
Edito da Linda Colombo nel 2020 • Pagine: 142 • Compra su Amazon
Che cosa accadrebbe se, a tanto così dalla meta, vedessi tutto quello per cui hai tanto lottato sfuggirti di mano? Combatteresti o ti arrenderesti?
Kylie Hanson è il capitano della squadra di calcio femminile dei Lions. Ky è forte e sicura di sé. La sua tenacia e i suoi gol stanno trascinando la squadra nelle zone alte della classifica e, finalmente, dopo anni di delusioni l’obiettivo sembra essere molto vicino. Saint Leo è la sua famiglia e il campo da calcio la sua casa. Nulla sembra poter ostacolare questa inarrestabile cavalcata, nulla tranne… Ky. A un passo dal traguardo, le sue certezze vacillano. Lentamente si fanno strada in lei una sensazione mai provata di insofferenza al suo ruolo di capitano, la paura di non essere più all’altezza e il crescente desiderio di fermarsi e dire basta; ma Ky lo sa, non è il momento di fermarsi, per un leader non è mai il momento.
La protagonista affrontare, così, la partita più difficile, quella contro se stessa e contro quelle emozioni che ha tenuto sempre ben nascoste ed è una partita che non può permettersi di perdere.
L’amicizia sincera di Lexi l’aiuterà ad ammettere le sue paure e a capire cosa vuole veramente.
Fanno da sfondo il rapporto intenso e complicato con Ray, l’amore di Trey, l’amico d’infanzia, e una città intera che aspetta da sempre la sua rivincita calcistica.

Parlava poco e correva tantissimo. Come poteva correre così tanto? E non si fermava mai!
“A me fa male tutto!” le dissi un giorno, dopo un allenamento massacrante, “Tu non sei stanca?”
“No, io sto bene.” Lei mi rispondeva sempre così, con quel sorriso quasi imbarazzato, come dovesse chiedere scusa. Scusa di cosa poi?
Per anni non capii la sua scelta di giocare a Saint Leo. Avrebbe potuto ambire a squadre di livello ben più alto e sapevo che di offerte ne aveva ricevute parecchie, ma aveva scelto noi anche quest’anno ed io ne ero felice.
Il nostro primo incontro fu strano.
Venni invitata alla festa di compleanno di Emily Watts. A quei tempi non giocavo ancora nei Lions. Non conoscevo molto bene Emily, ma quella festa rappresentava l’evento mondano dell’anno e, infatti, vi partecipò tutta Saint Leo. Non potevo di certo mancare io.
Arrivai alla festa con Trevor. Il cognome? Mac… Mac… Mac qualcosa che non ricordo. Non era certo l’uomo della mia vita, ma era gentile e carino e non mi dispiaceva passare del tempo con lui.
“Capitano!” Emily corse verso una ragazza e, letteralmente, la assalì. Avrei scommesso dieci a uno che sarebbero cadute, tanto era stato l’impeto di Emily nel salutarla, ma la ragazza rimase ben salda sulle sue gambe, nonostante non fosse un colosso. La guardai. Capelli cortissimi ai lati e dietro, ciuffo lungo e ribelle, look casual-sportivo ma curato e, oserei dire, quasi stiloso. Notai un tatuaggio dietro l’orecchio, ma da quella distanza non riuscii a capire cosa fosse.
“Chi è?” chiesi a Trevor.
“È il Capitano!” La sua risposta fu entusiasta quasi quanto lo fu la reazione di Emily quando si accorse del suo arrivo.
“Ma ce l’avrà un nome questo capitano o si chiama Capitano?” Non ne compresi il motivo, ma ero infastidita da tutta questa euforia nei confronti di quella ragazza. Infastidita e incuriosita.
“È Kylie Hanson, il capitano della squadra di calcio di Saint Leo.” Kylie Hanson… ma certo! Mio padre non faceva altro che ripetere quel nome!
La osservai muoversi tra la folla di gente presente alla festa. Prese qualcosa da bere, poi si fermò a parlare con alcune ragazze. Dai loro gesti capii che stavano parlando di calcio. Lei sorrideva e, soprattutto, ascoltava. Sembrava a suo agio, circondata da tutte quelle ragazze. “Capitano qui, capitano là…” Per la seconda volta, provai un senso di fastidio.
“Trevor, vado a fumarmi una sigaretta.” Avevo bisogno di aria.
Uscii, finalmente il silenzio. Era una notte stellata di fine maggio. Mi dimenticai anche di fumare. Si stava bene là fuori.
Poi all’improvviso… “Wow, finalmente fuori!” Era il capitano. Il capitano fuggiva da tutta quella confusione? Forse mi ero sbagliata, non era poi così vero che si sentisse a suo agio là dentro, in mezzo a tanta gente.
Non si era accorta di me.
“Dovresti dirglielo che è una festa noiosa.” Lei si voltò e mi squadrò da capo a piedi, come avesse visto un alieno. Da così vicino, sotto le luci dei fari, riuscii a vedere meglio il suo tatuaggio: fight or flight, ecco cosa c’era scritto.
“Pensavo non ci fosse nessuno”, si giustificò. La sua presenza non mi infastidiva più, anzi, quasi mi piaceva.
“Si sta meglio qui”, le dissi, cercando di mostrarmi fredda e distaccata, ma non ci riuscii, “ma tu sei il capitano, non puoi sparire, dovresti tornare dentro.”
Lei mi guardò con aria interrogativa, si sistemò i capelli, poi sorrise. “Si sta meglio qui.” I suoi occhi scuri continuavano a fissarmi. L’intensità di quello sguardo mi metteva in agitazione ma, nello stesso tempo, mi attirava.
Restammo lì, in silenzio, per dieci minuti almeno, io appoggiata al vetro e lei seduta sul muretto di quell’immenso terrazzo. Stavo bene sul serio, a parte i piedi che mi facevano malissimo. Maledetti tacchi.
Poi, da dentro si sentì il classico ‘tanti auguri a te’, cantato in maniera orribile. Era arrivata la torta e non potevamo mancare al grande momento.
“Quindi dobbiamo rientrare…” Non riuscii a dissimulare la mia delusione. I nostri sguardi si incrociarono, ma lei non disse nulla. Le dispiaceva? Non lo capii. Forse. O forse, semplicemente, non vedeva l’ora di andarsene da quella festa.
Ci incontrammo di nuovo due anni dopo, quando mi trasferii ai Lions e lei divenne anche il mio capitano. La chiamavo così solo quando volevo prenderla in giro, come il giorno del nostro primo incontro.
Eravamo apparentemente così diverse, eppure quella ragazza, di cui, in realtà, non sapevo nulla, era riuscita a catturare la mia attenzione. Era il capitano, ma non poteva essere solo il capitano.
Io volevo conoscere Ky, perché nessuno sapeva chi era Ky.

Come è nata l’idea di questo libro?
Ho avuto l’idea di questo libro durante un periodo un po’ particolare della mia vita, che mi ha portata a intraprendere un percorso introspettivo lungo, ma molto positivo per me stessa. Mettere su carta certi pensieri o sensazioni ne è stata la conseguenza naturale. Tramite Ky, la protagonista del romanzo, ho potuto finalmente dar voce alle mie emozioni. La scelta dell’ambientazione calcistica, invece, ha origine dalla mia grande passione per il calcio. Gioco fin da quando ero bambina e non ho smesso ancora oggi che ho 39 anni.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
#IOGIOCO è il mio primo romanzo. È stato un lavoro lungo due anni. Non è stato semplice: la storia era nella mia testa, ma, a volte, mi sono ritrovata davanti al mio pc, aprire una pagina bianca e, dopo mezz’ora, spegnere tutto senza aver scritto una parola. Per fortuna, a questi momenti di buio, si sono alternati anche momenti di grande ispirazione.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Invidio la scrittura di Paullina Simons. Mi piace la sua capacità di tenere alta l’attenzione del lettore anche dopo 600 pagine di libro.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Da 6 anni abito a Bonate Sopra, un tranquillo paese vicino a Bergamo.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Qualche idea inizia a frullarmi per la testa, niente di ancora ben chiaro, però stavo pensando a qualcosa di strettamente collegato a #IOGIOCO, magari coinvolgendo uno dei personaggi della storia in una nuova avventura.
Ho letto questo libro e devo dire che mi è piaciuto molto