
Edito da Gabriele Buono nel 2019 • Pagine: 110 • Compra su Amazon
La tesi approfondisce l’evoluzione dell’educazione della gioventù dai precursori di Giovanni Bosco fino ai giorni nostri segnati da importanti mutamenti sociali ed economici che hanno ridefinito i giovani “più pericolanti”, il ruolo e le sfide odierne degli Educatori Professionali, le teorie pedagogiche, le prassi e le competenze educative, analizzate secondo un’indagine quantitativa per il raggiungimento e il mantenimento del massimo livello di benessere, concetto che va al di là dei vincoli personali e delle influenze negative dei fattori ambientali sugli adolescenti.
L’elaborato sarà suddiviso in tre capitoli, in ognuno si analizza un concetto chiave diverso per giungere a conclusioni in base a riflessioni relative sia alla teoria sia alla pratica: il primo capitolo tenta di descrivere storicamente la nascita e l’evoluzione dell’oratorio, i processi e mutamenti sociali che hanno trasformato un luogo di preghiera in contesto di accoglienza minorile, di educazione e formazione per diventare, infine, una vera istituzione pedagogica riconosciuta a livello sociale e legislativo.
Il secondo capitolo compie un’esegesi del concetto di benessere a partire dai primi congressi dell’Organizzazione Mondiale della Salute fino ai giorni nostri, in cui si evidenzia che tale termine non sia solo di natura sanitaria, bensì appartenga alle dimensioni sociali, culturali, psicologiche e pedagogiche e come le ultime definizioni comprendano le diverse correnti scientifiche, in linea con la totalità e l’integrità dell’essere umano.
All’interno di questa panoramica e grazie a ricerche scientifiche e a diverse letterature circa il benessere, si proporrà l’ipotesi che in oratorio il lavoro educativo con gli adolescenti incrementi in loro un benessere di natura sociale, per cui la tesi è impegnata a verificare la stretta correlazione positiva tra il lavoro educativo in oratorio e il benessere adolescenziale.
È stato scelto il benessere sociale, perché a differenza del benessere globale, fisico, spirituale, economico, sanitario e psicologico, si ritiene che il primo possa essere uno tra i più rilevanti nel periodo adolescenziale: questa idea è sostenuta dalla letteratura sociologica e psicologica, in cui si evidenzierà la ormai crisi identitaria giovanile, perdendo gli orizzonti futuri e acquisendo un’identità sempre più individualistica ed egoistica; inoltre, l’oratorio si ritiene possa essere ancora una risorsa che possa far maturare negli adolescenti speranza per il futuro, riconoscimento dei propri talenti, maggior sicurezza e apertura verso il prossimo e l’esterno in una società contemporanea, che sta affrontando alcuni problemi di rilevanza sociale, si citano per esempio l’Hikikomori e l’immigrazione.
Allora, l’oratorio potrebbe ancora prevenire problematiche sociali legate all’isolamento, ai pregiudizi e alla marginalità, creando, grazie al supporto di educatori professionali, relazioni positive che sappiano frammentare la ciclicità del tempo dell’hic et nunc e sapersi nuovamente svelarsi verso le possibilità e verso gli altri.
Tuttavia, una delle due finalità di questo documento è la valorizzazione e il riconoscimento dell’importanza, sempre più necessaria, degli Educatori in un’epoca che, a causa della modernità liquida e della parziale perdita della moralità, risaltano la paura e la crisi verso il futuro e la povertà educativa, la quale unita all’assenza di proposte (Sistema Preventivo) generano marginalità e atti di devianza; si descriveranno importanti progetti educativi dislocati a livello locale della Città di Torino e a livello nazionale con il fine di ridurre la marginalità degli adolescenti, garantendo loro possibilità di percepirsi come soggetti in divenire e capaci di esternare e condividere le proprie risorse all’interno del lab-Oratorio dei talenti, ripercorrendo come rituale l’incontro di Bartolomeo Garelli con Giovanni Bosco (<>).
La seconda finalità è riconoscere la valenza pedagogica dell’oratorio salesiano come luogo di accrescimento dello stato di benessere individuale e sociale e, come una micro comunità educante, esistono prospettive universali e personali: la prima caratteristica richiama l’ospitalità e l’accoglienza rivolta verso chiunque desideri scoprire l’oratorio come “casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi in allegria” (Don Bosco); la seconda caratteristica non è complementare alla prima perchè, nonostante ci sia un’apertura verso tutti, non si confondono i soggetti con la massa, ma esiste un’attenzione particolare verso ognuno, in quanto persone autentiche e quindi originali, irripetibili, uniche e diverse, al fine di accompagnare i giovani alla fine del processo educativo che prevede la loro liberazione, passando dall’eteroeducazione all’autoeducazione, costruendo, così, il proprio percorso di vita all’insegna dell’altruismo e dell’autorealizzazione.
L’ultimo capitolo è finalizzato a integrare i temi espressi nei capitoli precedenti, per raggiungere gli obiettivi appena citati: si analizzerà nel dettaglio il lavoro educativo, dato da diverse componenti, quali la relazione educativa, la progettazione educativa e le metacompetenze pedagogiche, inoltre si cercherà di spiegare diversi concetti di Pedagogia attraverso alcune connessioni in ambito fisico e matematico; inoltre ci si avvarrà dell’ultima definizione di salute che rispecchi le diverse correnti scientifiche interessate allo studio e alla comprensione del soggetto, per proporre un questionario a fini quantitativi ad adolescenti che frequentano oratori salesiani per rispondere alla seguente domanda: Il lavoro educativo in oratorio promuove benessere negli adolescenti?”
L’analisi statistica delle risposte alle 38 domande del questionario mostrano scenari attuali positivamente interessanti, benché, dall’altra parte, si aprano domande, riflessioni e scenari circa dinamiche e processi d’interesse sociale che non possono essere approfonditi per le limitatezze dello studio condotto.
Pertanto si rimandano questi ulteriori obiettivi di ricerca sperimentale a studi più complessi e strutturati per allargare gli orizzonti conoscitivi, al fine di comprendere a pieno i processi, le cause, le motivazioni e le dinamiche relazioni che influiscono sul benessere degli adolescenti in oratorio.

Alcuni autori approfondiscono le ragioni e le cause che hanno condotto i giovani d’oggi ad avere paura del futuro, maggior fragilità del presente, vivendo nella costante incertezza verso ciò che deve ancora avvenire, perdendo gli obiettivi del tempo presente, frantumandolo a un tempo ciclico e a sé stante, disgregando anche l’integrità dell’essere umano come persona intenzionale e progettuale.
Furio Pesci, Professore associato della Storia della Pedagogia dell’Università di Roma alla Sapienza, spiega, nell’articolo “Un futuro liquido per giovani postmoderni?”, le cause della liquidità della società odierna, tanto studiata da Zigmund Bauman, individuando come causa scatenante le politiche neoliberalistiche degli anni Settanta del XX secolo, in quanto a seguito del boom economico e del benessere degli anni Cinquanta e Sessanta, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale adotteranno come strumento di governo le linee guida neoliberalistiche (contenimento del deficit pubblico, riduzione delle spese dello Stato verso le spese sociali, per la sanità, le pensioni e le scuole e, infine, la riduzione delle norme che regolano il mercato), modificando l’economia mondiale e aumentando il gap tra i paesi creditori e quelli debitori.
Si nota subito come le conseguenze furono maggiormente sentite dagli operai e dalle classi sociali medio – basse, causando un impoverimento collettivo primariamente economico e, successivamente, culturale e sociale.
Con lo sviluppo della modernità liquida subentra l’impossibilità di coltivare progetti a lungo termine, insomma il sostare perennemente nei fenomeni di reversibilità ha causato nelle generazioni adolescenti d’oggi l’arresto del processo evolutivo, nel quale, proprio a causa dell’assenza dell’esperienza di fenomeni e scelte irreversibili, manca il traguardo all’era dell’adultità.
La crisi si sposta dall’ambito economico all’ambito esistenziale e temporale[1], con maggior focalizzazione sugli adolescenti, i quali, vivendo in periodi di incertezze economiche di instabilità, si rinchiudono nel presente per vivere nel “qui ed ora”, dove la frammentazione del tempo e la paura del futuro, per l’impossibilità di vivere serenamente e con sicurezza il presente, generano fratture nell’identità, perdendo il riconoscimento e la costruzione di sé per aderire alla propria inclinazione naturale nel corso del tempo: il tempo storico, il tempo biologico e quello soggettivo non sono più paralleli ma sfasati, perché se il tempo è come un fiume in piena, e quindi in fieri, l’adolescente si trova bloccato nel “suo” tempo, rimanendo in una condizione statica.
Dall’altra parte, i giovani, allontanandosi dalla propria tridimensionalità corporea, perdono di vista la profondità di sé e delle relazioni, osservano la società da estranei, allora osservano se stessi e il mondo con lenti a visione pixel[2], dove tutto è strutturato su due dimensioni (altezza e larghezza), in cui manca la prospettiva forse più rilevante: la profondità, che permette di saper guardare al di là di noi stessi e degli eventi secondo una logica di gestione della complessità a lungo termine, grazie anche all’ottimismo pedagogico, il quale insegna ad esercitare la capacità negativa[3], ovvero quella competenza umana capace di saper sostare nelle incertezze, se non si è in grado di mettere ordine al disordine e al caos, bisogna saperlo governare, per non perdere gli orientamenti delle proprie azioni.
La frammentazione identitaria e il disorientamento, quindi, generano ciò che è definito come “defuturizzazione[4]”: la perdita per l’appunto delle prospettive future, la vita diventa una collezione di esperienze non integrabili tra di loro, riducendo le possibilità di riflessione sulle esperienze e quindi le occasioni di giungere all’adultità.
Per rispondere, in parte, alle problematiche contemporanee, Roberto Albarea, Professore di Pedagogia Generale all’Università di Udine, nell’articolo “La nostalgia del futuro: mantenere l’instabile all’insegna della sostenibilità”, approfondisce alcune linee direttrici volte ad accrescere e a ricondurre gli adolescenti a condizioni di consapevolezza circa il potere di azione sulla propria vita.
Innanzitutto, si evidenzia in maniera laica le ideologie di don Bosco circa l’accoglienza e l’apertura esistenziale verso l’altro per esplorare nel rapporto dialogico le esperienze del passato che hanno segnato la perdita di speranza verso il futuro.
Occorre non soltanto un’esegesi del sé, ma anche saper aspettare, avendo pazienza, sentimento di primaria sofferenza (patior) che secondo un’analisi pedagogica implica l’atteggiamento dell’attesa stessa attraverso modalità positive che permettono di lavorare sul possibile.
Se il futuro è sinonimo di incertezza, si diventa persone capaci di stare “in between”, ritornando a essere persone progettuali, capaci di orientare le scelte e le idee verso il futuro in un continuo work in progress, dal momento che ci si riconosce se stessi nell’unicità, nella tridimensionalità e nella complessità.
Infine, si deve trasmettere alle ultime generazioni la serendipity[5], ovvero le scoperte accidentali, non previste come caratteristica sostanziale dell’educatore competente nell’esercizio dell’improvvisazione strutturata.
Tutte queste azioni concorrono a contrastare il fenomeno di malessere d’umanità causato dall’accumulazione delle paure e incertezze circa il futuro, quindi la pedagogia e l’educazione consentono di ricucire i cocci temporali, dando occasioni agli adolescenti di rielaborare le difficoltà circa l’ignoto, comprendendo che nella relazione educativa risiedono le qualità necessarie per promuovere benessere, libertà e crescita integrale in soggetti capaci di autodeterminarsi grazie a processi riflessivi di apprendimento, di formazione e di autoeducazione.
[1] Fratini Tommaso, Prospettiva temporale, giovinezza e nuovi disagi della civiltà: considerazioni pedagogiche, in <<Metis>>, 06/2015, V, 1, p. 309.
[2] Milani L., Corporeità. Per una pedagogia del corpo, in Milani L. (a cura di), A corpo libero. Sport, animazione e gioco, Mondadori, Milano 2010, p.6.
[3] Lanzara G.F., Capacità negativa. Competenza progettuale e modelli di intervento nelle organizzazioni, Il Mulino, Bologna 1993.
[4] Polenta S., Defuturizzazione e fragilità del sé. Essere attori del proprio progetto di vita, <<Metis>>, 06/2015, V, 1, p.137.
[5] Arbarea R., La nostalgia del futuro: mantenere l’instabile all’insegna della sostenibilità, <<Metis>>, 06/2015, V, 1, p.14.

Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro nasce dall’intenzionalità di raccontare formalmente e scientificamente la mia esperienza di animatore ed educatore salesiano.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Questo libro è stato frutto di tanti mesi di studi, riflessioni, letture, confronti, viaggi, ricordi e relazioni; ho impiegato tutte le mie energie per portarlo a termine.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
I miei autori di riferimento sono stati storici che hanno studiato l’evoluzione dell’oratorio salesiano e la vita di Giovanni Bosco, psicologi, sociologi, educatori e pedagogisti contemporanei.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo a Bordighera, luogo di nascita, ma oramai per studi universitari sono chiamato, di nuovo, a tornare a Torino, dove ho trascorso già quattro anni.
Dal punto di vista letterario quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho diversi progetti nel cantiere: pubblicare la mia tesi magistrale, che sarà la continuazione di quella triennale per certi aspetti; collaborare con colleghi educatori professionali e pubblicare un libro che descriva l’autobiografia professionale di un educatore, attraverso le esperienze di ognuno e infine diffondere online materiale educativo attraverso l’analisi educativa e morale dei film Disney.
È un lavoro innovativo con un occhio rivolto alle tecnologie dove gli adolescenti si muovono con facilità…..ottimo lavoro