
Edito da Michele Renzullo nel 2016 • Pagine: 268 • Compra su Amazon
Questa è la storia di Patrik, un ingegnere informatico la cui programmatica vita in Finlandia sta cominciando a non rispondere più ai soliti comandi. La carriera, la fidanzata, la famiglia: tutto sembra disconnettersi dalla quotidianità e perdere senso.
Ma è anche la storia di Dona Lucelia, una sacerdotessa brasiliana della religione Candomblé, alle prese con una minaccia che incombe su suo nipote Pedro e su tutta la sua numerosa famiglia.
L’una di Ferragosto è un romanzo che parla di scelte, di possibilità, di motivazioni profonde. I personaggi, inizialmente bloccati in uno stile di vita che sembra immutabile, trovano il coraggio di compiere un’altra scelta: vanno alla ricerca del loro cammino personale, esclusivo, accettandone le conseguenze e i rischi che questo comporta.
Il romanzo, che potrebbe ascriversi nel genere letterario del realismo magico e della saga familiare, affronta i problemi e le contraddizioni della società contemporanea occidentale (l’alienazione per il lavoro, lo stress, uno stile di vita che ci è stato imposto, i ritmi da robot), non giudicandoli, ma facendoli emergere dalla narrazione, in particolare proprio dalla contrapposizione con un mondo così lontano ed esotico: quello del Brasile più selvaggio e più autentico.
I colori, i sapori, gli odori della Bahia degli anni ‘70 fanno da sfondo alle vicende della famiglia di Dona Lucelia.
Le due storie si intrecciano tra di loro a capitoli alterni, fino a quando Patrik tocca il fondo e trova il punto di svolta, partendo per il Brasile e svelando la relazione tra due mondi così diversi e così distanti.

Il display rosso della radiosveglia pulsa nei suoi occhi, segue il ritmo del suo cuore in quello nero della notte, gli occhi sbarrati come finestre di una prigione. Sfiora l’interruttore, l’abat-jour illumina la stanza senza pietà.
Da quando Heidi se n’è andata, ancora non si è abituato alla vastità del letto. 01:01. Vede spazio vuoto dappertutto, sul comodino il fermaglio per capelli che non c’è più, i maglioni nei primi due cassetti di cui è rimasto solo l’odore di lavanda, nel bagno lo spettro del ripiano di marmo nudo, svuotato, sventrato di tutti gli accessori – trucchi spazzole profumi – che le appartenevano. Si alza, cammina come un sonnambulo lungo la stanza, scende le scale, entra in soggiorno, va in cucina. Apre il frigorifero: ci sono una scatoletta di tonno e una bottiglia di vodka. È aperta ma quasi piena, ne tira un sorso. Appiccica la fronte alla ragnatela di ghiaccio sulla portafinestra. Potesse arpionare quella sfera bianca e gettarla nel mare, quella maledettissima luna che non lo fa dormire. Il sapore della vodka ha un che di rivalsa sul mondo. Non ha nulla da fare, nulla da perdere, nulla da guadagnare. Si attacca alla bottiglia: Heidi vestita o nuda davanti allo specchio, mentre fa l’amore o ride o piange, sono un carosello di fantasmi che vorticano davanti ai suoi occhi; beve barcolla parla ad alta voce, grida. La vorrebbe. Nonostante tutto il carico di male che gli ha rovesciato addosso, la cattiveria, la fila di uomini che si è portata a letto, la vorrebbe indietro come merce difettosa; il vuoto che ha lasciato ora è la cosa peggiore di tutti, un male insostenibile, è come morire e sentire ancora la sofferenza, un ergastolo, un’operazione a cuore aperto; beve e non c’è consolazione, solo una piccola anestesia per un dolore senza fine, beve e svuota tutta la bottiglia, la getta contro la parete di pietra del camino mandandola in frantumi, cade sul pavimento e si addormenta.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata dai personaggi: Maia e Heidi, che a loro volta prendono spunto da due persone che, per motivi diversi, mi hanno influenzato per via della loro diversità culturale e caratteriale. Sono rispettivamente una ragazza brasiliana e una finlandese.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Molto. Ho prima impiegato molto tempo per effettuare ricerche e approfondimenti sulla religione Candomblé, e su usi e costumi del Brasile degli anni ’70 e della Finlandia attuale. Poi ho cominciato a scrivere la trama; infine, ho rielaborato l’intreccio.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Dalla Allende, a Kundera, passando per i primi di De Carlo, Scerbanenco, Mac Ewan.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Barcellona. Ho vissuto nove anni a Dublino e sono originario di Milano. Vivere all’estero influisce molto sul mio modo di scrivere.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho appena finito un romanzo di racconti: protagonista una ragazza italiana che lascia il suo Paese per avventurarsi in Europa. Ogni capitolo è ambientato in una città europea ed è scritto da un punto di vista diverso e stile narrativo particolare. A breve vorrei iniziare il sequel di L’una di Ferragosto.
Grazie mille per questa bella intervista