
Edito da ARKADIA EDITORE nel 2018 • Pagine: 230 • Compra su Amazon
Otto settembre 1943, Seconda guerra mondiale. Mentre l'Europa è in fiamme, i russi sembrano impazziti. Vagano senza meta nella terra di nessuno e cadono come mosche sotto il tiro dei cecchini. A volte si sbranano a vicenda. Dagli avamposti sperduti della Wehrmacht sul fronte orientale arrivano notizie confuse. Solo una cosa è certa: il nemico è allo sbando. Nel giorno in cui l'Italia esce dal conflitto accade l'impensabile: il collasso dell'Armata Rossa, vittima di una devastante epidemia che riduce l'Unione Sovietica a una landa desolata popolata da zombi. Al temibile e tetragono esercito di Stalin subentrano orde di non morti barcollanti. Per nulla impressionate, le truppe naziste riprendono il controllo e col Trattato di Tunisi, la Seconda guerra mondiale ha termine. È il 2 ottobre 1943. Con l'Europa saldamente nelle mani di Hitler e l'epidemia contenuta a oriente, nel resto del mondo c'è poco da festeggiare. Inizia a serpeggiare un dubbio atroce e molti iniziano a parteggiare apertamente per quelle creature tanto terribili. Sono loro, di fatto, l'unica forza in grado di opporsi allo strapotere del Terzo Reich.

Gorki Leninskie, Mosca, 25 maggio 1922
“Dottore, dottore…”, sentì rimbombare nella stanza.
Ad un tratto qualcosa sembrò scoppiargli nelle tempie. Non si trattava della solita emicrania che fin lì aveva costellato le notti di lampi atroci. Di più, di peggio. Qualcosa di terribile trafisse le meningi, straziandole di un dolore mai sperimentato in precedenza. La tremenda fitta sembrò liquefarsi, stringendo l’encefalo in una morsa prima di impregnarlo in ogni anfratto. Sprofondò nell’astenia più cupa, memento mori che disperse ogni velleità di resistenza e sciolse lenta ogni legame terreno. Un fremito scosse le membra.
L’onda lo pervase a lungo, attenuandosi fino all’immobilità assoluta. Ormai dimentico del dolore, abdicò alla vita e si lasciò andare con un’espressione di serenità sul volto che avrebbe dovuto dissolvere ogni dubbio tra i presenti. Eppure non bastò, come potevano credere che Lenin potesse ammalarsi e morire esattamente come un uomo normale?
Nella villa di Gorkj avevano ricavato una specie di gabinetto medico. Al suo interno si avvicendarono i luminari dell’epoca e una discreta rappresentanza di pseudo scienziati a metà tra l’imbonitore da fiera, il filosofo e il medico condotto. In quella stanza si disquisiva di cose come Supramoralismo e Cosmismo, di filosofia e sempre più spesso di metafisica. Dell’immortalità delle idee e di come queste ultime possano restare tali pur se concepite da esseri mortali. Se Lenin era malato e mortale, come potevano i suoi ideali sopravvivergli? Lenin non poteva morire, Lenin non doveva morire, Lenin… no, la sua morte non era un’opzione, ne andava del futuro del Socialismo e dell’Unione Sovietica. Assurdità che in quella stanza sembravano raccogliere consensi sempre più ampi al peggiorare delle condizioni del malato.
“Dottore, dottore…”, si rincorsero frenetiche le voci fino a raggiungere il dottor K.
Tempo addietro il dottor K aveva scovato, sepolto in profondità nel permafrost, un batterio che dopo qualcosa come tre milioni e passa di anni aveva ripreso a muoversi e a riprodursi come se nulla fosse. O meglio, proprio come se fosse qualcosa… qualcosa di immortale! Da mesi il dottor K viveva in simbiosi con Lenin, tenendo sempre a portata di mano una siringa e ciò che, pur avendolo definito il siero dell’immortalità, non aveva ancora avuto il coraggio di iniettare in un corpo vivo, e men che meno il suo.
“C’è sempre tempo” diceva scherzando, ma intanto aspettava che fosse qualcun altro a sperimentare la sua scoperta, che giaceva sepolta sotto una coltre ben più inviolabile del permafrost: il Segreto di Stato.
E venne il giorno, quel 25 di maggio del 1922 quando Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin, fu colpito da un ictus devastante. Il dottor K, sospinto dalla speranza di una folla di pezzi grossi del Partito, entrò nella camera di Lenin con la siringa già pronta e senza esitare riversò in quelle vene il sogno di ogni uomo apparso sulla terra: l’immortalità. Ma qualcosa andò storto.
Vero è che Lenin sopravvisse, tanto che la storia ufficiale parla dell’episodio del 1922 come di un primo ictus; ciò che la storia ufficiale sembra ignorare è la presenza del dottor K. Sempre la storia ufficiale registra che sopravvisse a un secondo ictus, che lo colpì il 16 dicembre 1922; ciò che la storia ufficiale tace è, al solito, la presenza del dottor K.
Durante tutto questo tempo ci si preoccupò di informare il popolo che Lenin aveva detto, Lenin aveva scritto, Lenin aveva fatto… ma le sue uscite pubbliche si ridussero sempre più finché un terzo ictus se lo portò via definitivamente, ed infatti la storia ufficiale afferma che Lenin morì alle 18.50 del 21 gennaio 1924; ciò che la storia ufficiale tace è che quel giorno il dottor K sembra fosse impegnato altrove, lontano dal capezzale del morituro. La storia ufficiale riporta, inoltre, che in quasi due anni dal primo ictus, Lenin appariva molto malato, incapace di parlare, leggere e camminare, protetto da una cupola dorata all’interno della quale a pochi era consentito entrare.
Un periodo durante il quale molti testimoni affermarono che fosse ridotto come uno zombi.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata da un racconto pubblicato sul sito Razione-ILZ, un gruppo di appassionati di letteratura con un occhio di riguardo al genere horror che mi aveva richiesto qualcosa da pubblicare, pena l’esclusione dalla redazione! Sono un appassionato di Storia, nella fattispecie quella della seconda guerra mondiale e quindi mi sono divertito a sviluppare questo tema che può essere definito “Ucronia distopica”. inopinatamente il il racconto si è rivelato un’ottima base di partenza per un romanzo che ha iniziato a frullarmi per la testa… ed eccoci qui.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Difficile non è stato scriverlo, ciò che mi ha portato via tempo (e fatica) è stato quel lavoro minuzioso di revisione certosina e quello doloroso di “sfoltimento” a cui sottopongo ogni mio scritto, dai romanzi ai messaggini Whatsapp.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
In generale attingo ai classici della letteratura russa, quindi Tolstoj, Dostoevskij, Gogol, Puskin, ma nell’opera in questione ho citato esplicitamente l’influenza delle opere di letteratura bellica di Sven Hassel oltre a Quentin Tarantino di “Bastardi senza gloria” e Sam Peckimpah de “La croce di ferro”, facendo rivivere indegnamente alcuni loro personaggi.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo da sempre in Puglia, a Terlizzi in provincia di Bari.
Dal punto di vista letterario quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo il sequel de “La lunga Ombra. Cronache del reich”, oltre a promuovere la pubblicazione di altri quattro romanzi che giacciono sepolti nella polvere virtuale dei file del mio pc.
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