegate (il bambino di Bella Watling, il pupillo di Rhett, ecc..) e poi quel “tornerò spesso” che lasciava immaginare una continuazione. Ho sempre ritenuto di non essere in grado di scrivere qualcosa di valido ed è stato per questo che, pur avendo una gran voglia di dare un finale a questa storia, per anni ho solo pensato di impegnarmi in questa avventura ma senza decidermi. Poi un giorno ho preso la penna in mano e ho deciso di farlo. Il mio desiderio di un finale secondo la mia visione, sarebbe stato appagato. Ho cominciato quindi a scrivere nel lontano 1985. Fra alti e bassi, abbandoni e frustrazioni, sono, bene o male, andata avanti. Poi un giorno, ho scoperto che una scrittrice americana, sicuramente più capace di me e ovviamente più a dentro ai fatti storici e alla cultura del vecchio sud, aveva scritto la continuazione del mio romanzo preferito. L’ho comprato e letto, ma non mi ha fornito risposte a nessuna delle mie curiosità, tutte quelle parti che la Mitchell aveva lasciato in sospeso non erano chiarite. La continuazione di Via col vento però, era stata scritta e mi sembrò inutile continuare la mia versione. Decisi di rinunciare. Anche storicamente non mi sentivo all’altezza. Non sono mai stata in America né a Londra. La Louisiana, la Georgia, la Virginia sono terre a me sconosciute e altrettanto sconosciuta mi è la lingua inglese. Come imbarcarsi in una simile impresa? Deposi la penna. Oggi però che gli anni sono trascorsi e queste pagine sono rimaste incompiute per troppo tempo, ho deciso di provare a completare la mia visione della storia di Rossella e Rhett. Ricerche accurate mi hanno permesso di scrivere di luoghi mai visti e di tempi mai vissuti, ogni luogo è autentico, ogni personaggio citato (tranne quelli fantastici) è esistito, è reale e storicamente corretto. Questa storia mi ha dato la soddisfazione di scrivere il finale che ho sempre immaginato. Il linguaggio è certamente un po’ retrò ma lo è per adeguarlo pretenziosamente allo stile della Mitchell. Le persone di colore, di cui ho grande rispetto, vengono chiamate “negri”. Tengo a precisare che questo appellativo, ritenuto dispregiativo, mi è stato imposto dalla storia e dall’epoca. Se queste pagine saranno pubblicate, ne sconsiglio vivamente la lettura a chi non ha letto il meraviglioso romanzo che le ha ispirate.
Gentile Gisella,
non ho letto il suo libro e me ne scuso. Ho letto però la sua presentazione, che mi è bastata per convincermi che lei è una donna coraggiosa. Dichiarare al mondo d’oggi la propria passione per “Via col vento” penso che le causi lo sberleffo di tanti giovani avvezzi a ben altri impatti cinematografici. “Via col vento”? Film obsoleto – dicono loro – enfatico, retorico, non credibile, sdolcinato, scolastico, inutile (senza contare il giudizio dei critici, da sempre impietoso a prescindere dalla loro età). Io non sono giovane e nemmeno un critico. Perciò ho licenza di allinearmi alle sue posizioni. Porto anch’io nel cuore la storia di Rossella. Vidi per la prima volta “Via col vento” nel 1963, restaurato e ridoppiato con le grandi voci dell’epoca (Lydia Simoneschi e Emilio Cigoli in primis). Andai a vederlo spinto dalla curiosità, perché lo sentivo nominare quasi tutti i giorni da mia nonna, che ne parlava con gli occhi lucidi. Ero un ragazzino in formazione e anch’io rimasi folgorato da quella pellicola, che a tutt’oggi considero archetipo e summa della filosofia cinematografica, da me intesa come rappresentazione umana in un contesto spettacolare. Sì, perché così è nato il cinema. Per stupire, emozionare, intrattenere, confortare. E questo è possibile solo grazie a un grande spettacolo, una grande musica, grandi interpreti, una storia privata ben raccontata sullo sfondo della Storia con la S maiuscola. Ed è ciò che offre “Via col vento”. Se dovessi stilare la classifica delle mie top-ten, lo metterei senz’altro al primo posto ex aequo con “C’era una volta in America”, altro poema epico che, essendo un po’ più recente, spero mi attenui l’accusa di passatismo.
Considero dunque “Via col vento” il cult dei cult e poco mi curo di sequel, prequel e remake. “Via col vento” resta un film iconico e tale a mio avviso dovrebbe restare: incontaminato. Per questo ci sono rimasto un po’ male quando ho appreso che il super-cinefilo Sergio Leone aveva intenzione di rifarlo. Per fortuna accantonò l’idea. Lei dirà: per forza, è morto! No, accantonò l’idea preferendo indirizzarsi su un altro progetto, che per nostra sfortuna non è potuto andare in porto proprio per la sua improvvisa scomparsa: un film sulla battaglia di Stalingrado.
Cordialmente
Ivan Mambretti
La ringrazio per la cortesia e per la condivisione alle mie idee. Se un giorno deciderà di leggere il mio libro sarei felice di avere un suo commento, anche negativo.
<Ancora grazie
Gisella Padovani