
Edito da Idrovolante edizioni nel 2018 • Pagine: 209 • Compra su Amazon
Giappone - periodo Kamakura, anno 1330. Le parole che il fedelissimo samurai Haka mormora sul letto di morte sono un enigma e diventano un tarlo che rode la mente del suo signore. Alla ricerca di indizi che possano far luce sul mistero, Momokushi ripercorre la storia dell'amicizia con l'amico e guerriero, scavando nel passato e visitando i luoghi che sono stati testimoni delle loro imprese di gioventù. Ma ciò che Haka ha mantenuto celato per oltre cinquant'anni non è solo un segreto in grado di sconvolgere una vita, ma anche la più struggente dichiarazione d'amore che un essere umano possa lasciare in dono.

Capitolo XIX
L’ombra
La brezza del pomeriggio era calda e piacevole sulla pelle. Sotto i maestosi ciliegi in fiore un viavai frenetico di persone preannunciava l’inizio della festa. Nel rincorrersi delle stagioni era tornato il tempo dell’Hanami, la contemplazione gioiosa della fioritura. Il sole disegnava ombre rosee sulle tovaglie bianche e tutt’intorno era una delicata pioggia di petali e farfalle.
Respirò a fondo il profumo inebriante della felicità. Cosa poteva chiedere di più al Dio della Montagna? La giornata era mite e non soffiava alcun vento di guerra. La pace era stabile da un paio d’anni, tempo sufficiente per rilassarsi e dedicarsi alle frivolezze quali poesia, canto, pittura. La contemplazione dei fiori meravigliosi, la declamazione di versi lirici e i festeggiamenti che si sarebbero prolungati sino a sera con la conseguente Yozakura, la Notte del Ciliegio, il momento che prediligeva.
Osservò con curiosità le belle dame che si apprestavano a accomodarsi su scranni e cuscini per ristorarsi al sontuoso banchetto allestito per l’occasione. Erano belle! Belle per i volti pallidi, per il trucco bianco e le piccole labbra rosse. Ciliegie sensuali mature da mordere. Occhi languidi la cui grazia era accentuata dall’uso sapiente dei pennellini da trucco. Strinse il pugno sulla tsuka della spada. Le armi delle donne erano ciprie, ombretti, raffinati vasetti ricolmi di quella nera sostanza che si dipingevano lungo la linea degli occhi per evidenziarne la perfezione o annullare un difetto. Le potenti macchine da guerra erano le misture odorose, le bottigliette di olii con cui si pettinavano i lunghi capelli neri e le pomate scarlatte per labbra golose come frutti peccaminosi.
Le armi delle donne.
Avrebbe potuto scrivere un poema sull’argomento. Il dolore alla mano avvertì che stava stringendo troppo forte la spada. Doveva rilassarsi. Cosa importava, in fondo, quanto fossero belle? Era un mondo alieno e sconosciuto sul quale si affacciava di tanto in tanto con curiosità infantile e e adulta diffidenza.
I lunghi kimono a più strati, doveva ammettere, erano la cosa più affascinante. Tessuti sottili di seta morbidissima dai colori magnifici e opulenti che ricoprivano le segrete grazie sino al tesoro più nascosto. Il fruscio della stoffa era ipnotico e non poteva fare a meno di invidiare abiti tanto sontuosi seppur così crudeli.
Conosceva perfettamente l’origine di quelle fibre così pregiate e il pensiero di bollire vivi dei bachi provocò un brivido lungo la schiena. No, tanta bellezza nascondeva una malignità che non poteva sostenere. L’ostinazione con cui insisteva a vestire unicamente di lino e canapa, seppur tessuti in modo più raffinato, era argomento di derisione nei suoi confronti, ma mai apertamente. Nessuno aveva voglia di misurarsi con il Demone solo per questioni di moda.
Sogghignò. Era stata dura riuscire a diventare tanto forte da non dover temere il giudizio altrui, ma era una vittoria che gustava ogni giorno, una vittoria che impediva al suo cuore di affogare in quel mare di lacrime che si portava dentro e che non poteva assolutamente mostrare. Era un Asura e come tale si comportava.
Allentò la presa sulla spada. Era una giornata di festa e aveva deciso di godersela senza pensieri. Probabilmente era persino il giorno del suo compleanno, ma non v’era certezza. La madre aveva raccontato più volte di aver scelto il suo nome proprio per i bellissimi fiori di mandorlo sotto i quali aveva partorito, ma questo ricordo, ormai, apparteneva a qualcuno che non esisteva più.
Si accomodò su uno scranno pieghevole e rivolse lo sguardo ai rami carichi di rosea bellezza. Uno spettacolo degno per festeggiare i suoi venticinque anni. Abbassò le palpebre concentrandosi sui rumori intorno. Gridolina divertite di donne oziose, ordini secchi di capi servitori ai sottoposti più pigri, le fusa di un gatto che si era avvicinato per due carezze di sfuggita, il vociare dei bambini nell’atmosfera festosa. Era tutto così piacevole. Un rumore leggero di passi, un suono fin troppo conosciuto.
– Ti stai addormentando? La festa non è ancora cominciata e già ti annoi?
Senza aprire gli occhi sorrise al proprietario della voce.
– Mio signore sto assaporando ogni momento di questa giornata, suoni e profumi oltre la vista di questi splendidi fiori.
– E di queste splendide fanciulle!
Deglutì.
– Sì… e di queste splendide fanciulle.
– Vieni, prendi posto con noi.
– Sarò al vostro fianco, ma preferisco restare su questo sedile.
– Sarai la mia ombra, come sempre vero? Ahahaha
– Come sempre, mio signore.
Lo guardò allontanarsi e sedersi su morbidi cuscini di seta cangiante. Attorniato da ancelle e damigelle pronte a ridere dei suoi scherzi e a versare tè fragrante, svelte a porgere un dolcetto di riso o un piattino di frutta.
Aveva venticinque anni e da tredici era la sua ombra. Spesso il nobile scherzava su questo, ma era un dato di fatto che ovunque lui andasse, silenziosamente, ineluttabilmente, Hakashinjitsu si trovasse sempre pronto a intervenire in caso di pericolo. Anche durante la festa dei ciliegi, nella felicità della primavera appena sbocciata, le armi alla cintura e le dita scattanti erano il segno distintivo dell’Asura senza pietà. Il suo sguardo non si riposava mai, la guardia eternamente all’erta.
Prese lo sgabello e si posizionò in un punto in cui potesse ammirare ogni cosa. La scena di apriva come uno spettacolo con la cornice magica degli alberi in fiore. Al suolo come una neve leggera di petali rosati su cui Momokushi si era pigramente adagiato. Scosse leggermente il capo in segno di disapprovazione. Il suo signore aveva con sé le spade, ma era distratto dai piaceri della carne femminile e non sufficientemente pronto a un eventuale attacco.
Assaggiò un morbido e appiccicoso dolce di riso che una servetta porgeva con estrema gentilezza. Il sapore non era sgradevole, ma la consistenza era fastidiosa, molliccia. Lo finì perché mai avrebbe sprecato o buttato del cibo, ma si ripropose di non accettare nuovamente una simile offerta.
Tornò a ammirare i fiori illuminati a tratti dal delicato sole primaverile. Era un luogo carico di poesia e serenità, il luogo in cui avrebbe voluto trascorrere tutta la vita. “Forse potrò chiedere che le mie ceneri vengano sepolte qui…” un pensiero fugace che solo anni dopo divenne una volontà, una certezza.
Qualcuno cominciò a declamare poesie. Versi inebrianti ricchi di significati nascosti, di echi concentrici. Il richiamo alle stagioni e alla vita era il filo conduttore di ogni parola e tutti rimasero estasiati a ascoltare.
Il vento caldo cullava il ritmo delle poesie come una musica inudibile, ma concreta, reale. Era il miglior tempo che avrebbero mai vissuto.
“Sono un’ombra, la sua ombra, fra i ciliegi in fiore, fra i petali caduti, fra le dame, fra i soldati in guerra, fra i caduti in battaglia. Sempre al suo fianco, ombra e null’altro. Mu, per sempre”.

Come è nata l’idea di questo libro?
Pratico presso la storica SKL Scuola Kendo Lucca e ho preso ispirazione dagli insegnamenti del mio maestro Maurizio Lipparelli, Kaijin è una summa di quanto appreso praticando Kendo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Ho impiegato quattro anni per riuscire a evitare gli anacronismi più smaccati e per documentarmi come si deve per un romanzo di ambientazione storica. Il periodo Kamakura è poco studiato in Italia, non è stato facile. Inoltre ho composto diverse poesie che troverete sempre nel testo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
In generale Mark Twain e Oscar Wilde, ma per i romanzi di ambientazione nipponica sicuramente Mishima.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Al momento sto attendendo di trasferirmi a Lucca, ma sono figlia di un maresciallo della Marina Militare e ho vissuto un po’ ovunque in questa grande e bellissima Italia.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo il seguito di Kaijin, ma si tratterà di uno spin-off sulla concubina Himitshuei. Essendo una scrittrice multi genere ho molti progetti da portare a compimento, a volte desidererei avere una giornata di 48 h visto che oltre al Kendo recito in alcune compagnie teatrali amatoriali, sono articolista per alcuni blog e anche curatrice di alcune antologie. Inoltre sto organizzando una serie di incontri poetici nei pressi di Bologna. Una vita super impegnata, ma cerco di fare del mio meglio.
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