Edito da Francesca Ottaviani nel 2019 • Pagine: 254 • Compra su Amazon
Le parole d'ordine di questo romanzo sono ridere dell'amore e per l'amore, farsi coinvolgere dall'amicizia e scoprirsi fantasticamente vulnerabili...
Adele ed Edoardo si incontrano per la prima volta in una giornata qualunque di inizio settembre. Roma fa da sfondo alle loro avventure e, in particolare, si ritrovano a dover condividere un pianerottolo... e un terrazzo di troppo. I due hanno più cose in comune di quel che credono, ma caratteri agli antipodi.
Adele non è il tipo da amicizie secolari e amori da film strappalacrime, anzi, da quando ha perso la madre fa di tutto per tenere le persone a distanza. Non è incline ad affezionarsi, anche se un'eccezione esiste: la sua moto BMW R nineT Scrambler, che tratta come fosse una persona, tanto da chiamarla per nome.
Edoardo è un ragazzo che reputa gli amici una seconda famiglia ed è sempre impegnato nel risolvere i problemi di cuore altrui, nonostante sia un po' impacciato nei propri.
Rimasto scottato da quel che è accaduto con la sua prima cotta, si fida di una sola donna, la sua amica d'infanzia Sara. Edoardo vorrebbe essere un inguaribile seduttore, così da non dover mai più soffrire, ma proprio non è nella sua natura e, tra incomprensioni, qualche ripensamento e tante risate, cercherà di far capitolare Adele.
A volte il primo vero appuntamento si fa attendere e, seppure si pensava non si sarebbe stati capaci di aprirsi, o di tornare ad amare, si presentano nuove occasioni per mettersi in gioco.
Ieri sono uscita con Claudio e, devo ammetterlo, è stata una giornata interessante. Poi, però, tornata dal lavoro ho incontrato il Maligno sul pianerottolo e questa notte non ho fatto altro che chiedermi dove fosse stato fino a quell’ora e con chi. Non è normale, no? Lui era bellissimo tutto stropicciato dal sonno, capelli scompigliati e i suoi jeans strappati, che ho notato indossare spesso.
Sono rimasta a osservarlo mentre armeggiava con la serratura di casa sua, finché non si è girato. I suoi occhi erano velati dall’alcol, ma la sfumatura del loro inconfondibile verde mi ha, comunque, fatto sospirare.
Cosa ho di sbagliato, che esco con un ragazzo stupendo e ho in mente sempre quel cretino del mio vicino?
La devo smettere di perdermi tra i meandri della mia mente, anche perché tra una mezz’ora arriverà Marco. Andremo a visionare per l’ultima volta la “casa perfetta”. Lui ci tiene a mostrarmela prima del trasloco, giorno funesto previsto a breve. Se non trovo una valida alternativa, io e mio fratello saremo a tutti gli effetti vicini di casa. Sto cercando di evitare ciò da quando Marco ha posato gli occhi per la prima volta sull\’appartamento a quattro portoni dal mio, tanto che ho chiesto all’agente immobiliare di farci vedere anche altre case, oggi. Tento il tutto per tutto, magari trova una perla dell’architettura in questo ultimo tour. Per evitare che quell’infame mi svegliasse ancora malamente, ho messo la sveglia alle 8:00 e sto dormendo in piedi. Nel pomeriggio poi ho sessione di trucco, parrucco e gossip con le ragazze. Hanno insistito per preparaci insieme per la festa.
Il telefono squilla ed è Marco, almeno non ha citofonato. Non credo che Ally e Saxy avrebbero gradito un’incursione a quest’ora del mattino. Il nostro citofono, poi, somiglia agli squilli delle trombe che annunciano l’ingresso al cospetto dell’imperatore.
«Sei già arrivato? Neanche il tempo di un caffè!»
«Dai, B, ti offro la colazione al bar! Scendi.»
«Ok.»
Dopo una abbondante colazione con cappuccino e cornetto, perché la colazione è sacra, ci avviamo per visitare le abitazioni per le quali abbiamo preso appuntamento, in tutto sono quattro. Le tre per le quali ho insistito io e la “casa perfetta”, a dire di Marco. Quest’ultima si trova sulla mia stessa via. Spero sia orribile, perché va bene la stessa città e lo stesso quartiere, ma la stessa via no. Mi romperebbe a qualsiasi ora.
Gli appartamenti che ho scelto io sono carini e abbastanza lontani dal mio stabile. Se la statistica non è un’opinione, l’ultimo deve essere quanto meno un angusto bugigattolo.
La “casa perfetta” si trova ad appena quattro portoni dal mio, al quinto piano. È presente, però, un ascensore ultramoderno.
E ti pareva, non me ne va bene una!
Marco non me l’aveva descritta minimamente, voleva fosse una bella sorpresa. In questo momento abbiamo un’idea piuttosto diversa di bella sorpresa.
Varchiamo la soglia e la signora dell’agenzia, Tamara, che ha la voce più stridula mai sentita, ci comincia a spiegare tutte le imperdibili caratteristiche dell’abitazione. Con troppa enfasi, a parer mio. Da una con un vestito rosa pastello, gonna a ruota, foulard in tinta e cerchietto a scacchi bianchi e lilla, cosa ci si poteva aspettare?
«Qui a sinistra c’è una bellissima cucina abitabile, ristrutturata da poco. La porta finestra dà su un piccolo terrazzo. È abbastanza ampio per sistemarci un tavolino da quattro, sei persone, ideale per mangiare fuori l’estate. Guardate che splendido panorama!»
No, dico, ma ce l’avete con me? Quale casa ormai ha più una cucina abitabile? Esistono solo cucine a vista e angoli cottura, e che cavolo!
Ignara del mio stato d’animo, Tamara continua con la sua entusiastica presentazione. Quel dannato foulard non la smette di svolazzare, mentre lei indica con il suo dito smaltato, rigorosamente rosa, ogni più piccolo dettaglio.
«A destra c’è un salottino anch’esso con un terrazzo, leggermente più grande dell’altro. Qui le rifiniture sono state tutte rifatte da poco.»
Pure?
«Questa casa è una bomboniera, se potessi la prenderei io!»
Cara Tamara, è andata! Prendila tu, ti prego. Me la immagino già con le pareti rosa e un orrendo tappeto bianco peloso all’ingresso, magari a forma di pelle d’orso. Ce la potrei mettere io la differenza, forse!
«Quella che abbiamo visto è la zona giorno. Oltrepassando questa porta abbiamo un bagno con doccia e finestra, la camera principale e una cameretta più piccola, non sia mai arrivi un pupetto. È presente infine un ripostiglio piuttosto spazioso. Avete domande?»
Sì, Tamara. Ho una domanda: ce l’hai con me? Ma possibile che la casa migliore sia ad un tiro di schioppo dalla mia? Devo sforzarmi per non esprimere davvero i miei amletici interrogativi.
«No, grazie, è stata gentilissima, Tamara. Mi consulterò con mia sorella e si arrenderà al fatto che saremo vicini. L’appartamento mi piace.»
Poi Marco si rivolge a me: «ehi, B, ne ho viste così tante, ma questa è la migliore. Non credi anche tu, che sia bellissima?».
Sposto il peso da un piede all’altro, indecisa se mentire o meno, poi scelgo la via diplomatica: «beh, io non smetterei di cercare, comunque. Per ora, hai fatto un affitto di soli tre mesi, nulla ti impedisce di cambiare in futuro. Le case di prima erano molto carine».
«Sì, sì, va bene.»
Va bene un corno, lui ha già deciso. Dannazione!
Torniamo al mio, almeno fino a domani, splendido alloggio. È quasi ora di pranzo, ma caccio mio fratello con poco garbo, prima che si autoinviti per mangiare con me. Tanto, tra non molto saremo vicini e non me lo scollerò più di dosso. Ora, ho un pomeriggio tra ragazze che mi aspetta.
Come è nata l’idea di questo libro?
La verità è che quando ho cominciato non lo sapevo neanche io come sarebbe andata a finire; una sera mi sono ritrovata davanti al computer a ticchettare sulla tastiera e, a dirla tutta, le mie prime battute sono state per un libro giallo che è tutt’ora in stesura. Una volta terminato “Io, la mia moto e… forse tu!”, e aver raggiunto su Wattpad circa ottantamila letture, ho deciso di revisionarlo, pubblicarlo su Amazon e domandarmi cosa mi avesse spinto a confidarmi con la carta. Probabilmente la spinta mi è stata fornita dal mio animo romantico, all\’amore per il sarcasmo, cui inneggio come fosse una vera e propria forma d\’arte e alla passione per i motori. Relazione platonica, aimé, visto che la mia unica avventura con le due ruote è finita con me schiantata dentro una siepe.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato difficile portare a terminare questo libro perché per me è nato come un gioco, cui dedicare qualche ora nel tempo libero. Inoltre, sono di quei tipi con la testa sempre un po’ per aria che, se vede una signora grassottella sull’autobus, abito blu, capelli grigi e ricci, pensierosa, buste della spesa alla mano, inizia a ricamarci sopra una storia, chiedendosi chi sia, cosa faccia e le parole prendono vita da sole.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Gli autori a cui mi sento più vicina sono M.C Beaton, Georgette Heyer, e anche Anna Premoli, accomunati da un piglio frizzante e, talvolta, anche irriverente. In generale, gli autori che mi hanno ispirato sono impossibili da citare tutti, perché mi servirebbe una vita, ma nella parte biografica di “Io, la mia moto e… forse tu!”, strutturata in dodici episodi posti in fondo al testo, ho voluto accompagnare ognuno dei brani con il titolo di un libro che è stato particolarmente significativo per me.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono di Roma da nove generazioni e risiedo tutt’ora nella capitale. Mi piace pensare che la città eterna sia la terza protagonista del mio libro e ho cercato quindi di delinearla con tutto l’amore e l’odio che mi suscita. Nelle prime pagine ho inserito un piccolo assaggio di romanaccio: undici parole che un romano usa, in genere, senza chiedersi se esistano davvero.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
I miei progetti per il futuro sono scrivere finché l’ispirazione mi assiste. Attualmente sono alle prese con il seguito di “Io, la mia moto e… forse tu!”, che è un romanzo autoconclusivo, ma con personaggi secondari a cui mi sono legata durante il dipanarsi della storia e a cui ho voluto dare uno spazio tutto loro. Un altro progetto, quello che ho in realtà iniziato per primo, è un giallo in stile cozy mystery con una protagonista un po’ impicciona e sgraziata che si dà alle indagini, anche se sarebbe meglio che lasciasse fare all’ispettore di cui è, neanche troppo segretamente, innamorata.
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