Edito da Stefano Nasetti nel Luglio 2018 • Pagine: 392 • Compra su Amazon
Creazionismo o abiogenesi? Per spiegare la comparsa della vita sulla terza c'è una terza via. Una possibilità che appare oggi essere la più logica e probabile, alla luce delle oggettive scoperte scientifiche degli ultimi anni. Una possibilità che addirittura sembra essere stata di conoscenza comune in molte civiltà del passato, in cui Marte (pianeta e divinità) ha lasciato il segno.
Una pagina dopo l'altra, scopriremo realtà o possibilità sorprendenti.
"Il lato oscuro di Marte - dal mito alla colonizzazione" è il libro che racconta la possibile storia del nostro passato e del nostro prossimo futuro, legato a doppio filo con il pianeta rosso. Le ricostruzioni storiche che tutti oggi conoscono, sono frutto delle sommarie conoscenze che avevamo in passato, quando queste ricostruzioni sono state elaborate. Oggi però, disponiamo di informazioni più oggettive e aggiornate per provare a formulare una nuova versione più verosimile, concreata e coerente della storia dell'uomo, di Marte, della Terra e della vita nel nostro sistema solare.
In un passato in cui solo la Luna e le stelle illuminavano il cielo notturno, la paura e la preoccupazione, aumentavano ogniqualvolta un puntino rosso sangue faceva la sua apparizione in un cielo misterioso. Marte, il Pianeta rosso, era un oggetto familiare e sospetto, rimasto simbolo della guerra e della distruzione per migliaia di anni.
Questa è l’idea che ci viene trasmessa dagli antichi racconti, considerati, forse solo erroneamente, miti e leggende.
Marte è rimasto impresso nell'immaginazione umana fin dalle prime osservazioni, e nemmeno l'ascesa della scienza e della tecnologia ha interrotto il fascino che ha sempre circondato questo pianeta. I telescopi, nel 1880, rivelarono strani segni sulla superficie del pianeta rosso. Molte persone si convinsero che su Marte, c’erano canali costruiti da una razza aliena. Erano questi marziani, i guerrieri di cui avremmo dovuto temere un'invasione?
Il pianeta rosso nel passato ha influenzato la Terra e la vita dell’uomo molto di più di quanto potrà forse fare nel futuro, condizionando il pensiero, il linguaggio e la quotidianità di centinaia di migliaia di generazioni, fino ai giorni nostri.
Il legame tra l’umanità e Marte è un qualcosa di profondo, che trascende il mito, la leggenda e risiede nel profondo dell’animo umano, forse addirittura nel suo codice genetico.
La divulgazione di nuove e rivoluzionarie scoperte riguardanti il passato di Marte, a cui abbiamo assistito nell'ultimo periodo, sono in realtà conseguenza di informazioni in possesso delle principali agenzie spaziali e della comunità scientifica da anni. Nel prossimo decennio assisteremo ad annunci ancor più sorprendenti. Il quadro della situazione descritto nel libro preparerà il lettore a questa prossima realtà.
Ciò che stiamo per sapere sul passato del pianeta rosso, costringerà l'uomo a rivedere sotto nuova luce, la storia passata della Terra e della vita su di essa!
CAPITOLO IX
Marte culla della vita?
Nei capitoli precedenti abbiamo visto come Terra e Marte si siano formati pressoché nello stesso periodo, vale a dire circa 4,5 miliardi di anni fa.
I due pianeti hanno avuto un inizio simile per poi intraprendere strade diverse, che li hanno portati ad apparirci oggi così differenti.
Sebbene questa sia l’idea scientificamente prevalente, è bene precisare che questa idea non implica necessariamente un’evoluzione simultanea delle condizioni e dei cambiamenti nei due pianeti.
Marte infatti, essendo più piccolo e più distante dal Sole, verosimilmente ha visto raffreddare la sua crosta e il suo nucleo, molto più rapidamente della Terra.
In questo scenario, le teorie scientifiche tradizionali ancora oggi prevalenti, contemplano un Marte caldo e umido già 4,2 – 4,0 miliardi di anni fa, quando la superficie terrestre si presentava ancora in gran parte, come un’enorme distesa di lava, con temperature ancora elevate e condizioni ancora estreme per sostenere la vita.
La scienza ci dice che sulla Terra, le condizioni minime per il sostentamento della vita si sono avute non prima di 3,9 – 4 miliardi di anni fa, e che nei primi cinquecentomilioni di anni non c’erano oceani.
Solo fino al 2016, la scienza ufficiale riteneva che le prime elementari forme di vita terrestre avessero fatto la loro comparsa circa 3,7 miliardi di anni fa. Poi però, nel 2017 due differenti ricerche hanno spostato indietro le lancette di un paio di centinaia di milioni di anni.
Nel marzo 2017, la rivista Nature ha pubblicato la scoperta dell’University College di Londra che aveva scoperto, in alcune rocce a Nuvvuagittuq in Canada, le tracce di microrganismi vissuti 3,8 miliardi di anni fa.
Si trattava di strutture tubulari e filamenti molto simili a quelli che si possono trovare ancora oggi, nei pressi delle sorgenti idrotermali oceaniche. La comunità scientifica, in modo unanime, le ha subito riconosciute come indiscutibili tracce di vita.
La cosa più interessante di questa scoperta, è che le strutture tubolari di origine biologica scoperte in Canada, sono pressoché identiche a quelle presenti nel meteorite marziano ALH 84001, anzi, forse quelle presenti nel meteorite sono più indicative per determinarne l’origine biologica, anche agli occhi di un profano.
Pochi mesi più tardi, lo studio pubblicato ancora una volta da Nature, nel settembre 2017, ha retrodatato la comparsa della vita sulla Terra di altri cento milioni di anni. Questa volta la scoperta delle tracce di vita più antiche mai ritrovate sul nostro pianeta, è stata compiuta dall’Università di Tokio, su un campione di rocce proveniente sempre dal Canada, ma questa volta dalla regione del Labrador. In quest’occasione, i ricercatori nipponici hanno analizzato rocce che risalgono a circa 3,95 miliardi di anni, e hanno scoperto in esse tracce di grafite di origine biologica.
Queste scoperte hanno messo di fatto in crisi, la teoria secondo la quale la vita sulla Terra sarebbe nata spontaneamente e casualmente, a seguito di milioni di anni di mescolamento delle varie sostanze, nel cosiddetto brodo primordiale.
Questa teoria ancora oggi considerata prevalente, era stata formulata in un periodo in cui le più antiche tracce di vita ritrovate, si attestavano in un periodo compreso tra i 3 e i 3,5 miliardi di anni fa, ed era quindi pienamente compatibile con le evidenze che attestavano il raffreddamento della crosta terrestre, e dunque le condizioni minime all’apparizione della vita, a circa 4 miliardi di anni fa.
Con un periodo compreso tra i cinquecentomilioni e il miliardo di anni a disposizione, la vita aveva quindi tutte le possibilità di nascere spontaneamente, confermando la tradizionale teoria dell’evoluzione darwiniana, per la gioia dell’intera comunità scientifica conservatrice, che tanto ama crogiolarsi nei suoi spesso dogmatici assunti.
È importante ricordare come, quando si parla di forme di vita, si faccia riferimento a organismi dotati di DNA, elemento assai più complesso di quanto si pensi. Da un punto di vista scientifico, le probabilità che tale fortuita coincidenza possa essere avvenuta spontaneamente, sono pressoché nulle.
Già oltre sessant’anni fa, lo scopritore e premio Nobel, assieme a James Watson, Francis Crick ironizzava sulla questione dicendo: “Ci sono più probabilità di assemblare un Jumbo Jet volante e perfettamente funzionante facendo passare un uragano dentro una discarica, che mettere insieme la molecola di DNA per caso, in un brodo primordiale per 500 o 600 milioni di anni…”.
I dati ora a disposizione però, oggi ci dicono che effettivamente il tempo trascorso tra il raffreddamento della crosta terrestre e la comparsa di forme di vita, è addirittura cinque o sei volte meno di quanto si pensasse, rendendo ancor più inverosimile la nascita spontanea, fortuita e casuale della vita sulla Terra.
La soluzione della questione va quindi cercata altrove, liberandosi forse definitivamente, dell’idea dell’unicità della Terra, della vita su di essa e di tutto ciò che ne consegue, compresi non ultimi, i racconti religiosi della creazione, che vedono Dio creare qui sulla Terra la vita, conferendo con quest’atto una sorta di sacralità o di esclusività al nostro pianeta e alla vita presente, con particolare riferimento all’uomo.
Nel maggio 2017, tra le due scoperte appena citate, se ne era frapposta un’altra, apparsa sulla rivista Nature Communications. Un gruppo di ricerca del Centro Australiano di Astrobiologia dell’Università del Nuovo Galles del Sud, aveva scoperto nelle formazioni rocciose rossastre del Dresser, un antico sistema di sorgenti idrotermali che si trova in un’area vulcanica nella regione di Pibara dell’Australia occidentale, dei microrganismi fossili chiamati stromatoliti. Si trattava della più antica forma di vita scoperta sulla terraferma fino a quel momento.
Commentando la notizia, l’astrobiologa Daniela Billi, dell’Università di Roma Tor Vergata, intervistata dall’agenzia giornalistica Ansa, aveva rilevato che: “La scoperta “potrebbe avere anche conseguenze per la ricerca di forme di vita su Marte”, poiché sul pianeta rosso si trovano rocce molto simili a quelle scoperte in Australia. “Se la vita sulla Terra è nata così precocemente, questo significa – aveva spiegato Daniela Billi – che risale a un periodo nel quale Marte era abitabile”.
Questo significa che nello stesso periodo anche Marte potrebbe avere ospitato forme di vita. È anzi addirittura più probabile, poiché verosimilmente per i motivi esposti a inizio capitolo, Marte è stato ospitale qualche centinaio di migliaia di anni prima della Terra, e che quindi sia stato proprio il pianeta rosso a essere la vera prima culla di vita nel nostro sistema solare.
Questo “primato” marziano non è fine a se stesso, ma implica delle riflessioni a riguardo.
È indiscutibilmente possibile, per la citata teoria del determinismo biologico, che Terra e Marte abbiano ospitato forme di vita differenti e distinte. Addirittura, se la teoria del determinismo biologico è giusta, è possibile che la vita sulla Terra o su Marte abbia avuto origine più volte. Una teoria del perché queste altre eventuali forme di vita non siano state trovate sul nostro pianeta, sostiene che probabilmente sulla Terra si siano originate due o più forme di vita, e che nella competizione per il cibo o lo spazio, una sola è sopravvissuta, spazzando via ogni traccia dell’altra.
Sempre secondo questa teoria, se una forma di vita nascesse adesso o arrivasse adesso sul nostro pianeta, non sopravvivrebbe nella competizione con la forma di vita dominante. Un’obiezione a questa teoria però, è che due forme di vita sostanzialmente differenti come gli archei e batteri, sebbene abbiano avuto origine miliardi di anni fa da un unico progenitore, convivono tranquillamente.
Allo stesso modo quindi, avrebbe potuto convivere la vita come la conosciamo noi oggi, con un’altra forma di vita per così dire “aliena”.
È possibile che le forme di vita alternative fossero diffuse sulla Terra in un lontano passato, e poi siano scomparse. Un’altra possibilità è che invece la specie di vita a prevalere possa essere stata quella “aliena” e che dunque, tutta la vita che oggi vediamo e conosciamo potrebbe avere origini extraterrestri.
Fantasie? Congetture? Suggestioni?
Se ad affermarlo fossero persone comuni, benché ipotesi ragionevolmente attendibili, probabilmente passerebbero, forse a torto, per fantasie e nulla più.
Quando invece a paventare questa possibilità sono molti studi accademici e molti importanti ricercatori, allora la cosa diventa certamente più interessante, almeno agli occhi della maggioranza delle persone, in special modo agli occhi di quelle che hanno sempre la necessità che un’autorità di qualche tipo, gli dica cosa è giusto o legittimo pensare.
L’idea che la vita sulla Terra (o più in generale nell’universo) abbia avuto un’origine unica e comune, sia nata cioè in un unico posto per poi diffondersi in tutto il resto del cosmo, prende il nome di panspermia.
Il termine panspermia deriva dal greco πανσπερμία da πᾶς/πᾶν (pas/pan) “tutto” e σπέρμα (sperma) “seme”. L’idea che i semi della vita (intesa come molecole organiche) fossero presenti nell’universo fin dall’inizio, e che arrivando su vari pianeti (Terra e Marte compresi) avessero dato il via alla vita come oggi la conosciamo, trae spunto, almeno nella sua forma attuale, dalle idee del filosofo greco Anassagora, vissuto nel V secolo a.C.
Ancora una volta è incredibile pensare come, dopo i già citati casi di Talete che sosteneva la pluralità dei mondi, Democrito ed Epicuro fautori dell’atomismo, oltre duemila anni fa c’era già chi disquisiva su concetti che oggi stiamo scientificamente vagliando e riscoprendo. Tutto ciò forse non è un caso, giacché, come vedremo a breve, l’idea della panspermia è probabilmente ancor più antica e diffusa nei miti di molte diverse culture della Terra, distanti nel tempo e nello spazio dalla cultura greca.
Prima però, analizziamone la possibilità dal punto di vista strettamente scientifico. Così facendo ci potremo meglio rendere conto di quanta “verità” sia contenuta nei miti antichi.
Gli aspetti da verificare sono essenzialmente quattro:
1) la presenza al di fuori della Terra, e quindi nello spazio, di molecole organiche;
2) la possibilità delle varie forme di vita di resistere alle rigide condizioni di un viaggio interstellare (temperature, prolungata esposizione ai raggi UV, ai raggi cosmici e alle altre radiazioni);
3) l’idoneità del mezzo di trasporto utilizzato da queste forme di vita, per il viaggio interplanetario o interstellare;
4) sopravvivenza all’ingresso nell’atmosfera terrestre.
Dopo essere caduta nell’oblio per quasi duemila anni, nella seconda metà del secolo scorso, la teoria della panspermia è….
Come è nata l’idea di questo libro?
Fin da bambino mi sono chiesto come mai nelle varie culture del pianeta la divinità della guerra fosse sempre abbinata in qualche modo al pianeta Marte. Ho quindi voluto approfondire la questione per provare a dare e darmi una spiegazione plausibile. Dal momento che sarebbe assolutamente riduttivo ricondurre tutto questo a una semplice casualità o coincidenza o esclusivamente all’associazione dovuta al colore del pianeta, ho quindi messo a confronto le più aggiornate scoperte e conoscenze astronomiche, frutto dell’esplorazione spaziale degli ultimi 20 anni, con la conoscenza che è dietro ai miti antichi. Più che un’idea è stata la curiosità di cercare una ragionevole risposta a questo enigma che mi ha spinto a scrivere questo libro.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La stesura di questo libro è stata molto complessa dal momento che ho dovuto approfondire argomenti molto diversi come l’astronomia e la storia. In quest’ultima, in particolar modo, è stato davvero lungo e complicato trovare, analizzare ed estrapolare elementi riguardanti le associazioni tra Marte pianeta e la divinità della guerra. Infatti ho dovuto approfondire in un immaginario giro del mondo, la mitologia delle culture mesopotamiche (sumere, assire e babilonesi), quelle del bacino mediterraneo (cultura greca e romana), quelle asiatiche di India e Giappone, quella degli Aborigeni australiani, di alcune popolazioni di nativi americani oltre a quelle del mesoamerica (come quelle della cultura Maya, Azteca) e del continente africano (con la cultura Egizia), senza tralasciare ovviamente i riferimenti presenti in molti testi sacri, apocrifi e non. Ho dunque fatto un viaggio all’interno della cultura di tante civiltà molto distanti tra loro nel tempo e nello spazio (geograficamente parlando), che però hanno rivelato sorprendenti ed inaspettati elementi di correlazione in particolar modo nell’iconografia, nelle leggende e nei racconti mitologici che hanno chiamato in causa il pianeta Marte, citato non solo come semplice simbolo di una divinità guerriera, ma anche come elemento associato alla nascita della vita e alla rinascita dopo una distruzione e, addirittura, come luogo geografico descritto incredibilmente come oggi lo conosciamo. Amalgamare e sintetizzare in modo esaustivo e con linguaggio semplice tutte queste informazioni, rimanendo con i piedi ben piantati a terra e senza scadere nelle banalità o nelle ipotesi fantasiose, è stato un lavoro davvero faticoso ma, al contempo, molto gratificante. Qualunque sia l’idea che il lettore si farà al termine del libro in merito a questa “particolare associazione” tra pianeta e divinità della guerra, ne uscirà certamente arricchito da punto di vista della conoscenza storico-scientifica.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Scrivo saggi e non romanzi e per questo leggo soprattutto argomenti di storia e scienza a prescindere dagli autori. Non sono selettivo in questo senso, mi interesso più all’argomento, all’informazioni che sono contenute nei libri più che all’autore. Ne leggo diversi e da tutti c’è qualcosa da apprendere e da apprezzare ma anche, inevitabilmente, qualcosa che mi piace meno. Tuttavia se il senso della domanda è sapere se e a quali autori mi ispiro quando scrivo, direi a nessuno in particolare, non ho modelli di riferimento. Quando scrivo cerco soltanto di esprimere le mie idee, facendo le mie considerazioni su elementi più concreti possibile, cercando di fornire informazioni oggettive in modo da dare modo al lettore (a tutti indistintamente, anche quelli che non hanno familiarità con certi argomenti) di formarsi una propria idea sull’argomento. Il mio lettore tipo è quello che ha fame di sapere e non ha dogmi o preconcetti. Tuttavia, come dico spesso, non ho verità assolute da dispensare. Il mio intento è quello di promuovere la conoscenza di certi temi e soprattutto di stimolare il libero pensiero e la riflessione.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato a Roma e ho sempre vissuto qui. Sarà forse anche per questo che mi sono sempre sentito particolarmente attratto da Marte. Del resto i romani sono i “figli di Marte” per eccellenza!
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mi sono ritrovato a scrivere quasi per caso. Il mio precedente lavoro editoriale (Il lato oscuro della Luna) è stato pubblicato un po’ per gioco. Il successo inaspettato che ho riscontrato (il libro è stato per oltre 3 anni, ed è ancora, ai primi posti nelle classifiche di vendita di Amazon, nella sezione storia e archeologia, ha venduto in oltre 10 Paesi diversi e in 5 continenti) mi ha spinto ad andare avanti e a pubblicare questo nuovo libro. Tuttavia scrivo principalmente per passione e, in primis per far chiarezza in me stesso riguardo i temi che tratto nei miei libri. Sono pieno di curiosità ed ho una mentalità molto aperta, mi autopubblico per avere maggiore libertà e meno vincoli. In questo momento sto pensando di approfondire la trattazione di molti temi, alcuni anche differenti da quelli storico-scientifici e spirituali-esistenziali che ho trattato fin ad ora. Alcuni aspetti che riguardano l’attualità stanno attirando molta della mia attenzione, in particolare quelli legati alle conseguenze dell’utilizzo, spesso poco attento, delle nuove tecnologie, che stanno modificando radicalmente il nostro mondo. Non escludo quindi che il mio prossimo lavoro possa concentrarsi proprio su questo tema ma, al momento ritengo ancora prematuro dire con certezza quale sarà il mio prossimo lavoro. Certamente continuerò a scrivere, perchè per me la scrittura (e la lettura) è, come già detto, una mezzo per accrescere il mio sapere e la mia consapevolezza sul mondo in cui viviamo.
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