
Edito da Corato Marilena nel 2020 • Pagine: 277 • Compra su Amazon
Clara ha sedici anni e a quell’età l’estate è un tripudio di emozioni. In piena evoluzione adolescenziale trascorre come sempre le giornate con i suoi amici più cari, tra mille avventure e alla continua ricerca della libertà. E’ convinta che la fortuna non sempre l’assista in amore e cerca di prendere la vita con un tocco di autoironia, ma quell’anno qualcosa cambia. Ivan, il ragazzo dei suoi sogni che a malapena sa della sua esistenza, si accorge improvvisamente di lei e come per magia scatta la scintilla. Nonostante la grande attrazione fra i due, Clara è comunque irrequieta, non sempre riesce a vederlo e qualcosa nei suoi sentimenti non torna. Purtroppo non c’è tempo per lei di capire, partirà per trascorrere le vacanze estive con la sua famiglia e a Ivan non resterà che aspettarla. Quella vacanza però, metterà in subbuglio ancora di più i sentimenti di Clara, qualcosa o qualcuno di inaspettato capovolgerà la sua vita. Perché l’amore è così complicato? Riuscirà a capire quello che vuole veramente?

1
Anno 1994
È luglio e fa un caldo insopportabile. Sto cercando di fare i compiti delle vacanze mentre grondo di sudore e nel frattempo penso a cosa poter barattare con mia madre per uscire questa sera: passare l’aspirapolvere? Lavare i piatti? Cosa potrebbe convincere quel generale di mia madre?
Mi sembra abbastanza ridicolo dover faticare così tanto per quello che dovrebbe essere un mio diritto, ma a quanto pare questo è un pensiero che non tocca minimamente i miei genitori. Ho sedici anni e ho terminato con successo il terzo anno di Ragioneria, quindi meriterei di uscire come tutte le mie coetanee e non come se fossi ancora alle medie. Oltretutto devo sempre fare tutto da sola in questa lotta per la libertà, perché se aspetto l’aiuto di mia sorella se ne parla in un’altra vita.
Sto tamburellando la penna sul foglio bianco da un bel po’ ormai, non ho per niente voglia di fare questi maledetti compiti e poi io odio matematica. A cosa mi dovrebbero servire queste cavolo di equazioni? Mi impegno tanto, ma poi il risultato non è mai giusto, certo, potrei chiamare Eugenio il secchione, abita proprio nel mio palazzo, c’è solo un problema: è innamorato di me, di conseguenza dovrei vedere la sua bava cadere per tutto il tempo sui miei quaderni. No, grazie.
«Clara!!!», urla mia madre senza ritegno. «Quante volte ti ho detto che la roba da lavare la devi mettere nel portabiancheria?»
«Uffi!! Sei sicura che la roba è mia? Non può essere di Silvia?», rispondo.
«No. Silvia dice che la roba è tua! La sua è già piegata nel portabiancheria».
«Cosa la piega a fare se tanto andrà a finire in lavatrice?», continuo in modo acido.
«Adesso basta!!! Vai subito a mettere la roba in ordine!!!!»
Mia madre mi viene incontro come una furia e mi sembra anche di vedere del fumo uscirle dal naso, mi scappa da ridere, ma mi trattengo, potrebbe uccidermi all’istante se solo lo facessi. Scatto come una molla dalla sedia – ormai ho imparato a schivare colpi inaspettati – e mi dirigo in bagno per adempiere al mio compito, ecco mia sorella in un angolo che ride come al solito delle mie disgrazie. Si chiama Silvia, ha quattordici anni ed è l’opposto di quello che sono io, sia fisicamente che caratterialmente. Lei ha gli occhi azzurri e i capelli biondi e io sembro uscita da un camino sporco, lei è calma e tranquilla ed io la pecora nera, insomma una sfiga unica come sorella.
«Non hai niente da fare tu?!? Cos’hai da ridere?» La guardo infuriata mentre continua a sghignazzare.
«Niente figurati, pensa se ti vedesse Ivan in questo momento…», mi dice così a bruciapelo.
Ivan è il ragazzo più bello che abbia mai visto, è più grande di me di tre anni, ha i capelli neri e gli occhi blu come il mare. Lui sa a malapena che esisto, non ci hanno mai presentati, ma essendo il cugino del fidanzato della mia amica Simona è capitato di incontrarci qualche volta e di scambiarci un saluto. Bè, è già un inizio! Ogni volta che sento il suo nome mi infiammo immediatamente, soprattutto se Silvia si prende gioco del mio amore.
«Non ti azzardare a pronunciare il suo nome!!», le urlo infuriata.
Subito dopo le scaravento le mie mutande sporche addosso e lei si mette a piangere chiedendo aiuto a mamma come se stesse cadendo da un dirupo. Mia madre in meno di un secondo è in bagno, mi chiedo se abbia delle ciabatte particolari, perché quando cammina non la sentiamo arrivare, ma quando me le tira addosso le sento eccome.
Inizia la solita colluttazione verbale e non solo, odio quando si toglie la ciabatta e la sventola per aria, sembra una pazza e poi odio quando la parcheggia sul mio sedere per motivarmi nell’impresa. Cerco sempre di dimenarmi come posso, ma qualche ciabattata la prendo comunque. Questa volta però non riesce a prendermi subito, sono una saetta e lei sta per esplodere ad ogni colpo mancato, mia sorella fa finta di piangere ed io dal nervoso la spingo verso il muro. Peccato che l’urto faccia cadere un vaso dalla mensola del bagno. Ops! Non è “un” vaso, è “il” vaso. Quello che zia Assunta ci ha regalato la scorsa estate in onore della laurea del figlio.
Mia madre si ferma di colpo e fissa i cocci sul pavimento, sembra che non stia più respirando. C’è un’aria strana in questo momento, non saprei decifrare esattamente i suoi pensieri, ma forse ho qualche vaga idea. Si rimette la ciabatta ai piedi e come da copione tira fuori l’asso nella manica. «Clara». Prende fiato. «Stasera non esci!»
Ti pareva!! Preferivo le ciabattate. Il generale apre la porta del bagno – che ha chiuso per non farmi scappare – e se ne va in cucina senza più voltarsi. In questo momento è meglio non controbattere, ormai mi sono giocata la serata e la possibilità di vedere Ivan.
Questa sera avrei potuto vederlo di sicuro, ma come al solito sono in punizione, tanto ogni cosa che faccio è sempre un’occasione per non farmi uscire di casa. Ci sono le giostre in paese e sicuramente lui sarà lì con un sacco di ragazze intorno. Ed io? A casa. Non posso neanche chiamare Simona – la mia amica – per sfogarmi perché mia madre controlla il telefono di casa, lo ha spostato in cucina, così lo può tenere tutto per sé. Non mi resta che preparare la tavola per la cena e contenere la mia rabbia come se nulla fosse.
Dopo aver apparecchiato mi siedo al mio posto e fingo interesse per il cibo, in realtà mangio quello sformato di zucchine a forza e subito dopo mi chiudo in cameretta. Continuo a rigirarmi nel letto nervosamente da quando abbiamo finito di cenare, mia sorella sta giocando con un mini-flipper e i miei genitori sono in cucina come tutte le sere a parlare di parenti; mi chiedo: cosa cambia per mia madre sapermi sul letto come una scema, piuttosto che alle giostre con gli amici? Avevo preparato questa serata da settimane e lei ha rovinato tutto!! Mi conviene cercare di dormire adesso, almeno avrò la possibilità di sognare. Prima però, prendo il mio diario segreto e voglio scrivere tutto quello che sto subendo, così un giorno, quando sarò grande, avrò le prove di tutto questo e mia madre non potrà che sentirsi in colpa.
L’indomani mi sveglio con tutti i buoni propositi del mondo, devo fare in modo che tutto vada per il verso giusto per non fare arrabbiare mia madre o passerò l’estate segregata in casa. Vorrei chiedere a Silvia di uscire un po’ oggi, ma so già la sua risposta. Mia sorella non esce quasi mai con me, viene solo in cortile ogni tanto, per il resto frequenta una comitiva di “Squatter” sul sorso principale e proprio di fronte alla sua si trova la mia compagnia: “La Pinta”. Ho dovuto faticare per potervici entrare, tramite amici di amici sono riuscita nel mio intento, così posso passare anch’io qualche pomeriggio su quelle panchine, ma soprattutto posso sperare di vedere Ivan, che bazzica anche lui in quella compagnia, anche se non si ferma quasi mai, si limita a passare velocemente, saluta, scambia due parole e se ne va.
Non ci vado tutti i giorni perché a volte è una gran fatica, le ragazze sono più grandi di me, avranno diciotto anni, sono delle tipe “Snob” e a malapena mi rivolgono la parola. Solo alcune, tipo Stefania e Cristina – che hanno la mia età e frequentano il cortile davanti casa mia – mi parlano e così se loro non vanno alla Pinta evito di andarci anch’io. I ragazzi invece sono più simpatici, non sono acidi come le “Stronze”, solo che appena aprono la bocca mi viene da piangere dalle cavolate che dicono. Non ci si dà mai appuntamento fra i componenti del gruppo con delle telefonate, anche perché la maggior parte dei telefoni di casa è bloccato con dei lucchetti “anti-figli”, ma questo non è un problema, c’è sempre qualcuno che citofona all’altro e dai balconi di casa vedendo il “movimento” si decide di scendere o meno.
Oggi però non ho voglia di andare in “Compagnia” visto che la serata è saltata, non mi resta che godermi il pomeriggio come posso e quindi preferisco raggiungere Simona a casa sua. Lei è la mia migliore amica ed è spesso agli arresti domiciliari, i suoi genitori sono assurdi, non la fanno quasi mai uscire con le amiche, ma se si fidanza con qualcuno allora può uscire con lui. Ma che senso ha?
Abita a pochi isolati da casa mia, diciamo una bella passeggiata a piedi, ma a me non pesa, sono felice di andare a trovarla e ci divertiamo sempre un mondo. Lei invece non viene mai a casa mia e questo un po’ mi dispiace e credo anche che non si impegni abbastanza nel far valere i suoi diritti con sua madre, ma questo non glielo dico mai perché ho paura di ferirla, anche se lo penso spesso, soprattutto quando ho bisogno di confidarmi e lei non c’è.
Ci conosciamo dall’asilo, è biondina e minuta, passa intere giornate da sola a casa perché i suoi genitori lavorano, mi chiedo come faccia a sopravvivere. Ogni tanto va dalla nonna e questo è il suo unico spostamento della giornata, diciamo che io sono sempre stata un po’ la sua boccata d’ossigeno. Casa sua rimane sul corso principale del paese – quello che incrocia il “Viale”- e ogni volta che entro in quell’appartamento vedo sempre uno stendino nel corridoio. Simona è spesso in versione casalinga: carica mille lavatrici, stende e stira, praticamente l’opposto di quello che sono io. Dico sempre che vorrei imparare da lei a fare i servizi di casa ma poi ci rinuncio subito, preferisco usare la lavatrice per poggiare le spazzole e la lacca per capelli.
Nel suo salotto tiene due tartarughe giganti: “Tarta” e “Ruga” a cui è tanto affezionata, se ne stanno lì ferme e boccheggiano tutto il tempo dentro l’acquario, delle volte ho pensato di vedere anche lei boccheggiare dentro a quell’acquario e quell’immagine mi fa venire sempre il mal di pancia, perché vorrei farla uscire ma non posso.
«Vuoi la panna sul gelato?», mi chiede Simona mentre sta riempiendo due deliziose coppette per la merenda.
Mi siedo sul suo morbido divano e prendo fiato, poi la fisso negli occhi e scoppio a ridere. «Ma non avevamo detto, niente dolci?»
«Eh! Lo so, ma a Enzo piaccio così come sono, mi dice sempre che sono la sua patatona», sentenzia.
«Non mi sembra che tua sia una patatona, anzi, sei magrissima e poi chi se ne frega di quello che dice Enzo, lui è un panzerotto. Secondo me vuole farti diventare come lui». E lo credo veramente.
«Smettila di parlare così del mio amore, lo sai che mi dà fastidio», ribatte scocciata, «e poi….non sai cosa è successo ultimamente…ti sei persa le novità».
Non la vedo da soli quattro giorni, cosa posso essermi persa? «Raccontami immediatamente, sono tutta orecchie», mi avvicino a lei mentre sta continuando a versare quintali di panna sulle tazze del gelato.
Lei sorride e subito dopo sulle sue guance vedo un rossore che non mi piace per niente, ci accomodiamo in salotto e quasi non mi guarda più negli occhi.
Non lo avrà mica fatto?
Non può essere, non sono preparata a questa informazione. Io che a malapena riesco a scambiare qualche bacetto, come posso ascoltare certe cose senza poter dare consigli?
«Allora!?!», insisto.
«Okay, te lo dico. Stai calma!», ridacchia. «Ieri sono uscita con Enzo in macchina e siamo andati al solito parcheggio dietro al cimitero. Ci stavamo baciando, quando a un certo punto lui ha voluto qualcosa di più….».
«Lo sapevo!!! Lo hai fatto!!» Mi sento ribollire dentro.
«Ma no!! Aspetta, che palle che sei!!» Si alza dalla sedia e mi sbuffa in faccia. «Allora, ricominciamo: ero al parcheggio e mentre ci stavamo baciando mi ha preso una mano e mi ha chiesto solo qualcosa in più, ma io non ho voluto perché non me la sentivo. Che dici, ho fatto bene?»
Improvvisamente sento qualcosa dentro di me che non riesco a decifrare, cioè lei è la mia migliore amica e le voglio bene, ma è come se per un attimo l’avessi vista su un altro pianeta, lontana da me e questa cosa mi dà un po’ fastidio. Enzo per giunta non mi è mai piaciuto, ha quell’aria da “sbruffone so tutto io” e fa il gradasso solo perché ha qualche anno più di noi e poi guarda tutte, ma proprio tutte le ragazze insistentemente, anche davanti a Simona. C’è da aggiungere che anche lui non mi sopporta e proprio per questo non ha mai perso occasione per dire a Simona quanto non gli facesse piacere che lei uscisse con me, forse è così stronzo perché una volta ci ha provato anche con me, ma gli è andata decisamente male, peccato che questo a lei non possa dirlo, ci starebbe troppo male. Non avrei mai pensato che un giorno sarebbe diventato il suo ragazzo e invece un pomeriggio di maggio, con mia grande meraviglia, Simona cede al suo fascino (si fa per dire) e si mettono insieme. Ovviamente la madre di Simona, super felice di questo “Fidanzamento”, toglie le catene alla figlia, ma solo per uscire con lui e in orari diurni. L’idea che nel paese si possa spargere la voce che la figlia sia “sistemata” non ha eguali credo e così ora mi tocca dividere la mia amica con quello zoticone.
«Pronto? Ci sei?», mi chiede Simona e nel frattempo mi fa cadere dalla mia nuvola di pensieri.
«Ehm! Sì, sì…». La guardo e non dico niente.
«Quindi??»
«Quindi cosa?»
«Ho fatto bene o no con Enzo?»
Ho il voltastomaco, ma le voglio bene, quindi le rispondo, lo faccio solo per lei. «Certo che hai fatto bene. È solo da due mesi che uscite insieme, non vorrai sprecare così la tua prima volta? E poi, pensa tua madre se solo sapesse quello che ti ha chiesto, lo fucilerebbe all’istante»
«Non dirlo neanche per scherzo!! Lei pensa che passeggiamo solo per il Viale. Il problema è un altro, non capisco perché io mi sia bloccata, in fondo è il mio ragazzo…».
Forse perché è un panzerotto zoticone mi viene da dirle. «Non lo so, non ci pensare adesso, credo che queste cose vengano da sole senza essere obbligati a farlo, cioè almeno penso….non saprei», abbozzo.
«Già, in fondo che ne puoi sapere tu, visto che ti fai le storie con i ragazzini. Com’è che si chiama quel pivello? Francesco? Ma lo vedi ancora?»
Sa che mi dà fastidio quando tocca quel tasto e poi, Francesco è solo un rimpiazzo nei momenti bui. Se non ci fosse lui penserei di essere proprio sfigata con i ragazzi. Ha la mia età, mi muore dietro e bacia benissimo. La cosa positiva è che in questa specie di storia comando io, quindi zero rotture e zero costrizioni, decido io quando vederci e stop. Essendo un pivello non ha diritto di replica, è già contento di vedermi ogni tanto, anche se non può dirlo a nessuno, perché se venissi a sapere una cosa del genere lo lincerei sicuramente. Non posso far sapere al mondo intero che bacio un “bambino”, mi farei sicuramente terra bruciata attorno, per carità.
«Ah! ah! Davvero divertente», controbatto. «Sì è vero, lo uso ogni tanto, ma di nascosto, se in compagnia sapessero che lo vedo per me sarebbe la fine. Le ragazze mi schiaccerebbero come una cicca di sigarette e mi butterebbero nel primo cestino della pattumiera».
«Certo, capisco, a proposito, ma come fai ad uscire con quelle stronze della Pinta? Anche se ti invidio, almeno tu sei riuscita ad entrare in quella compagnia, io sono agli arresti domiciliari e non posso neanche provare ad inserirmi», riprende Simona sospirando.
«Come faccio? E chi le frequenta? Io parlo solo con Cristina e Stefania, le altre non mi calcolano per niente. Arrivano sempre super tirate e si siedono a fumare come delle turche, poi si accordano per la serata, a cui ovviamente io non posso partecipare a causa del coprifuoco. Il più delle volte è una fatica stare lì più che un piacere, ma bisogna faticare per ottenere le cose».
«In che senso, cosa vuoi ottenere?», mi chiede basita.
«Non lo so di preciso, è solo che non voglio restare fuori, voglio conoscere sempre più persone. Mi piacerebbe andare a ballare con loro il sabato sera e tornare a notte fonda un giorno…. chissà…magari un giorno Ivan si accorgerà di me e mi verrà a prendere in quella compagnia, davanti alle Stronze. Te lo immagini?». Scoppio a ridere e Simona mi viene dietro come sempre.
Iniziamo a sbavare cioccolata e a tirarci la panna sul naso, Tarta e Ruga per un attimo smettono di boccheggiare dal casino che stiamo combinando, per poi riprendere come sempre in quell’unica attività giornaliera. Ridiamo tanto perché sarebbe impensabile una cosa del genere, ed è per questo che finirò con l’accontentarmi dei soli baci di Francesco per il resto della mia vita, lo terrò chiuso dentro ad un barattolo e lo farò uscire all’occorrenza.
La cioccolata è finita più per terra che nel nostro pancino, dobbiamo pulire immediatamente o la madre di Simona potrebbe chiuderci in cantina per una settimana. Quando abbiamo finito, ci accorgiamo che siamo ancora in tempo per giocare a “schizzo- pallette” e prendiamo tutto l’occorrente per creare la postazione.
Schizzo-pallette è il nostro gioco preferito e consiste nel lanciare palline di carta e schizzare acqua alle persone che passeggiano sul corso. La nostra base è il balcone della cameretta di Simona. Prepariamo una sorta di barriera per non essere viste, utilizzando tutto, ma proprio tutto per nasconderci: piante, scatole, coperte, insomma quello che troviamo.
L’adrenalina che si crea ogni volta è ai massimi livelli, ci appollaiamo per terra e ci nascondiamo dietro la barriera, poi appena individuiamo le vittime….Bang! Spariamo.
Non è solo divertente, ma è una vera e propria prova d’abilità, perché non sempre si riesce a centrare il bersaglio, siamo pur sempre al secondo piano e la visibilità è ridotta, ma noi siamo ormai delle campionesse e passiamo pomeriggi interi in questa attività.
«Maleducati!!!!», urlano i passanti appena colpiti. Guardano in alto senza però riuscire ad individuarci, dobbiamo coprirci la bocca con le mani da quanto ridiamo.
Ad un certo punto, decido di alzare i livelli del gioco. Prendo un po’ di terra dal vaso e la faccio vedere a Simona.
«Ma sei pazza?», bisbiglia lei. Fa la fifona, ma in realtà muore dalla voglia di farlo.
«Non rompere, ci divertiamo un po’…. Al massimo si faranno una doccia quando rientrano a casa».
Lei per tutta risposta mi guarda malissimo, ma con la mano destra prende un’altra manciata di terra. «Okay, ma solo una volta».
«Andata!».
Il cuore batte a mille mentre lanciamo la terra senza neanche guardare, è una sensazione bellissima, non riusciamo a smettere di guardarci e ridere.
«Adesso lo dico ai tuoi genitori!!», urla uno sconosciuto dal corso.
Improvvisamente ci geliamo e non ridiamo più.
«Ma chi cavolo è?», sussurro a Simona.
«Non lo so, ma ho paura, forse lo sta dicendo così a casaccio».
«Ehi!! Voi!! Vi ho viste, avete capito?», continua l’uomo sconosciuto.
Simona si fa subito prendere dal panico e mi guarda in cerca di risposte, io le faccio cenno di sbirciare lentamente dalle fessure della barriera, ma lei è terrorizzata, allora lo faccio io e vedo un uomo anziano con un cappello marrone. Rientro immediatamente in posizione sicura e descrivo a Simona l’uomo.
«Cavoli!! È il mio vicino di casa!!». Quasi piange dalla disperazione.
Che sfiga.
Credo che per oggi Schizzo- pallette sia terminato.

Come è nata l’idea di questo libro?
É nata rileggendo dei miei vecchi diari. In un epoca dove non c’erano i cellulari e ci si divertiva come si poteva, era facile fraintendere delle volte. Ho riso così tanto leggendo quelle pagine che ho pensato di far ridere anche gli altri, costruendoci sopra un romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Mi sono come sempre divertita. Quando scrivo, non penso a niente che mi possa distrarre e per me è bello perdermi tra le mie storie.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Anna Premoli, Federica Bosco.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo in Provincia di Torino da quando sono nata.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho terminato da poco il mio quarto progetto: un mix tra esoterico-erotico-romantico. Mi piace buttarmi in diversi generi e vedere cosa esce fuori. L’importante è che io scriva, altrimenti divento irrequieta.
Lascia un commento