
Edito da Federico Stopani nel 2019 • Pagine: 353 • Compra su Amazon
Chi è Nove? Perché questo nome? Chi si può celare e perché dietro una cifra? Cosa ci fa uno sportivo legato ai politici? Storia di grandi fortune, vittorie, successi, denaro. Ma cosa accade quando dal successo si passa, in un solo giorno, al fallimento completo, al disastro? Una sconfitta senza rivincite, ma che è strettamente legata proprio a quell'iniziale successo.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso...E perché allora Nove vuole vendicarsi? Di chi? Per cosa? Lui, da solo, contro uttto e tutti, perché lo deve a chi gli ha sempre voluto bene, ha creduto in lui a prescindere e contro ogni evidenza.
E così accade. Bum, bum, bum, il suo cuore sta battendo nella notte buia e Nove non riesce a dormire, come gli accade ogni notte ormai da anni. Sta sopravvivendo, faticosamente, senza un presente e tanto meno un futuro, quando improvvisa, come una coltellata allo stomaco, si fa strada in lui la consapevolezza che quel cuore potrebbe smettere di battere e il suo tempo finire, anche in quel preciso momento. E così la verità, la sua verità, non verrebbe mai raccontata.
Si decide a scrivere le sue memorie, il suo testamento spirituale, perché rimanga scritta tutta la verità. Ma riordinare i ricordi gli fa comprendere cose che non aveva mai considerato, durante tutto il suo percorso di discesa all'inferno. E la rabbia si tramuta in furia primordiale e desiderio di vendetta. Ed è una vendetta che Nove userà come fosse una terapia, per vincere la depressione che lo sta trascinando verso la fine, dopo aver perso tutto, conscio di non aver più nulla da perdere."Stava provando un'emozione che non riusciva a comprendere. Era giunto alla fine della lista e concluso l'ultimo degli
appuntamenti che aveva fissato tanto tempo prima: l'estremo faccia a faccia con i suoi traditori. Adesso avrebbe potuto anche festeggiare la realizzazione di quel piano che all'inizio aveva creduto quasi impossibile e forse per questo tanto affascinante. Finalmente era giunto al traguardo, dopo un percorso lungo e drammatico, e aveva vinto la più difficile
competizione di tutta la sua vita. Avrebbe voluto che quella sensazione di trionfo potesse non finire mai, come accade quando ci si ritrova vincitori, inaspettatamente, contro ogni pronostico. Avrebbe fatto qualsiasi cosa perché quella notte non avesse mai fine...
...Nove stava guardando, un po' troppo affascinato, il foro d'uscita del silenziatore: quel buco nero, piccolo e perfettamente rotondo, da dove erano usciti, con sorprendente velocità, i suoi piccoli e fedeli aiutanti, la sua guardia personale, il plotone d'esecuzione."

Nove aveva compilato il programma del suo piano perché si potesse svolgere in poco più di ventiquattro ore. Così, se tutto fosse andato senza grandi imprevisti, avrebbe raggiunto l’ultimo obiettivo, il Burattinaio, al tramonto quando aveva l’abitudine di concedersi una nuotata rilassante, dopo tutta la giornata spesa a esercitare il suoenorme potere, nel segreto della sua dimora.
Dal quel “palco d’onore”, privato ed esclusivo, l’ultimo dei suoi traditori poteva godersi la vista di tramonti che solo a Trieste si possono ammirare, con colori così violenti che creano l’illusione di
poter incendiare il cielo all’orizzonte e poi mutano, improvvisamente, nel blu del mare profondo, reso ancora più scuro al crepuscolo.
Dal suo rifugio, quasi impenetrabile, sembrava che il Burattinaio potesse dominare anche quel mare così tranquillo, spensierato e pacioso, persino quando veniva sferzato dalla Bora, il vento impetuoso e fastidioso di Trieste sconosciuto al resto del mondo.
Mare che non era mai stato l’elemento naturale preferito dal Burattinaio, eppure l’aveva reso ricco ed enormemente potente. La corsa e la vendetta di Nove si sarebbero finalmente esaurite
con l’ultimo nome della lista, quello che veniva considerato il più importante da tutti coloro che lo temevano perché lo conoscevano o ne avevano anche solamente sentito parlare, ma non da Nove.
Il Burattinaio aveva gestito ogni cosa in città per troppi anni, costruendo il suo potere anche grazie al mistero che lo circondava, realtà e mito, fatto di intrighi e affari che lo avevano visto grande regista, di aneddoti e racconti che venivano continuamente prodotti.
Si diceva fosse il re dei re, uno sceicco, un Papa e un maestro.
Ogni titolo e appellativo gli era stato attribuito, ogni cosa in città lo aveva visto protagonista, anche occulto, e tutti sostenevano di averlo conosciuto, ammirandolo od odiandolo, ma ben pochi avrebbero potuto affermarlo con certezza e sincerità.
Se Nove avesse dovuto ordinare la sua lista secondo un livello di colpevolezza, che non vedesse coinvolto solamente se stesso, il Burattinaio sarebbe stato sicuramente al primo posto, tanti erano gli “scheletri” che aveva stipato nei suoi armadi.
Ma non era interessato a vendicare i torti che altri potevano aver subito, anzi se ne fregava proprio, come del resto gli altri avevano fatto con lui. La sua missione non era quella di salvare l’umanità ne tanto meno la città, aveva già tentato troppe volte di fare del bene e se ne era pentito, ora doveva solo vendicare se stesso e la sua vita, sacrificata sull’altare degli interessi e degli affari altrui.
Il Burattinaio aveva sempre organizzato tutto, anche quando non sembrava fosse davvero così, perfino quando aveva stipulato accordi segreti con quegli stessi avversari che tanto lo odiavano e
che mai avrebbero dovuto scendere a compromessi con lui.
Ma il suo enorme talento, causa di altrettanto odio nei suoi confronti, si basava proprio sulla capacità, che possiedono solamente gli strateghi, di leggere nelle menti e usare le umane
debolezze per potersi trovare sempre in una condizione di vantaggio, alcuni passi più avanti di tutti i comuni mortali.
E questo talento lo aveva usato non tanto per il bene della città, ma per dimostrare che lui riusciva a vincere, sempre, anche quando sembrava aver perso.
Aveva aiutato, agevolato e arricchito chi faceva parte del suo “cerchio magico”: persone di ogni estrazione sociale, di ogni origine ed etnia, ma che dovevano essere, prima di tutto, assolutamente fedeli e allineate alla sua volontà.
Non poteva accettare alcun piano strategico che non fosse il suo, nessuna visione, politica o economica, se non la sua. Chiunque non si fosse garantito il suo gradimento e il suo appoggio era destinato al fallimento. Tutti erano passati dal Burattinaio per chiedere consigli e favori, perfino i suoi avversari. Aveva distrutto persone, intere famiglie, attività economiche, solo per confermare il suo potere e agevolare i suoi interessi. O quelli dei suoi fedeli.
Ma anche lui non era diverso da tutti gli umani mortali: aveva paura e molte altre debolezze.
Il Burattinaio, più di chiunque altro, avrebbe potuto salvare Nove, risolvere tutto, spiegare a chi voleva sapere, e con il suo potere non sarebbe stato difficile.
Invece all’inizio l’aveva adulato e confortato, poi lo aveva illuso con le promesse e alla fine l’aveva scaricato, col suo sorriso più falso, condannando anche lui Nove, per colpe che non aveva commesso, anzi che non aveva mai neppure pensato di voler commettere.
Rifiutandosi di aiutarlo e facendogli perdere tempo, il Burattinaio aveva contribuito più di altri a togliergli tutto, costringendolo a vivere un residuo di esistenza miserabile, senza alcun futuro, mentre i suoi continuavano a fare grandi affari.
E tutto ciò il Burattinaio l’aveva fatto solo per evitare che qualcun altro potesse mettere a rischio il suo potere, per vendicarsi di qualche avversario e per proteggere i fedeli scudieri, accusati di ben altre nefandezze che però sarebbero passate in secondo piano per l’opinione pubblica, nel momento stesso che Nove era stato destinato alla gogna mediatica.
Eppure, malgrado tutto ciò gli fosse chiaro, Nove non riusciva a odiarlo. L’aveva sempre ammirato, fin dal loro primo incontro, perché aveva riconosciuto la mente più sottile e astuta che avesse
mai incontrato. Riteneva il Burattinaio una spanna abbondante sopra a tutti i potenti che aveva avuto l’opportunità, nel corso della sua vita girando il mondo, di conoscere: reali, nobili, ministri, miliardari, industriali, professori, attori, giornalisti, faccendieri.
Nessuno avrebbe mai potuto sconfiggere il Burattinaio in una gara di astuzia e diplomazia: era indiscutibilmente il più furbo. Chiuso nel suo spazio protetto, circondato solamente dai suoi fidi, aveva gestito i suoi interessi ascoltando tutti, facendo credere di essere solidale con loro e ammaestrando quelli che da lui prendevano ordini, come fossero marionette.
Tutto era stato sempre organizzato secondo la sua strategia e aveva gestito quell’enorme potere, su una città intera, circondandosi di figure che erano valide solo per la loro affidabilità, non certo per capacità e meriti, perché questo era il suo unico “credo”.
Negli anni molti amici del Burattinaio improvvisamente erano diventati i suoi più feroci nemici, mentre altri avevano fatto il percorso inverso. E lui aveva trattato tutti come si fa nei campi di papaveri in Olanda: quando qualcuno aveva osato alzare la testa sopra di lui, proponendo una strada diversa, qualche alleanza non prevista, era stato subito reciso, eliminato, per non disturbare la simmetria, la tranquillità del campo e del suo padrone.
Nove aveva imparato dal Burattinaio alcune cose che erano state fondamentali nella sua formazione e crescita personale, e sarebbero state decisive in maniera positiva per la sua storia se solo si fosse ricordato di seguirle attentamente, religiosamente.
L’aveva invitato a leggere “L’arte della guerra” di Sun Tzu, ma non il riassunto, come tanti facevano, bensì tutto il pesantissimo libro: perché, così sosteneva, Nove avrebbe potuto affrontare la vita dal ponte di comando e non dalla stiva.
Gli aveva anche fatto dono di alcune massime che avrebbe dovuto tenere sempre presenti come, ad esempio, che i politici dicono sempre l’esatto contrario di quello che pensano e che i grandi
interessi economici generano sempre grandi appetiti, con tutto ciò che ne consegue.
Poi gli aveva raccontato alcune cose su persone molto note a Trieste, che avevano impressionato Nove per la spietatezza delle sue conclusioni e da quelle aveva capito quale fosse la sua disumana determinazione.
Infine l’aveva reso partecipe di alcuni dei più inconfessabili segreti della città e molte cose il Burattinaio le aveva svelate facendole capire, senza dirle chiaramente o direttamente. Era il suo modo di parlare, utilizzando frasi dette a metà, passando, senza apparente motivo, da un argomento a un altro, facendo riferimenti che potevano sembrare apparentemente senza senso. Quello era il
sistema per valutare le persone: solo chi riusciva a comprenderlo davvero, elaborando e risolvendo l’enigma nascosto da quelle mezze
frasi, poteva ambire a diventare un suo protetto.
Così il Burattinaio era finito nella lista non solo per il tradimento nei confronti di Nove, ma anche per tutte quelle rivelazioni che, in tribunale o in chiesa, si sarebbero potute definire vere e proprie
confessioni.
Nel corso degli anni Nove aveva seguito e ammirato tutte le sue manovre e aveva capito che il dominio del Burattinaio stava per avere il crollo fatale che colpisce, prima o poi, tutti i tiranni. Finalmente anche il Burattinaio era completamente nudo e non se ne rendeva conto, proprio come il re di Andersen, ma non aveva ancora rinunciato a gestire il potere, dal suo esclusivo e anacronistico punto di vista.
Non avendo alcun erede, in grado di perpetrare le sue idee e di gestire quel potere, l’esecuzione della sua pena avrebbe finalmente liberato la città da quel peso che l’aveva profondamente segnata. Malgrado non fosse quello il fine di Nove, l’avrebbe fatto, come ultimo atto d’amore, per quella Trieste che pur si era rivelata con lui tanto matrigna.
Aveva quasi terminato tutto il suo compito e il Burattinaio sarebbe stato l’ultimo della lista, ma questo lui non avrebbe mai potuto saperlo. Lui, che aveva sempre creduto di sapere tutto, che era sempre riuscito a sottomettere tutti al suo volere e al suo controllo, stavolta avrebbe scoperto, con improvvisa violenza, di non poter controllare davvero tutto e di essere, anche lui, umanamente fallibile e mortale.
Nove era decisamente sorpreso e orgoglioso di quello che stava facendo, soprattutto dalla facilità con la quale ci stava riuscendo, sembrava che avesse di nuovo la forza dei vent’anni e la stessa incoscienza.
Come un ragazzino, che va in cerca del pallone perduto, aveva scalato il muro di cinta della dimora del Burattinaio, con la forza delle sole braccia. E dopo esser rimasto fermo sul culmine solo un attimo, a sorprendersi piacevolmente di quel gesto atletico, era atterrato nel giardino, nascondendosi al riparo di una siepe fiorita che aveva tutti i profumi della primavera.
La grande casa con il parco era il rifugio del Burattinaio, dorato e impenetrabile, ma a quell’ora, con il sole che stava per scomparire, appariva tetro e misterioso, esattamente come il suo inquilino.
Niente cani da guardia, niente sistemi d’allarme, neppure luci automatiche, perché mai avrebbe dovuto averli? Chi meglio di lui, in tutta la città, poteva avere la certezza che nessuno lo avrebbe mai affrontato, né lì né altrove. Aveva ideato e gestito impunemente, direttamente o indirettamente, così tanti piani e manovre, che ormai doveva essersi pienamente convinto del terrore che incuteva e della sua intoccabilità.
Nove si sentiva benissimo, pur dopo tante ore trascorse senza pause e senza dormire, anche dopo la fatica per salire sul muro di cinta e il rischio corso saltando sul terreno sottostante.
Probabilmente l’adrenalina stava nascondendo tutta la debolezza, ma in quel momento si sentiva soddisfatto della forma fisica e della nuova giovinezza muscolare.
Quando, alla sua età, la maggior parte degli uomini pensava già alla pensione e a godersi in pace i piaceri residui della vita, facendo aumentare sul proprio corpo i chili di grasso da trasportare e diminuendo tutto il resto, lui invece stava affrontando la sfida più difficile e dura di tutta una vita fatta di grandi scommesse.
Si muoveva sicuro, all’interno del vasto giardino, perché aveva conosciuto quel luogo tantissimi anni prima, quando vi vivevano altre persone. Nel periodo della spensierata giovinezza aveva trascorso lì giornate indimenticabili e mai avrebbe creduto possibile ritornarci con uno scopo così diverso.
Sentiva quel brivido lungo la schiena che non era provocato né dal freddo né tanto meno dalla paura: era eccitazione, soddisfazione pura e semplice, perché ormai era arrivato quasi al termine del suo compito.
Aveva preparato il piano con la determinazione e la presunzione di poterlo realizzare, ma dentro di se sapeva anche che sarebbe stato molto difficile e temeva di non riuscire a completare tutta la lista. Ci sperava, ma sapeva che avrebbe avuto bisogno di tanta fortuna. E lei
era finalmente ritornata a passeggiare al suo fianco, per quell’ultima sfida che voleva vincere a ogni costo.
Si era mosso con grande cautela, ma ormai era alla fine e anche un ritardo o un imprevisto non avrebbero potuto impedirgli di terminare tutto, esattamente come aveva progettato. Senza più dover rispettare i tempi e affrontare rischiosi trasferimenti da un luogo all’altro, si stava finalmente godendo ogni istante di quell’ultimo incontro.
Si sentiva come se fosse in testa in una gara e, avendo un vantaggio enorme sul secondo, si poteva rilassare e salutare il pubblico, che già lo stava festeggiando vincitore.
Con pochi rapidi passaggi, da un albero a una siepe, Nove era arrivato alle spalle del Burattinaio mentre si stava togliendo lentamente l’accappatoio. Nel vedere quel gesto aveva pensato, sorridendo intimamente, che fosse roba d’altri tempi, proprio come lo era il Burattinaio. In costume mostrava tutto il decadimento fisico che lo faceva sembrare più vecchio di almeno un decennio, grazie alla sua propensione a mangiare, bere e alla scarsissima attività fisica. Alla fine di tanti spostamenti nella lista Nove aveva fissato la sua posizione alla fine perché voleva vedere con calma il suo volto e le emozioni che avrebbe espresso: sorpresa, terrore, la certezza di essere arrivato al cospetto del suo giudice o del suo Dio. O forse avrebbe mostrato ancora una volta la solita spavalderia, la sicurezza e lo spregio per gli altri che aveva sempre manifestato.
Nove voleva comunque godersi tutto, ogni singolo attimo, prima di spegnere la luce del Burattinaio, per sempre. Ne aveva tutto il tempo.
«Buonasera!».
Nove aveva rotto il quasi totale silenzio della sera e il Burattinaio aveva sentito chiaramente pronunciare il saluto, ma si era girato con una tranquillità raggelante, controllando le reazioni e le emozioni, come aveva sempre saputo fare.
Aveva reagito come se fosse assolutamente normale avere qualcuno, non invitato, che lo salutava nel giardino di casa a quell’ora della sera.
«Buonasera a te! Quanto tempo, come mai qui?».
Ma il Burattinaio non sembrava averlo riconosciuto.
Probabilmente era concentrato sulle sue strategie per mantenere e consolidare il potere, stava pensando alle persone che controllava, ai suoi affari segreti, alle sue pene amorose o politiche. O forse aveva semplicemente pensato che fosse uno dei suoi amici che era venuto a salutarlo di sorpresa.
Ma quell’ospite non invitato stavolta non era là per salutarlo o per riverirlo, per implorarlo o per recapitare un regalo atteso, aveva solamente una pistola come dono, puntata alla sua testa.
«Sono venuto e tu sai molto bene perché! Non farmi ricredere sulla tua intelligenza».
Negli occhi del Burattinaio Nove stava vedendo finalmente la sorpresa, non più la sicurezza della consapevolezza del potere che aveva gestito per decenni, non la certezza di avere sempre ragione e l’ultima parola. Era sorpresa vera, terrore, e insieme la speranza che fosse solo uno scherzo, magari solamente una minaccia. Non era più così spavaldo, protetto nel comodo rifugio del suo mondo dorato.
Per una volta le parole non stavano uscendo dalla sua bocca lente, continue e solamente sussurrate: aveva capito e taceva. Da persona intelligente aveva realizzato tutto.
Era stato solo un attimo, ma Nove aveva deciso di aver visto abbastanza. Lo sguardo del Burattinaio, pieno di domande e di parole non pronunciate, si era fatto ancora più stupito quando il primo proiettile lo aveva colpito alla testa, bloccando ogni parola o reazione. E nella frazione di secondo che mancava per il secondo colpo al cuore non era sicuramente riuscito a rivedere scorrere la sua vita e neppure a chiedere perdono al suo Dio.

Come è nata l’idea di questo libro?
Il libro nasce come terapia per vincere la depressione, deve esser letto per capire, ed è completamente frutto di esperienza personale, racconta cose vere trasfigurate però, solo in parte, dalla narrazione del romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Molto difficile perché significava a ogni parola riaprire una ferita che credevo rimarginata, ma dovevo farlo e alla fine credo di esserci riuscito, a vincere i ricordi e a chiudere i conti col passato.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
In vita mia ho letto tantissimo fin da bambino, di svariati argomenti e autori, dai classici agli influencer moderni, ma praticamente tutto di Ludlum, Smith, Grisham, Clancy, Faletti, Conan Doyle, Patterson e molti altri ancora…
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Nato a Milano, ma vissuto sempre a Trieste a parte quando ho girato tutto il mondo per lo sport della vela, di cui sono stato campione italiano, europeo e mondiale e grazie al quale per molto tempo ho vissuto bene.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non credo proprio di voler scrivere ancora, ma nella mia vita ho imparato a non considerare mai nulla di definitivamente chiuso.
Ho avuto la possibilità “fortuna”di conoscere personalmente i personaggi di questa triste storia e collaborando con loro ho avuto anche io la mia esperienza negativa , fortunatamente con conseguenze molto lievi. Sono molto rammaricato per “nove”ma anche io come lui sarei caduto nella trappola del burattinaio un vero incantatore di serpenti, magra consolazione per “nove” che si ritrova a pagare un debito con la vita e con se stesso difficile da sopportare, non credo esistano parole che possano confortarlo , solo la mia stima non credo sia sufficiente a colmare la sua amarezza. Un solo messaggio per “nove” IO CI SONO